XXVII. Tortuga: Rimpianto

"Quindi, tu saresti quel ragazzo che giocava con noi?"

Susan guardava lo slanciato giovane dal caschetto castano scuro ricambiare il suo sguardo con quegli occhi dal taglio dolce quanto il loro colorito roseo. Se ne stava con le gambe penzoloni dal promontorio al di sopra del ghiaioso litorale, un sorrisetto beato stampato sulle labbra. Tutto sommato, in lui c'era davvero qualcosa di familiare. Solo che la ragazzina non ricordava bene: si trattava di ricordi fumosi risalenti a quando era molto piccola.

Rimembrava solo vaghe immagini raffiguranti Lavy e qualcun altro che si battevano amichevolmente mentre lei li guardava, scene sfocate ma ancora impresse nella sua mente giovane e frenetica.

"Esatto!" Il ragazzo balzò in piedi con un baldo gesto. "Sono Stephen, il figlio dei Cook. Vivo in una zona di Fionnphort più interna rispetto a te, ma da piccolo i nostri genitori solevano andare a pesca insieme, e io venivo a giocare con te e Lavy."

Susan lo studiò meglio da capo a fondo. Era alto, più di Lavy, anche se piuttosto magro. L'età doveva essere più o meno la stessa, e in più nella sua postura, così come nel tono confidente ma gentile, ritrovava qualcosa a lei noto. Qualcosa che la faceva pensare alla sua amica.

"Mi dispiace, Stephen, ho solo qualche ricordo vago... di sicuro Lavy si ricorderebbe di te." rispose, timida.

Stephen scosse con leggiadria la testa, accompagnando il gesto con un verso gioviale, come a dire che non importava. "Purtroppo è da tanto che non ci incontriamo, mi sembra normale che tu abbia rimosso. Da quando mio padre è morto, ho dovuto impegnarmi per badare a mia madre che sta invecchiando, così mi sono spinto in zone isolate per pescare. Non ho più cercato né te, né Lavy, avevo bisogno di, sai... riflettere un po', stare solo."

"Capisco... Mi spiace per tuo padre." Susan calò il capo, senza sapere davvero cosa dire. Non sentiva sul serio dolore per la perdita di quel ragazzo che a malapena ricordava, ma comprendeva bene la mancanza che doveva aver provato nel veder sparire un caro da un giorno all'altro.

Non era la stessa cosa, certo, ma restava il fatto che una persona che conosceva fin da piccola era andata via, e chissà dove si trovava adesso. E se Lavy avesse affrontato qualcosa di doloroso, da sola? Se fosse morta? Come avrebbe reagito lei, nel caso? Forse non l'avrebbe mai nemmeno saputo, e il pensiero minacciava di farla impazzire.

Susan capì una cosa fondamentale, in quel preciso istante, come un fulmine a ciel sereno. Non poteva più dipendere da Lavy.

"Allora perché adesso sei qui?" chiese Susan, rivolta a Stephen. Sentiva che la sua presenza non poteva essere casuale.

"Ho sentito che Lavy è partita. Dopo averlo saputo, una voce dentro di me mi ha detto di tornare qui, d'un tratto ho iniziato a pensare più spesso ai giorni in cui facevamo a botte per divertimento, e lei mi batteva sempre, era un mostro!" rise Stephen, accompagnato da Susan che non poteva che trovarsi d'accordo. "Suppongo che la nostalgia mi abbia semplicemente colpito... o forse il rimpianto di non averla nemmeno salutata."

La ragazza si passò una mano tra le ciocche bionde e salate per la corrente salmastra che spirava sulla costa delle Egadi. I suoi occhi verdi come i pini che dividevano la battigia dall'interno dell'isola divennero riflessivi, più del solito.

Rimpianto.

Lei aveva rimpianti nei confronti della sua amica? C'era qualcosa che non le aveva detto?

O forse c'era qualcosa che avrebbe voluto dirle, se l'avesse rivista. No, si rispose. Se mai si fossero incontrate ancora, c'era solo una cosa che voleva. Desiderava che Lavy notasse quanto fosse diventata autonoma e forte, da sola. Proprio come lei.

"Senti... Stephen Cook, giusto?" In un attimo, le balenò in mente un'idea. C'era una cosa che voleva fare, ma che sentiva di non avere ancora la forza di compiere da sola.

"Cosa c'è?" chiese lui, interrogativo.

"Immagino tu sappia come si remi, visto che peschi anche tu. Ma ad arrampicarti te la cavi?"

"Beh, sì, direi che so il fatto mio. Da piccoli io e Lavy facevamo anche a gara per arrampicarci sugli alberi." rispose Stephen, sognante. "Cos'hai in mente di preciso?"

Susan era sicura che ci fosse una ragione per l'apparizione improvvisa di quel ragazzo. Era come se il destino la stesse aiutando nel suo intento, nel cercare quell'indipendenza che sempre aveva ammirato e mai era riuscita a far sua.

Forse c'era molto che poteva apprendere grazie a quel giovane sbucato dal nulla, così simile alla sua amica d'infanzia.

Così, gli sorrise, solare come forse mai era stata per intere settimane.

"C'è una grotta marina a poche iarde dalla costa, mi piacerebbe visitarla ma è molto ripida e da sola ho paura di non riuscire ad arrampicarmi, o addirittura arrivarci." spiegò. "Ti andrebbe di aiutarmi a imparare?"

Le onde in prossimità del bagnasciuga calavano in modo drastico la loro intensità, mentre cullavano la scialuppa immersa nel blu sulla quale la donna remava per raggiungere la riva.

Quando fu ormai in prossimità della battigia, Lavy strinse gli occhi per mettere meglio a fuoco la spiaggia, e trovare ciò che stava cercando. Non ci mise molto a trovarlo. Il sole alto nel cielo rendeva sfocata l'immagine ai suoi occhi, ma nonostante la penombra, quella sagoma appena incurvata, quei capelli corti e biondi come paglia, la cappa sbottonata a mostrare la camicia aderente su quel petto ampio e irsuto, per lei sarebbero sempre rimasti inconfondibili.

Un sorriso spontaneo fiorì sul viso di Lavy, alla vista del capitano Paul Sanders.

Il suo vecchio amico, e ancor prima quello di sua madre. Colui che l'aveva salvata prima dagli orrendi mostri che infestavano quella notte tragica in cui perse l'innocenza, e poi anche da sé stessa. Tra i pirati che aveva incontrato fin da quando era a Nassau, lui era uno dei pochi di cui poteva affermare di fidarsi.

Perché se qualcuno tira fuori una persona dal baratro, vede i demoni che la circonderanno per sempre, e non usare quella fragilità per ferirla o ingannarla è prerogativa di pochi.

Lui non l'aveva fatto. Almeno finora.

Lavy saltò giù dalla barchetta e, con un'energia positiva che forse non sentiva più da diversi mesi, gli corse incontro, abbellita da un luminoso sorriso.

"Paul!" Non lo abbracciò quando lo raggiunse. Non ne ebbe la forza, e l'altro lo capì subito.

Infatti, si limitò a ricambiare con un gran ghigno sicuro dei suoi, e le poggiò solo una mano sul capo, arruffandole la liscia chioma.

"Ehilà, Lavy! O dovrei dire, Sabers." rise in tono complice, chiamandola con l'appellativo che lui stesso aveva visto nascere. "Come te la passi? Ho saputo che hai già assaltato navi e saccheggiato forti in un mese, diciamo che non ami stare ferma!"

Lavy scosse la testa, ancora allegra e frastornata da quell'allegria a cui non era abituata. Non si era accorta fino a quel momento di avere così tanto bisogno di vedere un volto amico, di quelli risalenti a prima delle sue recenti avventure.

"Smettila, idiota." sogghignò. "Tu, piuttosto, sei sparito per settimane e di punto in bianco spunti di nuovo e scopro che mi hai ancora aiutata senza che te l'avessi chiesto." Finse di rivolgergli un'espressione bieca, scrutandolo di sottecchi.

"Era il minimo che potessi fare, dopo che il tuo amico, Nick, mi ha parlato delle tue ferite. Il mio medico è stato a battere la fiacca per fin troppo tempo, doveva tenersi allenato." replicò Sanders.

Lo sguardo della piratessa fu rivolto all'orizzonte, verso lo stesso mare che aveva guardato insieme a lui, la sera in cui era diventata Sabers. Quella volta era tutto cupo e tenebroso, il suo mondo era gremito di violente ombre da combattere fino allo stremo, e che non l'avevano mai abbandonata, nemmeno nel sonno. Nemmeno ora. Solo il cielo poteva sapere quanto lei bramasse la luce che illuminava quel breve momento felice. Quanto desiderava che durasse più a lungo.

"Smetterò mai di esserti debitrice?" domandò, forse più a sé stessa che al compagno.

Sanders lasciò che il silenzio alleggerisse l'ambiente per alcuni secondi. Poi, sospirò, senza perdere la sua aria gioviale e rassicurante.

"Quale pensi che sia il motivo per cui ti ho aiutata in passato, Lavy?" chiese.

"Forse... perché conoscevi mia madr-"

"Non è solo quello." la interruppe subito il capitano della Pelican, ancorata a poche iarde di distanza dalla Susan, l'una accanto all'altra sotto i raggi aurei del sole. "Voglio dire, all'inizio è stato per quello, ma dopo, quando hai riacquistato la ragione, ti ho messa davanti a una scelta, ricordi?"

Lavy lo guardò con una punta di sorpresa, e nel frattempo le scene della sua rinascita dalle ceneri riecheggiavano nei meandri della sua memoria. Annuì, senza dir nulla. Lasciando che lui continuasse.

"Saresti potuta tornare a casa, al sicuro, e nessuno te ne avrebbe fatto una colpa dopo quello che era successo. Ma tu hai scelto di restare, di rivendicare il tuo nome, il tuo onore. E dal tuo orgoglio è nato qualcosa di più forte del dolore e della paura. Una potenziale leggenda chiamata Sabers. Ti assicuro che non è da tutti trovare una determinazione del genere." Sanders incastrò i suoi occhi cremisi nelle gemme blu di Lavy, in un ardente ma soffice contatto visivo. "Mi ricordi Ginny, è vero, ma la forza che possiedi è solo tua. Guarda cos'hai fatto con la tua seconda possibilità: hai aiutato delle persone e ci hai formato una ciurma, ti sei riscattata, imponendoti sulla realtà che ti aveva rigettata. Questa è l'unicità che ho intravisto in te quella volta, il tuo fuoco. Ed è il motivo per cui ti ho aiutata e continuerò a farlo finché potrò."

Lavy non sapeva che dire. Sentiva di essere sull'orlo delle lacrime, ma non avrebbe pianto, non più. Non davanti a chi la stimava anche più di sé stessa.

Era diversa da sua madre, diceva, ma non sapeva come sentirsi al riguardo. Che tipo di persona era Ginny la piratessa, commisurata a Ginny la madre? Era qualcosa di simile alla differenza tra Sabers e Lavy? Forse, tuttavia, erano entrambe la stessa persona celata dietro un muro di cristallo.

C'era una possibilità che quel muro crollasse con qualcuno?

"Paul, in che rapporti eri con mia madre, esattamente?" Decise di chiedergli, in un soffio bassissimo.

"Io e Ginny?" Sanders si grattò il mento, lo sguardo che diventò nostalgico ai ricordi che gli popolavano la testa. "Non sono tuo padre, tanto per chiarire." ghignò poi, sarcastico.

"Meno male, sarebbe stato strano per me." ridacchiò a sua volta Lavy. "Però... vi siete amati? Cos'era lei per te?" Che significa amare?, avrebbe voluto aggiungere.

Per qualche ragione, nella sua testa prese forma il sorriso gentile di Nick. E subito dopo i boccoli biondi di Susan avvolti tra le sue spalle. Ma non sapeva dare un'identità ai sentimenti che sentiva per loro. Era tutto così distante e spaventoso, minaccioso per i suoi argini interiori.

"Posso solo dirti che io ero innamorato del modo in cui tua madre amava, Lavy. Lo faceva con tutta sé stessa, e in ogni forma. Non ho mai visto qualcuno con così tanto posto nel suo cuore." disse, con un sorriso triste, Sanders. "Sono felice di aver avuto uno spazio solo mio ritagliato al suo interno. Il periodo insieme a lei è stato tra i più felici in assoluto."

Lavy non era sicura di aver compreso bene le parole di Paul, ma per qualche motivo le trovò davvero belle.

Somigliavano a quelle che aveva già udito da Anne, in effetti, o almeno le trasmettevano un effetto simile. Ma non sapeva quanto a fondo fosse disposta a esplorarle, al momento. Non si sentiva ancora pronta per certi discorsi.

"Sono sicura che anche lei pensasse questo di te, Paul." volle comunque sorridergli con empatia, cosa che sembrò far piacere all'uomo.

"Allora?" Sanders batté le mani, come per porre fine a quel torpore emotivo in cui erano precipitati. "Cosa farai ora?"

Lavy poggiò le mani sui fianchi, e guardò la Susan. "Vorrei salpare e vedere nuovi posti con la mia ciurma. Spendere parte del bottino del galeone per migliorare la Susan, ora che ne ho la possibilità, e magari trovare nuove fonti di ricchezze lungo la via. E poi dovrei cercare un medico e un navigatore esperto. Ma non so bene dove potrei impostare la rotta."

Sanders assunse un'aria pensierosa per qualche istante. "Perché non provi con Tortuga?" suggerì.

"Tortuga?" ripeté Lavy, dubbiosa.

"La sicurezza laggiù non è delle migliori, ci sono vari ricettatori che agiscono pressoché indisturbati. E soprattutto è sede di tante, tante piantagioni e quindi tanti schiavi. Sai cosa significa, no?" ammiccò.

Lavy ricambiò, eloquente. "Tanto, tanto oro da saccheggiare, suppongo."

"Supponi bene, mia cara." confermò l'uomo.

"Perfetto, allora, credo che valuterò un po' questo consorzio di quel coglione di Vane, tanto per assicurarmi che non si proclami sovrano di Nassau. Manderò Nick e forse Kidd. Per adesso andrò ad avvisare gli altri della possibile meta, credo che la maggior parte di loro sia alla Steady Dock Inn."

"D'accordo. Non mi aspettavo di vederti al consorzio di persona, so che sei troppo sfuggente per stare ferma dietro a un tavolo." scherzò Sanders. "Stammi bene, Thomson."

Lavy gli sorrise ancora, complice. "Anche tu, Paul."

Poi, si incamminò verso la taverna sulla collinetta oltre la spiaggia, al limitare con l'inizio dei sobborghi urbani e fatiscenti di New Providence.

"Tortuga, eh?" Un brivido d'euforia le percorse la schiena, e si ritrovò a stringere con più forza le sciabole lungo il cinturino. "Potrebbe rivelarsi un'avventura interessante."

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