La giusta punizione
Sakna si aggirava per l'ateneo, aveva recuperato lo scrigno contenente l'anima spezzata di Hurd, era sempre stato lì, fra gli scaffali della biblioteca; il X e il III indicavano le lettere dell'alfabeto, ci mise un po' a capire che doveva usare anche il numero tredici per intero, formando cosi le iniziali J. C. M.
Trovare lo scrittore con quelle iniziali fu più complicato, dato che l'archivio e gran parte della biblioteca erano stati vandalizzati, la fortuna non l'aveva abbandonata del tutto e dopo una mezza mattinata lo trovò.
Jesmael Colman Marrisen. Filosofo, poeta e traduttore, visse a Souldor diventando amico fidato del re, che fece erigere in suo onore dopo la sua prematura scomparsa, una statua che si trovava in quello che un tempo era il salotto dei dibattiti, dove letterati e appassionati s'incontravano per chiacchierare in modo più o meno calmo su i nuovi scrittori, le opere più promettenti e un nuovo genere letterario che stava prendendo piede fra le nuove leghe, il Grim-dark. Trovò un nascondiglio nel basamento, l'anima spezzata di Hurd adesso era sua.
Appoggiò lo scrigno su di un tavolo sgangherato, mangiucchiato dai tarli al centro della grande camera, sperava che l'abbandono da parte di Laro portasse Edda a doversi esporre in prima persona. Quella dannata strega l'avrebbe trovata senza problemi. Lei durante la notte si era preparata, creando un cerchio magico che avrebbe reso inefficace per un po' la magia di Edda, così da poterla colpire, non lei direttamente perché le era vietato uccidere, ma chi si era offerto di aiutarla. Erano presenti anche i due fantasmi spioni, se ne stavano in un angolo a osservare l'evolversi della situazione.
Sperava soltanto che Edda non percepisse la magia che era stata utilizzata e che tutti compissero il loro compito come deciso. Osservò lo scrigno, doveva essere protetto da qualche potente magia poiché il tempo non aveva minimamente intaccato il metallo con cui era fatto e non si riusciva ad aprire, nonostante non vi fosse una serratura. Per un po' armeggiò con il pugnale lungo il bordo del coperchio cercando di sollevarlo, l'unica cosa che ottenne fu che si spezzasse la punta della lama, così volle provare con la spada, appena Adrian toccò, il metallo urlò.
«No».
«Che ti prende adesso?».
«La cosa che c'è dentro non è morta sta aspettando, lo sento, sa che lei lo cerca».
Sakna poggiò Adrian sul tavolo, chiuse gli occhi sforzandosi di ricordare tutto ciò che aveva sentito nel corso del tempo su Hurd. Vaghi ricordi, per lo più racconti popolari cui avevano aggiunto di tutto e di più per rendere la storia più colorita, ma molti di essi avevano un elemento in comune.
«È qui, l'ha sentita, la sta chiamando».
Sakna acuì i suoi sensi, scrutando nell'ombra che la circondava, tirava lunghi lenti respiri, girando su se stessa.
«Devo ammettere che mi sorprendi ancora».
La voce arrivava dalla sua destra, Edda rimaneva nell'ombra come una bestia selvatica che si prepara a compiere il balzo sulla preda.
«Noto che abbiamo un amico in comune» disse riferendosi ad Adrian :«Siete entrambi convinti di potermi eliminare, stranamente nessuno dei due vi è mai riuscito o meglio, Adrian l'ha fatto, ma non è andata proprio come si era aspettato».
«Maledetta vipera, giuro che».
«Su non scaldiamo gli animi, sapete che è tutto inutile e che avrò ciò che m'interessa». Si fece avanti, entrando nella pallida luce ci filtrava dalla cupola di vetro.
Sakna la osservava in silenzio, cercava di non pensare al perché la odiasse così tanto, le emozioni erano debolezze che era meglio evitare, specialmente in situazioni del genere.
Edda osservò lo scrigno che la chiamava a sé, finalmente lo aveva ritrovato. Si avvicinò lentamente al tavolo con timore, trepidante, piena d'incredulità nel poter finalmente riavere ciò che le apparteneva.
Quando fu a un passo dal tavolo, il cerchio magico che le circondava s'illuminò e antichi segni comparvero nella polvere.
«Cos'hai fatto?» urlò e si avvolse stretta nel mantello cercando di fuggire nuovamente, questa volta non funzionò.
Dai punti in cui le linee del disegno s'intersecavano, apparvero sette fantasmi, erano le più potenti streghe che avessero abitato il Norbeg. Zaria aveva detto i loro nomi a Sakna e lei le aveva invocate. Accettarono volentieri di aiutarla, alcune di loro avevano dei conti in sospeso con Edda, che nel corso dei secoli, per aumentare la sua magia, aveva sottratto quella di altre streghe a volte uccidendole come olocausto verso divinità corrotte.
«No».
I fantasmi delle streghe cominciarono una cantilena in una lingua che persino Sakna ricordava a mala pena, i segni per terra divennero come lingue di fuoco verdastre, sulfuree.
Edda cercò di afferrare lo scrigno, Sakna la fermò stringendole forte il polso. Edda guardò nei suoi occhi scuri che, illuminati da quella luce, sembravano contenere le fiamme del regno dei dannati.
«Credo che voi non possiate fare più nulla».
I due fantasmi che tenevano d'occhio Sakna svanirono.
«Tu avresti fatto la stesa cosa, se solo ne avessi avuto il coraggio, non capisci?».
Sakna serrò ancor di più la sua presa, il suo sguardo divenne ancora più minaccioso, solo l'obbligo che aveva la tratteneva dal colpirla a morte.
Il canto delle streghe si levò ancora di più, la cupola si frantumò e una pioggia di vetri venne giù brillando come una cascata di stelle, avvelenate da quella luce verde, sulle due donne, nessuna di loro fece caso al dolore provocato dalle schegge che tagliavano la loro pelle e si conficcavano nelle carni.
Apparve un'altra strega al centro del cerchio, Edda appena la vide comprese che era giunta la sua ora, il rifugio che aveva appena terminato dopo tanta fatica non avrebbe potuto usarlo, sarebbe rimasto vuoto, non avrebbe mai accolto loro due. La strega fantasma pose la sua mano sulla fronte di Edda che cadde in ginocchio, cominciò a dimenarsi travolta da spasmi dolorosi, non urlò non voleva dare a quelle cagne la soddisfazione di vederla soffrire oltre che sconfitta. Edda iniziò a illuminarsi, era lo stesso fuoco di quella magia che la stava bruciando, consumandola dall'interno, la sua pelle cominciò a sfaldarsi tramutandosi in cenere, come fosse stata una vecchia pergamena. Quando anche l'ultimo granello fu ingoiato dalle fiamme, le streghe cessarono il loro canto e il fuoco si spense, i simboli continuarono a brillare.
«Giustizia è stata fatta, alcune di noi aspettavano da secoli questo giorno» disse la strega fantasma guardando le altre «Noi abbiamo tenuto fede al nostro patto, adesso spetta a te tener fede alla tua promessa».
Sakna preso Adrian lo puntò dritto verso la strega che le sorrise e camminò decisa andando a conficcarsi nella lama, le altre la seguirono e una a una vennero assorbite dalla lama per uscirne poi sotto forma di falene. I segni per terra svanirono, come se in quel luogo non fosse mai avvenuto nulla.
«Anche loro come me erano rimaste per compiere la loro vendetta» fu l'osservazione di Adrian.
«Adesso che è tutto finito potrai ricongiungerti ai tuoi cari».
Adrian non rispose, dentro sì se aveva il timore che potessero considerarlo il colpevole della loro morte e che non avrebbe mai ottenuto il loro perdono.
«Non temere, le anime comprendono meglio dei vivi, sono sicura che attendono con ansia il tuo arrivo».
«Ne sei sicura?».
«Caro il mio Adrian, credo di avere una certa esperienza in questo campo» preso lo scrigno s'incamminò, cercando di togliere alcune schegge di vetro che aveva nel braccio.
Apparvero di fronte a lei i due fantasmi, questa volta non erano da soli, li accompagnava un uomo dai capelli e la barba bianchi ben curati, dal fisico longilineo e ben vestito.
Sakna lo riconobbe e serrò la mascella :«See, solo tu potevi mandarmi due guardoni invece di venire direttamente».
«Dopo il nostro ultimo incontro, non pensavo avessi tanta voglia di ascoltarmi».
«Che cosa vuoi?» strinse di più a se lo scrigno.
«Sono qui per conto dei Primordiali, vogliono che porti lo scrigno a loro».
«Perché non sono venuti loro direttamente invece di far fare tanta fatica a me, forse avrebbero anche potuto evitare tutte quelle morti» disse alzando il tono riferendosi al massacro di Rocciasecca.
«Sai bene che "noi" ci siamo dati delle regole per non interferire troppo da vicino con i destini dell'umanità».
Sakna rise «Per me restano solo un mucchio di chiacchiere, quando fa comodo a voi, mettete interi regno sotto sopra senza farvi troppi scrupoli».
Contro i primordiali però non poteva nulla neppure lei, se loro volevano lo scrigno, doveva darglielo, in fondo forse era più sicuro che lo custodissero loro e non che lei cercasse un altro buco in cui sotterrarlo, l'idea di poter entrare in possesso di quel potere avrebbe presto fatto gola a qualcun altro.
Così gli consegnò lo scrigno, See le sorrise, fece un lieve inchino e svanì assieme ai due fantasmi.
Sakna era stanca di ritrovarsi sempre in mezzo ai piani delle divinità, anche se affermavano il contrario, la loro presenza era fin troppo evidente, oppure era soltanto una sua impressione dovuta al fatto che era su quella terra dall'inizio dei tempi e aveva visto sorgere divinità, creature magiche e il genere umano.
«Adesso pensiamo a te».
«Mi dispiace lasciarti nuovamente da sola».
«Non è così male, sono libera di fare ciò che più desidero».
«Il fatto di essersi abituati alla solitudine, non vuol dire che tu debba accettare per forza questa condizione».
«Per me è diverso, non ne vale la pena affezionarsi a cose che svaniscono come le stelle all'alba».
«Spero che un giorno troverai chi ti farà capire quanto sia bello avere qualcuno accanto».
«Grazie per la compagnia Adrian».
La lama si sgretolò e come pula portata via dal vento svanì.
Edda era morta, adesso quest'unico pensiero le ronzava in testa, dopo tutto questo tempo almeno lei era riuscita a eliminarla, la fortuna era stata dalla sua parte questa volta. Mancava soltanto lui all'appello, le streghe le avevano detto che con ogni probabilità, quello a lei noto non era il suo vero nome perché loro non avevano mai conosciuto sacerdoti di Rothil che si chiamassero così. L'avevano anche rassicurata che molto probabilmente, se era stata soltanto Edda ad aiutarlo, il sigillo che a lei interessava con la sua scomparsa si sarebbe dissolto. Questa flebile speranza la consolava, anche se in minima parte, erano trascorsi più di trecento anni da allora e la strada per raggiungere quel luogo era lunga, doveva sbrigarsi, la promessa fatta andava mantenuta.
Sakna il giorno seguente era nuovamente alla Penge, riscattò i due vestrir che tenevano prigionieri, aveva preparato loro due cavalli e del denaro.
Uno dei vestrir si avviò subito, ringraziando a mala pena Sakna per la sua liberazione, voleva scappare da quell'inferno in cui era stato per decenni, l'altro rimase e rivolgendosi a lei disse.
«Molti popoli ti chiamano demone, altri strega, per la mia gente rimarrai sempre un nostro membro, anche se è da parecchio che nessuno aveva più tue notizie».
«Ho avuto da fare».
«Perché non vieni con me a festeggiare il Giorno della nascita».
«Sarà per un'atra volta, ho alcuni conti in sospeso da sistemare».
«Spero di rivederti presto e ancora grazie».
Sakna sorrise, montò in sella e si avviò, se fosse rimasta, un altro minuto sarebbe andata con lui e doveva evitare di fare ancora certi errori.
😊 NOTA AUTRICE 😊
💖💖 Grazie a voi che siete arrivati fino a qui.
💖💖Sarei davvero felice se consigliaste la storia ai vostri amici che amano il genere.
❤❤ Sto preparando un altro racconto che vede Sakna affrontare un serial killer assieme a un padre che non vuole arrendersi al destino.
Grazie mille ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤ ❤
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