Il mio destino
L'anziana donna che aprì aveva profonde rughe a solcarle il viso e i candidi capelli legati a crocchia, con la mano si teneva lo scialle posato sulle spalle ricurve, il suo aspetto era talmente innocuo che Sakna voleva scappare via, aveva imparato a proprie spese a non fidarsi di nessuno. L'unica cosa a trattenerla fu la curiosità e un barlume di speranza.
La fece accomodare di fronte ad un tavolino quadrato, la vecchia si mise a frugare tra le sue cianfrusaglie, Sakna non capiva come potesse trovare qualcosa in mezzo a tutto quel ciarpame. Vi erano oggetti provenienti sicuramente dai vari continenti, ammassati su scaffali, dentro ceste, bauli, sopra le mensole, i davanzali delle finestre e su i ripiani dei restanti mobili.
Trovato quello che stava cercando dietro alcune statuette raffiguranti delle divinità, si mise di lato, svuotò il contenuto del cofanetto sul tavolino, ossa decorate. Con una rapidità che non avrebbe mai creduto possibile a una donna della sua età, le afferrò saldamente il polso e preso un ossicino, lo infilzò nel palmo rigirandolo, le sfuggì un gemito. L'anziana lasciò cadere alcune gocce di sangue sulle ossa che si misero a tremare, per poi disporsi sul ripiano come se ognuno cercasse il suo posto.
Zaria controllava seria ciò che si era andato a formare intanto che Sakna, preso un fazzoletto, si pulì la mano e osservò la ferita che si stava già rimarginando.
«Scusatemi, mi avete fatto venire fin qui per starcene in silenzio attorno un tavolo? Avrei una certa fretta»
«L'elfo, si lo vedo» lo disse come se fosse la cosa più noiosa di tutto il mondo.
«Dimmi cosa vuoi, così da poter tornare a sfuggirgli».
«Devi lasciare che ti catturi».
«Cosa?» "La vecchia è stata colpita dalla demenza non c'è altra spiegazione" pensò. Non riusciva a credere alle sue orecchie. L'era costata una fatica immane non farsi acchiappare da lui, si era dimenticata persino cosa volesse dire dormire per più di un'ora di fila. Adesso le diceva che doveva lasciarsi prendere, assurdo.
«È stato "pagato" fino a che non avrà portato a compimento il suo incarico, ti seguirà a costo di venirti dietro nel Tesì zirtac».
Sakna a sentir pronunciare quel dannato luogo si fece seria.
«Chi l'ha ingaggiato, sta cercando qualcuno che non è più fra noi».
«Come ha saputo di me? Sono sempre stata attenta».
«Beata ingenuità, cosa credi che soltanto io sia in grado di fare questi trucchetti?» Con la mano indicò le ossa, per poi cominciare a conservarle nel cofanetto :«Ti ho visto giungere fin qui, potrei seguirti ben oltre i confini di Souldor grazie ai miei poteri e non sono fra le streghe più potenti. Lui non la finirà di braccarti e loro non la smetteranno di cercarti, tu povera ragazza sei merce più unica che rara».
«Così posso solo arrendermi al destino».
«No, ti ho solo detto di lasciare che ti prenda» rimase in silenzio con i suoi occhietti scuri fissi su di lei :«Dovrai fare una cosa per me, capire chi cercano, il perché e provare a fermarli».
Sakna rise, "assurdo, tutto fin troppo assurdo".
«Ho sbagliato a venire qua, addio signora». Si alzò e si diresse alla porta.
La vecchia sospirò :«Se farai ciò che ti dirò potrai ottenere la tua vendetta, Sould è invischiato in questa storia e credo non solo lui».
Sakna si bloccò, la mano soffiata sulla maniglia, «Sould, potrei trovarlo?» disse quasi sottovoce, come se pronunciare quel nome le mettesse paura.
«Probabile, tuttavia non posso garantirtelo»
Sakna si rimise al suo posto :«Dimmi cosa devo fare» i suoi occhi erano colmi di rabbia, aspettava la possibilità di vendicarsi da troppo tempo ormai.
Una volta sola l'anziana donna ritornò al tavolo a consultare le carte del destino.
«Hai fatto come ti ho detto?» Domandò un uomo alle sue spalle, buio fra le ombre.
«Si mio signore».
«Che cosa vedi?».
«Ciò che vedete voi, la morte, tante morti».
«Con lei immischiata in questa storia è il minimo».
«Non vi preoccupa che più di tanto non la possiate controllare?» La donna continuava a sistemare le carte a spirale attorno quella centrale.
«L'importante è che non sospetti che ci sia io dietro, non le piace tanto essere usata da me».
«Si lo vedo».
«Lascia stare il passato, specialmente con lei, potresti rischiare di non riuscire più a tornare indietro e il mio è un consiglio».
Zaria quando voltò la carta e vide che erano uscite per l'ennesima volta di fila la guerriera, la distruzione e la morte lasciò stare quella sua lettura, le risposte che cercava non avrebbe potuto trovarle nelle carte.
L'elfo camminava spedito fra la gente, fermandosi di tanto in tanto ad accertarsi che non avesse sbagliato strada, scrutando ogni angolo con i suoi occhi chiari e affilati. Ritrovò le sue tracce in una locanda, nette, chiare cose se vi fossero state marchiate a fuoco. Le seguì fra i vari vicoli, sentiva di essere sempre più vicino e l'eccitazione andava aumentando, cacciare per lui era come una droga, ne traeva un piacere immenso e ogni volta che riusciva ad acciuffare chi cercava era come raggiungere l'estasi.
La vide, il tempo di un battito di ciglia ma era di sicuro la sua preda, accelerò il passo era brava a seminarlo e ciò gli faceva crescere di più l'eccitazione, quasi gli dispiaceva catturarla, una volta che l'avesse consegnata con gli altri, sarebbe stata una noia mortale.
La intravide ancora, aveva svoltato in un vicolo, vi era meno folla adesso riusciva persino a distinguere il suo odore, per nulla piacevole, in mezzo agli altri. Si era fermata una volta sbucata su un'altra strada più ampia, stava decidendo da che parte andare, quello era il suo momento.
La afferrò per un braccio premendole il pugnale a un fianco spingendo la punta fino a che non la sentì emettere un lamento.
«Adesso vieni con me senza crearmi problemi, altrimenti ti farò assaggiare meglio la lama»
«Farò come dite, ma non uccidetemi» finalmente si era deciso a prenderla, se avesse tardato ancora, si sarebbe andata a gettare fra le su braccia.
L'elfo se la tirò dietro, ritornarono sulla via principale per dove lei era arrivata percorrendola a ritroso, stavano andando via da Luxor diretti chissà dove, poteva essere rischioso, ma per ottenere la sua vendetta avrebbe fatto questo e altro.
Quando comprese che non avrebbe provato a scappare l'elfo rimise il pugnale alla cintola. Le cose sembravano finalmente andare per il verso giusto. Si diressero alle stalle fuori le mura e pagò per affittare dei cavalli, così avrebbe fatto prima a consegnare quella rogna di donna, adesso che l'aveva acciuffata l'entusiasmo, andava scemando, doveva pur sempre consegnarla altrimenti che razza di elfo cacciatore sarebbe stato? Cosa più importante doveva essere pagato per rescindere il suo contratto.
Prima di salire a cavallo cacciò dalla sua borsa un uccellino di legno, gli bisbigliò qualcosa e prese vita per volarsene in fretta su nel cielo, avrebbe consegnato il messaggio dell'avvenuta cattura a chi lo aveva incaricato.
Levatale le spade, controllò nella tracolla, trovando una catenina se la mise in tasca, non voleva rischiare che provasse a strangolarlo nel sonno, poi la perquisì addosso.
«Hai nascosto qualcosa lì sotto?» Le chiese indicandola fra le gambe.
«No».
«Se scopro che mi hai mentito te la farò pagare».
«Controlla se ti fa stare meglio» gli disse sprezzante e lui controllò. Sakna trattenne un urlo, più di sorpresa che paura, poi gli tirò una ginocchiata sulle palle, l'elfo si morse le labbra trattenendo a stento un'imprecazione, Sakna sapeva che non le avrebbe fatto nulla doveva consegnarla viva. Ciò non le risparmiò un manrovescio che le spaccò il labbro.
«Provaci ancora e ti spezzo le gambe».
Sakna sputò a terra un grumo sangue e pensò che non fosse stata una buona idea lasciarsi prendere, le salì forte la voglia di ucciderlo, se solo avesse potuto. Per evitare problemi l'elfo le legò i polsi alla sella, così s'incamminarono diretti chissà dove. Sakna maledisse per l'ennesima volta la sua condizione, quel stramaledetto "dono" che faceva gola a fin troppa gente. Aveva chiesto a ogni stregone, sacerdote o studioso delle arti magiche ma nessuno le aveva saputo dire come potersi liberare di quella sua cosa. In fondo lei voleva soltanto una vita tranquilla, non chiedeva molto una casetta in pietra accanto ad un ruscello e la pace e la tranquillità della solitudine.
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