XXXIV

Ci avviammo insieme verso la nostra prima lezione, matematica. Mi sedetti dietro Will, in terza fila, in un posto abbastanza comodo da poter vedere la lavagna e abbastanza lontano da non essere disturbata; Jessica prese posto vicino a me, Drogo alle mie spalle. Il professore era un uomo abbastanza giovane e dalla targhetta sulla sua cattedra si chiamava Jonathan Petronovik. Dal cognome mi parve di origini russe, benché il suo accento non si sentiva. Gli argomenti futuri li conoscevo già tutti, come la geometria analitica e i logaritmi. Il programma era minimo, frammentato e superficiale a detta mia, eppure gli altri ragazzi, Jessica compresa, parevano frastornati e stanchi fin da quando l'uomo cominciò a parlare.

Quando il suono della campana risuonò per i corridoi, di colpo si alzarono tutti e ne approfittarono per uscire velocemente dalla classe, ignorando le ultime direttive del professore, il quale si limitò a sedersi e a lasciare perdere.

Una ragazza coreana, con la pelle di porcellana e le labbra sottili, venne a parlare con Jessica e si presentò per educazione.

«Sei la ragazza inglese? Penny Lewis?» disse lei e si presentò, dandomi la mano. «Io sono Jisoo Choi, piacere.»

Le sorrisi e intanto tenni d'occhio Will, pensando che se ne approfittasse per andare via. Stava ancora finendo di mettere via i libri, per mia fortuna. «Piacere, sì, sono Penny. Lui è Drogo, mio fratello.»

Lei sbatté gli occhi e gli rivolse un'occhiata di sfuggita, ammirandolo. «Non sembrate davvero parenti!» esclamò e Jessica allargò gli occhi, come se si fosse dimenticata di dirle qualcosa.

«Non siamo imparentati» ammisi subito. «Siamo stati adottati insieme.»

Jisoo tirò le labbra in un'espressione di disagio. Dovette capire che aveva fatto una domanda tagliente per una persona che aveva appena incontrato e si affrettò a farmi le sue scuse.

«Ehi, hai visto Liza in giro? Devo rifilarle l'ultima playlist o dirà ancora che sono una ritardataria.» Jisoo negò, facendo una smorfia. «Quale è la vostra prossima lezione?»

«Letteratura inglese» dissi, invece Drogo dovette controllare l'orario.

«Educazione civica» borbottò, non sapendo che materia fosse.

Cercò delle spiegazioni da me e io avevo i suoi stessi dubbi.

«Anche io, aula sedici. Ti mostro la strada» propose Jessica. «Jisoo, le mostri tu dove si trova la signorina Jefferson?»

Lei annuì con simpatia. Ero distratta, volevo fare una battutina a Drogo, ma Will si alzò e prese il suo zaino, quasi riuscendo a sfuggirmi. Io lo acchiappai grazie al gancetto del portachiavi dei Panic! at the disco. Lo bloccai e mi guardò con aria interrogativa, domandandosi per quale motivo lo stessi tanto a tormentare.

«Tu in che aula sei?» chiesi.

Drogo alzò gli occhi e mi superò con Jessica. «Te lo avevo detto, lei è un virus.»

Corrugai la fronte, indignata e vedendomi presa di nuovo di mira Will tese le labbra e mi aspettò. «Anche io ho letteratura» mi informò e dovette essere unicamente dall'atteggiamento di Drogo che si mostrò comprensivo e amichevole.

Non volevo che pensasse che Drogo ce l'avesse con me per qualcosa in particolare o che era un "fratello maggiore dittatoriale", (a confronto di Andy), però apprezzai che la cattiveria lo spingesse a mostrarsi più attivo verso di me. Era quasi un controsenso: Will doveva essere impulsivo, violento e pronto a scattare per ogni minima cosa, com'era naturale per chi veniva posseduto da un Demone. Non sapevamo granché sul nuovo Mastino e forse quella era solo una caratteristica nuova.

«Mettigli un guinzaglio, se serve» consigliai a Jessica.

«E anche le manette, se vuole.»

Scoppiai a ridere e persino Will ridacchiò sinceramente a quella battuta sottile e piena di pepe. Drogo alzò l'angolo del labbro e Jessica si attaccò al suo braccio per farmi divertire di più, seppure si staccò appena uscirono dalla classe. Io, Will e Jisoo uscimmo appena in tempo, proprio quando altri ragazzi cominciarono ad entrare nell'aula.

«Sei inglese quindi? Che fortuna!» annaspò Jisoo. «Davvero il tempo laggiù è così pessimo?»

Annuii malinconica. «Se ti va bene vedi il sole due o tre giorni d'inverno. Là già è iniziata la stagione degli acquazzoni. Non è tanto male, a me la pioggia piace. Tu sei di qui?»

Mi raccontò che veniva da Seoul, ma che si era trasferita a San Francisco per colpa della madre, la quale lavorava come manager e si era messa in affari con un nuovo artista emergente. Will non parlò e non interagì minimamente con l'altra ragazza, seppure gli dessi molte occasioni di farlo.

Will non sapeva come parlare con le persone e basta.

La lezione della signorina Jefferson risultò molto più piacevole di come l'avessi immaginata. Era una donna ancora giovane con un sorriso rassicurante, capelli biondi racchiusi in uno chignon stretto, un abito a fiorellini estivo e delle scarpe basse.

Le letture che ci proponeva erano abbastanza basilari, anche se non avevo letti tutti quei libri: Harper Lee, Salinger, William Golding, George Orwell (La fattoria degli animali era il mio libro preferito) e Hawthorne.

Il resto della mattinata continuò in maniera simile. Ryo era costantemente agitato, non era affatto abituato a sentire così tanti odori e suoni in uno spazio così ristretto. Mi dispiaceva per lui, ma non potevo fare molto. La lezione dopo persi Will e rimasi con Jisoo a francese con Mrs Martin che, ricordandosi bene di me, ne approfittò per parlare tutto il tempo nella sua lingua madre e fare domande sul programma. Per fortuna capì subito che la mia non era una recita e sapevo il francese molto bene. Entrai nelle sue grazie quando fui l'unica studentessa a sapere a chi Charles Baudelaire dedicò un commento speciale nel suo libro I fiori del male: Gautier.

Dalla seconda ora in poi cominciai a riconoscere qualche volto e associare ad esso un nome. Alcuni ragazzi venivano a presentarsi da soli e mi dissero gentilmente di chiedere a loro tutte le informazioni di cui avevo bisogno, poi se ne andavano. Ero la moda del momento e a differenza di Drogo io ero più socievole.

Trovai il mio amico nuovamente in aula di scienze e la prima cosa che mi disse fu: «La tua amica ha bisogno di due cose: un tappo da mettersi in bocca e un ragazzo da portarsi a letto.»

«Be', potresti farle tu da tappo» mormorai con aria fantasticante.

«Sai cosa tapperò a te se non chiudi quella fogna?» mi attaccò.

«Sei così romantico...»

Alzai le mani e insieme scoprimmo l'esatta forma di una cellula animale.

Attesi con impazienza di andare in mensa e seppure non ci fossero Jessica e Will a dirci come muoverci, il servizio era identico a quello del Nido. Ci mettemmo in coda, prendemmo i vassoi e mettemmo sul piatto le portate comprese nel menù standard (un primo, un secondo, un contorno e il dolce). Saltai il primo e presi patate ed insalata, Drogo per lo stesso prezzo se ne uscì con pasta al sugo, carne, patate e torta di mele.

Pagai io per entrambi.

«E per fortuna che sono io quella grassa, eh» lo presi in giro.

Mordicchiò il cartone del succo, sperando di aprirlo senza mani. «Io sono ancora in forma, a differenza tua.»

Affilai lo sguardo e lui gongolò. «Perché non vai a prendere dei tovagliolini mentre io cerco posto?»

Me ne andai ancor prima di scoprire se lo avesse fatto o meno. La mensa era già piena, tutti i tavoli erano occupati e non mi andava proprio di condividerlo con una persona che non conoscevo. Will e Jessica non erano in fila e non notai le scarpe arcobaleno della ragazza luccicare.

Fuori il tempo era ancora mite, nel prato c'erano ragazzi che si allenavano con una palla da football e qualcuno sdraiato al sole a leggere. Uscii fuori e, attenta a non far cadere niente dal vassoio.

L'esterno era più confusionario per molti motivi, tra cui la vicinanza della strada. Girovagai un po' per cercare una panca libera o Will, mi andavano bene entrambi, ma incontrai Hurley prima. Era insieme a quattro suoi amici e solo uno non era della squadra di football.

«Stai cercando un posto? Sei arrivata tardi» mi fece notare. «Il trucco è chiedere a qualcuno di tenerti il posto.»

«Grazie del consiglio, ne terrò conto quando ti vedrò saltare qui in giro come un coniglio.»

I ragazzi risero e diedero una pacca sulla schiena a Hurley. «Dai, era solo uno scherzo. È un rito di passaggio per quelli di prima, lo abbiamo fatto anche noi! Nessuno ha detto niente.» Era logico. Hurley era alto e possente e quando sorrideva in quel modo incuteva più paura di Damian. Il generale, al contrario, nei suoi modi pacati, era un angelo. «Dove è finito il tuo amico?»

«Sta arrivando» divagai.

«Potete sedervi con noi» propose e fece segno al suo compagno di tirarsi indietro.

Il ragazzo alla sua destra scese dal tavolo dov'era seduto e atterrò per terra, facendomi un inchino.

«In verità sto cercando Will, gli avevo detto che avrei mangiato insieme a lui» mi giustificai. «E poi al mio fratellastro non piaci, quindi mi insulterebbe il doppio se accettassi di mangiare insieme a voi.»

Hurley prese un chicco d'uva e lo lanciò per aria, prendendolo al volo. «Baker? Perché cerchi quella nullità?» domandò curioso.

Espirai e rimasi calma. Will non era una nullità e non doveva essere lui a giudicare.

«Scusa, Hurley, ma in verità non piaci nemmeno a me. I ragazzi stupidi non sono alla mia altezza, torno dal mio cane rognoso. Buon pranzo» proferii, sollevando una spalla con nonchalance. Il ragazzo che si era alzato per farmi posto, molto più alto di Hurley ma meno muscoloso, si sorresse sulle ginocchia e rise così forte da tossire. «Ci vediamo in classe.»

«Oh, amico, ti ha dato il due di picche!» cantilenò uno.

«Che sfiga! Così impari a fare il figo, coglione!»

Hurley mi indicò la mano destra. «Che cos'hai lì?» chiese, avvicinandosi e cercando di studiare meglio la cicatrice.

Appena mi sfiorò saltai all'erta. L'animo di Ryo si scaldò in un attimo e lo avvertii premere contro tutto il perimetro del mio corpo per respingerlo. Scalciò forte, voleva uscire e se quel cretino avesse saputo che ero l'ultima cosa rimasta tra il Demone e il suo spuntino, mi avrebbe lasciata subito stare.

Hurley fece un passo indietro e mi rubò dal piatto una fetta di cetriolo. «Tranquilla, carotina, non mordo mica.»

«Il cane rognoso sì, invece.»

Drogo mi affiancò, nel suo vassoio c'era una porzione in più di torta e dei tovagliolini. Mi lasciò perdere e guardò dritto davanti a sé, proprio negli occhi di Hurley. A differenza delle altre volte che qualcuno cercava di innervosirlo, lo vidi più rilassato.

«Ecco il soldato speciale Denis» esclamò. «Volevo invitarvi a mangiare con me, ma non mi sembrate molto dell'umore. Il preside ci ha detto molto chiaramente di essere disponibili con voi due, deve essere una cosa tipica degli inglesi. Non avete mai vinto una guerra senza il nostro aiuto. Che ne dici di risolverla in campo? Ti insegno a giocare a football» propose.

«No, grazie, non mi interessa» rispose.

«Hurl» lo chiamò uno dei ragazzi. «Basta, dai.»

Il ragazzo mi strizzò l'occhio. «E dire che credevo che potessimo diventare compagni di squadra, noi due. Ti avevo sopravvalutato. Ci vediamo in classe, allora» ripeté e diede un colpo leggero con le dita sul petto di Drogo.

Il biondo si mosse in avanti e lo afferrai per la maglia, trattenendolo. Era una pessima idea fare a pugni con Hurley, specie per Drogo. Se Andy lo avesse saputo avrebbe punito duramente lui e poi me per non averlo tenuto alla larga da simili situazioni.

«Basta, andiamo via. Ho fame» gli dissi e lo tirai, riuscendo a fare qualche passo. Le mani di Drogo fremevano per la furia e cercai di accelerare. «Non ne vale la pena.»

Lui non mi parve convinto, così come Ryo, che se ne stava aizzato a muoversi in ogni dove.

«Bravo, tieni la piccola carotina al suo posto. Alle cagne serve il guinzaglio.»

Prima che me ne accorgessi, Drogo gettò il vassoio a terra e tirò un pugno sul naso a Hurley. I colpi di Drogo erano pesanti, lo avevo visto allenarsi a tirare pugni contro la corteccia dell'albero più solido del Nido e scalfire il tronco con le nocche, tuttavia Hurley rispose immediatamente con un altro gancio, come se lo avesse previsto. Alzò ancora il braccio, ma Drogo lo bloccò troppo facilmente, avendo studiato le arti marziali; mise il gomito a novanta gradi e scacciò l'assalto. Gli diede una spinta e lo colpì al polpaccio, facendolo cadere in ginocchio, dopodiché caricò e gli diede un altro pugno.

«Drogo, smettila!» urlai e sentii la folla di ragazzi indietreggiare e fare spazio a quello scontro improvvisato.

«Chiedile scusa» ingiunse. «Ora.»

«Fanculo» ridacchiò Hurley, alzandosi.

Il suo amico cercò di trattenerlo senza successo e piombò su Drogo per la seconda volta. Perse troppo tempo e Drogo evitò il suo destro abbassandosi, lo colpì duro sulle costole di destra e cercò di atterrarlo. Hurley roteò i piedi, lo afferrò bene per la vita e lo tirò contro il tavolo, buttandosi sopra di lui. Non era una mossa di karate o kung fu, era rozza, però salda e violenta il giusto da non dare fiato a Drogo per un paio di secondi.

Lasciai cadere il vassoio e cercai di intervenire. Uno dei ragazzi mi prese al volo e mi sollevò di peso, cercando di non farmi avvicinare. «Ti farai male, ma che fai?» sputò inviperito e mi spinse via, non intervenendo lui stesso per placare i ragazzi.

Jessica si fece spazio tra la folla e mi tirò più indietro. «Cosa è successo?» mormorò spaventata.

«Si farà male!»

Drogo si rialzò e si scrocchiò un osso della schiena. Non potevo sapere cosa gli passasse per la testa, sapevo solo che non potevo permettergli di far male a Hurley o di dare prova di ciò che poteva fare. Drogo non si controllava, non aveva filtri ed era il peggiore male per un Dominatore.

Hurley lo afferrò per la maglia e l'altro oppose resistenza, alzò una gamba e la avvolse attorno al braccio sinistro dell'avversario, ribaltandolo e finendo sopra di lui.

Un uomo corpulento si fece largo spingendo tra i ragazzi e guardò la scena. «Che sta succedendo qui, Jones? In piedi, entrambi!» urlò con autorità e nemmeno Drogo si sognò di fare altrimenti.

Mi liberai di Jessica e corsi dal mio amico, cercando di allontanarlo dall'altro con protettività. La pelle di Drogo scottava come fuoco, le labbra e gli occhi si erano arrossati. Deglutì aspramente e fissò il suo avversario con ardore, pronto.

Un altro insegnante seguì il primo e li guardò allarmato. «In presidenza, entrambi!»

«Non abbiamo finito» sputò furibondo Hurley.

Drogo scattò e lo riuscii a trattenere di fortuna, spingendomi davanti a lui e rischiando di inciampare tra i suoi piedi. «Sei un Dominatore, Drogo, comportati da tale!» ringhiai sottovoce e lui abbassò gli occhi su di me, respirando appena. «Cos'hai fatto...»

Il primo insegnante in tuta sportiva prese per il colletto della camicia lo studente e lo tirò con sé. «Hai finito eccome. Se non vuoi essere lasciato in panchina alla prima partita della stagione ti conviene tacere! E tu» chiamò forte «con me.»

Non si assicurò nemmeno che lo facesse. Drogo prese lo zaino da terra e gli marciò dietro.

Jessica staccò via le mie unghie dalla maglia di Drogo e mi allontanò dalla scena, camminando dalla parte opposta. In poco gli studenti scemarono.

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