Verità























La accompagnò fin dentro la sua camera, Sakna su per le scale si era tenuta stretta al suo braccio, pensando che forse stava esagerando lo lasciò, continuando comunque a camminargli al fianco.

L'uomo chiusa la porta osservò la camera, vi era solo il letto, un baule e un tavolino sotto la finestra con una sedia impagliata, sopra vi era poggiata una spada. Si avvicinò alla finestra e guardò fuori, si affacciava sul bordello, dove alloggiava lui in quei giorni, poi osservò la spada lasciata fuori dal fodero, notò che era senza filo, che se ne poteva fare di un'arma del genere?

«Che ci fa lui qui» Avevano parlato di quella sua idea ma Adrian l'aveva sconsigliata, trovando quella scelta un po' troppo azzardata, Sakna gli fece l'occhiolino.

«Non so ancora il vostro nome» si mise dietro di lui quasi a sfiorarlo.

«Laro».

«Come posso ringraziarvi Laro?» Chiese maliziosa poggiando la mano alla sua schiena.

Si voltò la guardò serio e poi rise a schernirla :«Non siete un granché in questi giochetti».

«Come voi non lo siete a seguire le persone».

La spostò di lato e andò a stendersi sul letto come se fosse il padrone di quel luogo.

Credeva forse che con i suoi modi da duro l'avrebbe intimorita? Sakna aveva incontrato uomini peggiori e aveva sempre saputo tenerli a bada, in un modo o nell'altro.

«Quindi adesso cosa facciamo, diventiamo amici oppure mi consegnerete a lei?» Gli si sdraiò di fianco.

Laro era divertito dall'intraprendenza di quella donna, Edda lo aveva avvisato su quanto fosse scaltra e che non si sarebbe dovuto lasciare ingannare da quel suo aspetto da uccellino caduto dal nido.

La squadrò, si grattò la testa e disse «Va a ordinare da mangiare».

Sakna per tutta risposta gli si mise sopra cominciando a muoversi lentamente :«Che razza di modi, così conquistate le signore?» gli sussurrò sulle labbra, per poi morderlo :«IO non prendo ordini da nessuno» morse più forte, fino a fargli uscire del sangue.

«Brutta troia» la spinse via, lei iniziò a ridere mettendosi in ginocchio sollevò la sua maglia, lasciando intravedere appena i seni.

«Tu ordinerai da mangiare, poi forse io penserò al resto» s'infilò la maglia nei pantaloni e si sdraiò.

Laro si alzò e affacciandosi dalle scale urlò a qualcuno di sotto di portare da mangiare e bere, roba buona si raccomandò. Tornato in camera, la trovò che stringeva il cuscino contro il corpo nudo.

Laro dormiva profondamente, Sakna aveva in precedenza parlato con l'oste cui aveva fatto un piccolo favore mettendolo in contato col fratello defunto e facendogli così ritrovare i soldi che aveva nascosto. Nel vino era stato sciolta una polvere narcotica e ora il suo nuovo amico avrebbe dormito beato come un bambino fino a tarda sera.

«Trovato nulla?» chiese al fantasma che l'aveva aiutata al fiume, un giovane neanche di trenta anni morto durante una rissa.

«Lo tiene in camera fra i suoi vestiti».

Sakna meditò su cosa fosse meglio fare, doveva sbrigarsi.

«Tienilo d'occhio, se dovesse cominciare a svegliarsi vieni a chiamarmi».

Il ragazzo accennò un sì. Sakna sistemato Adrian al fianco si diresse al galoppo nuovamente al castello dei Grifoni.

Questa volta sapeva cosa cercare cosi non entrò, ma si diresse a quelli che un tempo dovevano essere dei giardini meravigliosi, adesso erano pieni di erbacce e sterpaglie, le uniche tracce del suo antico splendore erano le statue cui si aggrovigliava soffocante l'edera, le fontane piene di detriti e la simmetria dei viali.

«Che cosa cerchiamo qui?».

«Cornelio, ho capito chi è, non si tratta di una persona, ma di qualcosa cui gli Ekaraoni tenevano quasi quanto la propria vita».

«Un grifone» esclamò lo spirito, come aveva fatto a non pensarci prima.

Al centro del terrazzo vi era la statua del primo grifone appartenuto agli Ekaraoni.

Chiunque l'avesse scolpita era riuscito a rappresentare perfettamente in quel blocco di marmo la maestosità, la fierezza e la forza di quella creatura.

Sakna si mise a girare attorno alla statua cercando un qualche indizio sul basamento, non vi era neppure una decorazione o un'incisione particolare o diversa dalle altre, l'unica cosa strana era che si chiamasse soltanto Cornelio, il XIII non era riportato da nessuna parte. Sakna cominciava a perdere la pazienza, ma doveva risolvere quel mistero, se non fossero arrivati a nulla e non avessero eliminato Edda, Adrian non avrebbe mai trovato pace, tormentandosi in eterno per quanto accaduto alla sua famiglia.

«Non sono mai stata in groppa a un grifone» disse intanto che si arrampicava sulla statua. «Non sono neanche mai stata sulle Isole di Fuoco, non amo viaggiare per mare».

Adesso che era in groppa alla statua si mise a osservare la città sotto di loro, fra le case e i palazzi spiccava quello che un tempo era l'ateneo, che ospitava anche la più grande biblioteca di tutto il Norbeg. Sakna scivolò sul basamento e si mise di fianco al capo del grifone cingendolo con un braccio, lo osservò e si accorse che negli occhi vi erano stati incisi X in uno e III nell'altro, si voltò nella direzione in cui guardava la statua e capì che ciò che stava cercando l'avrebbe trovato nel grande palazzo.

«Mio caro Adrian, forse ci siamo, adesso dobbiamo soltanto capire come sbarazzarci della nostra spina nel fianco».

Prima di ritornare alla locanda si diresse da Zaria a chiederle un favore, l'anziana strega comprendendo la gravità della situazione acconsentì di aiutarla.

Così piena di speranza nella riuscita di quella caccia al tesoro, ritornò dal suo ospite trovandolo ancora addormentato.

«Non si è mosso di un millimetro» disse il giovane fantasma.

«Grazie, adesso è arrivato il mio turno di aiutarti».

Il giovane le sorrise e chiuse gli occhi, Sakna sguainò la spada e lo trafisse, lo spirito venne assorbito dalla lama, per poi uscirne sotto forma di tante lucciole che volarono via.

«È piacevole come sensazione» fu l'osservazione di Adrian, che in quel momento provò una punta d'invidia per quell'anima che era riuscita a trovare la pace.

Sakna lo rimise sulla sedia, si spogliò e si sdraiò accanto a quell'uomo, pensando a cosa avrebbe fatto, i suoi occhi si soffermarono sulla particolare elsa della sua spada e sorrise.

Laro si svegliò leggermente stordito, come dopo essersi ubriacato parecchio, infatti per terra oltre la bottiglia che aveva fatto salire, ce ne erano altre tre. Si avvicinò al viso della donna che ancora dormiva, il suo alito puzzava di vino come una delle peggiori cantine, fece una smorfia e si alzò alla ricerca dei suoi vestiti. Anche se tutto lasciava credere che se la fossero spassata, una strana sensazione non lo abbandonava, si sentiva osservato, uno sguardo greve, severo come quello di un padre che giudica le scelte del figlio scellerato, per un attimo gli sembrò che fosse la spada a guardarlo in quel modo.

«Preferisci la compagnia delle prostitute alla mia?».

«Devo fare una cosa».

Sakna osservava i muscoli della sua schiena che si muovevano, si pentì quasi di non aver usufruito della sua compagnia :«Tu sei un mercenario dell'est» osservò intanto che gli massaggiava il collo:«Dimmi chi è adesso il vostro imperatore?» gli morse il collo, per poi scendere lungo la schiena.

«T'interessa la politica degli altri paesi?» si alzò, ma Sakna lo fermò afferrandolo per la cinta e lo tirò su di se.

«Mi rispondi o devo trovare un modo per convincerti?» disse graffiandogli lentamente la schiena.

Laro ci pensò per un po'«L'ultima volta a governare vi era Valdo Aler, ma poi che t'importa? Se vuoi che resti ancora qui, ci sono modi più efficaci di trattenermi» si girò facendo si che lei gli fosse sopra.

«L'ultima volta che sono stata a est il reggente era Carisio I».

Laro la guardò e credendo che lo prendesse in giro scoppiò a ridere :«Sì, vorresti farmi credere che sei stata nel regno da cui vengo più di trecento anni fa» la prese per i glutei premendola contro di se.

Sakna lo guardò seria «Carisio ha composto persino un sonetto su di me, come diceva? A sì.

Alma leva la tua preghiera

poiché la morte è giunta finalmente

bella vestita di luna

leva la sua nera spada ... ».

La recitò nella lingua dell'uomo.

Laro la buttò di lato sul letto, si alzò e finì di vestirsi in fretta :«Edda mi aveva detto che era meglio stare attenti a te, si è dimenticata, però, di dirmi che sei un dannato demone».

Gli uomini di quelle terre, anche se valorosi combattenti che non si lasciavano intimidire dal nemico, restavano comunque scioccamente legati alle loro credenze e superstizioni. Per Laro una sola creatura al mondo poteva essere in realtà quella donna, il suo popolo aveva imparato a conoscerla con il nome di "thal giva" acchiappa anime. Presa la sua spada, andò via sbattendo la porta.

Sakna si affacciò alla finestra, osservandolo passare la strada e infilarsi nel bordello, dopo qualche minuto vide alzarsi in volo un uccello e dopo un altro quarto d'ora, vide l'uomo andarsene con la sua roba.

«Ha reagito come pensavi?».

«Sì, adesso dobbiamo soltanto aspettare, domani entreremo in azione».

«È pericoloso, ma non abbiamo altre possibilità» disse pensieroso.

«Per me non ti devi preoccupare, so badare a me stessa» si mise a mangiare gli avanzi nei piatti «Come ben saprai una, come me è alquanto difficile da togliere di mezzo».

«Quindi sei davvero immortale» disse meravigliato.

«No, poso essere uccisa, tuttavia le porte del Tesì Zirtac le trovo sempre sbarrate e ritorno indietro».

Si buttò sul letto, avrebbe tanto voluto oltrepassare quelle porte dorate, ritrovarsi in mezzo a chi, interruppe bruscamente i suoi pensieri e si mise a cantare uno stornello volgare sulle donne nei bordelli, doveva mettere altro nella sua mente.

Adrian la osservava, cercando di afferrare quei pensieri, non capiva se li custodisse, gelosamente, oppure ne avesse paura.

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