Quenja

La regina Beruthiel tese una mano e con un dito sollevò il mento di Helias per poi regalargli un sorriso accattivante. Poi, con fare suadente accarezzò la sua guancia destra: «Tu, mio caro, non muoverti, devo dare alcune indicazioni alla tua amica.» E accarezzata l'altra guancia di lui, si rivolse a Eriel, ma non usò lo stesso tono mieloso: «Veniamo a te, principessa. Perché se non fosse per il tuo amico, ora ti troveresti rinchiusa in una di quelle celle laggiù.» Ne indicò una aperta e poi, con indurire ancor più la voce, per darle a intendere di essere ancora arrabbiata con lei: «Come ben sai, mantengo sempre la parola data... tu invece non l'hai fatto. Mi avevi promesso di restare con me per sempre e... ma come dicevo, ormai è acqua passata e poi ho altro a cui pensare, che alle tue manchevolezze. Va' e usa pure le mie api, ti obbediranno come se fossi io. Però ricorda di rendermi l'oggetto che le comanda quando avrai finito con loro, dopo questa non voglio più rivedere la tua faccia. Beh, cosa aspetti, fa buon viaggio, io e il tuo amico nell'attesa del tuo ritorno ci divertiremo un sacco.»

Doveva porre un freno alla regina, altrimenti per Helias sarebbe stata dura tenerle testa. «Sì, ora vado, ma prima volevo avvisarti... lui ha una donna che lo ama e aspetta con ansia il suo ritorno. Si chiama Lucylla ed è un tipetto tosto. Quindi, se fossi in te, mi guarderei bene da farle uno sgarbo... come il rubargli l'uomo. Lo dico per te, se gli farai del male, lei verrà qui e ti strapperà il cuore dal petto, puoi esserne certa.»

Lasciata Beruthiel a riflettere sulla minaccia rappresentata da Lucylla, Eriel uscì e, tornata sulla piattaforma, trovò ad attenderla dodici api. E stava per andare loro incontro, che ci ripensò e tornò sui suoi passi.

«E tu cosa ci fai ancora qui? Pensavo ci fossimo dette tutto.»

«Memorizzalo bene, Beruthiel. Voglio ti sia ben chiaro questo concetto, al mio ritorno, Helias verrà via con me. Perciò non farti illusioni... e non ridere di sottecchi, non riuscirai a portarlo dalla tua parte, lui non è come te, è diverso e... ma tanto è inutile parlare con te, farai comunque di testa tua ed ecco perché aggiungo: fai del male al mio amico, e io ti ucciderò con queste mani, è una promessa e io le mantengo, lo sai... Ora tolgo il disturbo, ma non prima di averti detto un'altra cosa, non credere che il conoscermi ti dia un vantaggio su di me. Sono cambiata, e molto, perciò non prendere le mie minacce alla leggera.»

Non appena Eriel sparì dalla sua vista, Beruthiel s'incamminò verso Helias con movenze sinuose e flessuose. Allora lui si chiese fino a quando sarebbe riuscito a resistere al suo strepitoso fascino. Poi si era detto ce l'avrebbe messa tutta per non cadere in tentazione, a costo di passare per uno a cui piacevano gli uomini. Un'altra carta da giocarsi era quella di ubriacarsi. Aveva con sé l'otre donatagli da Arcibaldo e poteva bere birra fino a scoppiare. Quindi se Beruthiel si fosse avvicinata a lui, al sentire il suo alito lo avrebbe lasciato in pace. Inoltre non si sarebbe retto in piedi e stessa cosa avrebbe fatto il suo amico in basso. Poteva funzionare, pensò convinto e poi, al tornargli in mente il discorso di Eriel, e dopo quello di Lucylla, sull'essere un uomo vero, in questo modo avrebbe dimostrato loro di essere cambiato. Ma per riuscirci doveva rimanere freddo e lucido, ma soprattutto impassibile se la regina si fosse spogliata innanzi a lui. Quella sarebbe stata la prova delle prove da superare: se avesse resistito alla visione, avrebbe potuto camminare a testa alta e dichiararsi a Lucylla, e lei non aspettava altro che quel suo ravvedimento.

«Finalmente soli! Ma prima di arrivare al sodo...» Beruthiel fece un passo indietro e storse il naso «... sarebbe meglio se tu ti dessi una bella rinfrescata, mio caro. Ho fatto preparare l'occorrente, segui il mio servo, ti farà strada fino alle tue stanze.»

Uno di quegli strani esseri si palesò per poi invitarlo a seguirlo con l'alzare una zampa lunga e nodosa, a indicargli un corridoio da seguire. Quindi lo precedette e arrivato davanti alla porta, quando aprì per farlo entrare, lui dopo averlo fatto afferrò uno dei segmenti della lunga zampa e lo tirò dentro per poi chiudere l'uscio dietro di sé. Dopodiché gli si parò davanti e iniziò a squadrarlo da capo a piedi.

L'unica cosa di diverso da un essere umano erano gambe e braccia, al loro posto spuntavano zampe lunghe, sottili e segmentate come quelle degli insetti. Il suo volto, invece, pur se dalle fattezze umane era davvero raccapricciante: butterato e pieno di rughe e con un un enorme naso schiacciato dalle cui narici fuoriuscivano delle cinghie e andavano a posarsi dietro le orecchie come se fossero delle redini. Orecchie ai cui lobi portava dei pendenti. Inoltre una profonda cicatrice solcava il suo labbro superiore sinistro e faceva sì che la bocca, nel rimanere semiaperta, lasciasse intravedere una sfilza di denti gialli e appuntiti. Infine, le sue iridi erano nere e la sclera in alcuni punti veniva sporcata da lunghe ramificazioni rossastre. Insomma, incuteva timore al primo sguardo e purtuttavia a tremare come una foglia al vento era lui.

Helias a quel punto abbozzò un mezzo sorriso, giusto per smorzare la tensione venutasi a creare e poi, con un tono amichevole, cercò di entrare in contatto con l'uomo insetto: «Mi devi scusare, non era mia intenzione spaventarti. Lo so, ti sembrerà strano, ma devo farti alcune domande. Ah, se ti è stato detto di non parlare con me dalla regina, siamo soli in questa cella e lei non verrà mai a saperlo da me, lo giuro.»

Sembrava che l'essere avesse capito e passò subito alle presentazioni: «Mi chiamo Helias e, come ti dicevo, non devi avere alcun timore... ah, tu come ti chiami?»

«Quenja e non sono un insetto, Helias. Prima di essere trasformato in questo obbrobrio ero come te.»

Helias si voltò a cercare il proprietario della voce, ma non c'era nessun altro. Quindi l'uomo insetto doveva aver usato la telepatia, pensò convinto. D'altro canto la utilizzavano anche Anat e Bastet e usò pure lui lo stesso metodo per avere la conferma. «Se utilizzi il pensiero allora possiamo parlare senza riserve.»

«Sì! Tuttavia ti chiedo di non farne parola con nessun altro. La regina non lo sa e se lo venisse a sapere ci ucciderebbe tutti. Le vede le cinghie passare nelle nostre narici? Ebbene, servono a tenere a freno la lingua e per noi è impossibile parlare.»

«Non lo farò, sarà il nostro piccolo segreto, Quenja.»

«Mi togli un grosso peso, Helias e ti ringrazio. Ma ora lascia che ti racconti cosa mi ha ridotto così. Come ti ho anticipato, prima ero un uomo come tanti, con pregi e difetti. Poi conobbi Beruthiel, me ne innamorai alla follia e lei, dopo avermi usato e abusato, mi ha trasformato in quel che sono ora. Tutti gli uomini passati di qui dopo di me hanno fatto la stessa orrenda fine. Per cui devi andartene via da qui, Helias, prima che sia troppo tardi. Non farti ingannare dalla sua grande bellezza e avvenenza, Beruthiel è una donna perfida fino al midollo... prima ti ammalia e poi ti trasforma come i quattro poveretti che la portavano in spalle. Scappa finché sei ancora in tempo, o lei userà te come tappeto per scendere. Tuttavia, se vuoi restare e mantenere il tuo aspetto, un modo ci sarebbe, dovrai dimostrarle di essere sempre all'altezza delle sue aspettative. La regina non scende a patti con nessuno e, se non sazierai a sufficienza i suoi appetiti morbosi, ti trasformerà in uno schiavo... e sì, purtroppo noi abbiamo fallito. E il supplizio durerà fino a quando l'incantesimo non verrà interrotto, oppure se saremo tanto fortunati da morire prima.»

Helias, di finire schiavo di Beruthiel, non ci pensava affatto, anche se si trattava di una donna bellissima, la libertà non aveva prezzo. Ma quello che a lui dava più fastidio, in tutta questa storia, era di finire castrato e pensò che Eriel lo aveva messo proprio in un bel pasticcio.

«Devo proprio andare, Helias, se non mi faccio vedere, verranno a cercarmi e non voglio che i miei compagni ci trovino insieme. Infatti non volevano mi mettessi in contatto con te e, se ne avessero il sospetto, qualcuno potrebbe tradirmi per avere i favori da Beruthiel. Per cui mi metterò io in contatto, tu non fare nulla di avventato nel frattempo e... ah, ho un favore da chiederti, ecco... quando la tua amica verrà a prenderti, posso venire via con voi. Non importa dove andrete, vi seguirò ovunque, purché sia lontano da questo posto maledetto.»

«Vedremo, Quenja, non sono io a prendere le decisioni, però metterò una buona parola... per quel che vale.»

«Grazie. Tu intanto resisti, puoi farcela, l'importante è non cedere in alcun modo agli approcci diretti di Beruthiel, altrimenti non potrai più tornare indietro.»

Con tutta la sua buona volontà, non sarebbe riuscito a resistere alle lusinghe di Beruthiel. Soprattutto se si fosse spogliata, pensò Helias preoccupato, poiché sarebbe stata ardua poi non saltarle addosso. «L'aiuterò a scappare da qui e anche i suoi amici, sempre se lo vorranno, Quenja. Ma prima di dare loro la notizia, sonda con discrezione se sarebbero disposti a venire, così da avere la certezza che non ci tradiranno.»

«Hai ragione, Helias, lo farò di certo. Grazie. Allora io va-» Quenja non riuscì a finire, bussarono alla porta e si nascose dietro per evitare di essere visto.

Quando Helias aprì, si trovò di fronte un altro essere simile a Quenja. Lo strano figuro non aprì bocca, gli fece solo segno, con una delle quattro lunghe dita del braccio destro di recarsi verso la direzione indicata. Di certo Helias non poteva disubbidirgli, se quel mostro entrava e scopriva l'altro sarebbe sato un problema, per cui abbozzò un sorriso di circostanza e, chiusa la porta, lo seguì in silenzio.

Scendevano giù per un altro cilindro e anche in questo al suo interno vi erano allocate celle di contenimento, ovunque volgesse lo sguardo. L'essere scendeva veloce finché si fermò e poi, con una delle dita prensili, puntò una porta e gli fece cenno con il capo di entrare.

Passata la soglia, all'interno del nuovo ambiente predominava il rosa e, come sempre, non mancavano le celle, a centinaia. Ma la vera sorpresa si trovava in fondo ed era un'enorme porta dorata.

Helias si avvicinò guardingo e, arrivato a un braccio teso dal grosso uscio, notò incise delle scene di vita che non lasciavano spazio a dubbi su cosa doveva esserci dall'altra parte. Le figure in risalto erano inequivocabili: uomini e donne attorcigliavano i loro corpi nudi gli uni alle altre in una grande orgia dove nessuno rimaneva escluso. Per cui si rifiutò di pensare a cosa Beruthiel gli avrebbe fatto una volta entrato e, al guardare meglio, una leggera luce vi filtrava attraverso, non era chiuso del tutto. Tuttavia non udiva alcuna voce provenire dall'interno e fece per aprirla, ma non riuscì nell'intento, era pesantissima. Allora riprovò con entrambe le mani e, senza non poca fatica, alla fine l'aprì ed entrò.

La porta subito dopo si chiuse da sola. Questa volta senza lasciare alcuno spiraglio. Ora non sarebbe riuscito ad aprirla senza l'aiuto di qualcuno e passò ispezionare cosa lo circondava.

Nell'enorme sala predominava il rosso e al centro era stata apparecchiata una tavola con sopra ogni sorta di cibo. Intorno alla tavola vi erano cuscini a non finire e in fondo, in un angolo appartato, un grande giaciglio sul quale Beruthiel si trovava distesa nuda e vogliosa e il suo unico desiderio era che lui la raggiungesse.

Se Helias non avesse parlato con Eriel, e soprattutto con Quenja, si sarebbe precipitato da lei senza pensarci su due volte. La regina in quello stato di abbandono era irresistibile e ora lui si chiedeva se sarebbe riuscito a tenere sotto controllo la passione, la quale cresceva sempre più dentro i suoi pantaloni: Beruthiel era l'apice della lussuria. Ogni piega e piccolo anfratto del suo corpo era stato messo a nudo e lei ben consapevole che lui non avrebbe potuto resistere ancora a lungo.

Helias invece sperava che prima di passare ai fatti lei desiderasse mangiare qualcosa. Durante avrebbe escogitato un modo per evitare di essere sopraffatto dalla sua sensualità prorompente. Certo, la situazione era molto delicata, ma ce l'avrebbe fatta se si fosse messo d'impegno. Poi un pensiero atroce lo fece sbiancare in volto: e se Eriel non fosse tornata a salvarlo? In tal caso quale sarebbe stata la sua sorte? Diventare schiavo di Beruthiel o morire per evitarlo? No! Lui non desiderava questo, ma a quelle eventualità, ancora remote, avrebbe pensato a tempo debito. Aveva fame e per ora almeno un appetito lo avrebbe appagato. L'altro lo avrebbe saziato con Lucylla, sempre se lei nel frattempo non avesse trovato da rimpiazzarlo, d'altronde era tutta colpa sua e se lo sarebbe meritato. Quindi sperò in cuor suo così non fosse. Altrimenti il suo sacrificio sarebbe stato vano.

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