#AttraversamentoDiunruscello (Antonio Di Dio)

Sono ancora scosso dal sogno, la doccia non è servita a farmi dimenticare il volto del demone. Devo riprendermi. Esco, respiro l'aria fresca della città, l'ospedale non dista molto da casa mia. Decido di andare a piedi, sono sicuro che una bella camminata mi aiuterà a non pensare. Alessandro Frizzo, dopo tutti gli accertamenti medici, mi sta aspettando. Sono nervoso, è la prima vera svolta in questo intricato puzzle di morte.

Spero con tutto il cuore che si ricordi qualcosa, qualche indizio, un odore, un rumore... un qualcosa che ci possa guidare nella giusta direzione.
Mi sento sempre di più come una zattera alla deriva, so che devo attraversare il fiume delle mie paure, ma non riesco a raggiungere la sponda dell'oasi che mi può dare le risposte che cerco. Vedo l'oasi, ma è avvolta dalla nebbia. Qualche psicologo potrebbe dire che la nebbia, la zattera alla deriva siano le mie paure, sopratutto la paura di non riuscire a fermarlo.

Non ho mai creduto a certe interpretazioni, dal mio punto di vista analitico direi che la zattera rappresenti una sorta di stanchezza, una specie di rassegnazione dovuta alle prove incosistenti che io e la mia squadra abbiamo. La nebbia per me invece è quello che non riesco a vedere, ma so che da qualche parte c'è so che se riuscissi a vedere oltre a quella coltre, al di sotto di quella nube troverei tutte le risposte. Alessandro, forse è l'aiuto che cercavo per attraversare il fiume e la luce per vedere : la chiave di tutto.

Sono all'altezza di via Verdi, devo girare in via Mozart, ironia della sorte mentre continuo a pensare al mio fiume personale, devo attraversare il ponte della Vittoria, per raggiungere via San Francesco e ricongiungermi con via Galilei dove si trova l'ospedale.

Mi fermo sopra il ponte. È così maestoso, fatto di pietra forte e dura. Solo in quel momento mi rendo conto di quanto siano speciali i ponti. Furono costruiti per raggiungere le parti delle città più facilmente, senza utilizzare imbarcazioni o altro. Non avevo mai pensato alla loro importanza, alla loro esistenza. Solo adesso vorrei avere un ponte personale che mi porti direttamente alla mia oasi delle domande.

Riprendo a camminare, attraverso con facilità il fiume e arrivo all'ospedale.
Raggiungo il reparto di Medicina, dove è ricoverato Alessandro. I medici dicono che sta bene, ma deve riprendersi dallo shock, ma sopratutto dai giramenti di testa dovuti all'inalazione di cloroformio.

Entro con il medico nella stanza 17, Alessandro è disteso nel letto, una maschera di ossigeno gli ricopre il naso.
Il dottore mi informa che a volte fatica ancora a respirare, ma per qualche minuto non c'è problema a toglierla e di portare pazienza se la sua voce sarà flebile.

Lo rassicuro dicendogli che non voglio recargli alcun ulteriore danno e che cercherò di essere più cauto possibile, gli dico anche di restare se dovesse succedere qualche inconveniente e avessi bisogno subito dell'aiuto di un dottore. Gli raccomando di stare in religioso silenzio. Annuisce.

Si avvicina ad Alessandro, mi presenta e gli spiega la situazione. Alessandro fa un cenno con la testa e il dottore gli leva la mascherina. Adesso è il momento, devo giocare bene le mie carte.
Gli pongo le classiche domande per metterlo a proprio agio.

Gli chiedo di chiudere gli occhi e di raccontarmi ogni dettaglio, anche il più insignificante
può essere utile.
Racconta la sua storia, la stessa che aveva raccontato in centrale
prima di svenire. Niente di nuovo, vedo sempre di più la mia zattera perdersi in un immenso fiume.

Ho quasi perso le speranze quando esclama:
«Pensavo fosse un sogno, ma forse non ero stordito del tutto durante il viaggio, ho avuto qualche momento di lucidità, anche se faticavo, ma in quei pochi attimi, ho avuto la percezione di percorrere una strada di montagna. Le curve, la macchina a volte faceva come... non so spiegarlo, ma come se percorresse delle strade sterrate... mi scusi commissario, ma è ancora tutto confuso e non so...»

«Alessandro, no è tutto molto utile quello che mi stai dicendo, intanto hai avuto la sensazione di aver fatto un viaggio lungo, sennò non ti saresti svegliato anche se per poco, e due non sei stato in città, ma in qualche località in provincia sui monti. Non è molto, ma è già qualcosa. Quando ti sei risvegliato nella stanza hai notato qualcosa?»
«Non era una stanza, era una specie di garage, capanno per gli attrezzi grande, non saprei come definirlo, era in legno quello lo ricordo. Ero terrorizzato e non ricordo nient'altro. Ho pensato di morire per davvero, ogni volta che sentivo la sua voce gracchiare dagli altoparlanti.»

Comincia a faticare a respirare mi fa notare il dottore, gli rimette la mascherina.
Tranquillizzo Alessandro e mi congedo.
Esco dall'ospedale torno a casa a prendere la macchina per andare in commissariato.
Mi chiama Vincis:
«Novità dagli States»
«Arrivo»
Riattacco. Strano che Vincis, non mi abbia salutato come sempre con dottore, commissario etc...

Capisco, comincio a correre devo
arrivare il prima possibile: qualcosa di grosso bolle in pentola.

Mentre corro, rivedo la mia zattera, il fiume non è più enorme, l'oasi non è più irraggiungibile, il fiume si trasforma sotto i miei occhi in un ruscello. La zattera è
vicinissima alla sponda allungo la
gamba. Sono sulla terraferma, il ruscello è stato attraversato, adesso devo addentrarmi nella nebbia.

Spazio Autrice:
Capitolo difficilissimo, in super ritardo e giustamente mi sono presa la mia prima
Casella Rossa😂 quindi non rileggo sennò cancello tutto, scritto di getto, quindi fatemi sapere qualsiasi refuso ❤️ pronti e insomma o la va o la spacca.
Via di tag BlondeAttitude_ Wulkoff

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