In bilico
Il film sta finendo e presto dovrò tornare alla monotonia delle giornate senza recitare, le giornate passate con i miei problemi.
Voglio solo essere il migliore in questa merda, l'attore più malato che sia nato sulla Terra.
Finché non smetterò di combattere per la mia ambizione che ha superato il mio talento non raggiungerò mai la mia meta, il mio stupido sogno.
Il problema è che non so cosa mi frena, c'è qualcosa dentro che mi sbrana.
Forse sarà la mia vita con Deborah, fatta di continue lamentele ed accuse contro di me. Io sto con Indio, ci gioco, ma lui è sempre nel suo mondo e non vuole nessuno come ospite.
Ridiamo, scherziamo e guardiamo la TV, come padre e figlio, ma durante le giornate in cui posso dedicarmi completamente alla mia famiglia lui o suona o non vuole parlare con nessuno.
È il karma, puro e crudele karma.
Deborah oramai mi da solo qualche bacio sulla guancia quando deve andare ad un concerto o qualche evento musicale, ma la casa per la maggior parte delle volte rimane vuota e priva di vita.
Dico solo che non ce la faccio, la realtà mi sta lontana.
Adesso sono nel mio camerino pronto per essere chiamato sul set, per la mia ultima scena, dopodiché io avrò finito il mio lavoro per Gothika.
Spesso e volentieri accompagno Susan a casa sua quando Daniel non può, e sospetto che non lo sappia neanche il fatto che la maggior parte del tempo sul lavoro la sua fidanzatina lo passi con me.
Sento sempre un passo che ferma il cuore dal fare qualcosa, qualcosa da dire a Susan di sicuro.
A volte vorrei essere libero da ogni vincolo ed entrare nella casa di quella bellissima creatura e dire come se niente fosse: ehi, vuoi sposarmi?
Ma ho una moglie e un figlio che pesano sulle mie spalle e non posso fare l'impulsivo, non stavolta.
-In scena!
Il mio pensiero si presenta alla mia porta, è così buffa con addosso quegli occhiali.
Le sorrido e mi passo una mano sul braccio, aggiustando le pieghe della mia camicia.
-Non esco con te conciata così!
Susan si toglie gli occhiali e allarga le braccia come per dire se le piaccio, eccome se mi piace. Purtroppo sento sempre quel blocco.
Non ho il coraggio di dire basta alla tortura giornaliera della mia vita da marito.
Sono un fallimento straordinario, scusate ma mi merito un applauso.
Inizio a seguirla fino al set dove inizierà la mia fine.
Non vedrò mai più Susan dopo questo giorno, la vedrò solamente camminare davanti a casa mia per andare a lavoro ma non potrò raggiungerla perché ho le catene che mi tengono in casa, le catene imposte dal mio cervello.
La telecamera inizia a registrare e il tempo passa, vola su ogni cosa che recito.
Ad ogni frase, ad ogni espressione, sento il mio cuore che torna a morire lentamente perché il mio tempo con Susan sta per essere quasi cancellato.
È un salto nel vuoto sentire il regista che dopo neanche venti minuti annuncia la pausa e la fine della mia partecipazione a questo film.
Mi sento come un bambino che non vuole andare a scuola, anche se in questo caso io non voglio andare a casa.
Torno nel mio camerino e mi lascio cadere sulla sedia davanti allo specchio, mi passo una mano tra i capelli.
È durato tutto così poco che non ho neanche avuto il tempo di prepararmi psicologicamente a questa situazione.
Avrei dovuto capirlo, avrei potuto davvero allontanarmi da Susan per non soffrire più.
Ma io sono innamorato del dolore, lo cerco in ogni dove e mi lascio persuadere dalle sue parole.
Nel mio cervello ci sono un sacco di parole che frullano e girano su loro stesse, una tempesta che fa impazzire anche i più lucidi.
Solo quando sento una mano calda e gentile appoggiarsi sulla mia schiena sento che tutti quei pensieri vengono buttati via e solo una parola, solo un nome li può sostituire: Susan.
*diedi milioni di Roberto formato peluche a chi trova le citazioni ad una specifica canzone in questo capitolo, vediamo chi vince. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.
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