25.

Pov. Volpe Biaca

Con un ginocchio sulla neve e l'altro piegato osservavo dietro un carro merci parcheggiato dinanzi alle due strutture in mattoni grigi che costituivano i laboratori.
Cinque uomini posti a due metri di distanza l'uno dall'altro facevano da sentinelle. Erano immobili, al fianco di ognuno di essi pendeva almeno una spada il cui manico era visibile nonostante i mantelli.
Cercai con lo sguardo la luna, ormai doveva esser passato quasi un quarto d'ora da quando avevo lasciato il castello, chissà come proseguiva lì.
Avevo spiegato il piano a Liz nei minimi dettagli ed era fondamentale che lei li avesse afferrati tutti. Il suo ruolo era forse anche più importante del mio, soprattutto nella seconda fase.

All'improvviso sentì un rumore di passi pesanti e veloci, sollevai il cappuccio nero e mi stringi contro il carro.
La neve calpestata mi indicava l'esatta posizione di quei passi, quando fui certo che avevano superato la mia postazione mi sporsi leggermente per osservare cosa stesse succedendo.
<<Dov'è Sylver?>> Walter si stava avvicinando di fretta alle sentinelle.
<<Il nobile Sylver? Di qui non è passato sire.>> Disse uno di loro, posto dinanzi all'ingresso.
Walter rallentò l'andatura avvicinandosi minacciosamente.
Afferrò il colletto della sentinella e con voce più bassa e minacciosa domandò: <<Ne siete sicuri?>>
Il povero uomo annuì tremante.

<<Voi altri>> il verme mollò la presa e si voltò a destra verso un secondo uomo <<confermate?>>
<<Sì sire.>> Risposero in coro.

Walter posò le mani sui fianchi iniziando a camminare verso l'estremità est dell'edificio <<E avete visto qualche animale? Magari una volpe bianca.>> Disse alla prima sentinella.

<<Una volpe... Bianca?>> Ripeté quello.

<<Non ci sentite più?>> Domandò fermandosi davanti al suddito.

<<No, cioè sì, sento sire.>>

<<Dunque?>>

<<No... Non l'abbiamo vista, da qui non è passata anima viva, come ci avevate ordinato.>>
Dalla bocca di Walter uscì un rantolo di rabbia <<Chiamate immediatamente dieci uomini e mandateli a cercare mio nipote Sylver.>> Disse spostandosi poi verso il lato ovest per parlare con la sentinella nell'estremità opposta <<E voi trovatemi i migliori cacciatori della zona. Dovete portarmi qui quella dannata volpe bianca, viva!>>
Poi si voltò avvicinandosi alla sentinella centrale <<Apri questa porta e poi vai a cercare le truppe speciali, ordina loro di recarsi qui il prima possibile. Ho un compito per loro. Forza! Muovetevi!>> Urlò mobilitando immediatamente le sentinelle
Che idiota. Pensai sollevando l'angolo destro della bocca. Manipolarti è più semplice del previsto.
Aspettai che le sentinelle si allontanassero e che lui entrasse, poi tranquillamente mi avvicinai all'ingresso.

Estrassi dalla tasca della giacca un filo di spago che infilai nella serratura in modo tale che l'estremità oltrepassasse il gancio e uscisse al di sotto di esso e prendendolo con due dita tirai entrambe le estremità verso l'alto facendo scattare il blocco.
Aprì lentamente la porta e una volta dentro la richiusi alle spalle osservando l'immenso corridoio deserto. Chiusi gli occhi, contai fino a dieci sentendo il sollievo invadermi il corpo e quando li riaprì le mie zampe furono pronte a correre.
Scattai lungo i corridoi che conoscevo bene praticamente semideserti. Le poche persone rimaste erano troppo impegnate in altro per accorgersi di una piccola volpe bianca come ogni singolo muro, mattone o mobile là dentro.
Tutto proseguiva perfettamente secondo il piano. Walter insospettito dalla mia assenza al ballo era corso a cercarmi, non trovandomi tutte le sue aspettative erano andate in fumo facendolo entrare nel panico. Aveva iniziato a dare ordini ai suoi uomi allontanando più del settanta percento di loro dai laboratori per trovarmi, mentre il restante trenta percento avrebbe continuato il suo lavoro, probabilmente rimase solo qualche guardia davanti alle stanze delle cavie e un paio di scagnozzi intenti a creare quelle orribili pozioni.
Sollevai il naso tentando di riconoscere un odore familiare, percepivo Walter nella stanza retrostante la parete che mi trovavo davanti, ma l'odore di David era talmente debole da non essere sufficiente per indicarmi la direzione.
Decisi quindi di provare a ricevere più informazioni usando un metodo differente...

Pov. Elys

<<Non può funzionare.>> Mormorai con gli occhi sgranati e le mani tra i capelli sentendo le parole della rossa.
<<Non ci sono alternative, dobbiamo far sì che funzioni.>> Rispose lei avvicinandosi all'enorme finestra che dalla stanza dava sul retro del castello. Guardò giù <<È il momento.>>
<<Cosa? No! Siete impazziti entrambi! Quelli vi uccideranno Liz, Walter ha uomini in grado di...>>
<<Trasformarsi?>> Domandò la ragazza con un sorriso furbo prima di risplendere di luce e mutare nella volpe rossa che più volte avevo visto nell'ultimo periodo.
<<Ah! Perché non mi sta ad ascoltare mai nessuno?>> Esordì frustata facendo scivolare le mani sul volto.
<<E va bene, ma sii prudente, ti prego.>> Mormorai avvicinandomi alla porta.
La aprì leggermente trovando Teti dinanzi ad essa con un sacco tra le mani <<Questo può bastare?>> Chiese porgendomelo.
<<Sì, spero. Ti ringrazio.>> La fanciulla sorridendo si inchinò e io tornai dentro.
Posai quel peso sul tavolo che si trovava in mezzo alla stanza e alla svelta slegai il nastro che lo teneva chiuso.
<<Sei pronta?>> Chiesi alla volpe.
Liz si avvicinò così sollevai il sacco e non appena essa chiuse gli occhi lo capovolsi. La farina cadde ovunque, in particolare sul mammifero che istintivamente starnutì sollevando una nuvoletta bianca da terra.
I grani si erano infiltrati nel suo folto pelo imbiancandole leggermente la pelliccia, la guardai attentamente. Lei con un balzò saltò sulla farina che era finita a terra e iniziò ad arrotolarsi di sopra per imprimere meglio il colore.
Sembrava quasi che si stesse divertendo... Anzi, conoscendola era sicuro.
Io però a differenza sua non ero così tranquilla.
<<Devi mantenerti il più distante possibile, se si avvicinano troppo capiranno l'inganno.>>
Liz guai e senza perdere ulteriore tempo scattò verso un angolo della stanza, con la zampa anteriore spostò un vecchio specchio appeso a un chiodo, rivelando un passaggio stretto quando la tana di un coniglio e agilmente si infilò al suo interno.
Mi portai una mano al petto e respirai forte.
Se il piano di quei due falliva non li avrei più rivisti.

Quando mi girai e guardai la stanza mi accorsi del disastro che si era creato. La farina era ovunque. Mi sentì in colpa per la povera Teti che poi avrebbe dovuto ripulite tutto e provai in qualche modo a diminuire il danno, ma la mia testa era altrove e una distratta Elys non era la persona perfetta per pulire in quel momento.
Ma nell'osservare la stanza l'occhio mi cadde su un volume dalla copertina in cuoio marrone su un tavolino difronte a una specchiera.
Mi avvicinai incuriosita, provai a sollevarlo per portarlo sul letto, ma pesava ben più del previsto, quindi mi inginocchiai a terra. La copertina era liscia, priva di ogni tipo di scrittura, così lo aprì incuriosita.

Abig Ferdinand
Abomil Julius
Alison Virginia
Aner Claus

Sfogliai diverse pagine trovando un infinità di nomi, doveva trattarsi del registro di Iceville.
Controllai le prime ventisei pagine, poi la frustrazione iniziò a farsi strada nel mio animo.
Cosa speravo di trovare esattamente? Lì dentro c'erano un infinità di nomi. Lo sfoglia velocemente e all'improvviso uno tra i tanti mi saltò all'occhio: Vudaìs Ben.
Vudaìs... L'immagine del vecchio incontrato durante il viaggio mi si materializzò nei ricordi.
Possibile che si trattasse dello stesso uomo?
Velocemente estrassi il medaglione dal corpetto.
La perfetta V incisa sull'oggetto confermò i miei dubbi, ma quel nome lo avevo sentito anche altre volte, dove?
Cercando di ricordare mi alzai avvicinandomi alla finestra. Vedevo delle torce muoversi, qualcuno si stava avvicinando al castello e sembrava aver fretta.
Mi allontanai da lì sperando che non mi avessero vista e ripresi a pensare. Vudaìs. Quando finalmente ricordai, spalancai gli occhi. David stava leggendo un libro intitolato così! Me lo aveva rivelato una sera seduto sotto al gelso, poco dopo avergli detto di aver visto una volpe.

Sentì bussare.
<<Signorina va tutto bene lì dentro?>> Chiese Teti.
<<Sì, a meraviglia.>> Risposi sedendomi richiudendo il registro.
<<La mia signora? Sta bene?>>
Dovevo inventarmi una scusa per Liz.
<<Sì, non preoccuparti, sta riposando.>>
Teti non rispose inizialmente e nonostante provai a interpretare il suo silenzio più volte negli anni, non riuscì mai a capirlo.

Mi alzai dal letto avvicinandomi alla porta, la aprì senza pensarci ritrovandomi Teti davanti, i suoi occhi incontrarono i miei e velocemente si affrettò ad abbassare la testa.
<<Vi serve qualcosa?>> Chiese.
<<Avete una biblioteca?>>
<<C...certo.>> mormorò.
<<Potete portarmi lì per favore?>>
La ragazza rassicurata, forse dal mio atteggiamento, sembrò tornare a respirare <<Prego, seguitemi.>>
Seguì la ragazza in silenzio sperando di non incontrare nessuno lungo gli immensi corridoi di quel castello che per quanto grande sembrava possedere la metà della servitù dell'altro.
<<Di qua.>> Disse iniziando a salire delle scale a chiocciola.
<<Il nobile Erick teneva particolarmente alla biblioteca. Presenta un enorme quantità di libri e registri, suddivisi in ordine alfabetico. In fondo alla stanza c'è un piccolo salotto dove potersi dedicare alla lettura. Se vi serve qualcosa basterà suonare la campanella che troverete sul tavolo e qualcuno della servitù vi raggiungerà.>>
<<Tutto chiaro, ti ringrazio.>> Risposi.
<<Di nulla signorina, è il mio lavoro.>> La ragazza sorrise e continuò a indicarmi la strada fin quando finalmente non giungemmo dinanzi a un portone.
Si avvicinò, tirò fuori dal grambiule un mazzo di chiavi e quando ebbe trovato quella giusta fece scattare la serratura, posò le mani su due maniglie e aprì le porte.
<<Buona lettura.>> Sussurò facendomi cenno di entrare per poi correre via.

Gli scaffali erano i più grandi che avessi mai visto, diverse scale erano appoggiate alle varie librerie per permettere di arrivare anche ai libri posti più in alto.
Mi avvicinai leggendo velocemente alcuni titoli fino a giungere alla lettera V. Controllai attentamente e con mia immensa gioia lo trovai. Era un vecchio volume dai bordi usurati. Lo estrassi con cautela e con esso proseguì diretta lì dove si trovava il salottino descritto. Mi sedetti su una poltrona con il volume in grembo e iniziai a leggere.

Pov. Volpe Bianca
Grazie al putiferio che si era creato nel momento in cui un uomo comunicò a Walter che la volpe era stata vista scappare verso il bosco, riuscì ad entrare dentro una delle celle senza che nessuno se ne accorgesse.
Una donna dormiva stesa su della paglia, notai che era legata con una catena che partiva dal suo piede destro e arrivava al muro.
Mi avvicinai.
Dovevo parlare con lei in qualche modo.
Puzzava terribilmente, le sue mani erano sporche così come i suoi piedi, il viso coperto dai lunghi capelli castani spettinati.
Guaì, ma questa sembrava non volersi svegliare.
Fui costretto a trasformarmi.
Poco importava se l'indomani il mio corpo sarebbe rimasto per un giorno intero quello di una volpe.

<<Svegliatevi per la miseria.>> Mormorai a denti stretti scuotendola.
Mi sentì afferrare il polso, poi mi scaraventò a terra sovrastandomi.
Gli occhi spalancati di una pazza, i denti stretti e una pietra nella mano libera.
<<Chi siete?>> Sibilò.
<<Dovreste conoscermi.>> Risposi togliendomela di dosso.
La donna mi guardo meglio, l'espressione sul suo volto mutò e la mano che mi reggeva allentò la presa.
<<Siete coinvolto anche voi in questa storia?>> Mormorò correndo a rannicchiarsi in un angolo.
<<Più di quanto immaginiate>> Risposi <<Ma non temete, non vi farò del male. Voglio solo sapere se avete visto o sentito qualcosa di strano ultimamente. Sto cercando un ragazzo di nome David e uno zibellino.>> Continuai.
<<Non aiuterò mai un nobile, dopo quello che avete fatto.>> Sputò a terra dimostrando tutto il disprezzo riservato a coloro che l'avevamo ridotta in quel modo.
<<Dovete aiutarmi Josephine! È importante.>>
<<CHE VOLETE?>> gridò la donna stringendo i pugni.
<<Trovare il ragazzo.>>
<<Con che coraggio venite qui a cercare aiuto? Vostro zio mi ha fatto desiderare di morire ottanta volte in un giorno.>>
Sospirai, ne ero perfettamente consapevole.
<<Sono stato da vostra madre Josephine... Le mancate.>>
La donna mi guardò attentamente <<Mentite.>>
<<No. Mi ha dato rifugio qualche giorno fa non riconoscendomi.>>
<<Che volete dire?>>
<<Ho passato le vostre stesse pene, forse anche peggiori e se mi aiuterete prometto che presto vi libererò tutti.>>
<<Ma vi sentite? Avete la presunzione di paragonare la vostra vita alla mia. Voi non siete stati torturati per giorni, voi non avete sentito le vostre ossa spezzarsi per trasformarvi in un animale.>>
Cautamente mi avvicinai.
<<Invece sì, per quasi venticinque anni dalla mia nascita.>>
Josephine non rispose così continuai
<<Non pensavo avesse ripreso a catturare gli abitanti di Iceville, mi dispiace.>> Mormorai con il tono di voce più basso.
<<Dove avete vissuto fin'ora?>> Domandò.
<<Sono stato assente per un po'. Dovevo proteggere una persona.>>
<<E al vostro popolo non avete pensato? Vostro zio sta seguendo le orme del vecchio nobile. Durante la sua assenza i suoi uomini hanno iniziato a fare sparire chiunque cercasse di abbandonare il villaggio. >>
<<Vi ripeto che non pensavo avesse fatto prigionieri. >>
<<Invece è stato così. Siamo in sei al momento. Due sono morti ieri. Altri tre moriranno a breve. Il ragazzo che cercate...>>
"Ditemi che non è tra quelli" pensai.
<<Il suo nome è stato gridato più volte da vostra sorella giorni fa. Le sue grida provenivano dall'ala ovest. Dell'animale non so che dirvi.>>

<<Grazie Josephine, vi prometto che presto metterò fine a tutto questo. Resistete.>>

La donna mi fissò severa, strinse le labbra e senza dire altro tornò a sdraiarsi nel suo giaciglio.

<<Ehi, potreste almeno aiutarmi a...?>> Indicai la fessura sopra alla porta in legno, la stessa da cui ero entrato.
Josephine però non si mosse di un centimetro.
<<Sbrigatevela da solo, io vi ho già aiutato abbastanza.>>
Le torture avevano senza dubbio indurito il carattere di quella che una volta era considerata la ragazza più gentile e altruista del villaggio. Conoscevo la donna e sua madre da sei anni, quando entrambe furono assunte per realizzare dei capi d'abbigliamento quotidiani per le famiglie reali. Loro due erano le uniche che non avevano mai pronunciato mezza parola in sfavore sulla mia famiglia. Le uniche due persone nell'intero villaggio a non temerci più di Walter, ma dopo che il dolore fisico e psicologico le era ricaduto addosso senza nessun preavviso, i suoi pensieri avevano assunto una strana tinta oscura.

Sospirai, ancora una volta dovevo contare sulle mie abilità e ancora una volta avrei spinto il mio corpo oltre le sue normali abitudini.
Mi ritrasformai iniziando a percepire le conseguenze.
La mia testa era confusa e le zampe mi reggevano per miracolo, ma non potevo assolutamente fermarmi.
Guardai la cella, niente poteva aiutarmi a saltare oltre quella dannata porta, senza un appoggio su cui darmi lo slancio sarei rimasto lì per chissà quanto tempo. Mi spostai davanti alla donna che seppur tenesse gli occhi aperti fissi davanti a sé sembrava non essersi accorta della mia trasformazione.
Le pupille si allargavano e si restringevano senza mettere nessun oggetto a fuoco, il suo sguardo era spento e privo di ogni emozione.
Guaì sperando al contempo di non essere udito dalle guardie e il mio verso la riportò con i piedi per terra.
Mi guardò, sbattè le palpebre stupita.

<<Voi...>> Già, fui costretto a svelare il mio segreto ancora una volta.
Guardai la porta, poi di nuovo la donna.
"Devo uscire di qui Josephine, aiutami" pensai.

<<Ma che diavolo combinate in questo posto.>> Mormorò ritrovandosi al cospetto della volpe bianca, lo stesso animale che spesso in passato aveva adorato ed esaltato insieme agli altri abitanti.

La donna spostò i capelli dal viso <<E va bene.>>
Si sollevò avanzando fin dove le permetteva la catena, ma la distanza era ancora troppa. Da sdraiata sarebbe a malapena riuscita a sfiorare il legno.

Crack

Dal suo collo giunse il rumore di ossa rotte, il suo viso impallidì all'improvviso, gli occhi le diventarono rossi per le lacrime e le grida che cercava di trattenere. Sulle sue mani spuntarono molti peli neri e la macchia si espanse lungo le braccia, poi la luce la avvolse e un orso grande e grosso venne rivelato.
Ruggì e mi guardò con la bocca aperta.
L'istinto di sopravvivenza mi fece automaticamente arretrare. Gli orsi erano predatori molto più grandi delle volpi, se avesse avuto fame, Josephine mi avrebbe benissimo potuto divorare e pulirsi i denti con le mie ossa.
Ma ciò non accadde, Josephine si tranquillizzo ricadendo su quattro zampe, si avvicinò a me con il capo chino, poi tornò a guardarmi.
"Sei pronto?" Sembrava chiedermi.
Guaì.

L'orso sollevò la schiena afferrandomi come poteva con le enormi zampe dagli artigli affilati.
Mi ferì involontariamente vicino alle costole, ma non me ne curai. Dovevo uscire di lì e un graffio non mi avrebbe fermato.
Mi sollevò come se fossi una piuma e mi lanciò, letteralmente, oltre la fessura.

Finì per schiantarmi contro il muro in pietre frontale e con un tonfo caddi a terra.
La botta mi aveva colto alla sprovvista, non mi aspettavo un lancio del genere, mi bastava arrivare sulla porta, invece avevo fatto un bel volo finendo con il muso a terra.
Dolorante e con sempre meno energie, piegai la zampa anteriore destra per far peso su di essa e rimettermi in piedi.
Sentivo la sinistra debole, non faceva male, ma riuscivo a malapena a poggiarla a terra.
Josephine ruggì.
"Potevi usare modi più cauti, ma... Grazie" pensai guardando la porta oltre la quale l'orso stava già cambiando forma.

Sollevai il naso fiutando l'aria, dovevo recarmi nell'ala ovest.

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