Diventare cibo

Riempite le bisacce con quanto messo a loro disposizione dagli Elfi, frutta secca, bacche, verdure fresche e formaggi, Silvius e compagni salutarono tutti per poi incamminarsi verso la foresta proibita. Eriel si era inserita su di un sentiero abbastanza ampio e faceva strada a passo spedito: si erano attardati e voleva fare un bel pezzo di strada prima del tramonto. Dietro di lei aveva Bastet, Anat e Lucylla e, distaccati ma non troppo, Alisei e Soffio e i due si scambiavano sguardi smielati. Defilato, Rima il Bardo aveva Silvius alle spalle, che si voltò e, al vedere Helias guardarsi intorno con circospezione, rise. I colori vividi della natura avevano incantato tutti e, a parte il suo amico, proseguivano senza preoccupazioni.

Eriel dal suo canto non poteva sperare in meglio, ma doveva fare una sosta per farli riposare e, arrivata nei pressi di un'ampia radura, si fermò per riunirli tutti: «Ci accamperemo per una breve sosta, perciò approfittatene per espletare i bisogni e riposarvi un po'.»

Silvius si era seduto su di un masso e, tolte le scarpe, si sgranchì le dita dei piedi mentre nel contempo osservava i compagni. Alisei ed Helias avevano fatto come lui, invece Rima no e, tenuto conto delle sue scarpe, si chiese come facesse a non sentire disagio.

Bastet come sempre si era seduta in disparte e come lui osservava cosa facevano gli altri, ma con una nota compiaciuta sul volto e Silvius al constatarlo ne fu felice. Pure Lucylla sembrava essere di buon umore e si chiese cosa le avesse mai detto Helias da portarla a quello stato di grazia inusuale. Anat era sparita, ma presto sarebbe riapparsa e non si preoccupò. Anche Drusilla e Amelia si erano volatilizzate, forse per fare i bisogni e si rilassò del tutto.

Insomma, tutto tranquillo, poi udì un rumore sordo e, voltatosi per timore si trattasse di qualche bestia, a provocarlo era stata la caduta di un frutto maturo e tornò alle sue riflessioni. Però Eriel gli fece gli cenno di alzarsi e, rimessi gli stivali, si avviò verso la principessa. Non da solo, dietro di lui tutti gli altri e chiudeva la colonna Anat, era tornata dalla ricognizione alla ricerca del suo cibo preferito.

Mentre Helias avanzava pensava alle belle donne lasciate alla Cittadella e si chiedeva cosa facessero e con chi. Pertanto non si rese conto di cosa volava sopra di lui e quando se ne avvide ormai era tardi. Un uccello gigantesco lo aveva afferrato con i suoi grossi artigli e lo teneva così stretto che il dolore al costato gli impedì di gridare per farsi sentire dagli altri.

Il suolo si allontanava sotto di lui e lo vedeva rimpicciolire sempre più. Ed era arrivato così in alto, che se anche avesse gridato i nomi di tutti uno dopo l'altro, nessuno lo avrebbe sentito. Comunque provò lo stesso a urlare la sua richiesta d'aiuto con tutto il fiato che aveva nei polmoni: «Sono quassù, amici miei! Aiutatemi! Silvius! Lucylla! Bastet! Eriel! Sono quassù. Ehi! Voi, laggiù, mi sentite?»

L'uccello o quello che gli sembrava esserlo, l'aveva portato a un'altezza tale che quelli in basso non potevano udire la sua richiesta d'aiuto. Al che disse a se stesso che le sue paure si erano materializzate. Ciò che aveva sempre temuto tra poco lo avrebbe ucciso. Poi si era detto che non poteva finire per lui in quel modo orribile, aveva ancora tante cose da fare prima di morire e si impose di stare calmo.

Doveva riflettere, c'era sempre una via d'uscita e, quando l'uccello lo avrebbe lasciato cadere nel nido, da lì tentare la fuga sarebbe stato più facile e meno pericoloso. Al che guardò in basso per vedere se Silvius e gli altri si vedevano, ma niente e si chiese come mai nessuno di loro avesse scorto l'uccello portarlo via.

Alla principessa Elfo era parso di sentire un richiamo d'aiuto e, voltatasi, al notare Helias salire verso il cielo portato via da un grifone oltre misura, subito fece cenno a Silvius di guardare in alto e lui, non non appena alzò lo sguardo, capì se non avesse fatto subito qualcosa non l'avrebbe più rivisto vivo. Quindi si era messo a escogitare un piano di salvataggio, che Eriel prese in mano le redini della situazione, anche perché era l'unica che poteva gestire quella situazione con un discreto successo.

«Non restare lì impalato, Silvius, dobbiamo agire in fretta. Tu pensa a tranquillizzare gli altri, a portare giù Helias provvedo io.»

«Dimmi che puoi salvarlo, Eriel.»

«Non temere. Lasciami fare. Ma prima devo chiamare un'amica, solo con il suo aiuto potrò farlo.»

Silvius la teneva per un braccio e non la lasciava andare. «Oh... Sì. Scusa, Eriel, il fatto è che non me lo perdonerei mai se gli accadesse qualcosa. Mi aveva detto di non voler venire e invece io ho insistito e pure con il metterlo in ridicolo davanti a tutti.»

«Smettila! Non ci pensare nemmeno. Io e la mia amica lo salveremo, puoi starne certo.»

Silvius seguì Eriel con lo sguardo fino a che lei sparì alla sua vista e prese lui le redini. «Ascoltate, ragazzi, Come avete visto anche voi, Helias è in pericolo ed Eriel è partita a cercare aiuto per salvarlo. Però io non me la sento di stare con le mani in mano e le chiedo, principessa Bastet, se insieme ad Anat potesse scoprire dove quel Grifone ha portato Helias: se conoscessimo la giusta posizione, potremmo arrivare a lui prima che sia troppo tardi.»

Aperte le ali, Anat attese che Bastet le montasse in groppa e poi, preso il volo, seguirono la stessa via del Grifone.

Lucylla avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di salvare Helias, ma si sentiva impotente. Soffio e Alisei si tenevano la mano, come anche Drusilla e Amelia. Rima invece si era accucciato in un cantuccio a suonare un lieto motivetto per allentare la tensione e, anche se non funzionava, continuava lo stesso.

Eriel doveva trovare il nido del Grifone prima che le uova si rompessero, altrimenti per Helias sarebbe stata morte certa. Comunque al momento non aveva di che preoccuparsi, non si sarebbero aperte per almeno altri tre o quattro giorni al massimo. Periodo durante il quale il Grifone lo avrebbe tenuto in vita, serviva come fonte di carne fresca per i nascituri.»

Alla vista di un altro uccello gigantesco, Soffio stava per urlare, ma Alisei aveva messo una mano a tappare la sua bocca per poi intimare di fare silenzio. «Non farlo, cara, lui non ci ha visti e noi non vogliamo di certo attirare la sua attenzione, vero?»

Silvius non aveva mai visto prima Lucylla impaurita, ma non si soffermò a riflettere sulle possibili ripercussioni di quel sentimento su di lei, aveva altro da pensare.

Drusilla teneva stretto lo stiletto con gli occhi puntati al cielo, tesa come un arco. Mentre Amelia cercava di tranquillizzarla e Rima continuava a strimpellare le sue dolci melodie.

Intanto Eriel aveva fatto ritorno e, al vedere la preoccupazione sui loro volti, provò a tirarli su di morale: «Tranquilli. Ancora un po' di pazienza e riporterò il buon Helias di nuovo tra noi. C'è ancora tempo, il Grifone per ora non farà scempio delle sue carni. Ma i suoi piccoli, non appena usciranno dal guscio, sì. Diciamo che abbiamo tempo un giorno per trovare il modo di aiutare il nostro amico a uscirne illeso. Quindi, assodato questo, veniamo al come. Lo so, mamma Grifone dal vostro punto di vista sembra crudele, ma non lo è affatto... cerca solo di far crescere la sua prole. Quindi vi chiedo, voi cosa avreste fatto al suo posto?»

Tutti si guardarono intorno senza intervenire ed Eriel ebbe la conferma senza dover attendere che la dessero loro. «So già la risposta quindi passiamo alla bella notizia. Ho fatto chiamare un'amica che mi agevolerà nel compito e strano, dovrebbe essere già qui.» Eriel guardò prima in alto per poi spaziare con lo sguardo a destra e manca e tornare di nuovo su di loro: «Meglio, così posso parlarvi di chi si tratta e non resterete sorpresi nel vederla arrivare. Però proseguiamo per gradi, l'amica di cui parlo è un'aquila ed è la più grossa che abbiate mai visto. Sarà lei che mi porterà fin lassù, là sulle cime più alte di quelle montagne dove ora si trova il nostro Helias. Perciò quando la vedrete venire giù non spaventatevi, non avete nulla da temere, non vi farà alcun male, salvo a voi non vi venga la malsana idea di farlo a lei, vi- Ah, eccola, la vedete?»

Alzarono tutti la testa e lei girava intorno all'albero sotto il quale loro sostavano.

«Ora salirò su quell'albero e, una volta in cima, mi lascerò cadere sul dorso dell'Aquila. Voi restatevene al riparo sotto, io non starò via molto, il nido non dovrebbe essere molto lontano. Credo di averlo adocchiato proprio lassù» con il dito indice mostrò loro un puntino nero sul crinale di una montagna che faceva capolino tra i rami di alcuni larici giganteschi in lontananza.

Silvius e Lucylla annuirono, a seguire anche gli altri ed Eriel proseguì con le spiegazioni. «I Grifoni, come le Aquile, prediligono nidificare ad altezze esagerate e quel puntino nero altro non è che il nido dove ora si trova Helias.»

Solo adesso intuirono tutti quanto fosse pericoloso quello che voleva fare Eriel. Ma se non lei, chi altri poteva? Pensò Silvius, che non vedeva altre soluzioni se non quella.

Mentre Eriel si preparava a salire sull'albero, Bastet era tornata e, scesa dal dorso di Anat, si adoperò per dire loro quanto aveva visto. «Mi dispiace, però siamo riuscite a seguire il Grifone solo per un breve tratto, Anat non poteva salire oltre e abbiamo dovuto rinunciare. Tuttavia siamo riuscite a vedere dove ha portato Helias e si trova proprio sulla cima di quella montagna che stavate guardando con tanta dedizione prima del nostro arrivo.»

Sentita Bastet, la principessa Elfo stava per salire sull'albero quando Lucylla la fermò: «Devi portarmi con te, Eriel. Io non posso starmene con le mani in mano mentre lui si trova in pericolo. Devo fare qualcosa, altrimenti non crederà mai che io lo amo più di ogni altra cosa esistente.»

«Non è proprio una passeggiata, Lucylla. Ci troveremo a un'altezza considerevole e tu non hai mai volato sul dorso di un'Aquila. Potresti avere le vertigini, o peggio ancora svenire se l'Aquila fosse costretta ad andare giù in picchiata. E non dimenticare che dovrai lanciarti sul suo dorso mentre passa sotto di noi. Adesso hai ancora intenzione di voler esserne parte?»

«Sì. Non m'importa di morire. E poi, ora che mi hanno sentito tutti, non posso di certo tirarmi indietro. Ci perderei la faccia: se tu non lo sapessi, alla Cittadella sono conosciuta come Signora coraggio.»

«Va bene, la vita è la tua. Ma ricorda che non potrò badare a te e quindi dovrai cavartela da sola.»

«Non pensare a me, io so badare a me stessa.»

«Allora seguimi e fai tutto quello che ti dirò senza obiettare.»

Presero a salire su agili e, raggiunta la cima, là dove l'Aquila continuava a volteggiare sotto, attesero il momento propizio per saltare.

L'aquila quando le vide iniziò a fare giri sempre più stretti per dare modo a Eriel e Lucylla di lanciarsi su di lei in tutta sicurezza e le ragazze aspettavano solo il momento adatto per farlo. Però dovevano stare attente a non sbagliare i tempi, altrimenti cadere giù da quell'altezza non avrebbe lasciato loro scampo.

«Coraggio, mia cara. Non temere, ci penso io.» Eriel si avvicinò a Lucylla e, allorché l'Aquila passò sotto di lei, la spinse nel vuoto.

Anche se si era spaventata a morte, quel che più contava è che ora lei si trovava seduta sul dorso capiente dell'Aquila. E meno male che l'aveva spinta, si era detta che se Eriel non l'avesse fatto, starebbe ancora lì a cercare il momento giusto per farlo.

L'aquila attese che Eriel si lanciasse e quando sentì il suo peso le trasmise la gioia che provava di averla di nuovo sul dorso. E subito dopo l'immagine di ciò che aveva visto durante il tragitto fatto per raggiungerla. Così la principessa Elfo ebbe modo di assistere, come se fosse stata presente, ciò che era avvenuto dopo la cattura di Heliah: raggiunta la vetta, sulla quale aveva il nido, mamma Grifone vi aveva lasciato cadere Helias per poi involarsi alla ricerca di altro cibo.

Al che si era detta che doveva approfittare della sua assenza e comunicò all'Aquila di portarla al nido.

«Ora saliremo di molto, Lucylla, perciò tieniti forte e non guardare in basso. Anzi, meglio se chiudi gli occhi, ti avviserò una volta raggiunto il nido.»

L'aquila salì sempre più in alto ed Eriel, nel guardare in basso, vide Silvius e i suoi amici che da quell'altezza sembravano formiche. L'aquila però salì ancora e furono circondate dalle nuvole che si rincorrevano silenziose nel cielo d'un azzurro senza eguali ed Eriel le invidiò, in quanto potevano muoversi libere in ogni dove e senza pensieri: una libertà che lei non aveva mai provato a fondo e a cui ambiva da sempre. Poi l'aquila prese a girare in tondo e lei, nello sporgersi, al vedere il nido, comunicò all'Aquila di abbassarsi per poi rivolgersi a Lucylla: «Apri pure gli occhi. Siamo arrivate, il nido è proprio sotto di noi, però tu non sporgerti, se l'Aquila venisse costretta a virare potresti cadere.»

Lucylla, al vedere il vuoto intorno a sé, quasi svenne. Poi, al guardare in basso, proprio mentre l'Aquila virava e planava verso il nido, lo notò e a quel punto esternò tutta la sua gioia: «Helias è vivo! Eriel, ho detto che Helias è vivo. L'ho visto, ed è proprio sotto di noi. Cosa aspettiamo! Perché non andiamo a prenderlo?»

«Calma. Più facile a dirsi che a farsi, mia cara. Dobbiamo aspettare che l'Aquila trovi la giusta posizione così che lei lo afferri al volo senza fargli troppo male. Ma prima dobbiamo avvisare il tuo uomo di farsi trovare pronto. Mamma Grifone tra non molto tornerà e, anche se l'Aquila mi ha detto che non si metterà contro di lei, non sono tanto sicura che non interferirà al vederla calare sul suo nido.»

L'aquila continuava a volare sopra al nido così che Eriel e Lucylla riuscivano a vedere bene Helias, che si trovava in compagnia di tre enormi uova e quindi in un evidente stato d'agitazione. Infatti vi girava intorno e intanto guardava a destra e a manca alla ricerca di uno spiraglio da cui poter fuggire. Ma Eriel era dubbiosa sulla riuscita, anche se l'avesse trovata, da quell'altezza sarebbe stata ardua poi venire giù senza rompersi l'osso del collo.

Helias dal canto suo pensava agli occupanti delle uova che, rotto il guscio e usciti fuori, avrebbero fatto di lui un solo boccone. Sempre se fosse stato fortunato, poiché c'era il rischio che i tre litigassero a chi doveva mangiarselo e gli strappassero le membra a suon di beccate. Però lui aveva in programma di fare ancora un sacco di cose e non gli garbava affatto di fare quella fine straziante, quindi lasciò perdere le uova. Tanto, finché non si schiudevano, lui non correva il pericolo di venire squartato. Poi, nell'abbassare sguardo, sparsi un po' dappertutto c'erano i resti dei pasti precedenti, i cui miasmi infettati rendevano l'aria irrespirabile e pensò che se qualcuno gli avesse chiesto quale morte preferisse, tra l'essere divorato e l'asfissia, avrebbe detto per congelamento, faceva un freddo cane e questa sarebbe stata la sua fine più prossima se Silvius o i suoi amici non fossero venuti a salvarlo per tempo.

Ma quando il guscio di una delle uova si incrinò, Helias capì che non sarebbe morto congelato. Una delle uova stava per schiudersi e la conferma era data dalle decine di venature che si allargavano sempre più su di esso. Se non fosse arrivato qualcuno a tirarlo fuori da lì e subito, tra poco sarebbe diventato cibo per uccelli.

Stretti i pugni, un senso d'impotenza lo sopraffece. Eppure lo aveva detto a Silvius che poteva essere molto pericoloso avventurarsi in luoghi che non si conoscevano a menadito, ma niente, lui non aveva voluto ascoltarlo. Questo pensava Helias demoralizzato e poi, all'udire un altro scricchiolio, e non proveniva dal primo uovo, ma dal guscio di un altro che si era crepato sotto i colpi del becco del piccolo che intendeva uscire. Piccolo per modo di dire, l'uovo in cui stava era pressappoco grande quanto una enorme zucca e ne sarebbe uscita una creaturina affamata di cui lui già vedeva il grosso becco spuntare. Però non aveva alcuna intenzione di lasciare la mano al fato, d'altronde c'era sempre una soluzione per ogni problema e non aveva che trovarla.

«Pensa. Pensa, Helias. Pensa a come uscire da questa situazione senza farti troppo male.» Quindi iniziò a cercare un punto debole in quel ginepraio di rami contorti che componevano il nido. Sarebbe bastato un buco ampio abbastanza da cui potesse far passare la testa e sarebbe stato in salvo. Però dopo aver girato in lungo e in largo, da quel punto di vista il nido sembrava all'apparenza impenetrabile. Non si poteva uscire che dall'alto. L'uccello lo aveva costruito in modo che nessun predatore, anche il più piccolo, potesse entrare dal basso e rubargli le uova.

Helias sentiva la fine farsi sempre più vicina e, nell'alzare lo sguardo al cielo disperato, arresosi al suo triste destino, vide che l'uccello visto prima in realtà non era la madre dei piccoli, ma un'Aquila gigantesca e non poté fare a meno di pensare fosse passato dalla padella alla brace.

L'aquila aveva ripreso a salire per poi venire giù con il planare dolce, prima da un lato e poi dall'altro. Il suo scopo era quello di far sì che Helias si rendesse conto che sul suo dorso c'erano Eriel e Lucylla. Poiché non poteva appoggiarsi sul nido, se l'avesse fatto avrebbe messo in pericolo sia l'uomo che le uova del Grifone e comunicò a Eriel che una delle due doveva comunicare all'uomo che avrebbe dovuto issarsi fin sul bordo del nido e lì doveva restare finché lei non l'avesse afferrato con i suoi artigli.

«Lucylla! Adesso tocca a te. Mentre l'aquila plana, tu sporgiti per quanto puoi e, come il tuo Helias si rende conto di te, digli di salire sul bordo del nido e di restarci.»

Quando l'Aquila iniziò a planare per poi avvitarsi e venire giù, Lucylla si sporse per farsi vedere da Helias, ma solo dopo un'altra planata lo fece e a quel punto iniziò a sbracciarsi. Anche se non sapeva come avrebbero fatto a portarlo giù, alla vista di Lucylla sorrise e poi prese a saltellare come un grillo per tutto il nido, incurante delle uova che stavano per aprirsi del tutto.

Solo al terzo passaggio, radente il nido, Lucylla con quanto fiato aveva in corpo gli disse cosa avrebbe dovuto fare. «Non c'è tempo per le spiegazioni, Helias, quindi fa quello che ti dico senza obiettare. Sali sul bordo e restaci fino al prossimo passaggio dell'Aquila. Lei proverà a prenderti al volo e se non vuoi che ti ferisca con i suoi artigli resta immobile e goditi il prossimo volo.»

Eriel e Lucylla speravano che lui avesse compreso. Mamma Grifone tornava al nido e restare nei paraggi non era salutare per nessuno, Aquila compresa. Lei si faceva dappresso e da come batteva le ali doveva essersi resa conto della loro presenza. Non solo, credeva che l'Aquila volesse rubargli le uova e lanciava i suoi acuti stridii per avvertire che sarebbe stata implacabile se avessero fatto del male ai suoi piccoli.

Al sentire le grida disperate di mamma Grifone, Helias prese a fare gli scongiuri. La mamma dei piccoli era prossima ad arrivare, così vicina che ora le sue grida disperate erano diventate assordanti, al punto che fu costretto a tappare le orecchie.

Stessa cosa fecero Eriel e Lucylla, mentre l'Aquila, dopo aver fatto un passaggio sopra di lui, forse per misurare i tempi, pensò Helias al vederla venire giù e così era, al passaggio successivo lo afferrò e Helias sentì netti gli artigli stringergli ventre e torace.

L'aquila lo aveva preso giusto in tempo, altrimenti i tre piccoli Grifoni, che erano usciti dalle uova, lo avrebbero afferrato con i loro becchi adunchi.

Solo al librarsi dell'aquila in volo, Helias tirò infine un sospiro di sollievo. L'incubo per lui era finito, anche perché mamma Grifone li lasciò andare per correre, con il secondo pasto procurato, dai suoi piccoli.

Eriel a quel punto si sporse e, nel constatare che Helias sorrideva tranquillo, sorrise anche lei.

Di sicuro dovevano essere tutti in apprensione per la sua sorte, pensava Helias con il guardarli dall'alto mentre l'Aquila planava: Silvius e gli altri aspettavano il suo arrivo con il naso all'insù.

Arrivata a una decina di braccia dal suolo, l'Aquila lasciò la presa e Helias cadde con il rotolare su se stesso e trovarsi ai piedi del suo amico. Silvius allora l'aiutò ad alzarsi e poi l'abbracciò forte: il peggio era passato e, a parte tanta paura e apprensione, nessuno si era fatto male.

Scesa con un salto prodigioso dal dorso dell'aquila, Lucylla staccò Silvius da Helias e lo abbracciò come mai aveva fatto finora. «Stupido testone che non sei altro. Mi hai spaventato a morte. Possibile che non guardi mai dove vai? Se fossi stato più attento, ora non ci troveremmo tutti in agitazione.» Poi lo guardò con dolcezza e gli diede un bacio passionale sulle sue labbra, che erano già socchiuse in quanto lui non aspettava altro.

«Però. Notevole. E dimmi, a cosa è dovuto, Lucylla?»

«E basta! Datti da solo la risposta. Uffa, sei il solito guastafeste, Helias.»

«Sciocca, vieni qui.» Tirata a sé Lucylla, la baciò fino a farle mancare l'aria.

Finito di sbaciucchiarsi, anche gli altri riuscirono a salutare Helias come si doveva. E, una volta fatto, si avvicinarono tutti alla regina dei cieli.

Vista da vicino, l'Aquila era davvero imponente e Silvius si trovò a fare una riflessione. La brutta disavventura capitata a Helias era servita a far capire a tutti che il pericolo di incontrare creature fuori misura sarebbe stata una costante d'ora in avanti. Una circostanza che avrebbe potuto mettere in discussione l'amicizia che c'era tra loro. Ma dopo quanto era successo, se tutti avrebbero conservato l'immagine data da Eriel e Lucylla, che erano accorse in aiuto di Helias, allora poteva ben sperare. Se fosse accaduto ancora, nulla più avrebbe potuto metterli l'uno contro l'altra e dividerli. Sia Eriel che Lucylla avevano dimostrato che nulla avrebbe potuto fermarli nel corso dell'impervio cammino che li aspettava se solo fossero rimasti uniti come lo erano stati oggi.

La paura era passata e non restava che riprendere il cammino interrotto. Quindi, una volta raccolte le loro cose, Eriel li guidò lungo un sentiero che sapeva sfociare nei pressi di una piccola radura dove ricordava esserci una vecchia quercia al cui interno si poteva appiccare un fuoco per riscaldarsi senza problemi. Lo spazio all'interno era sufficiente abbastanza da permettere a tutti di non doversi sentirsi soffocare per la vicinanza e inoltre disponeva di una sola entrata e non avrebbero dovuto preoccuparsi di guardarsi le spalle durante la notte.

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