Prigioniera

Chi aveva incaricato l'elfo di catturare Sakna era Saitron Voris. Un nobiluomo appartenente a una delle più antiche casate del Norbeg. Cinquanta anni di bell'aspetto, vedovo ma senza discendenti.
Suo pupillo era il nipote Xander, terzogenito della sorella che fu ben lieta nel dare al fratello il patrocinio del giovane che, su i beni del padre non avrebbe avuto alcun privilegio, giacché aveva due fratelli maggiori.

Il nipote lo aiutava volentieri in quella sua impresa, anche se non era sceso troppo nei particolari con lui, il giovane però e di questo era più che sicuro, avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui anche uccidere la sua stessa madre.

Quasi non sembrava che Saitron si fosse messo in testa di risvegliare il fantasma del vecchio re Ekaraoni per portare avanti il suo piano di conquista del Norbeg. I due cenavano tranquillamente alla tavola fin troppo imbandita per due sole persone, conversando sull'amministrazione delle terre, su come stavano andando i vari raccolti e delle notizie che arrivavano da Eronos.

Essa era la città più grande di tutto il regno dopo Souldor, alcuni fra i nobili più influenti, tra cui suo fratello, vi si erano riuniti ormai da settimane a discutere del destino del continente. Souldor non era più la capitale da decenni ormai e la confusione e le guerre continue che si erano venute a creare, a causa della mancanza di un re che governasse su tutti, mettevano a rischio la stabilità dell'intero Norbeg. Così appoggiati dagli dei che ancora si occupavano delle faccende degli esseri umani stavano riformando l'intera costituzione, stabilendo i nuovi poteri, leggi e confini.

«Quella donna non mi piace zio, sembra un demone» disse tutto a un ratto Xander.

Saitron stava contando sull'aiuto di Edda, lei sembrava conoscere ogni tipo di magia, dal semplice elisir, all'utilizzo di entità elementari, doveva fidarsi di quella donna, anche se dentro di se una vocina gli suggeriva di scappare via ogni qual volta lei era al suo fianco.

«Ti ho già spiegato che ci serve, poi è innocua» si versò dell'altro vino «Certo mette soggezione, ma questo tuo timore è causato più alle storie che si raccontano sul suo conto».

«Per nulla piacevoli» ci tenne a precisare «Anche se storie un fondo di verità ci dovrà pur essere».

A Voris non piaceva l'inquietudine del nipote, la paura lo avrebbe potuto spingere ad andare contro i suoi piani e lui non doveva fallire.

«Appena questa storia sarà finita, tornerà da dove è arrivata, non temere» gettò un osso al cane, sdraiato di fronte al camino spento, che lo addentò per nascondere chissà dove. «Conosce qualche trucco ma è pur sempre una donna, non sarà difficile liberarcene se dovesse divenire indesiderata» Sperava con quelle sue parole di tranquillizzarlo.

«Va bene zio sai che farei di tutto per te, sopporterò la sua presenza se è ciò che vuoi».

«Sono felice di sentirtelo dire» alzò l'ennesimo calice a brindare quella piccola vittoria.

Qualcosa si mise a picchiettare contro il vetro della finestra.

Un ampio sorriso comparve sul volto di Saitron che, con un cenno della mano, fermò il maggiordomo che si era apprestato per andare a controllare cosa fosse. Andò alla finestra, una volta aperta l'uccello incantato, gli saltò fra le mani e fischiettò, solo colui cui era diretto il messaggio, lo poteva capire, finito, il suo incarico ritornò di legno.

«Mio caro Xander, finalmente una buona notizia» si accomodò nuovamente «Domani potremo partire, Tobias avverti Generale che prepari gli uomini».

«Come lei desidera, Lord Saitron» andò spedito a cercare l'uomo.

«Alla riuscita di questa tua impresa zio» disse sorridendo alzando il calice.

«Alla nostra» dovevano festeggiare e lo avrebbero fatto per tutta la notte.

Edda stava tutto il tempo da sola nella sua camera, uscendo soltanto per dare qualche consiglio a Saitron per la riuscita di quel loro piano.

La donna non era molto avvenente, i suoi occhi color giada però avrebbero ammaliato chiunque, si concedeva abiti e gioielli costosi e portava sempre intrecciati i suoi fulvi capelli. Lei non era una semplice strega, di fatti era una semidea, che si era lasciata incantare dalla possibilità di accrescere i suoi poteri grazie alle varie magie che aveva appreso nel corso dei secoli, nei vari continenti.

Prese fra le mani rigirandolo un sasso che era riuscita a trovare fra i colli, poco distanti dal castello, sarebbe potuto sembrare un comunissimo sasso trovato lungo la strada, in realtà era il fossile di una piccola creatura svanita dal continente da ormai due ere. Quei sassi le erano serviti a costruire il suo rifugio personale, le era giunta voce infatti che gli dei maggiori volessero portarla di fronte alla corte dei Primordiali a causa di alcune sue pratiche considerate inappropriate. Per questo motivo sperava che quel suo piano andasse per il meglio e garantirsi così una via di fuga.

Finalmente l'elfo decise che fosse arrivato il momento di riposarsi. Avevano lasciato la strada principale, fino a trovare un posto tranquillo lontano da occhi indiscreti, lui preferiva evitare lo scontro diretto e per questo era sempre molto discreto e prudente, imparando a diventare quasi un'ombra in mezzo alla folla, ciò lo aiutava parecchio per quel suo compito.

Sakna appena la sciolse saltò giù e raddrizzò la schiena indolenzita, poi prese a camminare attorno al suo nuovo amico squadrandolo da capo a piedi, gli si avvicinò fino a sfiorarlo, annusandolo, un lampo di rabbia accese i suoi occhi.

«Siediti e lasciami stare se non vuoi che ti leghi a un albero».

Lei lo ignorò, gli abbasso il cappuccio e scostò i capelli, le orecchie gli erano state mozzate.

Lui la afferrò per il polso torcendoglielo con forza :«Mettiti a sedere» le ordinò con un tono di voce che non ammetteva repliche.

«Va bene» invece di sedersi cominciò a gironzolare lì attorno.

«Sei diverso dagli altri elfi che parlano in continuazione, come se non vi fosse suono più bello della propria voce» cominciò a raccogliere i rami secchi che trovava in giro. «Mi stavo chiedendo, se tu sapessi chi sono in realtà, continueresti il tuo lavoro oppure scapperesti il più lontano possibile» rimase ferma per un po' a ragionare fra se e se grattandosi il mento «Certo tu sei giovane, forse il tuo popolo ha smesso di rievocare le mie gesta, oppure tu col tuo popolo non hai più nulla a che fare» disse toccandosi l'orecchio.

L'elfo s'irritava sempre più a ogni sua parola, per come lo ignorasse, umiliandolo parlandogli con sufficienza della sua punizione. Strinse i pugni lungo i fianchi, appena Sakna gettò la legna raccolta a terra, la colpì con un man rovescio, spaccandole nuovamente il labbro.

«Come siamo suscettibili» e sputò un grumo di sangue «Io ho fatto la mia parte adesso a te tocca accenderlo il fuoco» stronzo che non sei altro, se non dovessi portarmi dal tuo padrone ti staccherei la testa a morsi. Si mise a sedere poggiandosi contro un albero caduto, mezzo ricoperto di muschio. Intanto che lui si occupava del fuoco lei, si mise a rivangare il passato, diventando sempre più nervosa e desiderosa di scappare infischiandosene del fatto che le sarebbe sfuggita l'occasione di poter sapere qualcosa di utile su Sould. Poi notò la spada che l'elfo si portava dietro, legata alla sella, alzandosi di scatto si diresse a controllare meglio, lui rapido, la fermò poco prima che potesse toccarla.

«Tranquillo non voglio usarla contro di te» per il momento «Ho già visto una spada come questa» Lui allentò la presa senza però mollarla, stava pensando a come comportarsi con lei.

Ho trovato il nervo scoperto, con loro è facile, si tratta sempre del passato, ne hanno troppo alle spalle e i fatti poco piacevoli cercano sempre di cancellarli :«Se si tratta di quella che dico io, ha un'incisione lungo la lama, in elfico, che dice "possa la lama smettere di separare e finalmente unire i vecchi fratelli"» il non morto la lasciò, così Sakna sguainò la spada e sì, era davvero lei. Che ironia essere catturata da un discendente di quel bastardo.

«Potresti dirmi qualcosa sulla spada, su chi era il suo proprietario?».

Oh, povero piccolo elfo, adesso vuoi fare amicizia ? Ma sì, ti racconterò chi era lo stronzo, molto probabilmente tuo nonno Sakna lo guardò negli occhi, per un attimo, solo per un battito di ciglia ebbe pietà di lui «Va bene, come ti chiami?».

«Elidor».

Così i due si sedettero accanto al fuoco e Sakna cominciò la sua storia. Non omise alcun particolare, gli raccontò tutta la verità. Inizialmente la rabbia, il rancore le facevano tremare la voce, ma andando avanti nel racconto quei sentimenti sembravano scemare, come se quegli accadimenti appartenessero alla vita di qualcun altro.

Alla fine parlarne servì più a lei che a far comprendere chi fosse all'elfo che stringeva la spada a se come un talismano. È tutto ciò che gli rimane di chi era. Sakna mai in vita sua credeva che si sarebbe ritrovata a provare pietà per uno di loro dopo ciò che le fecero.

«Mi dispiace» le disse a un tratto «Per quanto possa valere, mi dispiace. Ma ugualmente rimarrai mia prigioniera e ti consegnerò» si sdraiò sulla coperta era stanco, una strana sensazione però lo portava a rimanere in allerta, gli sembrava quasi che ci fosse qualcuno a spiarli.

Sakna notando la sua inquietudine comprese che aveva percepito la loro presenza, non avrebbe mai capito di chi si trattasse per davvero e sicuramente sarebbe rimasto sveglio tutta la notte. Si sistemò meglio che poteva e lasciò vagare lo sguardo verso quel pezzo di cielo che s'intravedeva fra le fronde degli alberi, soltanto loro non mutavano mai e ciò la rasserenava ogni volta. Ogni cosa cambiava e svaniva inesorabilmente, il tempo trascinava via con sé tutto e tutti, soltanto lei e le stelle continuavano a rimanere. 

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