Un inutile segreto
La Penge era il più antico tempio di tutto il Norbeg, sorgeva in una vallata al limitare della Foresta degli Incanti.
A pianta circolare, la costruzione veniva ben mantenuta, non vi era mai stato fatto alcun cambiamento sostanziale, credevano che lasciando la struttura intatta, vergine, avrebbe conservato appieno il suo potere. Durante la sua costruzione vennero usati olocausti umani per garantirsi la protezione di ogni tipo di divinità, da quella più benevola a quella più assetata di sangue.
L'unica cosa a subire periodici lavori erano le cripte, un dedalo di gallerie buie, umide e maleodoranti. Nel tratto principale vi erano dei bracieri accesi in cui bruciava dell'incenso, a quel modo cercavano di non far risalire il fetore della morte ai piani superiori.
Le ancelle della luce e gli osservanti dell'ombra, erano i membri di quell'antico culto legato ai primordiali, gli dei creatori di ogni cosa ed essere vivente.
Persino loro rischiavano di perdersi in quel labirinto, per questo vi erano delle guide adatte, che in pratica passavano quasi la loro intera vita sotto terra, per lo più erano galeotti, che accettavano quel compito pur di non venire condannati a morte.
Sakna odiava addentrarsi in quei luoghi, non per paura, semplicemente le davano fastidio gli sguardi di tutta quella gente morta che ancora non voleva saperne di andarsene nel Tesì Zirtac. Le anime che si ostinavano a rimanere, dopo molto tempo finivano per somigliarsi un po' tutte, con le loro vesti ingrigite, la figura emaciata, le labbra violacee e le profonde occhiaie che contrastavano col pallore della pelle. Alcune rimanevano perché legate a qualcosa o qualcuno che non volevano abbandonare, altre non si rendevano conto, oppure non volevano arrendersi all'idea di essere morte. Altre ancora, non avevano ricevuto degna sepoltura, quando la loro fede prevedeva un cerimoniale preciso, anche una sola mancanza poteva impedire il loro passaggio nel regno dei morti.
Queste anime erano fra quelle che la pedinavano di più, speravano infatti che potesse finire il loro rituale, così da poter finalmente trovare la strada.
Sakna, silenziosamente, muoveva la spada qua e là, qualcuno avrebbe potuto anche potuto pensare che togliesse le ragnatele che incontrava sul camino, invece assorbiva anime.
Ormai stavano camminando là sotto da un'ora, passando da gallerie ampie a quelle più strette, dove si correva il rischio di rimanere incastrati, tutti quei cunicoli avevano in comune l'aver accatastate alle pareti pile di ossa e crani, sistemati a formare un macabro mosaico.
La sua guida camminava spedita, ogni tanto si voltava a controllare se le stesse ancora dietro alzando verso di lei la sua lampada a olio.
«Chi state cercando è molto vecchio, si trova nella zona nuova adesso, la sua galleria aveva subito dei danni e le salme sono state spostate».
«Perché non l'avete sistemato come gli altri?» Chiese indicando la catasta di femori al suo fianco.
«Oh, per alcuni morti c'è un trattamento speciale, sono più importanti degli altri, come dovevano esserlo in vita» svoltò a destra «Siamo arrivati, chi state cercando è in quella tomba di pietra, l'abbiamo spostata intera, c'è voluta una fatica enorme» sfregò le mani sogghignando «Per fortuna abbiamo dei vestrir come schiavi per questo genere di lavori» la guida, poiché lì sotto non andava quasi mai nessuno, sembrava voler raccontare ogni cosa di quel luogo e forse era un bene.
«Dimmi, è venuto qualcun altro per questo morto in particolare?» Gli chiese mentre con la sua lampada illuminava l'incisione sul ripiano di pietra grigio, ruvido e freddo. Cornelio XIII.
«Io no, dovremmo chiedere a qualcun altro dei miei colleghi».
«Mente, io l'ho vista e anche lui» disse un uomo grasso alle loro spalle, era un Osservante, si poteva riconoscere dalla tunica nera dalla larga fascia blu in vita. «Aveva i capelli rossi, era assieme a due uomini, hanno aperto la tomba e subito si è messa a imprecare».
Sakna voltò appena lo sguardo verso l'uomo.
«Aiutatemi a spostarlo».
Assieme alla guida riuscirono a far scorrere di un paio di palmi la pesante lastra, avvicinò la lanterna e trovò la tomba vuota.
«Questa poi, di solito un ossicino rimane sempre, anche dopo tutto questo tempo» fu l'osservazione della sua guida.
«Cornelio XIII» disse a gran voce. Si guardò attorno, cercando nel buio, ma non si era presentato, così lo chiamò ancora :«Cornelio XIII». Nulla provò con l'altro nome :«Ekam Ekaraoni » nemmeno lui si presentò, ciò poteva significare soltanto una cosa, nessuno dei due era mai stato sepolto in quel luogo. Lei poteva richiamare i morti soltanto quando si trovava nel luogo in cui erano sepolti o dove avevano trovato la morte.
«Che cosa significa, perché non viene nessuno?» Gli chiese preoccupata l'anima nella spada.
«È stato tutto inutile, maledizione» picchiò con i pugni sulla tomba.
S'incamminarono per ritornarsene in superficie, quando passò accanto all'osservante, gli sussurrò
«Vieni». Ripercorsero i cunicoli e risalirono le ripide scale a chiocciola dai gradini consunti verso il centro.
«Grazie dell'aiuto» diede alla sua guida alcune monete, che si ficcò velocemente in tasca come se temesse che qualche morto potesse rubargliele.
«È stato un piacere, sempre a vostra disposizione se avrete ancora bisogno».
Non ne aveva alcun dubbio, l'uomo era fin troppo disposto a collaborare.
«Vorrei vedere i vestrir».
La guida la guardò stranito per quell'insolita richiesta, Sakna gli lanciò un'altra moneta d'argento.
«Seguitemi».
Scesero nuovamente, questa volta, però si addentrarono per il primo corridoio, lungo una decina di metri, illuminato da una torcia appesa a metà della sua lunghezza. La guida impugnò una barra di ferro poggiata di lato e aprì la porta. Colpì più volte chi stava all'interno, sentendo quei colpi Sakna lo fermò.
«Fatemi entrare».
«Può essere pericoloso».
Sakna lo tirò via di lì spazientita, entrò chiudendosi la porta alle spalle. L'uomo incuriosito poggiò l'orecchio contro il legno ruvido, si sentivano soltanto dei bisbigli indecifrabili, dopo un paio di minuti uscì e tornarono all'esterno.
Ognuno se ne andò per la sua strada.
La guida andò a parlare con un uomo appena lei fu uscita.
Una volta in sella Sakna disse «Dimmi tutto» e si avviò.
L'osservante le stava dietro «Come dicevo, è venuta questa donna, trovando la tomba vuota si è arrabbiata, ha detto a uno degli uomini di aspettare l'arrivo di un'atra persona»
«Quest'uomo era ancora alla Penge?».
Ci pensò sopra «Sì, era all'ingresso in mezzo ai soliti fedeli».
Edda era stata scaltra a lasciare uno sconosciuto ad attenderla, a lei l'avrebbe percepita immediatamente.
«Lo riconoscerete facilmente, ha un occhio blu e l'altro marrone».
«Grazie, potete tornare al vostro lavoro» l'anima svanì.
«Dunque Adrian, la vostra famiglia ha custodito per generazioni il segreto di dove si trovasse sepolto Ekaraoni, ma quella tomba non ha mai ospitato il suo corpo e neppure quel Cornelio».
«Una menzogna, ho lasciato che uccidessero la mia famiglia per una menzogna» disse pieno di sconforto, il suo senso di colpa e la sete di vendetta crescevano.
«Non è detto, se questo segreto è stato custodito così gelosamente, ci sarà un motivo».
I due fantasmi che la seguivano apparvero a un tratto, in mezzo alla strada facendo agitare il cavallo che nitrì nervoso roteando gli occhi. «Sccc, calma bello, non devi aver paura» accarezzò il robusto collo dell'animale.
«Che volete adesso?» Chiese riprendendo il cammino.
«Abbiamo un messaggio».
«Questa poi, cosa c'è chi vi comanda m'invita a qualche festa?».
Il più magro rise appena.
«Hai già tutto ciò che ti serve» e svanirono.
Sakna cominciava a pensare che quella storia non sarebbe finita bene, chiedendosi se poteva fidarsi di quel mezzo aiuto inaspettato, oppure credere che la misteriosa presenza che si celava dietro quei due stesse cercando di sfruttarla a suo vantaggio.
«Adrian tu sai qual è questo potere che aveva nascosto Ekaraoni?».
«I frammenti dell'anima di Hurg»
Dunque non si trattava soltanto di una storiella da raccontare quando si era in compagnia. Sakna non aveva mai incontrato questo Hurg, un dio minore che si era messo a governare su quella terra usando il terrore, ne aveva sentito parlare nel corso dei secoli, ma la storia si era tramutata in racconto e il racconto in leggenda.
Così Edda era intenzionata a impossessarsi di questi frammenti, molto probabilmente interessavano anche a chi la stava facendo pedinare.
Era talmente persa nei suoi pensieri che non si era accorta di essersi addentrata sempre più nella foresta, quando la luce del sole cominciò a far capolino a stento fra le cime intricate Sakna, alzò lo sguardo al cielo. Si fermò, se avesse continuato dritta in quella direzione, per pochi chilometri ancora, si sarebbe trovata in mezzo a tutti i clan dei vestrir che vivevano nel Norbeg. Rimase a fissare il fondo del sentiero, smontò e s'incamminò tenendo il cavallo per le redini.
Solo un minuto si disse, mi avvicinerò appena elle ultime tende e rimarrò soltanto un minuto.
Adrian, poiché ormai era soltanto uno spirito, riusciva a percepire le emozioni della ragazza, non a leggerne i pensieri, il turbamento, il malessere che provava non lasciava spazio ad alcun dubbio. Erano stati la sua gente, la sua famiglia per un periodo e per qualche strana ragione aveva paura ad andare da loro.
Percorsi appena una decina di metri rimontò in sella, fece voltare il cavallo e lo spronò al galoppo diretta a Souldor.
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