Capitolo 25.2
Alcuni fiori sono figli del buio. Si nascondono al sole e agli sguardi, riservando la loro completezza soltanto alle ombre. Alcuni animi sono gemelli della sera. Cospargono petali di oscurità sotto a un pergolato di boccioli notturni, celando la loro fioritura.
Il cuore di Iside era stretto in rampicanti antichi, erbe infestanti da cui non era stata in grado di liberarsi, neanche per me.
Erano rami che ostruivano, isolandola in eventi solo suoi, soffocandola in un passato che una malattia era venuta a recidere.
Un pertugio si era aperto, un nuovo nome era uscito, a cui ero rimasta attorcigliata, quasi avesse avuto una trama di corde tra le sue sillabe.
«Emar? Mai sentito da lei, ma dovrebbe essere un sito archeologico in Siria, sul lago di Assad.» rispose mio padre, quando gli chiesi se mia nonna lo avesse mai nominato in un discorso.
«Un tuo collega medico si era spostato lì vicino per un certo periodo.» ricordò mia madre, alzando lo sguardo da un libro.
Mi dissero che era stato un centro distrutto e ricostruito più volte, sommerso in gran parte dalle acque del lago, e che ora aveva un nuovo nome: Tell Meskene.
La città di Emar sembrava simile alla persona nel passato di Iside: storica, affondata, celata in profondità per tanto tempo, proprio come lui.
Era esistita, ma per un lungo periodo nessuno sapeva che le sue rovine erano ancora tra noi, su un fondale di correnti dolci che ne dissimulavano la presenza.
«Potrebbe aver scritto di lui da qualche parte?» domandai, fingendo di non sapere che la nonna aveva tenuto alcune vecchie lettere.
«Potrebbe.» rispose distrattamente mia madre, tornando tra le pagine di quella che pareva essere una storia di suo interesse.
«Magari potrei guardare in soffitta.» riflettei ad alta voce, conscia che era già stata messa in ordine, e nient'altro era saltato fuori.
«O in cantina.» suggerì mio padre, massaggiandosi il collo, contratto dopo la giornata di lavoro. «Il trasferimento nella casa di cura è stato un momento caotico, abbiamo dovuto spostare molte cose, alcune possono essere state lasciate giù, invece che messe su.»
«Tua nonna ha un male che gioca con i suoi ricordi, Ester.» sospirò mia madre, e dal suo tono rassegnato ebbi l'impressione che cercasse di annullare il dispiacere con la lettura. «Parla di principi, vaneggia sempre più spesso. La sua mente potrebbe aver storpiato parole come "estate" e "mare" ad esempio, unendole in Emar.»
«Non è ancora a questi punti.» commentai, rabbrividendo al pensiero che prima o poi ci sarebbe inevitabilmente arrivata.
«La chiave della cantina sai dove è.» chiuse lei, con stanchezza, rimettendo a me la scelta di iniziare la ricerca oppure di dare per scontato la sua inutilità.
Avrei potuto tornare in camera, spegnere la luce e provare a fare altrettanto con la nostalgia di Monte Isola; avrei potuto dissolvere Emar nel dormiveglia, lasciare le sue vocali in un sogno e le sue consonanti in un altro.
Non avrebbe fatto differenza. Quel nome si sarebbe ricomposto in modo corretto, senza lasciarmi alcuna possibilità di sciogliere i nodi delle corde con cui mi teneva a sé.
«La prendo, grazie.»
✴
Scesi le scale in legno chiaro, sentendole scricchiolare ai miei passi, venendo subito investita da un odore di vino, olio e mirtilli.
Toccai il piano dove i miei genitori riponevano casseruole, stracci, ampolle di vetro e marmellate, e mi ambientai con il disordine con cui la maggior parte degli utensili era sistemato.
Avevo una sera tutta per me, senza uscite o impegni in casa, ed ero intenzionata a scoprire perché il pensiero di Emar turbava ancora la nonna.
Forse me lo avrebbe rivelato, se ne avessimo riparlato tra qualche giorno, ma era possibile che non sarei mai riuscita a sentire da lei ricordi completi.
La sua malattia era sempre al potere, la teneva in pugno, poteva diluire e cancellare in un istante quello che lei era stata, e perfino quello che era adesso.
Iniziai da alcuni mobili di frassino, avevano ante scorrevoli che chiudevano giornali e riviste impilate di diversi anni prima.
Sapevo che mio padre aveva conservato articoli che considerava importanti, che lo avevano colpito in qualche modo e che riteneva utili.
Era improbabile che uno scritto di mia nonna si trovasse tra quelle carte senza che lui ne sapesse qualcosa, ma per scrupolo le passai al vaglio.
Mi aggirai per la cantina, continuando a cercare con minuziosità; la luce della lampada si allungava sui muri, creando figure simili a indigeni in una notte di luna.
Restai a lungo con la schiena ricurva, e le mani in documenti che non erano i miei, chiedendo soltanto di avere fortuna.
Quando il bianco di alcune buste contrastò lo scuro del pavimento, il cuore si contrasse in un battito che sentii ovunque.
Erano lettere, tenute ferme dalle pagine di un tomo che avevo riposto male dopo averlo tolto da uno scaffale, ed erano anonime.
Liberai la prima dal libro, aspettando ad aprirla, osservandone la forma, così simile a quella delle buste che avevo trovato in soffitta, poi mi decisi.
Passerei attraverso l'aria, pur di chiederle scusa.
Emar
Lessi quella riga una infinità di volte, come se il suo inchiostro potesse mostrarmi il contesto del messaggio, e il suo significato.
Era una grafia sconosciuta, dentro di me mi ripetevo che avevo fatto bene a fidarmi della nonna, che lei aveva voluto dirmi qualcosa.
Era una unica frase, a cui non ne seguivano altre, soltanto un momento fissato nel santuario di uno stralcio conservato, ma bastò a incoraggiarmi.
Aprii le buste successive, nella speranza di trovare nuove righe di Emar, ma erano vuote, nessun collegamento con il passato della nonna.
Alla penultima, stesi un foglio di carta finemente scritto fino ai suoi bordi, che riconobbi essere di Iside, e i battiti tornarono a scuotermi, facendomi avvertire leggeri crampi di gioia al petto.
Ho visto l'aridità delle dune, ho sentito le tempeste di sabbia, in quel ragazzo che la sera ha lasciato al nostro giardino.
I suoi occhi verdi, allungati come quelli di un faraone, si sono specchiati nello stupore dei miei. Sono stata a guardarne i lineamenti pallidi e consunti, pensando a quanto fosse dolorosa la solitudine che comunicava con un solo sguardo, screziato del viola e del blu delle Belle di Notte.
Una pausa, una distrazione della vista, affaticata per l'ora e per l'incontro inaspettato, e al suo posto non vi è stato altro che la finestra della camera di mamma. Sparito, come la luce delle stelle dietro alle nuvole. Sono stata così turbata di non riuscire più a vederlo, che mi sono avviata verso la porta dell'ingresso, notando il nulla intorno a me che...vibrava.
Vorrei poter dire che un individuo dalla durezza di un diamante verde d'Egitto è stato sul serio nella nostra proprietà, ma la verità è che non sono sicura di chi ho visto, e di che cosa ho sentito.
«Noi andiamo a dormire, Ester.» giunse la voce di mia madre dalla soglia della cantina, riportandomi al presente, alle pulsazioni fuori controllo per Emar.
«Tra poco anche io.» la rassicurai, mostrandomi volenterosa di mettere a posto, e concludere la ricerca, almeno per quella sera.
«Non fare tardi.»
Aspettai che se ne fosse andata, prima di proseguire, riflettendo su quello che avevo letto. Emar sembrava fosse letteralmente scomparso davanti a Iside, e questo lo rendeva diverso, inquietante.
Mi dedicai all'ultima lettera, e notai che era scritta con due calligrafie. Iside aveva incollato un biglietto non suo a quel foglio che aveva usato come diario.
Non doveva vedermi nessuno, ma forse, per una singola volta, io volevo essere visto.
Emar
È tornato davanti alle nostre Belle di Notte, e con lui le sabbie di un deserto lontano si sono alzate sotto la mia pelle, turbinando. Il ragazzo è stato a fissare la luce accesa nella stanza di mia madre, ad ascoltare da lì i suoi singhiozzi per quell'uomo magico che lei non sa più dove sia, che nessuno sa più come stia. Infine, si è dileguato dal giardino, apparendo e scomparendo alla mia vista, mentre i petali dei fiori violacei si agitavano e si piegavano al suo passaggio, fino a raggiungere in strada proprio...Siro.
Buon pomeriggio, nuovi salti temporali per voi! Vi sto facendo affondare con me nella trama, avviluppati dai suoi misteri :-D Qui abbiamo un focus su Emar, personaggio che mantiene il suo enigma iniziale, ma di cui veniamo a intuire qualcosa in più. Come vi è sembrato? Fatemi sapere nei commenti le vostre idee e impressioni. A presto! ❤
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