Sakna


      ❌❌❌❌❌❌NOTA AUTRICE❌❌❌❌❌❌
❌❌❌Storia consigliata a un pubblico adulto ❌❌❌
❌❌❌❌❌Contiene scene splatter che ❌❌❌❌❌
❌❌❌potrebbero turbare la vostra sensibilità ❌❌❌



                                       Riconoscimenti



Erano ormai settimane che quel dannato elfo le stava alle calcagna, ucciderlo le era impossibile, l'unica possibilità che aveva era provare a far perdere le sue tracce in qualche modo, ma lui non mollava l'osso e riusciva sempre a ritrovarla. Si stava dirigendo a Souldor, ex capitale del Norbeg, ormai in declino a causa delle guerre intestine fra i vari signorotti per garantirsi il dominio sul maggior numero di territorio, sciocchi, patetici, miseri umani.

Sakna odiava il modo in cui si erano ridotti gli uomini, l'amarezza maggiore le veniva nel vedere quanto le creature magiche si fossero lasciate contagiare dal viscido modo di vivere degli uomini, prima che predominassero su quelle terre ogni creatura era pura, certo con i suoi difetti, ma mai meschina come gli uomini.

Una volta giunta in città, fu assorbita dal gran via vai di ogni tipo di creature e umani, per lo più delinquenti. Dopo la Guerra dei Garofani, la dea Mathar condannò all'esilio il re, assieme a tutti quelli che combatterono al suo fianco maledicendo il trono, nessuno sarebbe potuto più diventarne il re. Così Souldor, un tempo città prospera e all'avanguardia proiettata al futuro, era divenuta un luogo da cui era meglio stare lontani.

Sakna fu ben lieta di trovarsi in quella confusione, le strade erano sempre affollate, come in un giorno di festa, sulle varie bancarelle o le coperte stese a terra, non erano esposti prodotti tipici del luogo, bensì armi d'ogni sorta, veleni e droghe per ogni utilizzo. Gli schiavi erano esposti su palchi costruiti, dove vi era spazio a sufficienza, si vendevano umani catturati negli altri continenti e varie creature, dai piccoli ma forzuti Korrigan, tenuti legati in stie magiche, a goblin e orchi destinati ai lavori più pesanti.

Un banditore dal ventre flaccido, strattonava una giovane e bella ragazza dai capelli chiari, lei stava con lo sguardo basso, talvolta si voltava a guardare un'altra ragazza legata a un palo.

«Venite gente, oggi per la gioia di molti abbiamo qui due splendidi esemplari di laumes» con l'impugnatura della frusta le alzò il mento :«Bellissima non trovate? Giovane e mansueta» le tirò giù la parte di sopra della veste lasciandole scoperti i seni.

«Venti testacce» urlò un vecchio sdentato.

«Che te ne fai vecchio, ti laverà le brache dal piscio?» lo schernì un uomo basso ma ben vestito, dalla barba scura ben curata. «Lasciale a chi saprà come usarle. Cinquanta testacce e tanti saluti imbonitore».

Nessuno osò offrire di più, conoscendo fin troppo bene l'uomo e la gente per cui lavorava, così pagata la mercanzia, le consegnò a un goblin che gli stava sempre appresso, affinché le portasse a casa.

Sakna proseguì, non aveva tempo da perdere. Almeno in mezzo a tutti quegli odori e rumori sarebbe stato più difficile per l'elfo rintracciarla e poi aveva un discreto vantaggio, qualche ora almeno, ormai sapeva quanto tempo ci avrebbe messo il suo sgradito compagno di viaggio a ritrovarla.

Doveva trovare un posto in cui nascondersi e chiarisi le idee sul da farsi, camminò lungo le vie, dove i palazzi signorili, dalle facciate un tempo decorate da stucchi, statue e colonne, adesso erano aggredite dall'incuria. Pezzi d'intonaco e stucchi sgretolati erano ammucchiati a ridosso delle mura, lunghe e profonde crepe lasciavano intendere che ben presto molti di essi sarebbero crollati.

Giunta a una locanda. All'apparenza meno fatiscente delle altre, si diede un'ultima occhiata intorno, di fronte all'ingresso stava un vecchio ubriaco, che farneticava storie su quanto fosse stata bella la sua Souldor, la gente passava senza degnarlo di uno sguardo e, se diventava troppo molesto con qualcuno riceveva calci e insulti.

Strinse forte la tracolla e oltrepassò l'ingresso, si voltarono a guardarla solo due tizi intenti a giocare a carte, il loro interesse svanì immediatamente temendo che gli altri provassero a imbrogliarli, un omaccione dalla folta e sozza barba seduto a sonnecchiare di fianco la porta aprì un occhio, vedendola capì che non avrebbero portato rogne e tornò a poltrire. Sicuramente si occupava di "accompagnare" fuori gli avventori che davano fastidio.

Sakna, poiché preferiva tenersi alla larga dalla gente e anche dal più pulcioso dei paesi, viveva nomade per i vari regni preferendo i boschi, portava i capelli corvini corti e spettinati, i taglienti occhi grigi, vestita di stracci con un mantello logoro e gli stivali dalle suole consumate, la puzza che emanava la aiutava a tener lontani i curiosi che ogni tanto la fissavano. Armata di una spada, dall'elsa fatta con uno strano metallo dalle sfumature blu, soltanto osservandola da vicino si sarebbero potuti distinguere le sottili e intricate incisioni e sfoderandola si sarebbe potuto vedere che non aveva lama, dopo la guardia vi era il ricasso con i denti di arresto e nulla più, per questo la portava a tracolla dietro la schiena. L'unica vera arma in suo possesso che teneva alla cinta, era una spada corta.

Una volta al bancone ordinò una bottiglia di vino con ciò che vi era di pronto da mangiare. Impilò le monete una a una a formare una piccola torre, l'oste si lisciò i folti baffi a manubrio, prelevò i soldi e tornò a occuparsi degli altri avventori.

Presa l'ordinazione, andò a sedersi a un tavolo da cui poteva tenere d'occhio l'ingresso. Felice di aver mangiato un pasto decente scolò la bottiglia e ne ordinò un'altra.

«Sei tu Sakna?»

Con un rapido movimento estrasse la corta spada e la puntò dritta alla gola di chi aveva parlato, ritrovandosi di fronte un goblin, il quale alzò le braccia per farle capire che le sue intenzioni non erano cattive ma Sakna diffidava di tutti.

«Che vuoi?» non abbassò di un centimetro la lama, guardandolo di traverso stringendo gli occhi scuri.

Nessuno dei presenti s'intromise, questioni come quelle se ne vedevano in giro in continuazione, sapevano che era meglio restarne fuori, soltanto l'omaccione si mise in piedi, portando la mano all'impugnatura della mazza. Il goblin gli fece di no col capo e lui tornò a sedersi.

Sakna comprese che non era un semplice furfante:«Che cosa vuoi?».

«Mi manda Zaria, desidererebbe tanto parlare con te di una certa questione» passò il peso da un piede all'altro :«Posso abbassare le mani e tu la lama? É piuttosto scomoda come posizione»

«No».

«Mi ha detto di riferirti, se avessi avuto da ridire, che potrebbe aiutarti con quel tuo nuovo amico e chi l'ha assoldato».

Sakna ci pensò sopra, "fidarmi o no, poi chi diamine è questa Zaria, come fa a conoscere certi dettagli?" Il bisogno di sapere se davvero potesse aiutarla con il suo sgradito amico vinse sul suo essere sospettosa :«Andiamo, se mi accorgo che vuoi imbrogliarmi t'infilzo», con la spada gli fece cenno di avviarsi e la rinfoderò.

Una volta fuori, percorsero la strada principale. Non molto tempo prima in quelle vie perfettamente simmetriche, che partivano in linee rette dalla grande piazza situata al centro, si sarebbero potute incontrare le menti più geniali e ascoltarle discutere sulle loro nuove scoperte, ricerche, o l'ultimo sonetto composto.

Il vecchio re era un'amante delle belle arti, appassionato delle varie materie scientifiche, cercava di portare a corte i migliori ingegneri, architetti, medici, intellettuali e artisti, per far progredire il suo regno; aveva istituito la prima scuola pubblica, aperta ai figli della gente comune di Souldor. La città aveva persino un porto, poiché sorgeva a cavallo del fiume Ondaoro e s'intrattenevano commerci con tutti i continenti. Adesso la raggiante Souldor era poco più di un'enorme bettola, dove vigeva la legge del più forte. Camminarono per le varie strade, che diventavano sempre più strette e con meno gente in giro, Sakna mise la mano su l'impugnatura della sua arma.

Si fermarono di fronte ad una piccola porta, che parecchio tempo prima doveva aver avuto un bel colore verde smeraldo, adesso era scolorita, alla base si vedeva il legno grezzo pieno di crepe e segni dei tarli.

«Siamo arrivati».

Sakna si guardò intorno, poco più in là vi era un vecchio seduto accanto alla porta di casa intento a fumare, dal lato opposto un giovane intento a caricare un carretto.

«Io qui ho finito, è stato un vero piacere fare la vostra conoscenza» si congedò con un inchino fin troppo profondo, ritornandosene per dove erano arrivati.

Sakna fissò per un po' la porta, tirò un lungo respiro e bussò.

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