V. Il Tesoro Spagnolo: Intrusioni

Luccicava come nessun'altra cosa avesse mai visto prima di quel momento. La rifinita superficie metallica rifletteva gli ultimi raggi solari provenienti da ovest, deviandone il flusso fino ai suoi occhi in modo da illuminarli d'un bagliore aureo.
Schermavano quell'oggetto dalla forma curva, tagliente come la lama che ne costituiva i lati e la punta.

Danny Flicker teneva poggiata sui palmi delle mani quella spada dalle sembianze così tanto inusuali per la terra calda e umida all'estremo occidente in cui si era ritrovato a vivere. Una katana.

Più la osservava, totalmente assorto nei suoi pensieri, più questi si intensificavano, risvegliando in lui oscure memorie. Pericolose da riportare a galla, dormienti come una creatura marina leggendaria pronta a risvegliarsi dagli abissi.
Ciononostante, il ricordo ormai sfocato di quell'uomo dagli occhi penetranti restava forgiato nella sua mente. Era sempre stanco, quel suo sguardo, ma anche il più risoluto che Danny avesse mai visto in vita sua.

"Maestro..." pensò, osservando ancora la sua arma, quasi in contemplazione.

L'aveva pagata cinquanta ghinee alla rustica bottega dell'armaiolo fuori dalla quale si trovava adesso, con il resto degli uomini di Lavy. Era un pezzo raro, ma non aveva esitato nell'acquistarla, poiché aveva sentito una feroce pulsione scuoterlo da dentro. Come se fosse stato il destino a condurlo proprio a una spada del genere laggiù, insperatamente.

"Un britannico che maneggia roba del genere. Certo che sei uno strano bastardo, tu, eh?" Hector, coi suoi modi rozzi, lo strappò di prepotenza a quei ricordi.

Ma Flicker non ne rimase seccato, anzi, fu grato del suo intervento. Il braccio stava iniziando a tremargli in modo impercettibile con lo scorrere delle immagini che la sua testa si ostinava a censurare.
"Direi che non è affar tuo, o sbaglio? Piuttosto, cos'è quel rude pezzo di ferro che hai preso?" indicò l'ascia alta almeno quanto lui poggiata sulla poderosa spalla dell'energumeno.

"Un'arma adatta a uno come me, non mi accontento di spade striminzite come quella che mi ha porto quella donnaccia." sbraitò, sogghignante, Hector. "Con questo affare posso sfasciare più facilmente le ossa! Potrei persino battere il capitano Sabers in una lotta alla pari stavolta!" si mise a ridere con giovialità, sferrando intense pacche sulla schiena a Flicker, che non parve apprezzare particolarmente.

"Quella donnaccia, con ogni probabilità, questa volta ti staccherebbe la testa dal collo se osassi sfidarla di nuovo." punzecchiò.

"Non ridi mai, eh? D'accordo, in fondo sei tu ad aver sprecato denaro per un'arma fragile e sottile!" ridacchiò ancora l'uomo virile.

Flicker schioccò la lingua, indispettito. Era solo un sempliciotto, quell'Hector, dopotutto.

Il vigoroso guerriero si allontanò con la sua baldanza a passi pesanti, non mancando di attaccare bottone con gli altri uomini ex schiavi, ora membri della ciurma di Lavy.
Se non altro, era un tipo socievole: durante i lunghi viaggi in mare avrebbe aiutato a tenere alto il morale, soprattutto nei periodi di magra, ovvero quelli dove i bottini sarebbero stati poco cospicui.

Certo, se avessero messo le mani sul tesoro del galeone spagnolo naufragato, insieme a Vane e i suoi, sarebbero stati a cavallo per abbastanza tempo. Per quanto riguardava Flicker, anche solo la prospettiva di poter vivere sapendo di potersi permettere del cibo e avendo le spalle coperte era più di quanto osasse chiedere. Non era certo abituato a possedere privilegi del genere, tantomeno a darli per scontati, soprattutto dopo essere divenuto uno schiavo a causa dei suoi debiti.

Lavy l'aveva salvato, donandogli libertà, dignità e i mezzi per proteggerle. Non l'avrebbe mai ringraziata abbastanza e proprio per questo provava un intrinseco senso di fedeltà nei suoi confronti.

Il corsaro dalla chioma innevata sospirò e si defilò rispetto al resto degli uomini, per cercare un po' di tranquillità nella solitudine, com'era solito fare.

Giunse sul vertice sinistro dell'armeria, appoggiandosi di schiena al punto d'intersezione tra le due pareti lignee dipinte di bianco. La stradina principale della zona, alla sua sinistra, era poco trafficata a causa della sera incombente, salvo qualche individuo isolato o alcuni mendicanti lazzaroni. Sulla destra, invece, si apriva un vicoletto terroso, costeggiato da un'incolta erbetta stepposa che si prolungava fino a una vecchia recinzione di legno sul fondo.

L'odore di fango e la polvere dominavano l'atmosfera, e il tepore del vento caldo che spirava da est accarezzava i capelli di Flicker, aiutandolo a rilassare i muscoli del suo viso.

Fu proprio in quel momento che qualcosa lo scosse.

Un'ombra incappucciata, coperta da una manta beige lunga fino al terreno, gli passò in una frazione di secondo davanti, dall'interno del vicolo. Flicker avvertì in un lampo tutto l'intento omicida proveniente dagli occhi di sangue che trasparivano da quel copricapo.

Sobbalzò, e mosse la sua spada di puro istinto, deviando un fendente quasi invisibile diretto alla sua gola, sferrato dalla figura minacciosa. Distinse per un attimo solo delle lisce ciocche verde prato danzare attorno a lui, e qualcosa di simile a un pugnale venir subito rinfoderato sotto le vesti.

Flicker sudava freddo, il fiatone gli impediva di parlare.
"D-da dove è uscito? Non l'avevo visto di primo acchito nel vicolo. Che fosse appoggiato al muro e non l'avessi notato?" pensò, stordito. "È lo stesso tipo che ho visto passare accanto a Lavy poche ore fa o sbaglio?"

Notò che sia la sua veste che quella del misterioso guerriero si erano lacerate appena lungo le maniche sinistre, dopo l'impatto delle loro lame.

"Niente male, niente male davvero." udì una voce tagliente e sinistra provenire dall'uomo. "Sei effettivamente il più forte nei dintorni, non mi sbaglio proprio mai."
detto ciò, si incamminò lentamente lungo la strada principale, sparendo via via al di là della strada, tra le poche persone e le capanne circostanti. "Beh, ci rivedremo, Flick..."

Danny non riuscì a ribattere nulla. Nonostante la calma esteriore, era rimasto profondamente turbato da quell'intrusione improvvisa.
Chiunque fosse quell'uomo, avrebbe portato solo guai in futuro, se lo avesse rincontrato. O se l'avesse fatto Lavy.

Una voce dentro di lui che non riusciva a ignorare gli sussurrava che presto o tardi sarebbe accaduto.

Lavy era ai piedi della piccola altura sulla quale la Steady Dock Inn troneggiava, e dove sperava che avrebbe trovato Jack e Anne per confermare la sua partecipazione alla spedizione. Non poteva immaginare in quale altro luogo avrebbero potuto trovarsi. Dopotutto, la nave del loro capitano, Charles Vane, non l'aveva mai ancora vista e difatti non sarebbe riuscita a riconoscerla nei pressi della spiaggia.

Dunque, a passo deciso ma vellutato, la giovane piratessa si dirigeva lungo la salita sulla destra che, svoltando nella direzione opposta sotto una breve fila di palme affiancate l'una all'altra, conduceva al terrazzo della taverna. Un motivetto allegro risuonava nell'aria da lassù, una voce lirica, armoniosa, accompagnata forse da un flauto.

Qualche aspirante nel canto si stava dilettando nell'inebriare il raffinato udito degli avventori che popolavano quel tugurio. Questo fu ciò che pensò Lavy tra sé e sé, in uno schiocco di lingua sprezzante.

Perlomeno, si concesse, era una bella giornata. L'aria calda le sferzava le guance sotto al tricorno e alla marea di capelli umidi come alghe di mare. Somigliava alle giornate estive più calde a Fionnphort, nonostante quel livello di calore non venisse mai raggiunto lì.
Si ritrovò a pensare che a Susan sarebbe piaciuto il clima più mite delle Bahamas. O che forse si sarebbe lamentata dell'umidità, come spesso aveva fatto come pretesto per tuffarsi in acqua con lei.

Lavy sorrise a quelle immagini che stavano iniziando a popolarle la mente. I suoi ricordi più preziosi.

Ma il candore che per un attimo aveva attraversato il suo viso ben presto si tramutò in una smorfia di rabbia e dolore, quando invece pensò allo stato un cui la sua piccola amica avrebbe vissuto in quella terra selvaggia e senza legge, piena di feccia e assassini della peggior specie.
Alla faccia che avrebbe fatto se l'avesse vista adesso.

L'avrebbe riconosciuta? E, se sì, sarebbe rimasta al suo fianco nonostante ciò che era diventata? Ciò che aveva fatto?

"Non sono altro che una sciocca. E mi merito tutto questo." pensò, d'istinto. Se l'era cercata, era stata davvero troppo ingenua a seguire le tracce di sua madre alla cieca. Ma l'intento alimentato dall'odio che adesso era predominante in lei soffocava anche quella tacita commiserazione. Coloro che le avevano fatto quelle cose orribili avrebbero pagato, dal primo all'ultimo.

Boyd Lafonte sarebbe dovuto morire nel peggiore dei modi per mano sua, insieme a tutta la sua ciurma. Avrebbero dovuto implorarla in ginocchio, chiedere pietà come aveva fatto lei, di avere salva la vita, prima di essere uccisi senza remore. E per riuscire in ciò, Lavy aveva bisogno di farsi un nome a Nassau e ottenere una nave, oltre che molto denaro.

"Capitano Sabers."

La ragazza si voltò di scatto verso la voce che dal nulla l'aveva interpellata.

Passò accanto a una capanna mezza crollata dal legno marcio e vide, poggiato a essa, un uomo misterioso dalla faccia segnata da varie lentiggini e uno sguardo arcigno negli occhi socchiusi. Non l'aveva notato, ma aveva tutta l'aria di qualcuno che la stesse osservando da qualche minuto.

La ragazza si limitò a rivolgergli un'occhiata diffidente dall'ombra dell'ampio copricapo. Una mano era già posata su una delle sue sciabole.

"Quanta freddezza, nemmeno un versetto d'assenso, mh? In un certo senso me l'aspettavo, però..." fece l'uomo, segnato da un mezzo sorriso enigmatico che a Lavy diede sui nervi. Aveva un qualcosa di familiare che la turbava e irritava allo stesso tempo, ma non riusciva ancora a capire di che si trattasse.

"Chi sei?" ringhiò, come una tigre che si prepara a ruggire per poi azzannare.

Lui scrollò le spalle e si raddrizzò, senza batter ciglio. Non aveva affatto paura di lei, sembrava. "La farò breve, dato che non sembri propensa ad ascoltare. Voglio chiederti di non prendere parte alla spedizione per il tesoro spagnolo." affermò, stupendo alquanto la piratessa.

Infatti, il sopracciglio destro di Lavy si alzò a indicare tutto il suo sgomento. "Primo: come diavolo fai a sapere che potrei partecipare alla spedizione? Secondo: perché mai cazzo dovrei dare retta a te, l'ultimo arrivato, con quella faccia butterata e quel ghigno tutt'altro che degno di fiducia? Sarà meglio che tu abbia una valida spiegazione per la proposta che mi hai appena avanzato, perché a seconda della tua risposta potresti finire con un secondo sorriso sulla gola." gli occhi della guerriera arsero nella brutalità che li colmava, profondi come l'oceano stesso in burrasca.

"E se ti dicessi che potresti avere una nave senza doverti appropriare del tesoro spagnolo? E se menzionassi Benjamin Hornigold?" ammiccò il losco figuro. "Mi chiamo Ivan, a proposito. Sarebbe bello fare affari con te, capitano." le tese una mano che lei non si degnò di afferrare, sebbene il nome da lui menzionato l'avesse catturata.

"Benjamin Hornigold? È un pezzo grosso qui, se non sbaglio. Cosa vorrà mai da me? Perché dovrebbe offrirmi anche lui una nave?" chiese Lavy, dubbiosa.

Ivan rise sottovoce. "Beh, diciamo solo che non è il sostenitore principale del progetto riguardante il tesoro del galeone spagnolo." ironizzò. "Tu sei una ventata d'aria fresca in questo purgatorio di puttanieri e tagliagole a tradimento, avere una come te dalla sua parte gli darebbe solo vantaggi. Sembra che tu stia già attirando dalla tua parte diversi individui. Per qualche motivo, sei una trascinatrice. Inoltre, il vecchio Ben vuole isolare il più possibile Vane, per impedirgli di partire e spezzare gli equilibri con un'impresa tanto grande, oppure metterci nei guai con la marina spagnola. Ma, tralasciando questi discorsi, a te interessa il concreto, no? Otterresti ciò che cerchi se ti schierassi con Hornigold. Un capitano senza nave non è niente, dopotutto." concluse. "C'è solo una piccola condizione, se vuoi ottenere subito ciò che cerchi. Un prezzo più che equo per dimostrare la tua buona volontà."

"E sarebbe?" sbottò lei.

"Devi uccidere uno tra Jack Rackham e Anne Bonny."

Lavy spalancò lievemente le palpebre. Uccidere una persona appena conosciuta e ignara di tutto per un suo interesse. Sarebbe stata davvero in grado di compiere un atto del genere, nel caso avesse accettato?

"C'è qualcosa che mi puzza. Il vecchio se ne sta al forte a guardare il mare tutto il giorno, da ciò che ho sentito. Perché allora non mi hai condotto direttamente da lui? Perché tentare di convincermi qui, a due passi da una taverna, col rischio che io vada a spifferare tutto?" Lavy scrutò ancora più a fondo quell'individuo. Dove l'aveva già visto? C'era qualcosa che le appariva ferocemente noto in lui e questo le trasmetteva un gran disagio.

"Fa' come preferisci. Ma ricorda che Vane potrebbe anche decidere di concederti solo gli spiccioli del tesoro, forte della sua superiorità, mentre il vecchio Ben rappresenta un guadagno istantaneo. La decisione comunque è tua: se deciderai di ragionare, incontriamoci stanotte dietro la scogliera a ovest della spiaggia. E porta con te il bersaglio, trova una scusa per convincerlo. Magari digli che vuoi incontrarlo perché hai accettato il lavoro e non ti fidi a parlarne in una locanda, che ne so." disse Ivan, per poi sgranchirsi le spalle e allontanarsi a passo lento lungo la discesa dalla quale Lavy era giunta. "Spero che alla fine prenderai la decisione giusta, per il tuo bene."

Lavy si voltò e continuò a scrutare di sottecchi quell'uomo misterioso. I raggi finali del sole schermati dal mare si riversavano nelle sue iridi, schiarendone il colorito.
In quel momento qualcosa scattò nella sua testa, un'immagine che correlò immediatamente al sorriso mellifluo del corsaro che si era appena dileguato.

Fu allora che capì dove l'avesse già incontrato.

Il braccio le tremò in modo vistoso sull'impugnatura dell'elsa. Lei, però, rimase calma. In quelle iridi rischiarate dalla luce rossa e arancio del vespro, iniziò a bruciare un incendio impetuoso dalle fiamme inestinguibili.

Nel frattempo, semicelati dalle assi di legno della ringhiera attorno al terrazzino della taverna, gli occhi vispi di Jack osservavano la scena dall'alto, dischiusi in un'espressione di dubbio.

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