#Rapina (Antonio Di Dio)
Sono assorto nei miei pensieri, sto scartabellando gli ultimi documenti riguardo all'omicidio di quella povera ragazza. Nella mia mente tutto è confuso, non riesco a visualizzare bene lo schema del Pulitore.
Varie domande mi assillano nel cervello dalla mattina, dandomi una sensazione di smarrimento e nausea.
Ma come diavolo faceva ad avere il mio numero?
Era lì di persona che mi osservava, che spiava ogni mia mossa, magari da quando ero partito da casa, o era stata solo una questione di tempismo perfetto chiamarmi mentre mi avvicinavo al corpo? Stavo diventando paranoico, quante incertezze stava instillando nella mia mente? Ormai non mi sentivo più padrone di me stesso, mi sentivo violato nel profondo della mia privacy. Era questo che voleva?
Un altro pensiero che mi arrivò a ciel sereno fu:
Era veramente lui o un mitomane? Ma se in caso fosse stato un mitomane ritornava a martellarmi la domanda : come faceva ad avere il mio numero?
Tutti questi quesiti che mi frullano nella testa non sono altro che un serpente che si morde la coda e ritorna sempre allo stesso punto facendo ipotesi di tutti i generi:
Lavora per la polizia? È un hacker informatico che accede ai nostri data-base?
Scrivo le varie ipotesi e cancello con una riga di pennarello nero quelle meno probabili, evidenzio con un bel giallo fosforescente quelle che possono essere in linea con il nostro Serial killer, almeno alla luce dei fatti. Tante vittime e poche prove. Un senso di impotenza si è impadronito dentro di me. Un ragno che mi contorce le budella e risale per tutto il corpo prendendomi la gola con un senso di soffocamento, fino ad arrivare al cervello e continuare a zampettare tra le mie idee, che mano a mano si dissolvono lasciando spazio solo a teorie assurde.
Il ragno mi sta portando alla paranoia e alla paura.
Mi sento tutto a un tratto come quando ero un giovane agente. Chiamarono me e il mio collega per una rapina in una banca. Appena entrammo nell'edificio, le mie gambe cominciarono a tremare alla vista di tutte quelle persone impaurite e inermi, convinte che noi fossimo la loro unica salvezza.
Pensai: Poveri illusi, io sono solo un ragazzo di ventitré anni, addestrato fino a un certo punto...
In quel momento il mio collega si accorse del mio panico e mi diede uno strattone, fu così forte e intenso che tornai subito lucido. Presi coraggio e cominciai a eseguire le manovre di routine che mi erano state insegnate alla scuola di polizia durante il mio addestramento.
Mi accorsi per la prima volta che una cosa è la teoria un'altra la pratica.
Cominciammo a parlare con loro cercando di non creare panico, ma sempre con i banditi sotto mira, pronti a far fuoco in caso di bisogno.
Arrivarono i rinforzi e grazie agli agenti addestrati in negoziazioni dopo qualche ora riuscimmo a catturare i cattivi e a liberare i buoni . Tutti, a parte lo shock, stavano bene. Come nelle favole, un epilogo felice: tanta paura e zero vittime.
Torno alla realtà del mio ufficio nel momento in cui squilla il telefono. È Vincis...
«Commissario, la ragazza è stata identificata: si chiama Ilenia Romano, giovane avvocato.»
«Ok grazie Vincis, vieni qui nel mio ufficio che dobbiamo cominciare a indagare nella vita della Romano.»
«Arrivo tra una mezz'ora.»
Riattacco, scrivo il nome sul cartellone alle mie spalle vicino alle foto di quel corpo martoriato.
Il ragno continua a camminare nel mio corpo creandomi una specie di paralisi.
Penso di essere rimasto catatonico abbastanza a lungo davanti a quel cartellone contenente tutti gli indizi e ipotesi che avevamo sul nostro Pulitore. Fissavo il vuoto senza risposte e senza riconoscere realmente quello che avevo davanti agli occhi, come se fossero scritte senza senso o foto di cui non potevo percepirne l'immagine. Sfocate forse dalla mia paura di non riuscire a catturarlo.
Sono perso di nuovo nei meandri della mia mente. Mi sembra una prigione creata per farmi impazzire. Forse non sarei riuscito più a uscire da quelle sbarre invisibili, forse sono destinato a vivere davanti a quel cartellone per il resto della mia vita.
Invece vengo trasportato di nuovo nella dimensione reale quando Vincis entra nel mio ufficio.
Il rumore della porta che si apre e si chiude con forza sono la mia salvezza per uscire da questa galera che mi sto creando.
Vincis non fa neanche in tempo a dirmi buongiorno che squilla il cellulare sulla scrivania. Prendo lo smartphone e visualizzo sullo schermo la chiamata. Il numero è sconosciuto, comincio a tremare al solo pensiero di quella voce, di quello che può dirmi, ma non ho alternative. Rispondo, chiudo gli occhi per farmi coraggio e sento:
«Non è tutto sempre come sembra, devi scendere all'inferno con me commissario, devi scavare, devi ...»
Impreco parole di ogni genere, non gli lascio finire la frase, parlo al cellulare da solo perché lui ha già riattaccato. Ho commesso un errore, ho perso la lucidità come quella volta della rapina: non l'ho lasciato parlare per rintracciare la chiamata.
Un errore fatale che non mi sarei perdonato, una negligenza che ci avrebbe solo fatto perdere tempo e tutto per colpa della mia rabbia.
Chissà se questa volta ci sarebbe stato un finale felice, chissà se avrebbe smesso un giorno, chissà se le favole esistevano anche nella triste realtà di ogni giorno.
Eccomi con un altro capitolino spero che la storia vi stia piacendo e quindi taggo BlondeAttitude_ per il verdetto finale, vediamo che succede al prossimo tiro di dadi incrociate le dita per me ❤️
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