Fate ciò che volete
Edda stava aspettando Saitron e gli altri sul suo cavallo.
«Dove si trova?» chiese impaziente, attendeva quel momento da troppo tempo.
«Alla Penge, dovremmo cercare un certo Cornelio XIII».
«Andiamo, non c'è tempo da perdere» Appena furono tutti in sella, Edda percepì la magia scaturita da Sakna :«Dannazione!».
Dopo tutto lo scempio fatto dai soldati di Saitron, la sua rabbia non poteva che scatenarsi e lei lo sapeva bene.
Fortunatamente sapeva, dove andare cercare :«Mio caro Saitron, mi sei stato davvero di grande aiuto» gli si rivolse mostrandogli il più ammaliante dei sorrisi.
«Mia signora grazie a voi realizzeremo il nostro sogno» si voltò a guardare il suo pupillo, che sorrise soddisfatto.
«Ḗ giunto il momento che le nostre strade si dividano» riprese Edda seria.
«In che senso?» Saitron non riusciva a capire il suo discorso.
Edda non aggiunse altro, smontò di sella, si allontanò di alcuni passi, pronunciò sottovoce un incantesimo in una lingua dimenticata e svanì sotto gli occhi attoniti e spaventati dei presenti.
«Zio che succede?» domandò intanto che cercava di calmare la sua cavalcatura che girava in cerchio nitrendo.
«Dannazione, dannata strega» Saitron comprese immediatamente che la donna non aveva fatto altro che usarli e ora voleva impossessarsi di ciò per cui aveva faticato tanto :«Sappiamo dov'è diretta, la ritroveremo e la ucciderò» disse all'amato nipote per rassicurarlo. In cuor suo tuttavia temeva che non l'avrebbe mai più rivista.
Nel frattempo, le anime di tutte quelle persone erano rientrate nei loro corpi e lentamente si stavano sollevando dal cumulo in cui erano state ammassate. I cavalli percepirono il pericolo e s'imbizzarrirono ancor di più, alcuni dei soldati vennero disarcionati, una volta a terra si accorsero dei morti che si erano levati.
«I morti!» disse pieno di orrore uno degli uomini, indicando nella direzione dei corpi con la mano tremante.
Si voltarono tutti, vedendoli furono colti dal terrore, scappare da lì era il loro unico pensiero, al diavolo Saitron e il loro dovere di servirlo. Il gruppo di non morti si muoveva a fatica, quasi come se si fosse dimenticato come camminare.
Generale, in un primo momento anche lui intimorito, si scrollò di dosso quella sgradevole sensazione, cacciò un urlo e partì all'attacco. Con un fendente mozzò di netto la testa a un uomo, il suo corpo nonostante la mutilazione continuava a camminare con le mani tese in avanti, a cercare di afferrarlo.
«Se osate scappare vi ritroverò uno per uno e vi farò fare la fine dei maiali» sbraitò ai suoi soldati che, conoscendolo bene, decisero che era meglio ubbidire e partirono anche loro all'attacco contro quelle creature demoniache. Nonostante tagliassero loro gli arti o li infilzassero più e più volte, non smettevano di avanzare. Nonostante la mutilazione arti, pezzi di carne, teste riprendevano il loro posto o continuavano il loro strisciare sul terreno, divenuto viscido a causa delle interiora. «Generale, cosa facciamo?».
«Tagliate, fateli a pezzi» si sgolò, più di questo cos'altro potevano fare, come uccidere chi era già morto? Continuando la loro vana lotta fendevano con la spada chiunque provasse ad avvicinarsi.
Giunse fuori anche chi era stato ucciso all'interno.
Sakna una volta nella corte cercò Edda, non vedendola da nessuna parte capì che era scappata.
"La troveremo" le disse l'anima del vecchio.
«Ci puoi giurare» alzò nuovamente la spada e disse a gran voce :«Prendetevi la vostra vendetta» e puntò con la spada i soldati, come un condottiero fa con il suo esercito.
Saitron e suo nipote si voltarono a guardarla, appena pronunciò quelle parole, gli occhi dei morti divennero rossi come le fiamme e una ferocia estrema li investì, adesso non erano più lenti e impacciati, chi ancora aveva la possibilità saltò addosso ai soldati mordendo, dilaniando, scavando con le mani dentro i loro corpi. Gli altri strisciarono, desiderosi di stillare loro fino all'ultima goccia di sangue, di nutrirsi delle loro carni.
«Andiamo» intimò Saitron al nipote e corsero al cancello. Dovettero arrestare subito la loro fuga, quelli che erano stati assassinati nelle loro abitazioni erano già lungo la strada diretti al castello.
«Che cosa possiamo fare?» Chiese il giovane pieno di paura stringendosi a lui.
Non c'era nulla che potessero fare, quella era l'amara verità, si guardò attorno non vi era altra via d'uscita, era giunta la loro fine.
I morti giunsero al cancello, trovandolo chiuso, alcuni allungarono le loro mani rapaci attraverso le sbarre, altri lo strattonavano cercando di scardinarlo per riuscire a entrare, la ferocia che possedevano i morti in quei momenti era così potente che avrebbero ucciso chiunque avessero avuto di fronte. Fortunatamente per Saitron il cancello non sembrava sul punto di cedere tanto facilmente, alcuni dei morti si misero a scavalcarlo, le lance erano troppo vicine all'arco di pietra che lo sovrastava e rimasero trafitti. La loro immobilità durò soltanto pochi secondi, aggrappandosi alle sbarre si tirarono giù, dilaniando i loro corpi che non provavano più alcun tipo di dolore. Caddero a terra e si rialzarono, dirigendosi decisi verso gli uomini ancora in vita le loro interiora si srotolarono sule terreno, gli organi caddero, ma nulla li avrebbe fermati.
Saitron prese per mano il nipote scappando verso l'entrata del castello, si sarebbero barricati in qualche stanza fino a che quel massacro non fosse terminato.
Contro un muro, quattro soldati tremati, coperti dal sangue che usciva dalle loro ferite, continuavano a colpire solo grazie alla forza della disperazione quegli ammassi di carne che ostinatamente volevano la loro fine.
Quando un uomo, privo di entrambe le braccia, con fra i denti un pezzo di carne e un brandello di stoffa si accorse dei due uomini in fuga, si avventò contro di loro.
Sakna lo fermò :«Lui no».
Il morto mugugnò qualcosa, poteva solo ubbidire, così si mise a masticare ciò che stringeva fra i denti, andando a cercare qualcun altro con cui sfogare la sua rabbia.
Saitron lasciò la mano del nipote e andò da lei mettendosi in ginocchio :«Vi supplico, dirò, farò tutto ciò che volete sapere, ma vi prego risparmiateci».
Sakna cercò con lo sguardo la ragazzina che era stata stuprata e uccisa, la riconobbe dai vestiti, poiché il suo volto affondava nelle viscere di un ragazzo dai capelli che dovevano essere stati di un bel colore chiaro, adesso erano ricoperti di sangue e pezzetti del suo cervello.
«Voi non potete darmi nulla» con un cenno del capo gli fece intendere di voltarsi.
Saitron si volse lentamente pieno di timore, nell'attimo in cui un vecchio e un bambino si accanivano contro il suo amato nipote. L'urlo che avrebbe voluto lanciare gli morì in gola, talmente tanto era lo strazio che provava in quel momento, il suo pupillo, il suo amato stava morendo sbranato sotto i suoi occhi e lui era impotente.
Perché? si chiese in fine. Ne era valsa la pena, tutta quella morte, quel dolore per accontentare quello che adesso gli pareva solamente un assurdo capriccio. Il potere, tutto il potere del mondo non valevano quella sua perdita, adesso se ne rendeva conto, gli sarebbe bastato accontentarsi di ciò che aveva, ma quella donna.
Sì, era sua la colpa, lei lo aveva convinto, insinuando in lui quella smania di potere e supremazia giorno dopo giorno, avrebbe dovuto dar retta a Xavier, se solo ne avesse avuto la possibilità l'avrebbe trovata e uccisa con le sue stesse mani.
Per Sakna era inutile fare discorsi, chiedere perché avessero ucciso tutte quelle persone innocenti, gli esseri umani erano fatti a quel modo, serpi velenose che alla tua più piccola distrazione ti avrebbero morso per ucciderti. Nonostante tutte le ere vissute su quelle terre, Sakna ancora non riusciva a capacitarsene, non che lei fosse migliore, anche quella sua sanguinaria vendetta che sarebbe anche potuta sembrare giusta, non era altro che la vittoria della rabbia, dell'istinto più primitivo, sulla ragione.
«Edda» si mise a dire Saitron «Sta cercando una cosa, un potere, che il re Ekaraoni custodiva gelosamente. Io volevo entrarne in possesso per divenire il nuovo re. A lei credo che servirà per lo stesso scopo, ma non si fermerà al semplice dominio su Souldor».
Sakna si accomodò su una panca in pietra accanto a una piccola fontana, era stanca. Stanca della morte, dei morti, della gente che disturbava i morti e dei morti che seccavano lei. Saitron la seguì con lo sguardo, ormai nella corte vi erano soltanto cadaveri, anche se alcuni dei non morti si trascinavano ancora a terra nonostante le mutilazioni, come dei grossi, ripugnanti lombrichi ricoperti di sangue.
Sakna osservò la spada rigirandola, posò gli occhi su quell'inutile uomo e gli chiese :«Come intendeva uccidermi Edda?».
«Non può, non poteva, non senza quel potere».
Sakna rise, lasciando scorrere le dita su tutta la lunghezza della lama.
Si alzò :«La vostra vendetta è stata soddisfatta, ora potete andare nel Tesì Zirtac». Impugnò la spada con entrambe le mani e conficcò l'intera lama nel terreno, si venne a creare una crepa, che si diramò in tutta la corte, dalla quale usciva una luce che andava dal bianco più accecante al rosso più cupo. A quel punto anche le anime dei soldati si levarono, si diressero tutti verso la luce venendone assorbiti. Lo spirito di Xander guardò per un'ultima volta Saitron, l'uomo non poteva vedere ciò che stava accadendo, quando l'ultima anima oltrepassò la soglia, la crepa si richiuse.
Quando levò, la spada Sakna rimase sorpresa nel vedere che l'anima del vecchio era ancora lì.
"Non me ne andrò fino a che lei sarà in vita"
«Lo sai che io non posso uccidere nessuno e che lei è una semidea?».
"Esistono tanti modi in cui ottenere la morte di qualcuno"
Il suo silenzio gli diede ragione. Sakna cominciò a frugare fra i cadaveri dei soldati, prendendosi il denaro che riuscì a trovare.
Saitron era andato a stringersi al petto il corpo del suo amato, soltanto un inutile senso di colpa che non sarebbe servito a riportarlo indietro.
«Ti prego, fammi parlare un ultima volta con lui».
«Non mi è possibile, è appena passato dall'altra parte, fino a che un'anima non viene giudicata, non può essere richiamata» poi è ciò che ti meriti lurido verme bastardo, pensò.
Preso un cavallo, aprì il cancello, oltrepassò il cumulo di corpi che erano rimasti fuori, ritrovando la donna col bambino e il vecchio.
«Non siete riusciti a ucciderli con le vostre stesse mani, ma li avete visti morire, magra consolazione».
Partì verso la Penge, decisa a fermare Edda e forse questa volta sarebbe riuscita a liberarsene, lasciando Saitron a torturarsi nel suo dolore.
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