Ciò che voglio





















«Stanno arrivando» urlò a quelli che stavano di sotto il soldato che era sul camminamento al di sopra dell'entrata, i soldati si affrettarono ad aprire il cancello.

Arrestato il cavallo Sakna, si osservò attorno. Sulle mura vi erano quattro uomini, un'altra decina nella corte, alcuni erano impegnati ad ammassare in un angolo i corpi martoriati di quella povera gente. Si sforzò a non contare quanti innocenti avessero ucciso. Vi era una sola entrata difficile scappare da lì con le sue sole forze.

Smontati di sella, gli andò incontro Generale :«Seguitemi, Lord Saitron vi aspetta di sopra».

Su per le scale due giovani cercavano di far smettere di piangere una ragazzina, che teneva il capo poggiato alle ginocchia, uno dei due ragazzi alzò lo sguardo, comprendendo che lei avrebbe potuto far qualcosa le andò dietro." Vi prego aiutateci" Sakna continuava a camminare tenendo lo sguardo sempre dritto di fronte a se "Mia sorella è disperata, avete visto cosa ci hanno fatto, vogliamo giustizia"

Giunti alla porta che dava alla grande sala si voltò a guardarlo, accennò un sì, stringendo forte i pugni. Per quel motivo si nascondeva celando la sua vera identità, era stanca di ciò che gli uomini erano in grado di arrivare a fare solo per accontentare la loro infinita sete di potere, si scannavano tra loro, padri contro figli, fratello contro sorella, tutto per qualcosa di così effimero, che se visto con i suoi occhi sarebbe durato il breve tempo di un respiro.

Elidor la afferrò per un braccio tirandosela dietro.

Saitron appena li vide non riuscì a trattenere la gioia per come stavano andando bene le cose.

«Sapevo che potevo contare su di voi» disse allargando le braccia come a invitarli ad abbracciarlo. Sakna contò un'altra dozzina di uomini, impossibile scappare a meno che le fossero andati in aiuto gli spiriti.

Qualcuno dei soldati era riuscito a trovare qualcosa da mettere sotto i denti nelle cucine, accendendo il fuoco del camino per cucinare la carne, se ne stavano seduti al tavolo a mangiare e bere tranquillamente, come se in quel luogo non fosse appena avvenuta una mattanza.

Il suo sguardo si pose sulla giovane che giaceva a terra in un angolo, da com'era ridotta, si capiva fin troppo bene la violenza subita, del viso delicato e innocente non rimaneva più nulla, ricoperto com'era di lividi. Lo spettro di un vecchio se ne stava in ginocchio accanto al corpo, gli altri urlavano contro i soldati o cercavano inutilmente di colpirli, appena gli spiriti la videro compresero che lei era lì per loro, poteva vederli, aiutarli. Si avvicinarono e solo una parola risuonava nelle orecchie di Sakna "vendetta".

«Sapete bene che l'unica cosa che posso fare è portare a termine un compito quando mi viene assegnato» gli disse in tono tranquillo Elidor che gli consegnò le armi sequestrate.

«E vi ringrazio di ciò» disse piegando leggermente il capo da un lato «Avete rispettato il patto, siete libero» e sistemò in ordine sulla tavola le spade.

Elidor estrasse la Kita, e la gettò ai piedi dell'uomo :«Addio dunque». Si girò sui tacchi e se ne andò, nonostante avesse visto l'efferatezza dimostrata contro quella povera gente, non si riteneva in dovere di fare alcun che nei loro confronti.

Vivi e lascia vivere, in fin dei conti presto li raggiungerai e la tua fine non sarà altrettanto rapida, no. Lentamente i vermi si nutriranno delle tue interiora, tu impotente spettatore, vedrai il tuo corpo decomporsi ogni giorno di più, ma non abbastanza rapidamente, non soffrirai, alla fine tornerai a sentire dolore. Sakna sputò a terra, si passò la lingua su i denti facendola schioccare.

Saitron con calma, le mani giunte dietro la schiena, si affacciò alla finestra, seguendo Elidor con lo sguardo, quasi ad assicurarsi che andasse via per davvero. Adesso poteva dedicare tutta la sua attenzione alla giovane.

«Sakna, giusto?» Non gli rispose :«Una mia amica mi ha parlato della vostra capacità, quindi senza perderci in chiacchiere farete ciò che vi ordinerò».

«Altrimenti?».

«Vi ucciderò è ovvio» le disse ridacchiando.

«La vostra amica vi ha informato male, non posso morire».

«Invece posso» la osservò con aria compiaciuta, anche se dal suo volto non traspariva alcuna emozione aveva attirato la sua attenzione :«O meglio la mia amica può, mi ha riferito di aver trovato il modo».

Nella mente di Sakna il pensiero di poter essere uccisa non suonava così tremendo. Posso morire, andare nel Tesì zirtac, posso morire, trattenne una risata, non le sembrava il momento adatto, adesso doveva scoprire di più su questa sua amica e il suo modo di poterla uccidere, cosa non meno importante mantenere la parola data e vendicare tutte quelle morti.

Xander si avvicinò e la prese per mano, conducendola di fronte al corpo del vecchio, sul volto del ragazzo comparve un ampio sorriso pieno di malvagità. Le aveva lasciato qualcosa in mano, non aveva neppure bisogno di aprire il palmo per capire di cosa si trattasse, sputò a terra :«Dannata Kita e dannato tu» disse a denti stretti. Ciò che voleva sapere dal vecchio doveva essere davvero importante se l'aveva obbligata con la chita a svolgere quel compito.

Il fantasma del vecchio, compreso ciò che stava per accadere, sgranò gli occhi in un misto di paura e sorpresa a scappò via urlando, il suo segreto doveva continuare a restare al sicuro.

«Adrian Matau» disse Saitron colpendo con la punta della scarpa, un fianco del corpo riverso nella pozza di sangue, qualcuno gli aveva lasciato una spada conficcata fra le costole.

Sakna fece un lungo respiro, chiuse gli occhi e pronunciò il nome «Adrian Matau».

Lo spettro le comparve di fronte, sbigottito, provò a scappare nuovamente, ma non riusciva più a muoversi.

«È qui».

«Bene» Guardò soddisfatto il nipote che sorrise compiaciuto :«Deve dire, dove si trova il corpo di Ekam Ekaraoni».

Sakna guardò il povero vecchio che tremava e singhiozzava, si capiva che quel segreto che si era portato nella tomba non doveva essere scoperto da nessuno, ripensò elle parole della vecchia a Souldor.

«Dimmi, dove si trova Ekam Ekaraoni».

"Noo !" urlò disperato.

I vetri delle finestre tremarono fino a frantumarsi, i soldati più vicini si gettarono di lato, per non essere trafitti da quelle schegge impazzite, si ripresero immediatamente dallo stupore per quello strano avvenimento estraendo le spade, tenendosi pronti ad attaccare qualsiasi cosa si fosse presentata. Anche quelli che stavano giù nella corte impugnarono le armi e concentrarono la loro attenzione sulle finestre rotte, immaginando che ben presto qualcuno ne avrebbe saggiato l'altezza.

Il vecchio si mordeva le mani, purtroppo l'unica cosa che poteva fare era dire la verità.

"Si trova nelle cripte della Penge, in una tomba che porta inciso il nome Cornelio XIII"

Sakna si vide costretta anche lei a riferire ciò che aveva appena udito.

«Molto bene, hai soddisfatto la mia richiesta, sei libera» le disse e la chita vibrò fra le sue dita.

Saitron se ne andò spedito seguito da i suoi uomini.

"Edda" disse lo spettro.

«Cosa?» Anche lei era in mezzo a quella storia, dunque era lei ad aver trovato il modo di eliminarla, sicuramente grazie all'aiuto di Sould.

"Stanno eseguendo i suoi ordini, lei mi ha ucciso, già una volta aveva provato a farmi rivelare questo segreto"

Sakna s'incupì, i sentimenti di odio, vendetta ma anche speranza di trovarla si accavallarono dentro di lei.

Prese la sua spada a metà estratta l'elsa chiese allo spettro :«Vuoi la tua vendetta?» conosceva già la sua risposta." Si" Sakna poggiò l'elsa sul ventre dello spettro che divenne più visibile, lentamente la estrasse e lui, in un turbinio di fumo e scintille, si trasformò nella lama della spada.

«Ubbiditemi anime e avrete la vostra vendette» urlò piena di rabbia alzando la spada. Tutte quelle anime si misero sull'attenti, come ipnotizzate dalle sue parole e all'unisono ripetevano "vendetta".

«Riprendetevi i vostri corpi, siete liberi di farne ciò che volete dei vostri carnefici» continuò a gridare, intanto che correva verso l'esterno.

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