Roxanne

Aveva ricevuto l'incarico di eliminare un uomo che risultava dare fastidio a una delle famiglie più in vista di Allibis e lo avrebbe portato a termine senza strascichi che mettessero in cattiva luce la Corporazione e soprattutto Donna Dorniana. Era come una madre per Roxanne e quindi non si sarebbe mai perdonata se avesse fatto un errore che l'avrebbe messa in imbarazzo con le Autorità. Per cui si preparava ad ammaliare il soggetto designato, con il suo fascino seducente, per poi eliminarlo senza che nessuno avesse da obiettare circa la sua dipartita, che sarebbe stata dichiarata da lei stessa come una scelta. Per l'occasione aveva indossato un abito appariscente, metteva in evidenza gambe, schiena bassa e tette e sarebbe stato assai improbabile che quell'uomo non si invaghisse del suo corpo seducente al primo sguardo.

Uscita, Roxanne salì in macchina e partì spedita. Durante il tragitto ripasso con la mente i dati che sapeva sul tizio da eliminare, il necessario per riconoscerlo alla prima: si chiamava Rufus, aveva le lentiggini e i capelli rossi. Pertanto non sarebbe stato un problema per lei riconoscerlo tra i tanti avventori che frequentavano il ritrovo notturno.

Arrivata davanti all'entrata del "Vienimi Dentro", così si chiamava il locale e Roxanne non riuscì a trattenere un sorriso divertito per poi farsi seria una volta varcata la soglia. Nell'ampio vestibolo, tappezzato di rosso e illuminato da luci soffuse, c'era l'addetto alle prenotazioni. 

Il tizio parlava, o meglio, litigava, con un signore che non aveva prenotato. Diceva di averlo perso, ma l'addetto non trovava il suo nome e alla fine, stufo di ribadire le stessa cosa, che senza non poteva farlo passare, alla fine lo aveva buttato fuori. Così lei si presentò a lui senza tanti preamboli: «Buonasera, dovrebbe esserci un tavolo prenotato a mio nome. Roxanne... Roxanne De Santis.»

L'energumeno aveva tutta l'aria del classico uomo tutto muscoli e niente cervello. Almeno, con quegli occhi da pesce bollito che si ritrovava, non poteva essere altrimenti, pensò lei mentre lo guardava di sottecchi e un sorriso irriverente appena accentuato. E aveva ragione. Dopo aver fissato per un po', con aria assente, lo schermo posto su di un piedistallo, lui biascicò con fare incerto: «Sì, signora... ma... ecco... ah, scusi l'ho trovata. Il suo nome risulta... prego, entri, tavolo ventisette. Ah, scusi ancora... è sola?»

A quel punto lei non ebbe più dubbi sul fatto che fosse tutto muscoli e niente cervello. «C'è qualcun altro dietro di me, signore? Ah, lasci perdere. Per ora sì, ma non per molto. Spero di trovare qualche soggetto interessante all'interno. Ah, lei non lo è, dico interessante. Scusi la franchezza, lo faccio solo per evitarle una delusione. Bene, assodato questo, mi faccia portare una buona bottiglia di vino rosso, grazie.»

«Come desidera, signora Roxanne. Prego, intanto si accomodi, a breve arriverà un inserviente con il vino da lei richiesto. Buon proseguimento di serata.»

«A lei invece auguro buon lavoro, buonuomo.»

Solo il tavolo ventisette era libero e Roxanne gli andò incontro con movenze sinuose.

Il cameriere, preposto a quel settore, al vederla arrivare si portò verso di lei. «Prego, signora, si accomodi. Lo preferisce mosso o fermo? Intendo il vino.»

«Qualsiasi vino va bene, l'importante è che sia di ottima annata.»

«Lasci fare a me, le porterò il migliore della casa.» Dopo aver accompagnato la seduta di Roxanne, il cameriere si precipitò dietro al banco.

La luce all'interno del locale non era invadente, ogni tavolo aveva una piccola oasi luminosa e  inoltre una musica soffusa rendeva il tutto molto piacevole, salvo il tramestio di chi preparava le varie ordinazioni e il chiacchiericcio dei presenti. Ma non si trovava lì per dare un giudizio su cosa fosse bene o male e buttò lo sguardo in ogni direzione alla ricerca dell'uomo dai capelli rossi. E lo trovò alla prima, però non era solo e le cose si complicarono per lei: doveva prima liberarsi della donna che lo accompagnava per avvicinarlo. Così quando il cameriere tornò da lei con la bottiglia di vino, prima che potesse aprirla lo fermò: «Mi scusi, potrebbe farmi un favore? »

«Certo, dica pure, signora.»

Roxanne fece segno al cameriere di abbassarsi e quando lui lo fece: «Lo vede quel signore elegante con i capelli rossi accompagnato con la donna bionda? Quelli al tavolo laggiù. Aspetti un attimo, non vedo bene. Ah, ecco, il numero nove, se la vista non m'inganna.»

«Sì. Li vedo, signora.»

«Ebbene, quel signore è un mio carissimo amico e vorrei parlargli in privato. Capisce, vero? Insomma, senza la sua compagna tra i piedi. Perciò dovrebbe aiutarmi e la pagherò per il disturbo.»

«Di quanto parliamo e soprattutto in cosa consiste il mio aiuto?»

«Niente che non possa fare e le darò cento crediti se farà ciò che le dico... Eccoli.» Presi i crediti dalla borsetta, li mostrò al cameriere.

«Ora va meglio, però non mi ha ancora detto cosa vuole che faccia per meritarli.»

«Ha ragione, scusi. Ecco, niente di che, dovrà riempire due calici con il vino che mi ha appena portato e servirli al tavolo nove. Dirà loro che sono stati offerti da un ammiratore. Non solo, mentre verserà il vino al signore con i capelli rossi, farà in modo e maniera di versarne il contenuto sulla sua camicia bianca. Facile, no? Come bere un bicchiere d'acqua.»

«Sì, lo è. Però io rischio di perdere il posto con questa storia e i crediti come minimo dovranno decuplicare.»

«Mille? Ma è forse impazzito? Con quella cifra ci si vive in agiatezza per un intero ciclo aetherniano.»

«Infatti, il tempo che mi ci vorrà per trovare un nuovo lavoro nel caso mi licenziassero. Direi che mille crediti siano il giusto prezzo. Altrimenti non se ne fa nulla, signora.»

La prima regola del suo lavoro sanciva che bisognava tenere un profilo basso e lei non poté che cedere al ricatto: «Va bene, ha vinto lei, ecco i crediti richiesti... e adesso vada a guadagnarseli come le ho detto di fare.»

«Come già fatto. Stia a guardare.»

Sturata la bottiglia e annusato il tappo, il cameriere versò il vino in due calici, che poi mise su di un vassoio e con esso si recò al tavolo nove.

«Scusate, l'intrusione, ma un suo ammiratore, signore, mi ha detto di portare questa bottiglia al vostro tavolo e di berla alla sua salute.»

Aveva quasi finito di riempire il calice alla compagna, che l'uomo lo fermò. «Non amo il vino rosso... ancor più se è con le bollicine.»

«Le chiedo scusa, signore. Vuol dire che le porterò del vino bianco.» Nel togliere il calice della signora, il cameriere rovesciò di proposito il vino rosso in esso contenuto sulla camicia dell'uomo.

«Ma che fa... è impazzito? Ha forse bevuto, giovanotto? Guardi cosa ha combinato. La camicia è diventata rossa e io odio questo colore. E non guardi i miei capelli, odio anche quelli. E poi a lei cosa importa, scusi?»

«Niente, signore. Non volevo essere irrispettoso. Per quanto riguarda la macchia, se aspetta solo un attimo provvederò io stesso a farla sparire. Vedrà, dopo il trattamento tornerà come nuova... Mi deve perdonare, non so proprio come sia potuto accadere e-»

«Lasci stare, non si preoccupi. Sono cose che capitano. Ma ci penso io a pulire la macchia. Dov'è il bagno?»

«Mi segua, l'accompagno, signore.»

Il cameriere si voltò per vedere se la signora che lo aveva pagato fosse ancora lì, ma non la vide e rimase interdetto. Tuttavia non gli importò più di tanto, i crediti li aveva presi e proseguì tallonato dall'uomo dai capelli rossi.

«Ecco, signore, intanto che lei pulisce la camicia, io andrei a stappare una bottiglia di vino bianco.»

«Come dice? Ah, sì, scusi ero intento a guardare il danno da lei fatto. Sì. Sì, ho capito, vada pure, la raggiungo non appena avrò eliminato la macchia di vino dalla camicia.»

Alla vista una donna bella e sensuale come mai ne aveva viste prima nel bagno dei maschi, Rufus rimase sorpreso e allo stesso tempo deliziato da quella presenza. Tuttavia non voleva mostrarsi interessato ed esordì con l'unica cosa che poteva dire in quella circostanza: «Lo sa che questo è il bagno degli uomini, signorina?»

«Certo, Rufus.»

«E lei come fa a sapere il mio nome? Non ricordo che ci abbiano mai presentati. Perché se così fosse, di certo non avrei dimenticato una figura femminile bella e affascinante quanto lo è lei, signorina.» Tanto bella che Rufus aveva deciso di soprassedere sul fatto che avesse le iridi di una tonalità rosso scarlatto.

«Mi chiamo Roxanne e ha ragione, Rufus, non ci siamo mai incontrati prima. Però la sua fama la precede qui ad Allibis ed ero curiosa di conoscerla di persona. Sono stata io a commissionare al cameriere di versarle del vino sulla camicia, per poterla incontrare da vicino. In quanto gli uomini dai capelli rossi e con le lentiggini mi eccitano da morire.»

Rufus non sapeva che fare, e soprattutto cosa dire. Di certo non poteva fermarsi a parlare con quella donna. Anche se affascinante oltre ogni dire, la moglie lo aspettava al tavolo e se lui non la raggiungeva lei si sarebbe insospettita.

«Sono davvero lusingato, Roxanne, ma sono in compagnia di un'altra donna e non posso fermarmi a chiacchierare con lei. Almeno, non stasera.»

«Capisco, Rufus. Però vede, o lo facciamo oggi o mai più.»

L'uomo dai capelli rossi doveva decidere. Se voleva copulare con Roxanne, cosa che desiderava molto, doveva liberarsi della compagna. Ma trovare una scusa che reggesse non era facile. Aveva già abusato con gli impegni di lavoro urgenti spuntati all'improvviso e non poteva più funzionare.

«Mi spiace, ma non posso fermarmi con lei, Roxanne.»

«Ci penso io alla sua compagna. Lei intanto smacchi la camicia, io vado e torno.»

Arrivata al tavolo ventisette, fece cenno al cameriere e lui, non appena la vide, si precipitò da lei.

«Ma dov'era finta? Non l'ho più vista e ho pensato che ci avesse ripensato.»

«Come può ben vedere, sono ancora qui e questo vuol dire che ho bisogno ancora del suo aiuto... le darò altri mille crediti... che ne dice?»

«Certo. Cosa vuole che faccia questa volta? Che versi del vino in testa al mio capo?»

«No, è un tantino più articolata la faccenda. Non appena il signore del tavolo nove torna al suo posto, servirà loro del vino bianco. Ma questa volta nel calice che darà alla signora ci verserà dentro la polvere contenuta in questa capsula. E si assicuri di versare tutto il contenuto.» Mostrò la capsula al cameriere e lui, dopo averla presa, la guardò diffidente.

«Tranquillo, è un semplice soporifero, la donna farà solo un bel sonnellino, tutto qui.»

«Allora nessun problema, lo farò.»

«Bene, allora io ora mi assento di nuovo, tu intanto prepara il tutto.»

Tornata nei bagni, Rufus aveva finito di pulire la camicia.

«Perfetto. Torna al tuo tavolo e non ti preoccupare, Rufus, ho pensato a tutto io. Il cameriere a breve vi porterà del vino e tu a quel punto non dovrai fare altro che invitare tua moglie a bere. E fai in modo che lo beva tutto, altrimenti scordati di vedermi in versione come " mamma mi ha fatto".»

«Non avrai mica messo del veleno nel vino?»

«Scusa, ma per chi mi hai presa? Si tratta di sonnifero e non appena lei accennerà a chiudere gli occhi tu la porterai a casa. Dopodiché verrai a prelevare me. Ah, e sbrigati, non vorrei che tua moglie si svegliasse mentre noi due ci divertiamo.»

Gli sembrava strano che una donna giovane e bella volesse dividere con lui momenti piccanti, ma Rufus era preso dall'euforia del momento e non volle pensarci con il cedere alle lusinghe di Roxanne.

«D'accordo allora, ho l'auto qui fuori e ci metterò poco tra l'andare e tornare.»

«Allora cosa aspetti, va' di là e fa quello che devi, io ti aspetto qui.»

Quando Rufus uscì dal bagno, il cameriere aprì la capsula e versò il contenuto in un calice colmo di vino bianco. Poi riempì il secondo calice e portò entrambi al tavolo nove.

«Ecco l'ordinazione, signore, spero che questa volta sia di suo gradimento.»

«Alla buonora. Grazie.»

Servita per prima la signora, terminò il suo compito con il dare l'altro calice a Rufus e poi defilarsi con un leggero inchino.

Rufus, da perfetto gentiluomo, non si voltò nemmeno per sbaglio a guardarla: l'infingardo teneva la mano della moglie come un marito devoto. Pensò Roxanne che non gli toglieva gli occhi di dosso. Così, nel momento esatto che la donna prese a stropicciare gli occhi, capì che a breve sarebbe stata costretta a spogliarsi davanti a un uomo la cui pelle emanava un odore sgradevole. Al punto che un paio di volte aveva dovuto ricacciare indietro un conato di vomito. Però faceva parte del suo lavoro e non poteva esimersi. Se voleva che la sua Essenza vitale spingesse a uscire quella di Rufus, doveva appoggiare i palmi delle mani sulle meningi di lui e tenerle quel tanto affinché la sua riuscisse a soggiogare l'altra. E ci voleva un bel po', altrimenti l'avrebbe fatto nel bagno e non si sarebbe dovuta mostrare a lui seminuda. Al suo primo incarico aveva tramortito il soggetto per ovviare quel rituale, ma senza alcun risultato, l'Essenza scarlatta non era riuscita a entrare in contatto con l'altra. Ed era uno tra i tanti altri motivi per cui era giunta al limite della sopportazione e aveva deciso che Rufus sarebbe stato l'ultimo lavoro che avrebbe portato a termine. Ciò che l'aveva spinta a questa decisione, maturata nel tempo, il dolore dei soggetti a cui lei aveva tolto la vita. La sua Essenza vitale faceva propri i loro ricordi e questi poi diventavano i suoi. Migliaia di volti che ogni notte le venivano in sogno a tormentare. Perciò, se se ne fossero aggiunti degli altri, sarebbe di certo impazzita.

Mentre rifletteva su quella scelta radicale, Rufus era uscito dal locale con la moglie sottobraccio: la donna ormai non si reggeva più in piedi. L'uomo dai capelli rossi non tardò a tornare e, invitata Roxanne a salire in auto, in men che non si dica si ritrovò sotto casa sua: una villetta con annesso giardino disposta su due piani. Ma lei non si fermò ad ammirare le bellezze del posto e passò al motivo per cui si trovava lì: «Bene, entriamo? Fuori è freddo e mi si gela tutta.»

«Hai ragione. Scusa. Prego, entra pure. Speriamo solo che mia moglie non si sia svegliata.»

«Ehi, ma cosa credi! Io le cose le faccio per bene. Tua moglie fino a domattina dormirà come un animale in letargo. Allora, saliamo le scale, oppure no?»

Se uccideva Rufus dabbasso, avrebbe dovuto portarlo in spalle su in camera e lui non era un peso piuma. Inoltre era preferibile che trovassero il cadavere accanto alla moglie, così le Autorità preposte a catalogarle non si sarebbero insospettite e l'avrebbero inserita nelle morti volontarie. Moltissimi aetherniani sceglievano di lasciarsi morire accanto alle loro consorti e questa dipartita si sarebbe aggiunta alle loro senza creare risvolti non desiderati alla Corporazione.

Rufus le fece strada e, arrivato davanti alla porta della camera, dove dormiva placida la moglie, si fermò per lasciare passare Roxanne: «Prego, entra, intanto io vado a darmi una rinfrescata. Ah, dopo potrai farlo anche tu, se ti aggrada.»

«Sì, va' pure, io intanto mi ambiento.»

Roxanne tirò su un sospiro di sollievo, se Rufus non si fosse rinfrescato, era certa che gli avrebbe vomitato in faccia, e lei non aveva voglia di fermarsi più del dovuto a ripulire tutto. Poi, al guardare la moglie distesa sul letto, si avvicinò per constatare se fosse ancora viva. Se la donna moriva, l'Essenza vitale sarebbe uscita e non era una buona cosa: l'Essenza scarlatta avrebbe inglobato anche lei, oltre a quella del marito e, se ciò fosse accaduto, le Autorità non avrebbero mai creduto che i due coniugi si fossero tolti la vita nello stesso momento. Da un po' sospettavano che Donna Dorniana facesse il doppio gioco e c'era il rischio che si sarebbero mosse per capire se ci fosse dietro la Corporazione.

Netto e profumato come un fiore, l'uomo uscì dalla stanza da bagno ed era nudo.

«Già fatto? Allora vado a rinfrescarmi anche io... Nel frattempo tu sdraiati e pensa a me, Rufus.»

Roxanne si era spogliata per poi guardare il suo corpo allo specchio. Ogni curva si trovava al posto giusto e, al guardarsi, pensò che fosse desiderabile sotto ogni profilo.

Roxanne uscì dal bagno con la biancheria intima. «Come ti sembro, Rufus? Sono di tuo gradimento?»

«Dire che sei meravigliosa è riduttivo. Sei bella oltre ogni mia aspettativa e ora mi chiedo cosa tu abbia visto in me per arrivare a questo epilogo... Sono grasso, brutto e... ecco-»

«Sottigliezze, quel che conta è ciò che si ha dentro.»

Lei si faceva avanti con movenze sinuose e, arrivata davanti al letto, salì sopra Rufus come avrebbe fatto su di un cavallo. «Aspetta, mio caro. Non avere fretta. Sei teso e devi prima rilassarti. Altrimenti verrai prima del tempo.» Allungate le mani fino alle tempie di lui, Roxanne iniziò a massaggiarle con movenze studiate: «Ecco, ora lasciami fare... ti senti già meglio, vero?»

Chiusi gli occhi, Rufus si lasciò trasportare dal piacere delle dita di lei. «Sì, molto, continua così, ti prego. Non fermarti.»

Chiusi gli occhi anche lei, attese finché l'Essenza vitale dell'uomo, obbligata dalla sua, uscisse dal corpo.

Sospese a mezz'aria, una di fronte all'altra, come se fosse in atto un duello all'ultimo sangue, e così era, dopotutto. L'Essenza scarlatta, però, non diede modo alla gialla di capire cosa le stesse per accadere, iniziò a girare intorno a lei sempre più veloce e quella non poté che acquietarsi al suo volere. Motivo per cui man mano divenne bianca e infine svanì senza lasciare traccia alcuna della sua presenza.

Come un buco nero divora luce, l'Essenza scarlatta aveva inglobato tutta la conoscenza acquisita dall'Essenza vitale gialla che, senza più ricordi a darle sostegno, si era smaterializzata per divenire parte del tutto.

Senza più una scintilla vitale a dargli sostegno, l'involucro fatto di carne e ossa, conosciuto come Rufus, aveva esalato il suo ultimo respiro e l'indomani, al vederlo sorridente, la moglie si sarebbe rassegnata al pensiero che fosse stata una sua scelta.

Dopo aver pulito ogni traccia della sua presenza, Roxanne tornò in sede e, una volta entrata in camera sua, preso il gatto nero in braccio, si soffermò a riflettere sul da farsi.

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