XXXVI

(Austin Green)

Il giorno dopo Andy e Drogo fecero finta che niente fosse successo. Era una caratteristica di Andy lasciare subito perdere dopo i suoi avvertimenti, non era il tipo da sprecare troppo tempo dietro un problema o una persona. A me erano sempre serviti unicamente i primi avvertimenti, a parte quando mi infiltravo nelle mie missioni suicide al Distretto.

Drogo non parlò per tutta la colazione, mangiò in silenzio e non osò tirare fuori la questione. Il lividi del giorno prima cominciarono a uscire e aveva un vago colorito violaceo sullo zigomo, proprio sotto l'occhio.

Io seguii il loro esempio, temendo di essere presa di mira altrimenti. Non sapevo se Drogo avesse o no assimilato la lezione, non poteva più far male a nessuno, altrimenti i provvedimenti del Nido e della scuola sarebbero stati peggiori. Esseri espulsi da un liceo in una missione fasulla era umiliante. Conosceva moltissime arti di difesa, come il Krav maga, ma lui preferiva essere offensivo su tutta la linea. Se si fosse unicamente difeso il responso sarebbe stato diverso.

Quando uscimmo di casa, poco prima di andare da Will, fermai Drogo.

«Che vuoi?» sbraitò.

«Lo sai che voglio» risposi furente. «Non voglio che riaccada ciò che è successo ieri.»

«Saresti potuta intervenire. Avremmo potuto vincere.»

Una risatina nervosa mi uscì dalle labbra. «Vincere? Allora credo che tu non abbia capito ancora con chi hai a che fare.»

Non poteva mettersi contro Andy a priori, era più forte di lui, era il suo supervisore e poteva rendere il resto della sua vita un inferno, perché anche se tendeva a negarlo, mio fratello aveva molte conoscenze in tutto il mondo. Una parola sbagliata e avrebbero potuto richiamare Drogo al Nido. Non sapevo perché non lo capisse. Era un masochista.

Andai da Will e come immaginai nemmeno lui disse qualcosa riguardo a ciò che era successo il giorno prima tra Drogo e Hurley. A parere mio pensò che si era trovato i peggiori compagni di classe del mondo e che di sicuro lo avremmo messo in qualche guaio, come se non bastassero quelli che aveva già.

Ginnastica era in comune, perciò Jessica e Jisoo mi accompagnarono negli spogliatoi femminili e lasciai Will con Drogo, lanciandogli un'ultima occhiata perplessa. Non fui in grado di interpretare gli sguardi degli studenti quando ci spostammo per i corridoi, in verità guardavano tutti Drogo, il ragazzo inglese che aveva fatto a pugni con uno dei promettenti capitani della squadra di football. Al liceo i pettegolezzi erano più appiccicosi e duraturi rispetto al Nido.

«Ehi, voglio presentarti una persona» mi disse Jessica per svegliarmi. Ripiegai i vestiti e li appoggiai in un armadietto vuoto. «Vieni.»

Jessica trotterellò tenendomi per il polso poco oltre le docce, un angolo occupato solo da panchine e porta assorbenti. C'erano più ragazze, perché quella zona era più lontana dalla porta, d'estate fresco per via delle finestre aperte e d'inverno caldo per il vapore delle docce in funzione.

La ragazza trottò e si fece spazio tra la folla, stringendo una sua amica, o così doveva essere per via del suo caldo abbraccio. Era una tipetta mingherlina, con una pelle color caramello, capelli mossi, scuri, racchiusi in uno chigon pratico. Indossava una tuta verde e un top bianco che lasciava intravedere il suo reggiseno rosso acceso.

«Liza, mi fa un sacco piacere rivederti! Ti ho portato la nuova playlist, scusa per il ritardo, ma sono riuscita a beccarti solo oggi. Quindici canzoni, come promesso» gongolò.

«Sei un tesoro, grazie mille» squittì l'altra con affetto, dandole un bacio sulla guancia.

Liza alzò gli occhi su di me, per un attimo non capì chi fossi dato che me ne ero restata un po' in disparte dietro Jessica, poi, appena l'altra aprì la bocca, mi riconobbe e mi fece un ampio sorriso meravigliato.

«Oh, sì, giusto! Liza, ti presento Penny.» Liza mi strinse la mano. «Penny, lei è Liza. È il capitano delle cheerleader della scuola da tre anni. È un'atleta fantastica» la elogiò e io pensai velocemente a cosa in quella realtà intendessero per atleta: era veloce? Era agile? Sapeva fare a pugni o evitare un coltello?

«Dice così solo per fare bella figura» sghignazzò Liza. «Ho sentito parlare di voi, o almeno di tuo fratello. Ha dato una bella lezione a Hurley, Dio, se la meritava! Mio cugino è troppo paziente con lui, perciò devo ringraziare tuo fratello per questo. Ho visto la faccia di quel cretino, per un po' eviterà di fare il cascamorto con le ragazze della mia squadra...»

«Ti volevo giusto chiedere di Austin» la interruppe Jessica. «Lo hai visto? Devo parlargli.»

«Viene qui tra un'ora, ha lezione dopo di noi. Se Mrs Chuck non ci caccia riesci a beccarlo di sicuro, a cosa ti serve?» domandò, stringendosi meglio i lacci dei pantaloni.

Jessica mi indicò. «Voglio convincerlo a far fare le selezioni per la squadra al ragazzone.» Sbattei gli occhi e pensai che Drogo non avrebbe mai accettato una cosa simile, specie perché gli dissero che avrebbe dovuto indossare un orrendo casco e una divisa uguale. Liza alzò un sopracciglio.

«Dovevi vederlo, ha atterrato Hurley come se fosse stato un pezzo di pane, pensa se lo facesse con quelli della Penstates.»

«Drogo è di sicuro forte, ma è anche testardo» la rimproverai. «È il tipo che si metterebbe a correre dietro un suo compagno di squadra per riavere la palla.»

«E lo sai che a Austin tipi del genere non piacciono, anche se gli ha fatto un favore a rimettere in riga quello sfaticato. Proverò a parlargliene» le assicurò. «Austin ci sa fare con i tipi difficili e poi tentare non gusta, al massimo il coach lo rifiuta.»

Non era questione di rifiutare o meno, Drogo non aveva un carattere difficile, ma impossibile. Non era tipo da prendersi un impegno ricorrente, allenarsi gli piaceva, però lui amava combattere corpo a corpo e con la spada. Rincorrere una palla insieme ad altri ragazzi gli sarebbe parso un insulto.

La nostra insegnate si chiamava Mrs Chuck, era una donna sui quarant'anni, un po' bassa ma ancora allenata e con una voce squillante. Si diceva che avesse un flirt con l'altro professore di educazione fisica. Per riscaldarci ci fece correre lungo la pista d'atletica e io fui una delle poche a iniziare a correre senza lamentarmi.

Drogo rimase ultimo insieme a Will, il quale pareva trascinarsi molle sotto i continui incitamenti della professoressa ad accelerare. Quando finimmo i giri di riscaldamento tornammo al chiuso e non piacque a nessuno, specie perché la palestra era densa di afa e puzzava di sudore. Ci divise in due squadre e giocammo a dodgeball, per parità non fummo noi a scegliere i nostri compagni, ma la prof ci assegnò alle due squadre in base al nostro numero d'elenco, se pari o dispari.

Hurley e Jessica finirono con me, mentre a Will toccò Drogo. Mi limitai a schivare le palle che tiravano e a osservare Will, eliminato al primo giro con una palla dritta in testa da Hurley. Si ribaltò e si trascinò via, sedendosi fuori dal perimetro.

Quando i giocatori cominciarono a scemare e in campo rimanemmo in tre o quattro, Hurley e Drogo ripresero le loro controversie. Anche a Hurley era spuntato un brutto livido sulla guancia e aveva un taglio sul labbro, poco profondo, ma scuro. Per mia fortuna, i suoi genitori non avevano chiamato la scuola o, ancora peggio, Andy per chiarire il malinteso.

Sia Hurley sia Drogo si concentrarono unicamente sull'avversario e nonostante fossimo in vantaggio di un membro, lo scontro divenne uno contro uno. Quasi la totalità delle palle volarono tra loro due, ma nessuno dei ragazzi dava cenni di cedimento.

Drogo non sapeva mirare bene, le armi a lungo raggio le odiava. Hurley invece aveva una mira più precisa e riusciva a lanciare dei veri colpi di cannone dovuti agli anni passati a lanciare e ricevere a football.

Passai una palla a Hurley e lui la lanciò, evitando di fare un arco a mezz'aria. Colpì Drogo dritto sul petto e fece un passo indietro, mancando un respiro. Invece di cadere a terra, la palla la afferrò il suo compagno di squadra, Colin Aston e lo salvò.

Mrs Chuck fischiò e Hurley imprecò, camminando fuori dalla linea, mentre Drogo diede il cinque al suo nuovo migliore amico ed esclamò forte. Prima che la partita riprendesse ritmo ne approfittai e colpii Drogo alla schiena, eliminandolo.

Lui aprì gli occhi. «Ero distratto, capelli di merda!»

«Occhi sempre sulla palla!» esclamai in ammonimento e la professoressa mi diede ragione.

Venni eliminata dopo qualche tiro da Colin e l'altra squadra vinse.

«Non ero pronto» ridisse Drogo in quei cinque minuti di pausa, rubandomi la bottiglietta dalle mani e bevendone assetato.

Alzai gli occhi. «Altrimenti mi avresti colpita? Suvvia, pasticcino, non lo dirò a nessuno. Vuoi stringermi il mignolo?» lo presi in giro.

Mi afferrò le spalle e subito gli feci mollare la presa, storcendogli il polso e tenendolo fermo. Il ragazzo saltò indietro e si mise a guardia altro, pronto a darmele. Mrs Chuck fischiò improvvisamente e corse da noi con lo stesso sguardo serio con cui aveva arbitrato la partita.

«Mi avevano detto di darti un occhio in più, Lewis, dato che già il primo giorno ti sei fatto una bella reputazione tra i professori. Forse il tuo posto sarebbe con il coach Fleck o in presidenza» ingiunse, incrociando le braccia.

«Non mi ha mai battuta» sottolineai puntigliosa. Drogo alzò la mano e io evitai il suo colpo. «Ci alleniamo spesso così» ridissi seria, facendole capire che né lui avesse intenzione di farmi davvero male né che ero indifesa.

«Giusto, voi siete i ragazzi inglesi trasferiti» bofonchiò pensosa. «Conoscete le arti marziali?»

«Le principali. Karate, Kung fu, Thai boxe, Krav maga» elencai. «Nostro padre ce le ha insegnate per saperci difendere in caso di bisogno, dato che viaggiavamo molto in posti che non conoscevamo.»

La professoressa tirò le labbra e lo interpretai come un gesto di meraviglia. «È davvero interessante che vostro padre vi abbia insegnato così tanto, è stato davvero responsabile a parere mio. Anche i miei figli stanno studiando karate.»

«Vuole allenarsi con noi?» proposi eccitata. «Il tempo della pausa.»

Lei rise e scosse la testa. «Io ho smesso da quando ho iniziato ad insegnare, ma di tanto in tanto mi capita qualche studente che pratica qualche arte marziale o acrobatica. Se mi promettete di non farvi male e di dare esempio alla classe, potete farlo voi.»

Saltai euforica. «Una lezione interattiva?» domandai battendo le mani. «Lo facciamo? Ti prego!» supplicai Drogo e lui alzò le spalle.

Colin e Jack spostarono un materasso blu d'allenamento vicino al quadro della palestra, poi si radunarono tutti intorno, alcuni si sedettero morti a terra e iniziarono a parlare, troppo stanchi e annoiati per prestare anche la minima attenzione.

«Bene, ragazzi, dato che alcuni di voi non hanno fatto nessuna attività fisica durante l'estate e questa è la prima lezione, vi lascio alcuni minuti per riposare. Intanto, come ben sapete, i vostri due compagni mi hanno appena messo al corrente delle loro abilità e ho pensato di darvi una concreta motivazione» disse la professoressa, mettendosi le mani sui fianchi. «Mi raccomando, mi ricordo ancora quali sono le scorrettezze delle arti marziali.»

Io e Drogo annuimmo, poi andò al lato opposto e si tolse le scarpe e i calzini per non scivolare. Salii sul materassino duro, era uguale a quelli del Nido, ma meno spesso.

«Come i vecchi tempi?» domandai.

«Tre match, il primo che immobilizza l'altro ha un punto. Anche se è uno spettacolino non ho ragione di andarci piano con te. Papà ti ha insegnato bene.»

Era uno dei motivi per cui mi piaceva Drogo e in quel senso era simile a Ryokku: nessuno dei due era delicato con me, conoscevano la mia forza e volevano vederla. Non si comportavano come Louis o altri soldati al Nido, non mi facevano vincere solo perché ero ancora piccola o avevano paura che mi facessi male. Vincere dando il massimo di se stessi era la vittoria migliore.

Ryokku mi diceva sempre la verità perché sapeva che ero in grado di sopportarla.

Drogo combatteva sempre al massimo delle sue capacità perché sapeva che io ero in grado di eguagliarlo.

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