XXXII. Tortuga: I Tre Dominatori
La cabina in cui soggiornava Lavy era un inno alla semplicità, oltre che il trionfo dell'ordine.
Kidd la analizzò bene con i suoi vispi occhi rettili, tramite sbrigative quanto attente occhiate gettate ai vari angoli dell'ambiente. La branda con materasso posta sulla parete a sinistra, al di sopra del quale un oblò affacciava sulla distesa oceanica, era sistemata in maniera impeccabile. Le coperte di flanella celesti senza quasi nessuna piega e il cuscino bianco elargivano un senso di fresco. Al centro, i foderi in pelle di ocelotto contenenti le due fedeli sciabole del capitano erano posati con cura su un tavolino di legno, accanto alle fondine delle pistole e una mappa delle Americhe sulla quale spiccava il cerchio disegnato da un calamo attorno a Santo Domingo.
A destra, infine, l'attaccapanni di legno su cui solitamente Lavy lasciava la lunga e pesante cappa blu che le conferiva la sua aria regale allungava le braccia in svariate direzioni, simili alle ramificazioni smorte di un albero spogliato dall'inverno. Una candela sul tavolo era spenta e sciolta per metà, la cera che ancora testimoniava la luce da essa irradiata la sera prima, con ogni probabilità accompagnando le ore notturne della ragazza che alloggiava in quella piacevole, intima camera.
Kidd intuì dall'armonia di tutti quegli elementi nel loro insieme che nonostante la sua indole impulsiva e a tratti caotica, il suo capitano era un tipo che teneva al controllo e alla stabilità di ciò che la circondava. D'altronde, le sue idee erano sempre chiare e fisse, non lasciava che l'esterno la influenzasse al punto da cambiarle. Quella cabina era forse una perfetta rappresentazione della sua interiorità schematica, contrapposta al travolgente ed estroso spirito esterno.
"Allora..." La giovane donna si sistemò sul tavolino, le gambe penzoloni e accavallate nel vuoto. "Parlami pure di questi tre megalomani. Perché se sono tutti come Paul, allora è questo il miglior modo per definirli."
I due si erano riparati nella riservatezza di quella stanza per poter affrontare il discorso in tutta calma, anche se un vago allarmismo induceva Kidd a pensare che la sua ospitante volesse toccare questioni più spinose che voleva nessun altro ascoltasse. Ciononostante, ignorò la sua paranoia, e prese la parola, cercando di parlare con quanta più chiarezza e nel modo più conciso possibile.
"Come ormai già saprai, i Tre Dominatori dei Mari sono pirati che hanno ottenuto così tanto potere, così tanta ricchezza nel tempo, da essere considerati signori incontrastati dell'Atlantico, tanto da rendere restii anche gli ammiragli della marina inglese e spagnola a stanarli apertamente." cominciò, il suo tono sottile e leggero come il soffio del vento tra gli steli che compongono un campo fiorito. "Ognuno di loro possiede flotte di almeno trenta navi, organizzate in un sistema di gerarchie di cui fa parte ogni capitano sotto il loro comando. Vane è ormai il capitano più alto in grado nella flotta di Sanders, mentre Low ha la maggior influenza in quella di Bartholomew Roberts, sebbene non ne faccia parte in modo ufficiale. Il terzo, invece, si chiama Marshall D. Teach, ma è noto a tutti con un soprannome ormai famigerato."
"Barbanera." concluse Lavy. "Mia madre ha accennato a lui in alcune delle sue storie quando ero piccola... Non credevo fosse talmente famosa da farsela con gente di così alta portata, comunque." ammise.
"Tua madre, da quel che so riguardo i racconti che ho sentito quando ero a bordo di una delle navi di Barbanera, era a sua volta una dei Dominatori. Sanders lo è diventato dopo la sua morte." informò Kidd.
Le palpebre di Lavy si spalancarono appena più del normale, spezzando il suo solito ermetismo emotivo. Sapeva che lei, Ginny, era considerata una leggenda, ma non avrebbe mai immaginato possedesse un'intera flotta dalla mole tanto elevata da impaurire persino i governi maggiori del Vecchio Mondo. Era una criminale di fama così spaventosa? Quante persone aveva ucciso, negli anni? Lei era come quasi tutti gli altri pirati che aveva incontrato sino a quel momento, strabordanti di feroce ambizione e brama sanguinaria, o somigliava di più a Sanders? Tuttavia, c'era anche la possibilità che Paul stesso fosse più spietato e crudele di quanto desse a vedere quando era con lei. In quel caso, era ragionevole persistere nel pensare che fosse fuori posto in quell'ambiente?
Di nuovo, Lavy non riusciva più a capire chi era. Cosa fosse, in quel mare di predatori. Se una di loro, una naufraga che annaspava per sopravvivere, o magari un semplice maremoto passeggero, rumoroso e devastante ma destinato a quietarsi fino a scomparire tra le neutre onde dell'oceano. D'improvviso, le tornò in mente casa sua, e il solo pensiero la rese felice. Magari aveva sbagliato tutto e lei non era altro che Lavy: la pescatrice esuberante che amava stare insieme alla sua amica d'infanzia ed esplorare luoghi esotici.
Ma c'era anche altro, a tenerla ancorata alla realtà attuale. Volti indistinti, un po' fumosi, ma lucenti nella distesa di tenebre nella quale continuava a incespicare, piena di odio e dolore. I suoi amici.
Oltre alle facce molto più nitide, spettrali e oscure che rendevano ardente la sua anima e la incatenavano alla sua nave, costringendola a continuare. I bastardi che avrebbe ucciso uno a uno, un giorno. I suoi bersagli.
Amicizia e vendetta. Che strano connubio per perseguire un'esistenza, si ritrovò a pensare il capitano Sabers.
"Non sono comunque Ginny. non mi interessa legarmi a questi tipi, se è ciò a cui pensavi. Sono qui per altre ragioni, voglio viaggiare con chi mi sono scelta da sola, e dividermi le ricchezze con loro. Di certo non mi va di dar sempre conto a qualche cazzone troppo sicuro di sé, nemmeno se fosse Sanders." stabilì Lavy, senza mezzi termini.
"Ma tu vuoi anche uccidere Lafonte, vero?" chiese a bruciapelo Kidd, strappando un'espressione tra il sorpreso e il feroce nell'interlocutrice. "Sappiamo che Lafonte, come Low, è al servizio di Roberts. Quindi al momento ha più mezzi di te. Iniziando a porci sotto l'ala di qualcuno con la stessa influenza, avresti più opportunità di raggiungere il tuo scopo. Soprattutto con Sanders, di cui sei amica."
Lavy ci rifletté su un attimo, soppesando le sue parole. Non si adirò per il poco tatto con cui Kidd aveva posto la questione: oltre a essere una persona diretta, la sfuriata alla Steady Dock Inn aveva reso chiari i contrasti tra lei e Boyd. Non poteva biasimare Kidd per aver usato l'argomento come arma nel tentativo di convincerla.
"Ci sono tanti modi in cui si possono ammazzare dei cani, non serve per forza unirsi a un branco di lupi per riuscirci. Per adesso non voglio pensare a questi Tre Dominatori, ma ti prometto che ci penserò." Lavy chiuse la faccenda con tono autoritario, mescolato però a una nota emotiva e inclusiva che penetrava tra le difese di Kidd, tanto da rendere impossibile una sua risposta. Mostrava rispetto e interesse nelle sue opinioni, al contempo prendendone le distanze senza arrivare al contrasto.
Certe volte quelle abilità d'interconnessione con gli altri spaventavano Kidd, stuzzicando la sua curiosità. Era quello, un motivo portante per cui aveva deciso di seguirla. Anche se non il principale.
"Piuttosto, Kidd, c'è un'altra cosa che mi premeva domandarti. Dato che hai toccato una mia questione personale, non ti dispiacerà se faccio lo stesso con te, no?"
Kidd deglutì. I suoi timori iniziali riguardo l'urgenza con cui Lavy aveva voluto appartarsi nella cabina acquisivano violentemente legittimità. Lo capì soprattutto dal modo in cui aveva calcato il suo nome. E adesso era nella condizione di non potersi tirare indietro. Quel mostro di fronte a sé aveva approfittato in un lampo di un'infinitesimale apertura per arrivare dove voleva.
"Dimmi pure." concesse solo.
"Hai insistito per avvicinarmi a Sanders, quando però in passato hai detto che eri con Barbanera, tra i Dominatori. Mi chiedo perché tu non voglia che mi unisca a lui, invece... Sai che nella mia ciurma amo la trasparenza, e voglio che ci sia fiducia reciproca." La sua voce era una pennellata calda e invitante, tanto empatica quanto subdola. Si alzò, avvicinandosi a Kidd fino a trafiggere i suoi occhi con quelle due stelle azzurre e incandescenti nella penombra grigia della stanza. "Ma allo stesso tempo, ho rispetto dei segreti altrui, se inconfessabili. Non so cosa ti costringa a fingere di essere ciò che non sei, ma credimi, so riconoscere qualcuno incatenato a una realtà che non sente sua. Così come so riconoscere qualcuno che ha paura."
Kidd non riusciva a dire nulla. Era vittima dello sguardo ipnotico della ragazza a pochi centimetri dalla sua sagoma, mentre si faceva strada nella sua mente dall'alto, il viso levigato, i tratti dolci e spettrali come quelli di una ninfa ingannatrice dalla bellezza proibita.
"Non mi importa da cosa stai scappando, o da chi, ma finché sarai fedele a me e ai miei uomini, ti assicurerò la salvezza che cerchi. In caso contrario, però..." Lavy liberò Kidd dal suo sguardo tagliente, solo per rivolgerlo in modo eloquente alle sciabole sul suo tavolino. "Intesi?" sorrise, talmente letale da accentuare i dettagli più delicati del suo viso, come il naso dritto e le labbra piene.
Così simili nella loro bellezza a quelli della persona davanti a lei. L'unica, lieve gobbetta che adornava il setto nasale di Kidd non faceva altro che mettere in risalto il fascino femmineo del suo volto. Le forme anche troppo tonde e gentili.
Lo sguardo di Lavy sembrava svelare ogni suo segreto a lungo andare, col semplice intuito. Kidd decise di allontanarsi il più in fretta possibile da quell'atmosfera incalzante. Mosse un accorto passo indietro, sorridendo con apprensione.
"Sì, tutto chiaro. Puoi fidarti di me, non c'è niente che possa indurmi a danneggiarti." In un soffio, pronunciò quelle che nella sua mente erano sembrate le parole migliori possibili in quella situazione.
Lavy indugiò alcuni secondi in più sulla sua figura, sul suo esile corpo armonico. Pareva dubbiosa, più che interessata. Come se stesse cercando di rispondere a un interrogativo dentro di sé.
Alla fine, accettò la ritirata dell'ospite, e lasciò che si avviasse all'uscita, voltandosi di spalle.
"Bene." affermò, agitando sbrigativa la mano da sopra la spalla. "Se hai capito, va' pure."
Kidd non se lo fece ripetere due volte, e dopo aver spalancato la porta a due ante di legno, lasciò sola la ragazza nella sua cabina, a fissare il vuoto con i suoi occhi dischiusi da un accenno di stanchezza. Una luce riflessiva quanto sagace li rendeva quasi brillanti nell'opacità circostante.
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