Copenhagen, Again
Erano partite da almeno due ore, ma Leanne non si sarebbe mai stancata di vedere dormire la sua Elaine, sua moglie.
Sorrise come una ragazzina al solo pensiero di aver sposato una donna tanto bella e di essere, in quel momento, in luna di miele con lei, verso Copenhagen, città natale di sua sorella Charlotte.
Lasciò cadere la testa all'indietro, sul sedile, pensando a quando aveva cercato di convincere Charlotte, anni prima, che forse, qualcosa per la sua amica di sempre Bernadette, la provava.
Charlottte aveva sempre negato la cosa, fino a quando, tre mesi prima, non l'aveva telefonata per dirle che forse aveva avuto ragione sin dall'inizio. Rise, sottovoce, cercando di non svegliare sua moglie.
Ovviamente le era anche dispiaciuto che sua sorella non fosse stata lì, a vederla sposarsi.
Ma sarebbe stato ancora più bello, piombare lì, a casa sua, mano nella mano con la sua Elaine, per fare una sorpresa a Charlotte.
Così, verso le sette e mezza del mattino, erano lì, davanti alla porta di un attico all'ultimo piano di un palazzo, poco fuori al centro della città, sghignazzando come bambine, aspettando che la porta si aprisse.
E, per loro gioia, aprì loro una Bernadette dai capelli spettinati e un outfit decisamente messo peggio: «Leanne?» disse, con la voce impastata dal sonno.
L'odore di caffè riempì la cucina, mentre una Charlotte messa, forse, peggio della sua compagna, faceva la sua entrata nella stanza.
Gli occhi quasi le uscirono dalle orbite e Leanne si trattenne a stento dal ridere: «Buongiorno anche a te, sorella!» e sorseggiò del caffè amaro.
«Non ho capito,» ripeté incredula la minore «Fra tutte le città del mondo in cui trascorrere la luna di miele, scegli proprio Copenhagen e proprio in quest'attico?»
«Sì, sorellina» si trovò a confermata la maggiore «Spero non vi disturberemo.» concluse, ammiccando alle due padrone di casa imbarazzate.
Bernadette, di rimando, raccolse i capelli in un concio disordinato, mettendosi, quindi, all'opera per preparare una stanza alle due ospiti improvvise.
La mattina passò senza nemmeno che le due sorelle se ne accorgessero, tanti furono i rimproveri che Leanne aveva tenuto in serbo per Charlotte.
Elaine, però, non sapeva proprio che fare: avrebbe voluto tanto un po' d'intimità con sua moglie, ma, forse, ella non la vedeva così. E non che le andasse proprio a genio, piombare in casa di gente a caso, solo per scherzo.
«Per coprire certe cose, puoi sempre vestirti di più, lo sai, fa freddo a dicembre.» disse allora, con lo sguardo sul collo di Bernadette, la quale coprì il misfatto con la mano, balbettando una scusa e ridendo nervosamente.
Elaine uscì dalla stanza sorridendo, pensando ai primi tempi tra lei e la sua Leanne.
Parlando di tale giovane donna, era da oltre mezz'ora seduta al tavolo della cucina, di quell'attico di Copenhagen, a rimproverare la sorella minore, per essere stata l'ultima a capire i propri sentimenti per la sua attuale compagna.
«Charl, però, fai davvero schifo, lascia che te lo ripeta per l'ultima volta. Perché, mi chiedo, perché tenersi tutto dentro, quando—» la sorella esplose, interrompendola: «Ma allora non capisci! Ti sei per caso dimenticata del perché tu sia dovuta andare via e trasferirti in Canada?! Io me lo ricordo, sai?! Io ci tenevo a te, io tengo ancora terribilmente a te, diamine!» e si alzò, andandosene in camera sua e di Bernadette.
Leanne, e successivamente sua moglie, vide la padrona di casa rincorrere l'altra, nella loro stanza.
Sentirono, le due coniugi, delle urla provenire dalla stanza, mobili spostati e probabile lancio di libri.
Poi il silenzio, tutto tacque.
E poi sentirono il letto cigolare e ghignarono, scambiandosi uno sguardo eloquente.
Quella sera, nessuno avrebbe potuto prevedere, quante ancora ne avrebbero passare le due allegre coppiette.
Un cellulare squillò, quello di Leanne.
Ella, con la tranquillità e la lentezza di un bradipo, rispose: «Pronto?»
Dall'altro capo, solo dei bip a intermittenza, poi, una voce, a lei familiare: «Sei una delusione per la famiglia. Te e quella malata lesbica di tua sorella.» A Leanne prese un colpo e mise la chiamata in vivavoce: «Chiamo un'ultima volta, per dirvi che, per colpa vostra, nonna Esther è morta. Vergognatevi, malate.» e la chiamata terminò.
Le due sorelle si guardarono negli occhi, sconvolte e sconsolate.
«Chi era?» chiese Elaine, preoccupata.
Bernadette si alzò da tavola, sentendo il bollitore fischiare.
Leanne sorrise amareggiata: «Nostra madre.» Charlotte continuò il discorso per la sorella: «Quando, otto anni fa, Leanne fece coming out alla famiglia dicendo di essere lesbica, venne cacciata di casa. Tre mesi fa, invece, sempre colei che diceva di essere nostra madre e di volerci bene, diseredò anche me, dopo che le dissi di avere una ragazza.» aveva gli occhi lucidi e Bernadette le abbracciò da dietro le spalle.
D'altro canto, Leanne, stava cercando di trattenersi dal piangere come una bambina: lei e la sorella, avevano sempre tenuto molto a nonna Esther, era stata l'unica ad accettarle, nonostante la famiglia omofoba da cui erano nate.
Provava ad esser forte, sì, ma un abbraccio dalla sua Elaine le era comunque gradito, sentiva di averne bisogno.
Solo poi, dopo una ventina di minuti del suo inaspettato silenzio, Bernadette parlò: «Ma, scusate, » disse, accarezzando i capelli della sua Charlotte «A voi non sembra strano che sia morta così improvvisamente? E, per giunta, perché dare la colpa a voi, se non è morta di dolore per via del vostro... Coming out?»
Alle due sorelle brillarono gli occhi, e fu la minore a parlare, dopo aver baciato Bernadette «Effettivamente... Nonna non aveva mai sofferto di salute e io ho avuto sue notizie fino a due giorni fa.»
Leanne batté la mano sul tavolo: «Per Giove! Dov'era nonna, due giorni fa? A casa sua?»
Charlotte ci pensò su: «Credo a casa di nostra cugina Kira— Oh mio Dio...» disse, sconvolta da ciò che aveva appena realizzato. Leanne, invece, annuiva sempre più energicamente: «E sono abbastanza sicura che nostra madre c'entri qualcosa.»
«Okay, okay, no, non esageriamo! È pur sempre vostra madre, vi ha dato la vita, si tratta della morte di vostra nonna— Cosa sono quei sorrisetti?»
Leanne le diede un bacio a stampo: «Mia cara, credo proprio che la nostra luna di miele, tanto agognata, dovrà fare tappa a Tolosa.»
L'aereo era in ritardo di tre quarti d'ora soltanto, ma alle due sorelle parevano ore: certo, Leanne aveva cercato per tutto il tempo di tranquillizzare sé stessa e la moglie, alle altre due ci avrebbe pensato Bernadette stessa, ma, ahimè, da parte sua era parso pressoché inutile.
Circa un'ora dopo, sull'aereo, Bernadette le aveva chiesto di potersi sedere affianco alla sua Charlotte, cosa che fece sorridere non poco Leanne, che le cedette il suo posto volentieri, nella speranza che il sorriso dolce e vispo di Elaine l'avrebbe calmata.
Fortunatamente per lei, sua moglie era proprio ciò di cui aveva bisogno e le sue coccole la fecero addormentare come una bambina.
Fece un sogno strano:
Era a casa di sua nonna per pranzo, come quando lei e sua sorella Charlotte, di dodici e sette anni, trascorrevano là tutti i mercoledì e le domeniche del mese. «La mamma è sempre fuori.» diceva, mangiando un altro boccone «Non gioca mai con me e Charl.»
Allora la nonna sorrideva comprensiva, dicendo loro che la mamma le amava comunque, pur non essendoci mai. Leanne sentì le lacrime pungerle gli occhi da bambina.
Fu lì che la nonna puntò lo sguardo nel suo, facendosi seria: «Leanne, cara, cerca di fare in fretta. Tua madre e Kira non hanno ancora finito. Ti prego, cara, sbrigati, o Karl...»
Leanne fu svegliata da Elaine improvvisamente.
Prese il suo bagaglio a mano e scese con le altre tre, pensierosa.
Fu di questo che anche Bernadette si preoccupò, una volta che Elaine e Charlotte furono uscite dalla stanza del motel per andare a fare la spesa.
«Avanti, parla, Leanne. Ti conosco, forse meno di Charlotte, ma non sono certo stupida: so che reggi a malapena. E io ti voglio parlare della mia teoria, senza che Charlotte ne soffra o che Elaine si scandalizzi. Ma lasciami credere che anche tu pensi a quel che penso io, sbaglio?» concluse secca, l'orologio della stanza a scandire ogni secondo dell'ansia della giornalista.
«Beh, che dire, Bernadette... Sei ancora intelligente come ricordavo.» altri ticchettii a riempire le loro orecchie «E non posso che dirti che è vero: penso anche io che nonna Esther sia stata uccisa. Ma vedi...»
Bernadette non le lasciò perdere il discorso: «È successo qualcosa, in aereo che adesso ti turba, vero?»
Leanne rimase ancor più esterrefatta: «Sì, ho fatto un sogno alquanto strano, che mi ha dato da pensare.» e le raccontò il sogno fatto durante il volo, senza omettere particolari.
«Immagino sia ciò che avviene quando si parla di morti che parlano... » cercò allora di sdrammatizzare la mora, portando all'indietro i capelli.
Leanne, fece lo stesso, sospirando: «Ho paura di cosa troveremo tornando a casa. Tu no?»
Bernadette fece un sorriso amaro: «E non sai quanta ne abbia io. Ma non per me, non sfioreremo nemmeno casa mia o i miei parenti. Ma per Charl. Tu lo sai forse meglio di me, lei fa la forte, ma è una vostra caratteristica di famiglia: fingete che non vi scalfisca nulla, ma in realtà state semplicemente male, come ogni mortale.» concluse, alzandosi dalla poltrona in pelle marrone e avvicinandosi alla finestra che già iniziava ad appannarsi.
Le due rientrarono e, sedendosi, avevano tutte e quattro deciso cosa fare il mattino seguente: Bernadette e Charlotte si sarebbero dirette da Kira, per vedere se, effettivamente, lei potesse avere a che fare con la morte della nonna.
Mentre sarebbe toccato a Leanne e ad Elaine, gestire la madre della prima.
Così, andarono tutte a dormire, dopo una cena molto frugale.
Il mattino seguente, Bernadette fu la prima a svegliarsi, con un mal di testa allucinante e la strana sensazione che quella giornata non avrebbe fatto altro che peggiorare il suo dolore.
Ma si era lo stesso vestita, aveva aspettato Charlotte e, insieme si stavano dirigendo verso la loro fine.
Charlotte, dal canto suo, sembrava solo voler scappare al più presto.
Se odiava qualcuno della sua famiglia, quella era proprio sua cugina Kira.
Erano cresciute insieme, sempre a ridere e scherzare insieme, fino a quando, anni prima, la bionda cugina non aveva iniziato ad allontanarsi sempre di più, fino a prenderla in giro e a screditarla ed a dire alla propria madre della cotta storica di Charlotte per Bernadette.
Si girò a guardarla, estasiata: i suoi lunghi capelli castani raccolti in una coda alta e disordinata, la camicia bianca abbottonata svogliatamente e i jeans scuri strappati, le conferivano un aspetto disordinato, ma terribilmente sexy, Charlotte non poté che ammetterlo a sé stessa.
Arrivarono dopo tre quarti d'ora di auto.
Parcheggiarono dietro al condominio e suonarono al campanello.
Furono fortunate, perché aprì loro il fratello della bionda, Karl.
Le accolse in casa con un'espressione contrariata, ma senza fiatare.
Fu infatti Charlotte a prendere parola: «Va bene, Karl, veniamo ai fatti: io non ti piaccio e tu non piaci a me, ma nostra nonna è morta e tua sorella e mia madre sembrano esserci dentro con il collo. Che vogliamo fare, Karl?» quando ebbe terminato di parlare, Bernadette e il cugino erano basiti, la prima genuinamente ammirata e il secondo spaventato.
«Cugina, lascia che ti dica una cosa: nessuno vuole più vedere né te né tua sorella, ma capisci, anche, che tutto questo è solo colpa vostra. Sareste dovute restare nel vostro, in silenzio—» Bernadette lo interruppe, infuriata: «Stammi bene a sentire, babbione: avrebbero dovuto fare come hai fatto tu, eh?! Avrebbero dovuto soffrire in silenzio? Ma fammi il piacere! Io e lei siamo felici insieme e, fattelo dire: sei il gay più represso e stupido di tutta questa famiglia di merda!» e concluse tirandogli l'acqua addosso e trascinandosi dietro la sua ragazza, fuori dall'appartamento.
Sfortuna volle che a Leanne e sua moglie andasse cento volte peggio: arrivate a casa della madre della prima, scoprirono che avrebbero dovuto affrontare due iene al posto di una, la madre di Leanne e Kira, sua cugina.
«Elaine.» Le due si guardarono negli occhi «Se qualcosa dovesse andare storto... »
Elaine la baciò e non la lasciò terminare «Non vorrai dirmi che la temeraria Leanne ha paura?» si sorrisero divertite, baciandosi ancora prima di uscire dall'auto
Incrociarono le due belve fuori dal palazzo, così si avvicinarono a loro mano nella mano.
«Tu guarda chi torna a Tolosa dopo tanto tempo!» esclamò Kira, indignata. Gli occhi neri che non celavano altro che odio.
Ma Leanne ed Elaine non avevano certo paura: «Mai vista città più bella e con gente migliore!» disse l'ultima di rimando, quasi sfidando la bionda.
E mentre le due iniziarono ad affrontarsi a suon di insulti, madre e figlia si rividero dopo otto anni.
«Mamma, quanto tempo!» canzonò la figlia, ironica.
«Sei la feccia di questa famiglia, tu e tua sorella, quella svergognata!»
Leanne rise: «Suvvia, madre, più garbata! Sono io quella sposata delle due, in fondo!» e le mostrò orgogliosa la fede in oro bianco che portava al dito.
La più anziana sembrò disgustata: «Tu, impossessata del demonio, tu non sei la mia bambina, io non ti conosco!» gridò, la gente che si affacciava ai balconi.
«Sai qual è il tuo punto debole? Sei così repressa, che non sai nemmeno te come uscirne!» le rinfacciò Elaine, presa com'era dalla fazenda.
L'altra rispose a tono: «Tu non sai come sia vivere nella paura di essere giudicati, il Canada non ha questi problemi!»
«Ma che te ne frega del Canada!? Pensa a te stessa, una volta tanto, non rompere le palle alle tue cugine, che già ci pensa quella che dovrebbe essere loro madre, e accetta che anche te ami le ragazze!»
Kira si bloccò: «Tu... Tu non sai niente di me! Non puoi dirlo a caso!»
Elaine rise: «Cara, povera, ingenua... I gay si riconoscono a distanza! Lo sapresti, se ti lasciassi andare!» si fermò per alcuni attimi, poi realizzò la verità che Kira, per anni, aveva celato con le unghie e con i denti «Adesso ho capito, sai?»
Si voltò verso sua moglie: «Cara! Ho capito tutto! Chiama chi ti pare, questa non te la puoi perdere!»
Il flash di una fotocamera l'accecò.
«È vero, quindi, che lei e sua moglie avete risolto un caso di omicidio in famiglia?»
Leanne sorrise, calma: «Non lo chiamerei così, e, soprattutto, non siamo state da sole: senza mia sorella e la sua compagna non ce l'avremmo mai fatta. Ma lasciate che vi spieghi: l'omicidio di mia nonna non era mai stato davvero programmato. Ebbene, ciò che davvero accadde, fu causato dalla rabbia e dalla paura che mia cugina Kira aveva della nostra famiglia omofoba. Sapeva che nostra nonna non era contro, ma il terrore l'aveva accecata a tal punto, che non aveva pensato ad altro se non all'omicidio. Mia madre... Beh, mia madre l'aveva aiutata a occultare le prove. Al momento, a quanto mi racconta mio cugino Karl, fratello di Kira, quest'ultima ha trovato l'amore in una ragazza sua compagna di cella, avvenente ragazza dai capelli rossi!» e concluse il discorso con una risata.
Leanne ancora doveva fare l'abitudine alla sua nuova situazione familiare, ma sua moglie Elaine, sorridente, avrebbe provveduto a farla stare il meglio possibile.
Puntò lo sguardo al cielo stellato e limpido di quella sera: sorrise, pensando ai dolci abbracci di sua nonna e asciugò una lacrima solitaria, unica prova fisica del dolore provato nella settimana precedente.
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