Signora Coraggio

Un maiale della peggior specie aveva avuto la malsana idea di palparla e Lucylla per poco non gli aveva fatto fare la fine a cui di solito erano destinati quegli animali: sgozzati. Quindi, dopo essersi calmata quel tanto da non reagire male, decise di far comprendere al beota cosa significasse per una donna essere toccata senza un esplicito invito. Per cui lo guardava severa in volto, ma il porco continuava imperterrito a mostrare la sua irrefrenabile dissolutezza e la cosa la fece imbestialire ancor più. Inoltre era alticcio e lo si capiva dai suoi occhi spenti e dal naso di un colorito rosso vivo. Pertanto, se non avesse continuato a passarsi la lingua su quelle sue labbra sottili, lei lo avrebbe lasciato andare.

«Lei non deve essere di queste parti, vero? Altrimenti non si sarebbe mai azzardato a osare tanto, signore.»

«No. Sono solo di passaggio, occhi verdi. E poi cosa c'è di male, una cosa bella va vista e toccata per saggiare la qualità.»

«Adesso capisco, è ovvio. Lei deve essere parente di quel tale a cui un mio amico ha dato una bella lezione l'altro giorno.»

«Non ho parenti e amici. Sono venuto da solo, labbra carnose.»

«Ah, e io che pensavo foste dei gemelli. Bene, allora sa cosa le dico? Ora facciamo un bel gioco insieme. Le piace l'idea?»

«Certo! Ma prima mi daresti un bel bacio con quelle tue labbra rosse? In questo modo inizio a pregustare il dopo... immagino già cosa potresti fare con quella tua bellissima bocca e-»

«Parlare, null'altro. E soprattutto ricambiare il tuo gesto. Cioè, vorrei palpeggiare una parte del tuo corpo,» Lucylla sapeva cosa lui avrebbe risposto e già si pregustava il momento. «Lascio a te la scelta» e quando al maiale brillarono gli occhi, iniziò a fremere «allora hai deciso. Ebbene, dimmi. E sii sincero. Quale parte del tuo corpo vorresti essere palpeggiata?»

L'uomo venuto da chissà dove abbassò lo sguardo e lei a quel punto non dubitò più che fosse un porco e ora lo avrebbe fatto urlare alla stessa stregua di quando quegli animali venivano sgozzati. Quindi aveva stretto con una mano testicoli e organo riproduttivo del pervertito con tanta di quella forza che le sue grida erano state udite da tutti i Norberiani del circondario.

«Ora siamo pari, bifolco. Spero sia servito di lezione e soprattutto che tu abbia compreso cosa prova una donna all'essere toccata da esseri abietti come te senza il suo consenso. E ora vattene, altrimenti ci ripenso e ti sgozzo sul serio.»

Questo era uno dei motivi per cui bisognava stare alla larga da Lucylla e, chi la conosceva bene, si teneva a debita distanza da lei: se con quel suo bel faccino e l'aria innocente poteva dare l'impressione di essere una ragazza affabile e a modo, non lo era affatto. Tuttavia il titolo di Signora coraggio non glielo avevano dato per il suo modo di porsi, diciamo alquanto irruento ed esuberante. Un bel mattino era giunta alla conclusione che continuare a sforzarsi per ottenere le cose che più desiderava la faceva soffrire e aveva preso la saggia decisione di possedere solo l'essenziale per sopravvivere. Certo, riguardo alle persone sostavano in lei ancora dei dubbi, di fatto alcune le amava e credeva la amassero allo stesso modo. Ma la vita non la pensava allo stesso modo e molte gliele aveva portate via. Pertanto, anche se la vita era meravigliosa, lei la riteneva una signora malvagia. In quanto le stava di fianco al solo scopo di farla sentire impotente. Fragile al punto da non sentirsi più libera di amare. La perdita di ciò che lei riteneva essere necessario per ottenere la felicità, la portava ineluttabilmente a soffrire e, quindi, non attaccarsi a cose e persone si palesava essere la scelta più ovvia.

In questo modo Lucylla era riuscita a contenere il nemico più subdolo di tutti: la paura. E di riflesso aveva imparato a non temere nemmeno la morte: tutti prima o poi dovevano fare i conti con essa e fino a quando non si fosse presentata perché temerla? Questo si era detta lei sempre più convinta di trovarsi nel giusto. Tuttavia c'era ancora qualcosa su cui la paura faceva ancora leva su di lei, a ricordarle quanto fosse lontana dal disfarsene del tutto. Ed era la paura di perdere la sua castità. Un motivo a dir poco banale, ma l'aveva spinta a seguire di soppiatto Amelia il giorno prima per chiederle consiglio su come approcciarsi agli uomini e cosa fare all'occorrenza. Però, dopo essersi spogliata senza vergogna, la paura aveva preso il sopravvento, a rammentarle quanto non fosse ancora pronta ad aprirsi in quel senso e desistette. Inoltre in quel contesto aveva compreso che se avesse vinto tutte le paure, non le sarebbe rimasto più nulla a cui aggrapparsi per sopravvivere. E questa consapevolezza l'aveva portata a concludere che la paura in realtà fosse un'alleata preziosa e quindi necessaria. Le serviva come punto di riferimento per capire la differenza sostanziale tra il bene e il male.

Accantonata Amelia, il pensiero di Lucylla si spostò su Helias e, nell'immaginare se stessa nuda tra le sue braccia, arrossì. Tanto che il suo volto assunse lo stesso colore dei capelli. Apertura verso di lui ancora lontana, aveva giurato a se stessa che si sarebbe concessa a quell'uomo solo se avesse cambiato quel suo atteggiamento da libertino impenitente. Proprio per questo motivo si dovevano vedere alla locanda dell'Olmo, voleva metterlo alle strette, ma non prima di essersi gustata una deliziosa zuppa di verdure fumante: a stomaco pieno ragionava meglio. Però aveva da sbrigarsi, altrimenti trovarne sarebbe stato impossibile e, indossate delle vesti comode, un paio di brache e un corpetto con sopra un giacchino scollato, uscì e prese la passerella che la portò di filato davanti alla locanda di Bernardo.

Lucylla non riusciva a togliersi dalla mente la figura nuda di Helias e, giunta davanti all'imbocco di una strettoia, guardò male chi si trovava dall'altra parte e il poveretto le lasciò subito il passo, pur se sarebbe spettato a lui passare per primo.

Chiunque si trovava a passare davanti alla locanda dell'Olmo, non si capacitava di come gli Elfi fossero riusciti a incastonarla tra i rami con il diventare un tutt'uno con l'albero, come se fosse una sua estensione naturale. Inoltre, decine di lanterne la illuminavano a giorno e al passarle davanti non si poteva fare a meno di fermarsi ad ammirarla, anche solo per un breve istante. Ma il meglio si trovava all'interno: un luogo caldo e accogliente dove gli avventori potevano mettere da parte i dispiaceri e ancor più le loro paure.

Entrata, Lucylla venne subito assalita dall'odore invitante della zuppa di verdure, la quale borbottava placida in una pignatta enorme posta nel camino mentre Bernardo la rimestava con calma metodica. A suo dire serviva a dare alla zuppa quel sapore unico per cui era diventata famosa e lui amava affermare che la sua fosse la zuppa migliore di tutti i cinque Regni conosciuti. Tuttavia non si avevano conferme a sostenere tale tesi e in ogni caso il merito andava a Gertrude: la cuoca usava delle spezie conosciute soltanto da lei ed erano quelle a darle quel sapore inimitabile e caratteristico, non il tocco magico del locandiere. Però agli avventori poco importava di chi fosse il merito, la zuppa era buonissima e ogni sera la locanda si riempiva di affamati degustatori.

Ombre scure si muovevano sulle pareti a formare figure contorte e senza senso. Colpa del fuoco le cui lingue rossastre oscillavano sinuose a riflettere le ombre dei commensali che sostavano nei pressi per scaldare le membra intirizzite dal freddo calato come un'ombra oscura sulla Cittadella. Per cui si erano venuti a formare due gruppi: quelli silenziosi, e chi invece faceva baldoria senza curarsi di chi avrebbe voluto un po' di tranquillità.

Tra quelli chiassosi c'era un gruppetto di tre uomini. Essi si raccontavano a turno le vicissitudini amorose e, giacché Lucylla sapeva quanto loro avrebbero ingigantito l'accaduto, curiosa di sentire cosa si sarebbero inventati per ampliare il loro ego spropositato, tese l'orecchio per ascoltare il più gracile del terzetto. Un tipetto alquanto sgraziato che cercava di raccontare agli altri due, grossi come montagne, la sua avventura.

«Ragazzi, adesso vorrei ascoltaste la mia di storia. Però non ridete dopo.»

«Su, non fare tante storie, Dalberto, hai riso come un matto mentre Guelfo raccontava la sua disavventura e ora non puoi pretendere che noi non possiamo fare altrettanto. E poi, se non ci sai fare con le donne, quale colpa ne abbiamo noi? Beh, allora cosa aspetti? Racconta. Non tenerci sulle spine.» A convincerlo ad aprirsi, il più grosso del terzetto. Metteva paura al solo guardarlo e il piccoletto non poté esimersi.

«E va bene. Ieri mi trovavo in compagnia di una bella ragazza e, filava tutto liscio, quando al momento di spogliarmi le cose hanno preso una piega inaspettata. Al vedermi nudo, lei mi ha rifilato un sonoro ceffone per poi invitarmi a uscire. E senza i vestiti! Capite? Ero nudo come un verme e mi vergognavo a camminare lungo il sentiero con una mano dietro e l'altra davanti. Inoltre mi sono gelati i gioielli di famiglia e le chiappe.»

L'omone iniziò a ridere a crepapelle e dopo di lui anche l'altro. Infine pure Lucylla, ma la sua risata squillante non passò inascoltata. Il chiappe gelate si zittì per poi voltarsi verso di lei con una nota interrogativa sul volto smunto. Stessa cosa fecero i due uomini e, a seguire, tutti i presenti. In un solo attimo divenne il fulcro delle loro attenzioni, ma per fortuna uno degli avventori le venne in aiuto e la tolse d'impaccio.

«Volevo fare un brindisi insieme a tutti voi per ringraziare la qui presente Signora coraggio. Come ogni sera, da quando è comparso Drol, lei viene a darci sostegno con la sua presenza.» Finito il breve, e forse unico discorso della sua vita, l'uomo ordinò da bere per tutti e la sua generosità venne accolta con gioia ed entusiasmo. Alzati i boccali verso il soffitto, in coro invitarono tutti a bere: «Aissa, aissa, aissa. Acala, acala, acala. Accosta, accosta, accosta. Alla salute nostra.»

Bevvero tutti i loro calici ricolmi di birra spumeggiante e, a ogni giro, ripetevano lo stesso augurio. Finché, stanchi di urlare, si accomodarono e un borbottio sommesso prese il posto delle grida. Il loro vociare conciliava il sonno, alcuni se la dormivano e quindi dalle loro bocche colava un rivolo di saliva a formare una chiazza luminescente sul tavolo. Insomma, un'atmosfera piacevole e tanto cara e familiare a Lucylla, che aveva preso posto al tavolo riservatole da Bernardo e ora si guardava intorno alla ricerca del fedifrago.

Il bellimbusto si trovava sotto la soglia dell'entrata a fare il cicisbeo con una cameriera mentre attendeva di essere servito da Bernardo. Così quando il locandiere gli passò due pinte di birra, con quelle strette nelle mani la raggiunse e gliene passò una: «Bevi, Lucylla. Offre il proprietario.» Poi, alzato in alto il boccale, Helias invitò tutti i presenti a fare altrettanto: «Aissa, aissa, aissa. Acala, acala, acala. Accosta, accosta, accosta. Alla salute nostra.» Al suo invito ne seguirono altri, con cori e cozzi di boccali colmi di birra. E li battevano l'uno contro l'altro con un tale impeto, che c'era più birra sul pavimento che nelle loro pance.

Solo quando si accomodarono tutti, Lucylla pensò fosse giunto il momento di parlare con lui. Ma non prima d'aver riempito lo stomaco: si trovava lì per gustarsi la zuppa di Bernardo e ne voleva pure una bella porzione.

«Lasci fare a me, Signora coraggio, gliela servo subito.» Il locandiere aveva il dono di apparire nel momento giusto e, dopo aver preso l'ordine, prima di recarsi nelle cucine strinse il grembiule tra le dita e lo tenne stretto come se temesse di perderlo da un momento all'altro.

Corpo agile e scattante. Volto dai lineamenti forti, occhi blu e capelli castano scuro, che lui teneva legati dietro la nuca in quanto amava portarli lunghi, facevano di Helias un uomo abbastanza piacente, troppo. Se si aggiungeva il suo carattere gioviale e una voglia matta di vivere la vita giorno per giorno, non ci si poteva stupire se molte donne cascassero fra le sue braccia senza che lui si sforzasse di corteggiare. Ma Lucylla era diversa e, pur se innamorata di lui, non si era ancora concessa. E non per paura di perdere la propria verginità, ma perché lei valeva più di un mero scambio di umori e il fatto che lui non se ne rendesse conto la faceva stare male. Perciò, prima di cedere alle sue lusinghe, voleva avvertirlo di quali sarebbero state le conseguenze.

«Devi smetterla. Non lo tollero più e, per tale ragione, non sarò più clemente con te se continuerai su questa strada. Sai a cosa mi riferisco, quindi regolati di conseguenza... o me , o le altre, a te la decisione ultima.»

«Ho capito. Però devi darmi più tempo.» Se voleva cavarsela senza farsi troppo male, doveva ammettere le sue colpe e sperare che lei gli desse ancora un po' di spazio e soprattutto tempo: «Ecco, prima devo fare pulizia dentro di me e solo dopo le cose tra noi potranno funzionare.»

Helias continuava a tergiversare senza affrontare la cosa con la dovuta serietà e lei non aveva altra arma se non quella del ricatto. «D'accordo, ti darò ancora un po' di tempo perché tu ti ravveda. Ma non troppo e quindi ti consiglierei di iniziare a fare le pulizie nel tuo pollaio sin da subito, altrimenti tra noi è finita prima ancora di iniziare, e per sempre. Ah, e ricorda, una volta presa una decisione, io non torno mai indietro. Regolati di conseguenza.»

Si era fregato con le sue stesse mani e per non peggiorare le cose, più di quanto non aveva già fatto, approfittò della venuta di Bernardo. «Guarda, Lucylla, arriva la zuppa. Continueremo il discorso dopo, a stomaco pieno di solito si ragiona meglio.»

Lucylla si chiese se lo fosse per davvero, tonto, oppure se si trattava di una tattica per evitare di essere propositivo. Ma non aveva la forza di affrontare un'altra discussione e, chinato il capo sulla ciotola, annusò la zuppa, il cui profumo era assai invitante e, posta una mano sul ventre: «Pancia mia fatti capanna!» Prima di gustarla lei alzò gli occhi e li puntò di nuovo su Helias: «Ora sai cosa mi aspetto da te. Quindi ti avverto, quel poco di pazienza ancora a disposizione sta per esaurirsi, pertanto ti consiglio di fare pulizia dentro di te in fretta.» Chiarita la sua posizione, portò alla bocca il cucchiaio colmo di zuppa fumante per zittire lo stomaco, il quale finora non aveva fatto altro che brontolare come una vecchia comare.

Tirato su un sospiro sconsolato, Helias provò a celare il disagio. Era stato uno sciocco a non aver detto a Lucylla quanto le volesse bene e, preso il boccale, bevve il contenuto per poi dire a se stesso, e con convinzione, che ce l'avrebbe fatta a cambiare. Aveva ancora del tempo per dimostrarle quanto valeva come uomo. E con i fatti, non a parole. E si ripromise di farlo durante il lungo viaggio per arrivare ad Allister.

«Che hai? Stai male?»

«No. Niente, Lucylla. Scusa, pensavo alla nostra partenza imminente e mi chiedevo quando sarà e in quanti saremo.»

Lo conosceva da fin troppo tempo per non capire al volo che fosse un diversivo bello e buono. Tuttavia lasciò stare, lo aveva tartassato anche troppo e non approfondì la questione. E poi aveva visto entrare Silvius in compagnia di uno strano tipo e puntavano verso il tavolo dove avevano preso posto. Alla fine non ci sarebbe stato abbastanza tempo e, rinfoderate le unghie, fece buon viso a cattivo gioco. «Sono felice che tu stai bene. Invece ne so quanto te riguardo alla partenza e in quanti saremo in tutto, ma potrai soddisfare la tua curiosità tra un attimo, è appena entrato il tuo amico in compagnia di un bel tipo e... strano, non l'ho mai visto prima. Dai, girati e dimmi se tu almeno lo conosci.»

Helias sapeva di chi si trattava e non si voltò per fare lo spaccone come al suo solito, con aria da saccente annunciò spavaldo: «Sì, conosco quell'uomo, o come hai detto tu, il "bel tipo". Si tratta di un mio caro e vecchio amico. Ah e se ti stai chiedendo perché è venuto a braccetto con Silvius, e del perché sembrano essere amici di vecchia data, va a finire sempre così con Alisei. Quel simpaticone riesce a calamitare su di sé le attenzioni di tutti per via dei suoi modi raffinati. Però non lasciarti ingannare dalle sue buone maniere, sa essere spietato all'occorrenza. Scusa, mentre tu finisci la zuppa io andrei ad accoglierlo, così poi te lo presento. Sono sicuro ti piaceranno i suoi modi di fare.»

Lucylla immerse il cucchiaio nella ciotola colma di zuppa ancora fumante e, dopo averne preso una bella porzione, la portò alla bocca e la gustò soddisfatta. E tenuto conto che voleva finirla tutta prima che si raffreddasse, non si soffermò a guardare un altro di quegli stupidi uomini pieni di sé.

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