Segreti


















Lord Matau, signore di Rocciasecca, tutto si sarebbe potuto aspettare, tranne un tradimento del genere, da parte di un uomo che aveva sempre considerato leale. I loro possedimenti erano confinanti e non avevano mai avuto grossi problemi, risolvendo qualche piccolo danno causato ogni tanto dal bestiame, come due buoni amici sanno fare.

Da quando non vi era più un vero re a comandare su Souldor tutto era cambiato per il peggio, le vecchie amicizie, i patti siglati e lo stesso sangue avevano perso ogni sorta di valore. Per uomini di vecchio lignaggio come lui, che credevano ancora nell'onore, era sempre più difficile riuscire a sopravvivere in quel mondo alla deriva.

Saitron aveva fatto catturare, legare e sistemare lungo la parete, tutti i membri della famiglia nella grande sala, lui stava comodamente seduto a capotavola dando la schiena ai suoi prigionieri, senza dire o fare nulla, in attesa che il loro destinò si compisse da solo. Suo nipote andava avanti e indietro di fronte ai prigionieri, Generale stava in piedi carezzando l'impugnatura del pugnale che teneva sul fianco destro, scrutando torvo quelle povere persone che tremavano dalla paura, soltanto il vecchio Matau con suo figlio riuscivano a mantenere i nervi saldi, almeno in apparenza. Un paio di soldati stavano accanto alla porta, gli altri erano fuori impegnati a occuparsi della servitù e i vari lavoratori che trovarono nel castello e nelle case tutt'attorno, portando tutti nella corte.

«Se sono le proprietà a interessarti prenditele tutte, ma lascia stare la mia famiglia» lo implorò il vecchio Matau.

Oltre a lui ormai vedovo da anni, vi era suo figlio maggiore con la moglie e i tre figli, due ragazzi neanche ventenni e la femmina di tredici. Poi c'era sua nipote, figlia di sua sorella arrivata lì in visita da alcuni giorni e infine, un suo cugino che si occupava di amministrare l'attività di famiglia delle miniere, passato per il rendiconto bimestrale.

«Che senso ha tutto questo? Le nostre famiglie sono sempre state alleate» gli disse il giovane Matau.

Saitron si alzò e si diresse a una delle alte finestre, la aprì accogliendo l'aria fresca di quel mattino e si guardò tutt'attorno.

Il castello non era molto grande, ma ben tenuto, oltre le mura vi erano i campi coltivati, oltre a essi il bosco che terminava alle pendici dei monti in cui vi erano le cave di marmo e la miniera. Poi il suo sguardo si concentrò sulla gente radunata nella corte, si guardavano pieni di timore e domande l'un l'altro, non riuscendo a capire cosa stava accadendo, non avrebbe dovuto mancare nessuno, uomini, donne, bambini, persino i vecchi. Le persone che avevano provato a opporsi erano state uccise, in quel momento due soldati se la stavano prendendo contro un uomo che aveva soltanto chiesto spiegazioni sul loro comportamento, una donna poco più in là, con molta probabilità la moglie, urlava e imprecava contro i soldati, per essere a sua volta picchiata violentemente.

Entrò Edda, la donna lentamente passò di fronte ai prigionieri soffermandosi con lo sguardo su ognuno, per arrestarsi in fine dinnanzi al vecchio Matau.

«Ne è passato di tempo, vero Adrian?».

Matau sollevò di più lo sguardo scrutandola e sgranò gli occhi, come poteva essere lei? Erano passati più di trenta anni dall'ultima volta che l'aveva vista e stava morendo, lui stesso le aveva piantato la spada nel cuore, spingendo finché non sentì la lama scalfire il pavimento.

«Allora sei riuscito a sfuggirmi, adesso il coltello dalla parte del manico l'ho io» andò dritta da uno dei soldati dai capelli chiarissimi e sfilò la spada dal suo fodero, andando a puntare contro la gola dell'uomo «O forse è meglio dire la spada».

«Tu, sei un dannato demone» le sputò contro.

«E tante altre cose mio caro Adrian, ti farò la stessa domanda di allora e questa volta dovrai rispondermi» poggiò di più la lama contro la sua gola per poi toglierla sorridendo. Con noncuranza cominciò a far dondolare la lana e puntarla poi contro il figlio, che in un primo momento strinse gli occhi, poi le ringhiò contro tutto il suo disprezzo :«Bastarda, appena mi libererò ti ucciderò con le mie stesse mani» Edda lo ignorò, come si fa con un cane che abbaia da dietro le sbarre della sua gabbia.

«Dove si trova il vecchio Ekaraoni?»

Lord Matau rimase in silenzio, ingoiò a vuoto un paio di volte, se avesse continuato a mantenere il segreto, avrebbero ucciso tutti, tuttavia rivelarle ciò che voleva sapere non garantiva la loro sopravvivenza, ma almeno quel segreto sarebbe morto assieme a lui, nessun altro lo sapeva. Avrebbe passato quel fardello a suo figlio solo quando sarebbe giunto il suo momento, era troppo pericoloso che si venisse a scoprire.

Edda si voltò verso Generale, il quale comprese subito cosa doveva fare, si affacciò da una delle finestre e con un cenno della mano, diede il via all'esecuzione della povera gente intrappolata nella corte. Sentendo quelle urla di terrore, le loro suppliche, le due donne che stavano affiancate si misero a piangere, poggiandosi l'una contro l'altra, i giovani tremavano dalla paura e il cugino di Matau se l'era fatta sotto, comprendendo che presto sarebbe toccato a lui morire a quel modo. Il vecchio Matau rimase impassibile, deciso a tenere quel segreto per se a qualsiasi costo.

Edda vedendo che non cedeva andò a puntare la spada contro la gola della nuora, lo guardò, ma lui continuava a tacere, tenendo alto il mento a sfidarla, così passò al nipote, poi all'altro fino ad arrivare alla ragazza. Nulla, non si arrendeva.

«Devo dire che sei davvero bravo a tenere un segreto, ma ti piegherò non temere» gettò la spada :«Tu soldato» chiamò a se il giovane cui aveva preso la spada :«Cosa ne pensi di lei, non è davvero graziosa?» prese una ciocca dei capelli della ragazzina per lasciarsela poi scivolare via dalle dita.

Il soldato guardò prima lei, la giovane che singhiozzava e infine il suo comandante che rise divertito.

«È Bella si».

«Prenditela e divertiti, i nostri padroni di casa non avranno nulla da ridire, dico bene Adrian?».

«Vi prego lasciatela stare è poco più di una bambina» la supplicò la madre.

Il giovane Matau non conoscendo la verità si rivolse al padre «Vi supplico, ditele ciò che vuole sapere, è la mia bambina»

Il vecchio lord, guardò il figlio pieno di dolore e vergogna, per poi abbassare lo sguardo e continuare a mantenere il silenzio. Le urla della nipote lo fecero sussultare, strinse gli occhi voltandosi dall'altra parte e mordendosi le labbra fino a sentire il sapore del suo sangue. Le imprecazioni, i pianti disperati, le urla, si mescolarono nella sua mente divenendo suoni confusi, ripetendosi che stava facendo la cosa giusta.

Sakna sapeva bene che pensare troppo, le avrebbe riportato alla mente ciò che era meglio cancellare del tutto e con lei non c'era neanche una mezza bottiglia di vino. Per liberarsi da quei pensieri cominciò a tartassare di chiacchiere Elidor che ignorava tutti i suoi punzecchiamenti. Così cominciò un canto che denigrava gli elfi, parlava del fatto che la loro bellezza era frutto di un incanto, una volta svanito li avrebbe rivelati per ciò che erano davvero, sgorbi scherzi della natura pieni di boria e pustole maleodoranti. Tutta cantata a squarcia gola, stonata peggio di una campana, ma in perfetto elfico. Un tempo aiutò un suo amico cantore a tradurla, dopo che una giovane elfa lo aveva malamente scaricato.

Arrivati in cima al colle, si fermarono, pochi chilometri più in là cominciavano le prime case e più giù oltre un campo di grano, vi era il castello di Rocciasecca.

Una domanda si fece strada nella sua mente. Perché uno dei tanti signori di quelle terre l'aveva fatta catturare invece di mandarla semplicemente a chiamare? Sì, sono difficile da trovare ma obbligare un elfo con una kita per darmi la caccia è un tantino eccessivo. Che avesse ragione la vecchia Zaria e dietro tutto questo c'è per davvero Sould? Magari lo troverò al castello ad attendermi, si a braccia aperte trepidante come un innamorato. Quella faccenda le piaceva sempre di meno.

Quando passarono di fronte ad una delle prime case, un vecchio se ne stava sull'uscio seduto su di uno sgabello, rigirandosi fra le mani un bastone, appena la vide le andò incontro più veloce che poteva. "Criminali" Sakna arrestò il cavallo, Elidor si voltò a guardare cosa stesse combinando, stava fissando a terra, lui, però non vedeva nulla.

" Macellai, assassini ecco cosa sono, le loro urla si sono sentite fino a qui, hanno preso tutti persino i bambini" Sakna smontò di sella dirigendosi spedita all'abitazione che aveva di fronte.

«Fermati, dove credi di andare?» Le ordinò correndole dietro.

La ritrovò che se ne stava in piedi appena oltre la soglia, poggiata contro la parete a osservare il macabro spettacolo. Un vecchio nel suo letto giaceva morto con la gola tagliata, il corpo di una donna era per metà nell'altra camera. Elidor andò a controllare, imprecò, poi trascinò all'interno della camera la donna, uscì chiuse la porta e rimase a fissare il pavimento ricoperto di sangue rappreso.

Accanto a Sakna vi era lo spettro della donna che stringeva a se un bimbo che non poteva avere più di due anni.

"Sono arrivati che non era ancora l'alba, perché ci hanno fatto questo?".

«Avranno ciò che si meritano» fu la sua sentenza detta sottovoce.

«Andiamo, ho un lavoro da finire» le ordinò lui passandole accanto.

Adesso Sakna sapeva che a cercarla non era stato il padrone di quelle terre e si avviarono al galoppo verso il castello.

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