#FiguracciaDelProtagonista (S.K)

Alessandro è stremato, le forze lo stanno abbandonando, sento una voce flebile:
«Non capisco»
«È semplice, io ti faccio delle domande e tu rispondi in modo sincero. L'unica possibilità per uscire da qui è giocare»
«Tu sei un pazzo! Io non ho fatto niente» dice tra le lacrime che gli solcavano il giovane viso.
«Tanti lo pensano e sei libero di pensarlo anche tu», rispondo con estrema calma.
«Posso bere dell'acqua ? Ho la gola secca, mi sento svenire...»
Gli porto una bottiglietta d'acqua, che apro davanti a lui, sia mai che pensi che lo voglio avvelenare.
Gli appoggio il collo della bottiglia sulle labbra.
Sono mascherato, non posso parlare dentro alla stanza, riconoscerebbe la mia voce e dovrei ammazzarlo per forza.
Oltre all'effetto del cloroformio, sta avendo anche un attacco di panico.
Merda non ci voleva, speravo che mantenesse di più il sangue freddo. Dovrò sforzarmi il doppio  per vedere se racconta la verità. Spero che almeno riesca a bere piano l'acqua e che non gli vada di traverso, sennò dovrò perdere ancora tempo.
Per fortuna non è del tutto uno sprovveduto, beve a piccoli sorsi.
Quando mi sembra che ne abbia bevuta abbastanza.
Esco dalla stanza e torno alla mia postazione:
«Ripreso? Possiamo proseguire?»
«Ok, se è l'unico mod0 non ho via d'uscita»
«Parlami di Andrea!»
Rimase pietrificato da quella domanda. Percepivo la puzza della sua paura perfino da una stanza diversa.
Ok ci siamo...è pronto confesserà e questa storia sarà finita.
Comincia a parlare, sa a chi mi riferisco non ha bisogno del cognome.
L'osservo mentre suda, mentre i suoi occhi sono spaventati.
Ha la voce che trema, le frasi non hanno sempre senso, questo potrebbe essere un indizio che stia mentendo.
Devo analizzare ancora, non devo essere troppo affrettato.
«Oh mio Dio» lo sento imprecare
Si ferma, il suo viso è imbarazzato. Vedo dal monitor una chiazza di urina sotto la sedia:
«Tranquillo, ti sei solo pisciato addosso, continua la tua storia»
«Che figura di merda!»
«Alessandro vai avanti a raccontare, un po' di piscio nei pantaloni è l'ultimo dei tuoi pensieri»
Perfettino del cazzo, penso.
Riparte con la sua storia è sempre più agitato, le frasi sono sempre più confuse...
Mentre lo studio mi rivedo tanti anni fa, rivedo la paura di quando mio padre mi puniva.

Una volta a quindici anni marinai la scuola,  mio padre per sfiga mi vide alla stazione dei treni, io non lo vidi. Mi arrivò alle spalle mi bussò su una spalla: il suo viso era rosso di rabbia:
«Simone, che ci fai con questi falliti! Non dovresti essere a scuola?»
Avvertii un misto di terrore, di vergogna: uno perché mi ero fatto beccare e due perché aveva chiamato i miei amici falliti, ma il peggio doveva ancora arrivare:
«Papà io...»
«Papà un corno a casa faremo i conti»
I miei amici erano già spariti, io corsi a casa ad aspettare il mio verdetto.
Quel giorno sfigato, mio padre era in stazione per puro caso: forse per aspettare un cliente, forse perché gli si era rotta la macchina e doveva prendere il treno.
Non ebbi mai il coraggio di chiederglielo, fatto sta che mi aveva beccato.
Papà rientrò dopo qualche ora e mi chiamò al suo cospetto:
Era un uomo autorevole, lui feriva con le parole, mi ricordo ogni parola esatta, mi sentii un fallito, una mezza sega. Le sue parole mi fecero peggio di cento sberle in piena faccia, piansi davanti a lui:
«Sei solo un codardo»
Andai in camera mia, ero preoccupato anche per il giorno seguente sicuro che Francesco e Matteo, mi avrebbero preso in giro all'infinito:
Klap beccato dal padre, mentre marinava, e così fu. Mi derisero così tanto, che mi vergognai e invece di reagire corsi in bagno a piangere, quando tornai un coro
da stadio stava ancora ridendo di me.
Mi sedetti al mio banco e cercai di ignorarli per tutto il tempo, ma non era facile. Quando il professore era girato mi arrivavano perfino i bigliettini con offese.
Michele cercò di difendermi ma peggiorò solo le cose:
«Oh adesso il tuo "fidanzatino"ti protegge, dài Simone non piangere... ahahahahaha»
Michele fuori da scuola mi domandò perché non ho reagito, che non era da me.
Non gli risposi,  feci spallucce e me ne andai. Mi vergognavo di dirgli che mi sentivo un fallito e che mio padre aveva ragione.
Questa fu una delle figure peggiori della mia vita, una delle figuracce che mi segnò l'animo con parole feroci che un padre non dovrebbe mai dire. Un episodio che si marchiò con forza nella mia autostima più profonda, una verità che mi sarei portato dietro tutta la vita: non sarai mai stato all'altezza di mio padre.
Ma in questo momento che vedo l'imbarazzo di Alessandro, la paura di non farsi vedere uomo in una situazione da incubo, mi domando: ma chi ha fatto la vera figuraccia stasera e tanti anni fa?

Sento che non sono lucido per giudicare una persona adesso: devo rifletterci ancora.
Entro di nuovo nella stanza.
Lo stordisco nuovamente con il cloroformio, quando perde i sensi, afferro il mio coltello. Taglio le corde che gli legano i polsi, lo carico nella macchina. Parto.
So dove abita, ma è troppo rischioso lasciarlo lì qualcuno potrebbe vedermi.
Decido di portarlo vicino  all'agenzia immobiliare, dove l' ho prelevato.
Sono ormai le tre del mattino nessuno mi vedrà.
Quando lo tiro fuori dal bagagliaio  comincia a riprendere i sensi: lo faccio sdraiare su una panchina vicina. Alza un po' la testa e riesco a udire:
«Perché?»

Mi sento confuso non so se si riferisca al perché l'ho rapito o perché l'ho lasciato vivere a ogni modo non gli rispondo.
Ammetto che questa domanda mi spiazza e mi allontana sempre di più dal mio metodo di giudizio.
Se si riferisce al perché l'ho rapito, mi sembra strano che non lo abbia capito, se si riferisce al perché l'ho lasciato vivere, ci sarebbero troppe cose da dire.
Preferisco girarmi e andare via e pensare che stia sparlando per il cloroformio.
A volte è più facile nascondersi nelle parole non dette.
Spero che Alessandro si riprenda presto e che riesca a rincasare o che qualcuno lo trovi. Non posso chiamare i soccorsi sarebbe troppo rischioso.
Domani mi accerterò che stia bene.

Torno a casa, e penso, sia durante il tragitto che mentre pulisco il piscio di Alessandro sul pavimento, a quel giorno di tanti anni fa.
Molti pensieri si instillano nel mio cervello come rami che si attorcigliano alle mie sinapsi.
Rivivo tutto, ogni minimo particolare. Rivedo la faccia di mio padre, rivedo i miei compagni  che ridono. E adesso che conosco la natura umana, adesso che ho la mia missione, non posso che domandarmi ancora e ancora:
Ma chi ha fatto davvero la figuraccia? Io, i miei compagni o mio padre?

Spazio Autrice
Ho deciso di far vivere Alessandro, per il momento, forse... non so continuo a cambiare idea sarà per colpa dei dadi? Chi lo sa... spero che vi sia piaciuto io mi sono divertita molto, spero di aver rispettato il tema figuraccia del protagonista.
Ragazzi non è semplice far fare figuracce a un super serial killer eh? E quindi via di tag per il verdetto BlondeAttitude_   Wulkoff

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