Washington D.C. (Part 2) - Minneapolis

L'uomo la fece accomodare al tavolo da quattro persone, nel salotto piccolo ed accogliente.
Catherine si guardò intorno, quasi spaesata, come fosse la prima volta che sedeva lì, a casa di Laurie.

Mentre Daniel, ormai invecchiato crudelmente dal tempo, le serviva una tazza di tè, la ragazza guardò fuori dalla finestra, sentendo i bambini del quartiere giocare a pallone.

Sorseggiò del tè.
Non poteva ancora crederci: erano passati già cinque anni dall'ultima volta in cui era stata lì, l'ultima volta in cui l'aveva amata in segreto.

Aveva le lacrime agli occhi: avevano sofferto molto entrambe, e anche quell'uomo che ora, distrutto, le sedeva di fronte.
Prese parola:<<Allora, Daniel...>> s'interruppe sentendo la porta aprirsi, palesando una donna dalla faccia inasprita dal tempo, nonostante fosse ben più giovane.
<<Oh ciao Jane!>> si trovò a salutarla cordiale Catherine, senza alzarsi dalla sedia.
L'uomo, d'altro canto, non si mosse, né disse davvero qualcosa, liberandosi della cosa con un cenno del capo.
Catherine non se ne stupì molto, quindi tornò al suo tè.

Dopo quindici minuti di silenzio, Cath si stufò di quella scena:<<Daniel, per l'amor del cielo! Capisco che tu sia straziato dalla vita, ma ho bisogno di te, ora come ora!>> sbottò la ragazza.
L'uomo, spiazzato, si alzò in piedi, avvicinandosi alla finestra per chiuderla: <<Cosa vuoi sapere?>> chiese <<Non ti basta avermela portata via?>> domandò ancora, avvicinandosi a lei a grandi falcate.

Cath era sopresa, ma non necessariamente in maniera negativa: aveva avuto timore di star parlando con un muro.

<<È scomparsa, Daniel.>> mormorò, dopo essersi ricordata l'effettiva ragione della sua presenza lì.

L'uomo sbiancò di colpo: <<Cosa? Quando? È per questo che non è qui? Perché non hai chiamato la polizia?>> quella serie di domande fece riflettere molto Cath.
Si era sbagliata. Suo padre le voleva bene. Sorrise e disse: <<Della polizia non c'è bisogno: so io dove trovarla.>>

Daniel sembrò aver sentito la peggior cavolata della storia: <<Sei pazza? Mi figlia è scomparsa, si trova chissà dove e tu non hai bisogno della polizia?>> sbraitò in un impeto di rabbia.

Cath si sentì stupida, Daniel aveva ragione, ma magari ci avrebbero impiegato troppo tempo. Senza contare che Laurie non era scomparsa, ma era stata rapita. Magari il rapitore non avrebbe apprezzato molto l'intervento delle forze dell'ordine.
<<Daniel, per favore, non chiamare la polizia. Andrà tutto bene, presto la riavremo a casa, va bene?>>
<<Va bene un corno! Vattene da questa casa, pazza squilibrata, e lascia che chiami la polizia!>>
Cath non poteva permettere che accadesse: <<Daniel, aspetta! È... Laurie è stata rapita!>> ammise, esasperata.
Il telefono scivolò dalle mani dell'uomo e cadde per terra, con un tonfo sordo.

<<Tu... Potevi dirmelo prima! Sai chi l'ha rapita?>> chiese, in attesa di risposte.
<<No.>> affermò Cath, a disagio.
<<E credi che al rapitore non farà piacere l'intervento della polizia?>>
Cath annuì.
L'uomo sospirò: <<Senti, Catherine, so che tra te e Laurie c'è sempre stato qualcosa. So che magari con te si apriva di più che con me o sua madre, prima che... Prima che divorziassimo.>> fece una pausa pesante <<Ma, ti prego, non portarmela via. È la mia vita.>>

Cath si sentì le lacrime agli occhi: <<Daniel, io... Non voglio portartela via. Entrambi >> guardò con la coda dell'occhio Jane, seduta sul divano <<Entrambi siete importanti per Laurie, questo te lo garantisco. E so che vorresti riabbracciarla al più presto. Anche io, eh! Per questo dico di fidarti di me.>> sorrise amichevolmente all'uomo, che non rispose, in un primo momento.

Daniel, sull'uscio della porta, sembrò aver deciso: <<Ti do una settimana, Catherine. Se non sarà qui...>>
La giovane capì subito ed annuì: <<A presto, Daniel e con Jane...>>
La frase cadde, ma i due si capirono, ancora una volta, con uno sguardo.



Aprì gli occhi e si guardò intorno: era in una stanza d'hotel.
Con la sua esperienza di viaggi, poteva ben capire dove si trovasse, o almeno, in che tipo di stanza stesse alloggiando.
Scrutò bene ogni angolo della camera: muri color giallo ocra, praticamente appena rinfrescati, mobiliario semplice, bianco, e letto matrimoniale a baldacchino, con trapunte dal colore tenue.
Lei si trovava seduta su una sedia, le mani legate allo schienale, lo stesso per i piedi, con le gambe della suddetta.
Sentiva la nuca dolorante, i polsi pulsavano dal dolore per via delle corde strette, e aveva sete.
Lo scricchiolio della porta la fece sussultare, ma non poteva voltarsi, quindi aspettò che, chiunque fosse entrato, si mostrasse.

Non poteva crederci: voleva ridere e piangere allo stesso tempo, sentiva la testa girare: <<Tu?>>
Uno schiaffo molto forte le colpì la guancia destra, forzando la sua testa a scattare dall'altro lato per la violenza.
<<Si dà del lei alle persone che non si conoscono bene, maledetta lesbica!>>
La guancia bruciava, ma sorrise: <<In realtà sarei bisessuale e ー rise a fatica ー  potresti almeno spiegarmi che ci faccio qui, di grazia?>>
La donna la fulminò con lo sguardo, ma rispose lo stesso: <<Tu hai rovinato la mia famiglia, mi sembra ovvio! Hai rovinato mia nipote!>>
Laurie voleva ridere più forte, ma il suo stomaco e le sue labbra secche non erano d'accordo.
Disse lo stesso qualcosa: <<Ma non è colpa mia, né di Cath, se ci siamo innamoratー ricevette un altro schiaffo, sull'altra guancia ー ed è inutile, quello che stai facendo. Lei mi troverà.>>
Quando la donna rise, Laurie rabbrividì. Fu allora che la prima sfoderò il cellulare.
<<Io voglio che ti trovi. Ma non le sarà facile.>> e rise, ancor più sguaiatamente.

<<Pronto?>> sentire la sua voce così roca, le fece subito capire quanto avesse pianto la sua piccola Cath.
<<Hey, scema...>> sorrise, sperando di aver, così, rincuorato almeno un po' l'altra ragazza.
Parlò con lei al telefono, ma sapeva di doversi attenere al piano della sua rapitrice, quindi si inventò qualcosa sul momento e la donna chiuse la chiamata.

Passarono cinque minuti di silenzio tombale, poi Laurie, a fatica, parlò: <<Dimmi una cosa: cosa farai una volta che Cath sarà qui?>>
La donna rise: <<Niente. Niente di niente.>> e poi lasciò a passo svelto la stanza, lasciando nuovamente la ragazza a sé stessa.
Pensava, velocemente, a quello che potesse aiutarla a liberarsi: non vi era presente nessun oggetto a lei utile, ma non voleva arrendersi.
Continuava a guardarsi intorno, mugulando quanto quelle corde fossero strette e le facessero male.
Le mancava Cath: i suoi occhi, il suo sorriso, il suo profumo, e tanti altri suoi particolari.
Ricordava come si erano conosciute e come si erano inseguite, cercate, allontanate e poi ritrovate. Le venne da piangere, al pensiero di quanto avessero sofferto, nell'anno precedente al "mutamento" della loro relazione, prima in amiche di letto e poi in una vera e propria coppia. Si riaddormentò, immersa completamente nei ricordi.

Fu svegliata da uno strano odore.
Provò a decifrarlo, capendo, dopo poco, che si trattava di incenso. Odiava quell'odore.
Spalancò bene gli occhi scuri, capendo di ritrovarsi, nuovamente, in compagnia della sua rapitrice. Si ricompose sulla sedia: <<Buongiorno.>> salutò, con la gola secca.
Quella, in cambio, la guardò male, tenendo in mano un bastoncino fumante, probabile fonte di quel nauseante aroma.
<<Vedo che non ti accorgi di nulla, quando dormi.>>
La ragazza sentì la testa girarle: <<Di che parli?>> la sua stessa voce le suonava lontana.
La donna rise: <<Oh, te ne accorgerai presto!>> la vide sfocarsi pian piano.
Gli occhi le divennero pesanti e si addormentò.

Si era risvegliata sudata e abbastanza agitata. I suoi occhi scattavano da un punto ad un altro della stanza.
La sua rapitrice era lì, seduta di fronte a lei, con una rivista tra le mani.
<<Ben svegliata, frocetta.>> disse, senza togliere lo sguardo da ciò che stava leggendo.

Laurie voleva tornare a casa, dopo chissà quanto tempo.
Decise di chiedere questo all'altra persona: <<Mi sai dire che giorno è oggi?>>
La donna posò la rivista sopra al comodino e prese una sigaretta e la accese, gettando una boccata di fumo sul viso della giovane. Poggiando le braccia allo schienale della sedia, perforò il suo sguardo, poi prese fiato e rispose, raggelando gli occhi cerulei:<<A cosa credi ti servirà saperlo? Né tu e né quell'altra troietta tornerete mai a casa.>> e aspirò un'altra boccata.

La mora ragazza, dal canto suo, avrebbe tanto desiderato prendere a schiaffi quella vecchia, ma non ne aveva la forza, né, tantomeno, la possibilità. Inoltre, purtroppo, proprio non riusciva a ricordare che giorno fosse partita, per quanto si sforzasse.
Se solo i suoi non le avessero chiesto con tale urgenza di presentarsi da loro, a Minneapolis... <<Senti, ma... Non credi che, prima di tutto, Cath sarà andata a cercarmi dove sapeva mi fossi diretta?>>
La donna, sputò un getto di fumo dalle labbra scarlatte:<<Effettivamente, l'avevo calcolato...>> inspirò ancora dalla sigaretta e ributtò fuori <<Ma fidati, quella demente di mia nipote non tarderà ad arrivare.>> e tornò a fumare.
Parve ricordare qualcosa, così riprese parola: <<Ah, giusto, tra pochi giorni è il compleanno della tua amata Catherine.>>

Proprio in quel preciso istante, la futura festeggiata era in procinto di commettere qualcosa di completamente illegale.
<<Allora, senti un po', te>> disse, appunto, la tale <<Non me ne frega un accidenti se sia una cosa legale o meno. Devo trovare Laurie!>>
L'amica, nel suo talleur nero, stava trattenendo il nervosismo che la supplicava di prendere l'altra a calci in faccia. <<E a me, sinceramente, frega molto di più mantenere la mia fedina penale pulita. ¿Entiende?>>
Alzò gli occhi al cielo, particolarmente irritata dal fatto che l'ispanica amica avesse ragione.
<<Carlota, ti supplico: ho bisogno del tuo aiuto come hacker! Sappiamo entrambe che se t'impegni non ti ci vuole nulla a rintracciare un cellulare! Poi, se riesci a chiedere una mano a Laya da parte mia...>> 
<<Eh no, signorina!>> si infervorò la bruna <<Un conto è l'hacking, un altro è lavorare ancora con quella... Quella! ¡Cagona de mierda!>> imprecò, alzando le mani al cielo.
Bevve dell'acqua per calmarsi, poi tornò ad attaccare la più giovane amica: <<E a che ti servirebbe su ayuda?>>
<<Per...>> deglutì, temendo un po' l'amica <<Per un aiutino con l'entrata.>>
L'ispanica dai lunghi capelli castani sperò di aver sentito male: <<Ti prego, por l'amor de Dios, dime que non intendi esplosivi!>>
Con l'annuire dell'americana, la prima iniziò a sentirsi mancare l'aria,
<<Starai scherzando spero!>> si sentì esclamare dall'entrata del garage in cui si trovavano.
A Cath parve il suo giorno fortunato: <<Non ci credo! Laya!>> e le corse incontro, come una bambina, abbracciandola.
La giovane con la giacca di pelle la accolse amichevolmente, squadrando di sottecchi una certa sua coetanea, che non ricambiava lo sguardo. Quest'ultima, difatti, avrebbe preferito non godere del profumo della nuova arrivata anche nel suo garage.
<<Vedo che non cambi mai... Laya>> disse, a braccia conserte.
Questa la abbracciò, sussurrandole qualcosa in spagnolo all'orecchio, qualcosa che imbarazzò particolarmente l'altra, ma che non giunse, in alcun modo, alla terza incomoda più giovane.
Dopo qualche minuto di silenzio disagiante, le due si voltarono proprio verso di lei: <<Allora, cosa dobbiamo far esplodere?>>

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