La Piramide nera
Preso sotto braccio l'omone, Silvius s'incamminò con lui in un cantuccio e Lucylla, al vederli allontanarsi di soppiatto, curiosa di sapere cosa si sarebbero detti li seguì: gli altri discutevano con Drusilla su cosa avrebbero trovato all'interno e su come si sarebbero dovuti comportare e non li avevano notati.
«All'interno della Piramide nera avvengono fatti incredibili e inspiegabili per una mente come la nostra, signor Silvius e ... no! Non mi guardi con quell'espressione di sufficienza, è vero. Va be', ha poca importanza se ora non mi crede, dopo sarà costretto a farlo. Come lo saranno i suoi amici e, a tal proposito, la voglio avvisare, tutte le persone che vede gironzolare in realtà non si trovano qui in carne e ossa, ma-»
«Se Silvius ha abboccato all'amo, io non lo farò di certo, signor Arcibaldo.» Helias aveva seguito Lucylla e ascoltato tutta la conversazione.
«La prego di non interrompermi, signore. Per me è già difficile capire il funzionamento di questa struttura, e sono qui da prima che lei nascesse, figuriamoci spiegarlo a chi non crede e solo per presa posizione. Per cui, prima di intervenire a sproposito, ascolti fino alla fine. Dopo colmerò le sue lacune per quanto mi è possibile.»
Helias alzò le spalle e si fece da parte «e sia, l'ascolterò senza fiatare.»
«Dunque, dov'ero rimasto... uhm, ah, ecco. Le persone che vedete entrare e uscire dalla Piramide nera non vivono qui, ma su altri mondi. Loro sono, come posso dire... ah, ho trovato, immagini speculari. Ne avrete conferma non appena vi avvicinerete e accade perché questa struttura è un punto di convergenza... essa unisce molti mondi in un unico punto per cui si trovano tutti sullo stesso piano dimensionale. Almeno, è quanto mi è stato riferito dal precedente custode, imperciocché non chiedetemi di approfondire, lui con me non l'ha fatto.»
«Sì, va bene. Non si preoccupi, continui con quanto finora ha capito.»
«Lo faccio già, signor Silvius. Ordunque, la Piramide nera ha la capacità di trasportare chiunque ovunque in tutto il Creato e voi tutti lo avete visto accadere sotto i vostri occhi, in quanto a portarci qui è stato un ponte di luce. E non chiedetemi come, non lo so.»
Anche tutti gli altri si erano fatti avanti e ascoltavano Arcibaldo. Il quale dava forma alle parole con le sue grosse mani per far sì che loro comprendessero al meglio. Solo Lucylla sembrava rapita dalle sue parole e dai gesti, a tutti gli altri procurava reazioni contrastanti: Helias se la rideva con il roteare il dito indice accanto alla tempia destra, come a dire loro che gli mancasse qualche rotella. Alisei, Soffio e Amelia gli davano corda e Helias a quel punto aveva preso a imitare l'omone nei suoi gesti plateali. Drusilla invece se ne stava in disparte e Silvius pensò fosse comprensibile, lei aveva visitato altre volte quel luogo e si era abituata alle stranezze del posto e soprattutto a quelle di Arcibaldo. Bastet era l'unica pensierosa e Silvius, per sapere cosa le passasse per la testa, la raggiunse.
«Scusi se la disturbo, principessa. Ecco, mi piacerebbe conoscere le sue impressioni riguardo a questo luogo incredibile.»
Bastet non se lo aspettava, in quanto se non gli aveva dato corda finora era proprio per evitare di arrivare a questo epilogo. E a peggiorare la sua situazione ci si era messo pure Arcibaldo, aveva smesso di elencare le proprietà della struttura e adesso si trovava al centro dell'attenzione. Però per sua fortuna Lucylla la tolse dall'imbarazzo, si lanciò a gambe levate verso la Piramide nera e fermò la sua folle corsa a pochi passi dall'entrata per poi voltarsi e mettersi a gambe divaricate come aveva fatto Arcibaldo per non farli passare.
Signora coraggio attendeva l'arrivo di un uomo e una donna. I due indossavano degli strani capi d'abbigliamento e la incuriosivano molto. La donna, una veste nera cortissima che lasciava scoperte le cosce ben tornite e sopra una maglia viola a collo alto. Invece ai piedi calzava delle strane scarpe con un lungo spuntone a sostenere il tallone e allo stesso tempo la faceva sembrare più alta di quanto in realtà fosse. L'uomo portava con disinvoltura un paio di brache di tela blu aderentissime, quasi una seconda pelle, e sopra una maglia a collo aperto di un bell'arancione intenso e dalla quale spuntava una camicia di un bianco accecante. Ai piedi portava dei normali mocassini di pelle marrone.
La coppia conversava come se intorno a loro non esistessero altre persone e l'intenzione di Lucylla era di bloccarli. Però i due non si fermarono, le andarono contro e, dopo averla attraversata, svanirono nel nulla. E non solo loro, tutte le altre persone presenti sparirono alla sua vista.
Helias allora la raggiunse e la assalì: «Sei stata tu, vero? E dimmi, come ci sei riuscita? Voglio provarci anche io.»
Lei non aveva fatto nulla, se non avvicinarsi troppo e, al guardarlo irritata per la sua ormai conclamata stupidità, lo redarguì a sua volta: «Ma cosa vai a pensare! Incredibile. Cosa ne so io di dove sono finiti tutti!» E rivolta verso Silvius e gli altri, che la osservavano curiosi di sapere cosa le passasse per la mente: «Eppure lo avete visto tutti voi, io cercavo solo di entrare in contatto con quelle persone. Per cui non chiedetelo a me come è potuto succedere, ma ad Arcibaldo. Rivolgete a lui le vostre stupide facce stranite.»
«Tranquilli. Non è colpa di nessuno di voi.» Per evitare che la discussione sfociasse in una diatriba senza costrutto, l'omone aveva preso la parola. «Non agitatevi, vi prego, accade sempre così ed è colpa del flusso, gestisce infinite realtà sullo stesso piano di esistenza e quando viene deviato, o interrotto, le immagini speculari svaniscono. Ma presto tornerà tutto come prima e... no, non chiedetemi come sia possibile, non lo so. Bene, è tutto per ora, perciò cosa ne dite di entrare? Non abbiate timore, nessuna di quelle persone potrà mai farvi del male. Almeno non qui dentro. Ma prima di passare a visitare l'interno della Piramide nera, penso vogliate rinfrescarvi un po'. Se non vado errato questo avevate chiesto.» E visto che nessuno ebbe da obiettare «allora prego, seguitemi, ho fatto preparare una stanza per ognuno di voi dove potrete mettervi a vostro agio. Ah, se qualcuno di voi desiderasse una camera doppia, potrà averla.» E rivolto verso Soffio e Alisei «così dopo potrete passare a saziare i vostri appetiti.»
Helias non riuscì a trattenersi dal ridere e alla sua ilarità si aggiunse quella di Silvius. Così Arcibaldo dapprima rimase perplesso e poi, nell'intendere il senso, non riuscì a trattenere la sua grassa risata, a sovrastare le altre e infine le annichilì. «Ho capito. Ma avete frainteso tutti. Mi riferivo al vostro stomaco. Adesso capisco perché Drol riesce a sopraffare le vostre menti, trova terreno fertile.»
Ridevano anche le donne, tranne Soffio. Tuttavia Silvius rimase colpito dalla risata di Bastet. Era la terza volta da quando erano partiti, ma questa volta la principessa l'aveva fatto senza freni inibitori e si era detto che in fondo sotto quella scorza dura si nascondeva un cuore tenero.
L'uscita di Arcibaldo aveva dato a tutti la possibilità di liberare un po' della tensione accumulata durante il lungo cammino e Silvius gli era molto grato.
Dopo essersi ripreso, Arcibaldo assegnò a ognuno una stanza, A Silvius aveva dato quella con le pareti bianche e su di esse vi erano appesi dei quadri che mostravano dei paesaggi in cui la natura faceva da protagonista. Al centro della stanza vi era un tavolo con sopra una grossa ciotola colma di frutta fresca, cosa rara e lui si ripromise di farne incetta subito dopo essersi rinfrescato. Insistevano altri due ambienti e stava per aprire una delle porte, quando a quella d'entrata bussarono e andò ad aprire. Dietro trovò una simpatica donnina che gli elargì un sorriso smagliante.
«Mi chiamo Ludmilla e sono venuta a informarla sull'uso di alcuni accessori presenti nella sua stanza. Come può ben vedere, questo non è l'unico locale, ce ne sono altri due a completarlo e nel primo troverà il bagno, dove potrà lavarsi e fare i bisogni, mentre nell'altro potrà andare a riposare. Quindi venga, le faccio vedere per primo come funzionano gli accessori della stanza da bagno.»
Ludmilla fece passare Silvius e nel nuovo ambiente le pareti avevano un colore verde chiaro solcato da delle striature grigio scure. Ad arredarlo sostavano delle strane vasche color latte appena munto e la donna, a tal proposito, prese di nuovo la parola: «La vasca più grossa, quella coi buchi, serve a lavarsi e rilassarsi, signore. La piccola, per intenderci quella sospesa nel vuoto, a lavare mani e volto. Per quanto riguarda le due poste in basso, la prima serve a raccogliere feci e urine e l'altra a lavarsi subito dopo aver usato la prima. Ecco, le faccio vedere come deve fare.» Ludmilla gli mostrò come usare la vasca con i buchi per poi passare alle altre e, finito, lo lasciò.
Però se Silvius era rimasto senza parole non era via delle vasche, bensì dall'acqua che fuoriusciva come per magia da delle strane bocche sulle pareti. Quindi decise di usare la vasca coi buchi. La governante gli aveva dato istruzioni e in linea di massima sapeva cosa aspettarsi e come agire. Dunque si svestì e, una volta entrato, tirò su la leva da dove a detta della governante avrebbe dovuto sgorgare l'acqua. Infatti iniziò a venire giù veloce ed era calda, non fredda, come invece aveva immaginato e si meravigliò di nuovo.
Silvius abbassò la leva solo quando l'acqua arrivò all'orlo e, strano a dirsi, non si disperdeva, nonostante i buchi che costellavano la vasca. E si rifiutò di scervellarsi su cosa impediva all'acqua di fluire via da quei buchi, voleva rilassarsi in quel dolce tepore e si immerse dentro con il lasciare fuori solo la punta del naso e si era detto che sarebbe rimasto a mollo fino a quando le dita delle mani non si fossero raggrinzite. Ma nell'alzarsi per mettersi comodo, toccò una leva posta di lato, l'acqua prese a bollire e lui, al credere stesse per surriscaldarsi, saltò fuori con il ruzzolare sul pavimento freddo e, al pensarci sopra, si era detto che non poteva essere possibile, altrimenti Ludmilla lo avrebbe avvertito e, immersa una mano, la temperatura dell'acqua non era variata ed entrò di nuovo nella vasca. Poi, a rimuginarci sopra, capì che a creare quel movimento sussultorio doveva essere stata l'aria che, al fuoriuscire dai fori, creava quella turbolenza. Per cui prese a godersi quel piacere inaspettato dato dalla combinazione acqua calda e massaggio dato dai getti d'aria, i quali calmarono, e non poco, lo stato d'ansia che da un po' lo affliggeva. Ma le sorprese non erano ancora finite; dopo essere uscito ed essersi asciugato, entrò nell'altro ambiente il cui soffitto rifletteva un cielo stellato e le pareti una foresta lussureggiante. Sembrava di trovarsi all'aperto e quindi non c'erano quadri alle pareti o altri oggetti a distrarlo, solo una grossa piattaforma di forma quadrangolare posta su di un piedistallo ovoidale e doveva essere un giaciglio. E nello scrutare il suo aspetto da ogni angolazione possibile, non ebbe dubbi che lo fosse.
Di primo acchito il giaciglio gli aveva dato l'impressione di essere duro come la pietra, ma poi al sedersi sopra Silvius si rese conto di aver preso una grossa cantonata, la superficie era morbidissima e si stava a meraviglia. Però prima di approfittarne per farsi una bella dormita voleva mettere qualcosa nello stomaco, il quale borbottava già da un po'. Per cui afferrò un asciugamano e, dopo averlo legato alla vita, tornò nella stanza dove sapeva esserci la ciotola con la frutta fresca con cui lo avrebbe zittito fino all'arrivo di Arcibaldo. Ma mai gli sarebbe venuto in mente che il semplice gesto, come quello di allungare una mano e afferrare un frutto, lo avrebbe lasciato incredulo più di quanto finora fosse accaduto. Presa una bella mela matura dal vassoio, subito dopo averla addentata ne era apparsa un'altra al posto di quella sul pavimento. Sì, perché era caduta quando aveva visto accadere quel prodigio.
Come poteva mai essere possibile. Si chiedeva esterrefatto Silvius e il suo primo pensiero fu di essere preda delle allucinazioni. Stanco e provato, poteva benissimo aver visto quello che una mente in tali circostanze a volte mostrava. E per averne la conferma, allungò una mano per prendere una fragola succulenta, alcuni mirtilli e tre chicchi d'uva. E tolti questi ultimi, tutti i frutti presi vennero subito sostituiti da altri simili, come se lui non li avesse mai presi. E stava per allungare una mano per afferrare un altro frutto e averne la certezza, quando bussarono alla porta e sorrise. Doveva essere Arcibaldo ed era arrivato al momento giusto, pensò. Adesso poteva chiedere a lui lumi al riguardo e, raccolto l'asciugamano, caduto subito dopo la mela, lo legò di nuovo in vita e aprì.
«Prego, entri pure, Arcibaldo e... deve scusarmi per l'abbigliamento non consono, ma sono rimasto scioccato da quello a cui ho assistito poco prima del suo arrivo e ancora adesso non riesco a farmene una ragione. Per cui avrei da chiederle alcuni chiarimenti e questa volta voglio che sia sincero con me. La prima co-»
L'omone aveva glissato la sua veemenza sul nascere: «Le dirò quanto c'è da sapere e di cui sono a conoscenza, signor Silvius. Ma non adesso... Si vesta e mi segua, i suoi amici richiedono la sua presenza.»
«Va bene, mi dia solo il tempo di mettermi qualcosa addosso e... ah, per facilitare il nostro interloquire, che ne direbbe di abbattere i formalismi? In quanto a mio parere allontanano le persone, anziché avvicinare. Chiamami solo per nome, come farebbe un amico... Spero che questo non diventi un problema per lei.»
Nessuno aveva mai cercato di farlo sentire a proprio agio e ad Arcibaldo il fatto lo turbò non poco: di solito di lui dicevano fosse uno strano e per questo motivo lo allontanavano. Silvius invece lo aveva trattato finora come un suo pari. «Grazie. Sono onorato che tu mi abbia chiesto di esserti amico e... scusa, mi sono commosso e ora non trovo le parole giuste per esprimere tutta la mia gratitudine.» Così allungò il braccio e, aperta la grossa mano, strinse quella tesa di lui senza esitare: «Bene, adesso dimmi cosa ti ha turbato tanto, amico mio.»
«Quanto ho visto accadere davanti ai miei occhi proprio in questa stanza. Dunque, delle persone sparite me ne sono fatta una ragione. Come anche dell'acqua calda che esce dalle pareti, è fattibile con il dovuto ingegno. Ma se prendo un frutto e poi questo viene subito sostituito da un altro simile... questa volta non posso farmene una ragione. Quindi potresti illuminarmi, per favore? Prima che io impazzisca.»
Arcibaldo comprendeva appieno cosa provava Silvius, l'aveva vissuto in prima persona centinaia di volte. Però ne sapeva tanto quanto lui. «Mi spiace tanto, amico mio, non so cosa faccia accadere questa magia. Comunque grazie a essa il buon cibo e la buona birra non mancano mai e lo vedrai con i tuoi occhi se ti vesti e vieni giù con me.»
Come Silvius finì di vestirsi, Arcibaldo lo invitò a uscire e lui lo seguì senza fiatare lungo un corridoio alla cui fine si trovava una scala a chiocciola e, una volta arrivati, l'omone gli fece strada.
Giunti ai piani inferiori, Silvius restò per l'ennesima volta senza parole. Centinaia di porte aperte avvolgevano un enorme salone di forma ovoidale e da esse entravano e uscivano centinaia di persone. Seguivano un percorso visto soltanto da loro e Silvius, curioso di sapere se sarebbe accaduta la stessa cosa capitata a Lucylla, si fece avanti e, quando si trovò faccia a faccia con una donna e cercò di toccare il suo volto, essa sparì e l'istante dopo tutti gli altri fecero altrettanto. Tuttavia Silvius non mostrò irrequietezza, lo avrebbe reso debole agli occhi di Arcibaldo e non voleva. Però l'omone se la rideva di sottecchi e non riuscì a non lasciar trasparire la sua delusione. «Sono stufo di tutti questi tuoi non saprei Arcibaldo ed è giunto il momento di vuotare il sacco. Devi dirmi in tutta franchezza quanto davvero accade qui dentro e perché.»
L'omone mutò espressione, da gioiosa si fece cupa e preoccupata. «E sia. Ma quanto sto per rivelarti è ciò che ho capito io di questo luogo e quindi potrebbe allontanarsi di molto dalla verità.»
«Vada per le supposizioni, me le farò bastare, pur che servano a darmi una visione più ampia di quanto accade qui dentro.»
«Bene. Innanzitutto devi sapere che la Piramide nera è reale tanto quanto lo siamo noi. Non so come spiegarlo meglio, ho i tuoi stessi limiti e riferirò in toto quanto detto a me dal predecessore. Le porte che hai visto sono ponti di luce che permettono a chi le attraversa di spostarsi su altre realtà. Persone che provengono da realtà confinanti alla nostra e, se noi possiamo vederle, è perché... aspetta, devo trovare le parole idonee per farti comprendere al meglio il concetto di base che lo permette. Ecco, noi, presi come parte a sé stante, emettiamo una vibrazione tutta nostra. Vibrazione che in sintesi accomuna tutti gli Umani e sono proprio queste a far sì che noi...»
Silvius interruppe Arcibaldo per finire al suo posto: «...possiamo vederci e toccarci senza sparire. Questo stavi per dire, vero?»
«Ottimo. Non credevo ci saresti arrivato e così in fretta. Quindi, se le altre dimensioni non vibrano alla stessa frequenza della nostra, per noi diventano irraggiungibili ed evanescenti al tocco. Poiché solo se le frequenze si equivalgono, la Piramide nera si trasforma nel mezzo che accorcerà distanze che altrimenti sarebbero irraggiungibili. Tuttavia ci sono alcune porte che... niente, questo è tutto quello che mi è stato riferito dal predecessore riguardo alla struttura.»
Si trovava al punto di partenza e inoltre con un gran mal di testa. La Piramide nera si manifestava sempre più essere un luogo misterioso e Silvius, voltatosi verso il flusso di persone che era tornato a seguire le vie di luce, cercò tra i tanti volti di scorgere qualcuno a lui conosciuto per smentire Arcibaldo. Tuttavia tra le centinaia di volti che si susseguivano, uno dietro l'altro, non ne riconobbe nessuno e, scoraggiato, si accomodò sull'ultimo gradino della scalinata da cui era sceso: il mal di testa si faceva sentire sempre più e l'unica cosa che desiderava era buttarsi su di un buon giaciglio e chiudere gli occhi. Così quando l'omone gli fece cenno di proseguire, lo seguì senza fare alcuna obiezione.
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