34.

Pov Volpe Bianca

Ero morto.
Me ne resi conto iniziando a correre. Avevo inalato l'ultimo respiro, non l'avrei mai più rivista.
Ma il legame c'era ancora, lo sentivo, non si era spezzato e finché quello resisteva, resistevano anche le mie speranze.
Corsi più veloce, le zampe sfioravano il terriccio in pochi istanti e mi lanciavano in avanti. Ci doveva essere un modo per uscire da quel loop, non avrei resistito in eterno con la tortura di ricordarla, ma non poterla mai più rivedere.
Preferivo svanire nel nulla piuttosto.
Fu proprio in quel momento che con la coda dell'occhio intravidi una porta incassata nella parete di destra.
Frenai sprofondando con le zampe posteriori nel terreno e ruotai la testa.
Non mi ero sbagliato, c'era una piccola porticina creata da delle assi di legno.
Tornai sui miei passi annusando l'aria, ma come avevo già potuto verificare in precedenza, in quel corridoio era impossibile distinguere qualsiasi odore.
Mi avvicinai spingendola con la testa e dopo un minimo sforzo essa si aprì cigolando rumorosamente.
Quando risollevai il capo davanti a me mi ritrovai un soffitto bianco con un candelabro a dodici candele spente, ne seguì il perimetro fino a incontrare l'alto cornicione di una finestra, la luna aveva già abbandonato da un po' quel posto, ma all'esterno continuava a illuminare il paesaggio.
Sollevai la zampa destra verso il soffitto e come supponevo esse era tornata ad essere una grande e affusolata mano, la girai, poi la rilasciai cadere sul letto sul quale mi trovavo sdraiato.
Ero nella mia stanza.
Sospirai. Ero tornato a vivere, mi era stata concessa una seconda vita e non l'avrei sprecata in nessun modo.
Respirai godendomi ogni singolo respiro, l'aria non mi era mai sembrata più preziosa e pregna del suo profumo.
Provai a girarmi, ma sentì la coperta bloccata da qualcosa. Lentamente mi sollevai a sedere e i miei occhi si adagiarono su di lei.
Forse stavo sognando, ma vedevo perfettamente Elys seduta su una sedia accovacciata con il busto sul mio letto: gli occhi chiusi, i capelli sciolti sulla schiena e il respiro profondo.
Una ciocca le ricadeva sul nasino all'insù coprendo qualche lentiggine.
Avvicinai la mia mano al suo viso, delicatamente le sollevai la ciocca di capelli ribelle e l'intorcigliai tra le dita per poi spostarla dietro il suo orecchio.
E nello sfiorarla costatai quanto quella fanciulla dovesse essere reale. Il suo viso era fresco, i capelli incredibilmente morbidi e se mi concentravo riuscivo chiaramente a percepire il battito regolare del suo cuore.
Da quanto era lì?
Scostai le lenzuola e senza far nessun minimo suono mi alzai per spostarmi nella stanza comunicante. Lì, proprio dietro alla parete, un vecchio baule custodiva decine di coperte, presi la più calda e la spiegai.
Quindi tornai da Elys e gliela adagiai sopra la schiena. Iceville era uno dei paesi più freddi del continente e lei non era abituata alle nostre temperature, non volevo che si ammalasse.
Mi sedetti al suo fianco ammirandola e pensando.
Aveva avuto paura di perdermi, lo avevo percepito.
Sorrisi lievemente accarezzandole la testa.
Avrei voluto farla stare più comoda e sdraiarla sul letto, ma sapevo che ciò le avrebbe creato imbarazzo al suo risveglio e l'ultima cosa che volevo era metterla a disagio.
No, non mi sarei mai permesso di offenderla in alcun modo, la amavo e perciò volevo che con me si sentisse sempre al sicuro.
<<Non hai idea di quanto il mio cuore sia felice di rivederti>> mormorai senza staccare gli occhi dal suo viso.
Mi chiesi cosa era successo, quanto tempo era passato e che cosa ne era stato di Walter, se lei avesse sofferto in qualche modo o se era lì con me semplicemente per farmi la guardia...
Ma ogni domanda spariva dopo pochi secondi perché veniva subito sostituita dalla consapevolezza di aver avuto una seconda possibilità per passare più tempo al suo fianco.
Rimasi a contemplarla in silenzio per diverse ore, così come era già accaduto in passato, mi rilassava vederla riposare tranquilla e io stesso ero più calmo sapendola sotto al mio sguardo vigile. Mi alzai solo quando notai la luce della luna sparire e senza far rumore mi avvicinai alla finestra per osservare il paesaggio.
Tutto era immobile, nessun anima viva si aggirava per il cortile del castello, anche le guardie dovevano essersi assopite.
Mi sedetti sul davanzale dell'immensa finestra piegando una gamba e appoggiai la fronte contro il vetro mentre il cielo iniziava a coprirsi di nuvole oscurando le stelle e preannunciando un'imminente nevicata.
Guardavo il cortile e sospiravo.
Voltavo lo sguardo verso di lei e maledicevo Walter per averla messa in mezzo.
Tra tutti proprio lei doveva scovare... Tra tutti proprio la sua famiglia doveva possedere quel sangue?
Appoggiai il gomito sul ginocchio e con la mano mi afferrai la fronte tirando indietro i capelli con le dita.
Elys non meritava una vita del genere, non dovevamo sconvolgere ogni suo piano per il futuro in quel modo.
Se quel verme non fosse esistito lei sarebbe rimasta a Malivane, tra i suoi campi di grano, i suoi vigneti, i suoi tessuti e non avrebbe mai conosciuto quella sofferenza... E io... Io non avrei mai conosciuto lei, non avrei mai trovato la mia compagna e non mi sarei mai innamorato.
Adesso però eravamo entrambi in trappola.

Mi voltai per ammirarla e chiusi gli occhi per imprimerla nella mia mente sperando che nessun incubo la stesse tormentando.

L'avevo condotta con me, lungo un viaggio dal quale sarebbe tornata indietro piena di cicatrici e me ne sentivo tremendamente in colpa, volevo salvarla e invece ero finito per metterla ancora di più in pericolo.
Tutto ciò per quel legame che ci aveva all'improvviso legati o che almeno aveva legato me. Non sapevo cosa provasse lei nei miei confronti, se fosse stata una volpe forse avrei avuto la speranza che anche lei avesse avvertito quelle catene, ma Elys era umana e i sentimenti umani per me erano un mistero.
Vedevo i comportamenti degli uomini e delle donne a corte, conoscevo bene gli scandali di cui amavano parlare i nobili alle feste. Tradimenti venuti a galla dopo anni, figli illeciti, matrimoni convenzionali, promesse d'amore valide tanto quanto una pergamena bruciata...
Da quel punto di vista non capivo affatto gli umani anche se in mezzo a loro ero cresciuto e quanto mi facevano ridere quando paragonavano certi atteggiamenti a quelli degli animali.
Loro che di noi non sapevano nulla, che gli animali li usavano solo per i loro comodi per mandarli successivamente a morire senza poi così tanti rimpianti.
Ti andava bene se eri un gatto o un cane, ma il destino di noi selvaggi era diverso. Uccisi, impagliati o squartati.
Usati come trofei a dimostrazione di un valore come la forza e il coraggio, lo stesso valore che poi mettevano da parte appena si proponeva loro del denaro.
Ma sapevo che non tutti erano così, avevo imparato a capire certuni di loro e avevo capito che non potevo fare di tutta l'erba un fascio.
Lo avevo imparato guardando i bambini crescere, giocare felici tra di loro, maturavano e prendevano la loro strada basandosi sugli insegnamenti che la vita gli aveva concesso.
Non sapevo bene cosa la vita avesse scelto in precedenza per Elys, ma mi sembrava di aver ormai capito gran parte del suo animo. Era immensamente legata alla sua famiglia, amava ogni membro con tutta se stessa e avrebbe dato la vita per ognuno di loro e la cosa mi rallegrava e preoccupava allo stesso tempo.
Se avesse provato i miei stessi sentimenti cosa avrei fatto per tenerla al sicuro da se stessa? Non potevo immaginarla ferita per colpa mia, l'avevo già messa fin troppo nei casini e se lei non avesse provato amore nei miei confronti forse le cose sarebbero risultate più semplici per entrambi.
Io non potevo sottrarmi dal legame creato, era nella mia natura, ormai l'avevo trovata e l'avrei amata fino alla fine dei miei giorni, ma lei... Lei poteva ancora amare chiunque e io non sarei stato così egoista da imporle il mio amore.
L'avrei lasciata libera di provare tutto ciò che il suo cuore chiedeva anche a costo di non essere compreso, tutto purché non dovesse soffrire ulteriormente.
Tutto affinché lei fosse felice.

L'alba giunse troppo in fretta, il cielo iniziò a schiarirsi gradualmente ricordandomi che era giunto il momento per me di ritornare a riposare.
Mi sollevai avvicinandomi al letto.
Sistemai meglio la coperta sulle spalle della ragazza e mi sdraiai lasciando che il mio corpo ritornasse alla sua forma originale per rigenerare le energie più velocemente.

Mi addormentai sereno, lei era al sicuro e io ero vivo. Per il momento non chiedevo altro.

Al mio risveglio della ragazza non rimaneva che la dolce fragranza e la sedia vuota sulla quale era stata adagiata la coperta accuratamente piegata.
Mi stesi allungando le zampe per tornare umano poco dopo. Il sole era già alto, ma le nuvole lo coprivano lasciando ricadere i fiocchi di neve su Iceville.
Mi avviai verso l'armadio tirando fuori un'ampia camicia bianca in lino, iniziai a indossarla mentre mi avvicinavo allo specchio.
Notavo ora per la prima volta le fasciature che mi stringevano il torace. Erano strette, ma non ostacolavano i miei movimenti, decisi però di toglierle comunque per cercare di capire in che stato si trovassero le ferite.
Lentamente iniziai a rimuovere tutte le bende, partendo dal torace suo quale era presente una cicatrice rosea, di circa dieci centimetri, non del tutto sanata.
Altre due sotto lo sterno leggermente più piccole e una due centimetri più sotto e a destra dell'ombelico.
Mi voltai di spalle per controllare la situazione anche lì. Con la camicia retta solo dagli avambracci riuscì a intravedere altrettanti segni leggermente più in alto rispetto a quelli davanti. I colpi dovevano essere stati inflitti dal basso.
Sospirai lasciando a terra le bende e rimettendo a posto l'indumento e con lo sguardo rivolto verso la finestra finì di abbottonarlo.
Era impossibile che fossi ancora vivo, però non potevo negare l'evidenza. Ero nella mia stanza, indossavo i miei vestiti e tutti i miei sensi funzionavano perfettamente.
Doveva essermi sfuggito qualcosa.
Uscì dalle mie stanze richiudendomi la porta alle spalle.
I suoni e gli odori mi invasero non appena misi piede nel corridoio.
Al piano di sotto la servitù sembrava indaffarata. Sentivo diversi passi frettolosi passare dalle cucine alle stalle e persone discutere nel cortile interno alle mura.
Mi recai verso le scale appoggiandomi al corrimano e mi sporsi leggermente per capire cosa stesse accadendo.
Teti passò dalla prima rampa proprio in quel momento e per un breve istante la vidi imboccare il corridoio che conduceva alle stalle con una sacca stretta tra le mani dalla quale proveniva il dolce profumo del pane appena sfornato.
Tesi quindi le orecchie iniziando a scendere le scale.
<<Ti ringrazio infinitamente Teti>> era la voce di Elys, non si poteva confondere.
<<Figuratevi, sto solo eseguendo gli ordini della mia signora. Anzi se permettete...>>
<<Ma no, non preoccuparti, vai pure a riferire a Liz che sono pronta. Finisco io qui>> disse prendendo qualcosa da terra, ma il tono della sua voce non mi convinceva, era basso e tremendamente triste.
<<Ne siete sicura? Lo stalliere potrebbe aiutarvi>>.
Ormai le avevo quasi raggiunte, la stalla si trovava ad appena dodici passi da me.
Scesi l'ultimo gradino fermandomi ad ascoltare.
<<Sicurissima, avevo un cavallo una volta, so come prendermene cura>>.
<<Va bene, allora vado ad avvertire lady Elizabeth>>
I passi della domestica si allontanarono in fretta nella direzione opposta uscendo poi nel cortile.
Così ripresi a camminare per capire cosa stesse combinando Elys con i cavalli della stalla.
Arrivai a pochi passi da lei sorridendo. Non si era minimamente accorta del mio arrivo e stava spazzolando la criniera nera di un purosangue rossastro con una vecchia spazzola in legno che doveva aver trovato lì da qualche parte.
Mi appoggiai a uno dei pilastri in legno osservandola mentre sussurrava parole di conforto all'animale per poi sistemare le briglie e legare il sacco appena portato da Teti alla sella.
Sollevai un sopracciglio stranito, che intenzioni aveva? Quel cavallo era pronto per un viaggio più che per una semplice passeggiata.
<<Sei diretta da qualche parte?>> Domandai finalmente rivelando la mia presenza.
Elys si bloccò con la mano a mezz'aria.
Sentì i suoi battuti aumentare, poi si voltò nella mia direzione con gli occhi pieni di lacrime e in men che non si dica fu tra le mie braccia.

Pov. Elys
Stentavo a credere a credere che Sylver fosse proprio davanti a me, stesse bene e pienamente in forze.
Quella mattina mi ero svegliata in pena, il bianco era tornato sottoforma di volpe e la mia mente si era convinta che fosse un segno negativo.
Avevo provato ad avvertire Liz dell'avvenimento, ma nonostante l'avessi cercata ovunque nel castello non ero riuscita a trovarla quindi mi ero diretta alle stalle convinta che prima o poi sarebbe passata di lì. Era il giorno della partenza in fondo.
<<Sylver santo cielo!>> Esclamai dopo aver constatato che fosse realmente lui. Il suo corpo era caldo, percepivo i battiti oltre la camicia sulla quale avevo nascosto il mio viso mentre stringevo tra i pugni tremanti il tessuto.
La volpe mi avvolse immediatamente in un confortevole abbraccio adagiando il naso sui miei capelli e non osò parlare per qualche minuto.
Ma presto mi resi conto che i muscoli delle braccia avevano iniziato a tremargli e la preoccupazione ritornò all'improvviso.
Mi allontanai per guardarlo in volto.
<<Come ti senti? Vuoi sederti?>> domandai preoccupata senza però staccarmi da quell'abbraccio.
Sul suo viso c'era stampato un sorriso dolcissimo, gli occhi dorati fissi nei miei.
Scosse la testa in segno di negazione e mi riattirò a sé.
<<Non pensare a me Elys>> gli sentì appena mormorare in un tono misto tra gioia e tristezza.
<<Che stai dicendo?>> Perché quella frase?
Il bianco sciolse l'abbraccio voltandosi e quando gli girai intorno per capire quale fosse l'espressione del suo volto notai che qualcosa non andava.
I lineamenti erano normali, le labbra leggermente incurvate in sù con un sorrisetto furbo, ma gli occhi erano lucidi e in essi leggevo solo tristezza mentre fissavano il corridoio alle mie spalle.
Qualcuno entrò velocemente nella stanza.
<<Syl!>> Liz mi superò correndo dal fratello e questo rise di gusto mentre cercava di respirare a causa della folta chioma riccia e rossa.
<<Liz ti prego>> continuò lui accarezzandole la schiena.
<<Sei un idiota! Come ti è passato per la testa di attaccare Walter con i suoi uomini intorno a te!>> Esclamò la sorella cambiando presto umore mentre si allontanava ponendosi al mio fianco con le braccia incrociate al petto e gli occhi castani accesi di rabbia.
Sylver rise sollevando le mani verso il cielo <<avevo l'opportunità di prenderlo a calci, non potevo perderla>>.
<<Sei morto imbecille! Ti sembra il caso di scherzarci sopra?>> Gridò Liz e a quella esclamazione il bianco si fece serio.
<<A tal proposito, penso che mi dobbiate delle spiegazioni>>.

Spazio autrice
E qui arriviamo al dubbio amletico che rappresenta uno dei tanti ostacoli che mi hanno bloccata al capitolo successivo.
Vi chiarisco un attimo il motivo dell'esistenza del dubbio prima di esporlo:
Come avete avuto modo di capire tendo molto a concentrarmi sui sentimenti dei personaggi e sulle loro menti per rendere il tutto un po' più realistico e sempre per lo stesso motivo, e per non rischiare di cadere nel banale, spesso e volentieri prolungo certe emozioni ritardando l'evento atteso, questo perché ho fatto mia la filosofia di pensiero secondo la quale l'attesa del piacere è il piacere stesso, ma mi rendo conto che prima o poi anche l'attesa debba cessare.

Quindi... Vogliamo placare le anime in pena e concedere nel prossimo capitolo il fatidico bacio o proseguiamo ancora un po' preparando meglio il terreno prima che esso avvenga?

Avverto già che qualsiasi scelta verrà presa prometto di regalarvi un capitolo suggestivo✨.

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