Capitolo 37.2
Avrei dovuto avere freddo. Dove mi ero seduta, le correnti d'aria parevano essere una leggiadra danza che invocava l'inverno.
Invece, appoggiata di schiena al muro del terrazzo, con lo sguardo basso alle mie scarpe, non sentivo niente. Non avevo guardato il cielo neanche una volta, non volevo vedere quanto brillasse Orione.
Ero lì fuori per il silenzio, speravo che mi entrasse dentro, che mettesse a tacere tutto, che azzerasse l'espressione di Zeno, quando lo avevo scansato per camminare come un automa fino alla camera.
Lui non mi aveva seguita, immaginai stesse combattendo per tenere in controllo il suo folle dispiacere; io, invece, non provavo neanche a combattere.
«Sono fatto della stessa sostanza di Lei, colei che mi ha creato e a cui appartengo.»
Lo aveva omesso, allora.
Zeno doveva tornare su Saiph, non poteva esimersi, e io non lo avevo mai saputo.
Avevo bisogno che la tranquillità del vicino Poggio Pratone cullasse il frastuono che avevo nella testa fino a zittirlo, avevo bisogno di smettere di pensare di non aver valso la sua sincerità.
Accidenti!
Zeno aveva tenuto per sé di essere obbligato, pure quando ci eravamo sollevati in volo sopra la Panchina Gigante, ed era talmente distruttivo tutto ciò che non riuscii ad alzare lo sguardo neanche udendo i suoi passi.
Ero vinta.
Il peso dei suoi occhi bicolori gravò su di me, lo ressi senza spostarmi, fino a quando il ragazzo si sedette poco distante, distogliendolo.
Era una vicinanza che non permetteva a nessuno dei due di sfiorare l'altro, era abbandonarsi nottetempo all'idea che fosse già così speciale e incerta da non dover fare niente di preciso per accorciarla.
«È a causa del mio terzo desiderio?» chiesi, con un filo di voce, senza sapere dove stessi trovando il coraggio per quella domanda. «Si è realizzato?»
Non udire la sua voce, mi spinse a voltarmi per farmi trovare dal suo sguardo, ma lui lo cercò con un leggero ritardo, che mi fece incantare sull'oscurità del suo profilo, prima dell'incrocio.
I colori dei suoi cristalli mi osservavano come se avessero voluto farmi ricordare per sempre come facesse sentire avere l'interesse del mio Lie.
«Questo dovresti dirmelo tu.»
Le mie labbra tremarono, uno spasmo di cui lui parve accorgersi, puntandole velocemente con un'occhiata angolare.
«Una volta mi hai detto che riuscivi a saperlo, in qualche modo», sussurrai, disincantandomi da lui, per cedere per la prima volta all'annuvolamento che sfilava tra la luna e gli astri.
«Mmm.»
Girai i miei occhi nei suoi, luci di un incanto che infioravano il buio con spericolati brillii verdi e blu, e per un attimo mi parve di vederli assuefatti.
Non volevo più distoglierli.
«Non è così?»
«Sì, lo è», mi rispose Zeno, giocando con le sue dita, movimenti che avevano il potere di far prendere vita a ogni tipo di immaginazione. «A grandi linee.»
Salii alle sue sopracciglia, mi arrampicai con lo sguardo su quella sua corda dorata e ben definita, che presto non avrei più potuto seguire, per scivolare, dolorante, sulla forma della sua bocca, velata di scuro, non appena lui si fletté su un braccio.
«Anche io voglio guardarti.»
La sua concentrazione mi restituì sensazioni, e d'un tratto mi resi conto che faceva davvero freddo, che il gres porcellanato del pavimento lo tratteneva, e il muro alle mie spalle lo accentuava, ma che io lo percepivo come bello.
Era una alterazione netta.
La tramontana soffiava bellezza tra i miei ciuffi, sino al viso, la mia pelle refrigerava, e io volevo essere lì, esattamente dove ero, a scolpire ogni secondo della notte di un dettaglio che fosse suo.
Era un freddo immobilizzante, non importava se a lungo andare avrei battuto i denti, o tremato con le ginocchia, non avrei potuto alzarmi.
O guardare altro.
È la totale disfatta dei secondi, quella a cui mi hai insegnato ad ambire.
«Tutto ciò che hai fatto con me dal nostro primo incontro alla stazione, lo hai fatto pur sapendo che non avrebbe potuto durare.»
«Non è il tempo a decretare quanto dura.»
Era il mio punto fisso, il suo viso, così diametralmente opposto a quello che avevo guardato la prima volta, la divergenza era chiara, incontrovertibile.
Eppure così incantata.
E io non vedevo più distinzione tra il suo nero e quello dell'attimo dopo la mezzanotte, o quello prima del sonno. Allentavano entrambi i sensi.
Li allietavano.
Ero sotto quell'incantesimo che era lui; alcuni avrebbero visto il mostro, io vedevo il mago, con i desideri inchiostrati sui suoi zigomi, e i cieli livellati su di essi.
Il pensiero che un giorno non lontano ne sarei stata libera non riuscivo a tenerlo, potevo soltanto romperlo in illusori cocci, che specchiavano l'immagine del ragazzo annerito che avevo accanto.
Voglio vivere questo freddo fino a congelare il presente, non coprirmi con nient'altro, lasciarmi sorprendere dalla leggerezza con cui le tue labbra stanno cambiando in un sorriso.
Era l'aver attraversato la realtà ed essermi ritrovata in un'altra, quel suo movimento distensivo, così sinuoso, erano spine che improvvisamente cadevano da una rosa, privandola della sua difesa.
«È Orogemma che ti vuole?» faticai a esprimergli, per la vulnerabilità che sentivo dentro, per il calore che riusciva a ricordarmi, per lo shock che ancora avevo. «Per questo non ti puoi rifiutare?»
«No, loro non mi vogliono», rispose, con un tono di voce neutro, ma a me parve di notare una inflessione all'ingiù della sua bocca, che smorzava con delicatezza la serenità di cui si erano beati un istante i suoi tratti.
«Se è così...»
Attese, attesi anche io, ma io non riuscii a proseguire, a enunciare la mia richiesta di restare, e dal pieno imbarazzo in cui versavo, nella mia sottointesa preferenza, Zeno mi capì lo stesso.
«Mi dispiace, voglio che tu lo sappia», riprese, il suo sorriso ormai divenuto catarsi, togliendo alle stelle qualcosa della loro lucentezza. «C'è una parte del mio cammino che non posso fare qui.»
Non ero certa di che cosa potesse provocare in me la sua riconferma, era tutto così nuovo, improponibile alla mia ragione, talmente fuori dalla mia comprensione da non poterlo afferrare.
Una vertigine debilitante.
«Tu mi hai... baciata, prima», rievocai, stringendomi le maniche in un pugno. «Dimmi, per favore, lo hai fatto per salutarmi?»
Ricomposi il modo in cui mi aveva aspettata davanti a casa, in cui aveva imposto la sua incrollabile volontà di entrare con me, rapidamente, e ancora, in cui, alla prima occasione, aveva cercato un avvicinamento fisico.
«Potrei dover accettare di andare via da un momento all'altro, potrebbe accadere prima di quanto sperassi, e non sono preparato a questo», disse, facendomi cadere su quei cocci di pensiero che avevo distrutto poco prima.
Era stato un saluto, allora.
Uno in cui aveva messo tutto di lui.
«Neanche io», sussurrai.
Potevamo essere in uno degli ultimi istanti frammentati e vissuti insieme, le nostre strade inequivocabilmente divise, l'incantesimo di questa sera spezzato.
«Mi piace essere ancora con te», parlò, il verde e il blu baluginanti di integrità, e la sua sicurezza mi indebolì i sensi, fece attrito nella mia testa, invocò i miei battiti ad alzarsi.
«Zeno», lo chiamai istintivamente, non appena, con un piccolo slancio a sinistra, si avvicinò nel buio, sedendosi a pochi millimetri da dove ero io.
«Mi piace Fiesole», dichiarò serio, il suo viso trangugiato dalla magia nera che mi guardava dall'alto, la sua postura dedicata ad annullare la minima distanza che si era tenuto. «Mi piace Firenze. Mi piace persino la stazione in cui ci siamo conosciuti.»
Non riflettei, fu un attimo portato dal travaglio nella sua voce, e posai la guancia sulla sua spalla, sentendolo rilassarsi per la mia iniziativa, il capo del ragazzo ora contro il muro, il suo sguardo cosparso di desideri irrealizzabili, vecchi e nuovi, rivolto al firmamento.
Così restai, restammo.
Buonasera! ♥ Finalmente insieme di nuovo tra le righe di questo romanzo, come state? Abbiamo ripreso da dove ci eravamo lasciati con Ester e Zeno, abbiamo visto una Ester alle prese con la notizia di allontanamento di Zeno, mi ha rattristato scriverla, non lo nego, perchè beh, si tratta di Zeno, ma ho cercato di rendere quanto più possibile la magia che si può trovare nel momento presente. Questo era ciò che mi premeva trasmettere, spero di esserci riuscita. Fatemi sapere nei commenti le vostre impressioni! Non ho ancora messo i tasselli che mancano per capire il quadro, ma li sto per mettere, uno a uno, a partire dal prossimo capitolo. Molto verrà ancora fuori♥
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