XXXII
La mensa si trovò sulla nostra strada per pura fortuna. L'ambiente era circondato dalle vetrate che davano sul giardino esterno, direttamente sulle piste d'atletica e sullo spiazzale cementato con alcune aiuole e panchine. C'erano un gran numero di tavolate rotonde con panche chiodate a terra, l'angolo ristoro chiuso con i vassoi di metallo vuoti.
«Questa è la mensa, si mangia qui. Non fa molto schifo, ma alcuni giorni conviene portarsi il pranzo da casa. Di sicuro per voi sarà un cambiamento migliore, voi mangiate cibo speciale?» domandò Hurley, inclinando il capo.
«Non siamo handicappati, cosa dovremmo mangiare altrimenti?» ringhiò Drogo stufo.
«Non lo so, i figli dei soldati non mangiano cibo in scatola senza sapore?»
Avvertii una scossa improvvisa al petto. Ryokku si risvegliò all'improvviso e fece scattare la mano destra in un tic impulsivo. Drogo non rispose, però riuscivo chiaramente a sentire l'aura di Hejji Igel farsi più carica e pesante. Aveva quasi un odore dolciastro, come il suo aspetto, e più Hurley lo stuzzicava e più il Demone si nutriva del malcontento del suo Dominatore. Ryo bramava unicamente la mia lussuria, perciò le mie altre emozioni per lui erano un cibo secondario, ma i Demoni normali non facevano troppe distinzioni. Drogo era troppo vulnerabile, si faceva prendere troppo facilmente dall'ira.
Jessica si scocciò e alzò il braccio. «Finiscila, Hurley. Ti stai comportando da idiota.»
«I soldati non mangiano cibo in scatola, tanto meno i loro figli» commentò Will, alzando la voce.
Hurley lo inchiodò al muro con un'occhiata. «Tu, per l'esattezza, perché sei qui, faccia da rospo?» Will si morse il labbro e non fiatò con aria titubante. «Perché non ti iscrivi al club di football?» propose a Drogo, sollevando un sopracciglio, studiandolo.
Erano alti uguali, ma Drogo aveva un fisico più sviluppato, sia nelle braccia sia nelle gambe. Ero sempre tranquilla quando dovevo girare con lui di sera, nessuno mi avrebbe fatto del male con un cane da guardia simile. Al Nido la sua reputazione veniva prima del suo viso.
«Dovrai fare le selezioni per entrare, da tempo non abbiamo un promettente running back. Hai la stazza giusta e anche l'espressione da gorilla. Metterò una buona parola con il coach.»
Drogo non era per niente interessato a quel gioco. Sapevo cos'era, ma ignoravo le regole, anche quelle basilari. Non sapevo i ruoli, l'esatto numero di giocatori o come si segnassero i punti. In Inghilterra i soldati giocavano a calcio e dai televisori nelle sale comuni vedevano le partite più importanti.
Drogo incrociò le braccia e alzò il mento. Avvertivo ancora le sue emozioni pesare su di lui, vagavano intorno al suo corpo come una densa nuvola. Se si fosse deconcentrato e la rabbia che provava si fosse condensata, per me stargli vicino sarebbe risultato difficile, molto simili a cariche uguali che si respingono.
«Ah, davvero?» lo sminuì Jessica, mettendosi la mani sui fianchi. «Non sei nemmeno il capitano, che parola vuoi mettere?»
Hurley fece una smorfia. «Basta saper spingere e picchiare. Scommetto che lo sai fare.»
«Lo so fare» gli garantì Drogo «anche meglio di te. Sono il figlio di un soldato, o no?»
Lanciai un'occhiata di sfuggito al mio amico. Hurley, a differenza di Drogo, si divertiva. L'altro non sapeva farlo, non sapeva trarre gioia dal punzecchiare un'altra persona, come facevo io; aveva i muscoli tesi, le sopracciglia quasi a novanta gradi e i denti così serrati da sentire il suo dolore.
«Drogo» lo chiamai a bassa voce.
Hejji Igel era dolce, tuttavia era anche un Demone. Drogo chiedeva forza e basta. Non poteva rifiutarsi per il maleficio.
«Be', in ogni caso, saresti molto utile. Se gli avversari dovessero farsi più tosti puoi sempre fare rapporto, Denis.»
«È Lewis.»
«Stavo solo scherzando» chiarì Hurley e gli diede una pacca sulla spalla. Per riflesso afferrai il polso di Drogo e lo tenni. Lui non si mosse e restò calmo. La patina si concentrò per un attimo, ma si gelò e l'aria divenne più respirabile. «Giuro che sono molto più simpatico. L'estate mi annoia, vero, Will?»
Il ragazzo mingherlino sollevò le spalle e ci affogò dentro, sperando di non essere più al centro dell'attenzione.
Jessica mi guardò e scosse la testa. «Avete qualche domanda particolare?»
Il liceo in sé non mi interessava, volevo parlare da sola con Will e conoscerlo meglio. In qualche modo percepivo che tra Ryokku, un Demone nero, e quel ragazzo, c'era un collegamento. Non era nulla di concreto, forse più intuito femminile.
«Io ho una domanda» continuò Hurley e senza aspettare troppo parlò ancora. «Perché non siete mai andati a scuola? Avete qualche problema?»
«Hurley» ringhiò Jessica tra i denti.
Lui non sembrò cogliere il problema.
«Mrs Martin ha detto che potevamo fare delle domande se avessimo voluto.»
«Non domande da coglioni e poi non sono affari tuoi.»
«Meglio le tue, invadenti e non da cogliona allora» sbraitò, stringendo i denti. «Le domande a senso unico solo pallose, si vede che a loro non interessa. A nessuno interessa di questo tour davvero, è una squallida scuola, tutto qui. Lo facciamo solo per i crediti, quindi smettila di avere due facce.»
Non volevo impicciarmi, ma Hurley si infilò direttamente nella mia cerchia di ragazzi speciali e questo fu il mio resoconto: dai vestiti che portava doveva arrivare da una buona famiglia, figlio unico, grandi aspettative. Non era un cattivo ragazzo, solo che era abituato ad avere occhi solo per sé. Non voleva attirare l'attenzione, voleva mantenerla sulla sua persona. Avevo già conosciuto ragazzi simili e gran parte di loro non era mai riuscita a possedere un Demone. Piegare l'orgoglio era difficile.
Scrollai la mano e feci capire a Jessica di lasciare perdere. Lei, al contrario, non mi parve convinta.
«Non importa, sono tanti che ci fanno queste domande. Alla fine sono tutte uguali, speravo che avessi più di inventiva. Mangiamo cibi salutari, carne, legumi e verdura ogni giorno. Siamo stati adottati dal padre del nostro attuale tutore da quando eravamo piccoli, io e lui viviamo insieme da allora. Quando papà è morto, Andrew ci ha tenuti con sé, ma lo abbiamo dovuto seguire per il mondo. Abbiamo studiato privatamente per comodità, tutto qui. E per rispondere alla tua domanda di prima, siamo di Brimingham. L'Irlanda fa parte del Regno Unito, non dell'Inghilterra. Potrei darti il numero di un buon insegnante privato» gli proposi mite, facendogli un sorrisetto gentile.
Drogo soffocò una risata e il suo umore migliorò.
Gli piaceva quando i miei metodi per infastidire qualcuno erano rivolti altrove, lontano da lui. Lo conoscevo molto meglio di quanto amasse ammettere. Louis mi aveva sempre detto che il miglior metodo per divertirsi alle spalle di qualcuno era essere gentile, ecco perché Erik mi detestava a morte.
Hurley tirò le labbra in un sorriso nervoso e Jessica mi diede il pugno. «Oh, diventerei lesbica per te in questo momento! Adoro gli inglesi, cazzo. E dire che ti credevo una piccola snob con la puzza di tè sotto il naso!»
Non le chiesi nemmeno il perché. Era uno stereotipo fasullo. «E io credevo che voi americani foste tutti dei grassoni, un punto a testa!» le feci eco.
Il liceo, però, come aveva detto Hurley, era monotono. Le classi si differenziavano dalle altre in base alla materia e avevano tutte un numero fisso, in modo da non confondersi. Una volta che il sito della scuola sarebbe stato riaperto e aggiornato, il mio nome e quello di Drogo sarebbero stati ufficialmente inseriti nel sistema e avremmo saputo l'orario definitivo. Apprezzavo il fatto che molte cose si svolgessero online, al Nido preferivamo avere una copia in carta di tutti i moduli perché alcune volte le onde elettromagnetiche dei Demoni interferivano con la rete stessa.
A pochi minuti dalla fine del tempo concesso, tornammo indietro. Non avevo scoperto nulla su Will, ma era abbastanza ovvio dato che non eravamo da soli.
«Vado in bagno, o mamma orso me la farà tenere fino a casa» mi informò, abituato a parlare al singolare per me in tutti gli anni passati da sorvegliato.
«Il bagno è dall'altra parte, ragazzone!» esclamò Jessica sghignazzando, indicando la direzione opposta in cui era andato Drogo. Lui guardò le due estremità del corridoio, eravamo dall'altro capo della mensa e avevamo fatto il giro orario dell'edificio. «Ti accompagno io.»
Drogo sbatté gli occhi mentre Jessica trottò vicino a lui e cominciò a parlargli di qualcosa, rimanendogli appiccicato. Sollevai un sopracciglio con brio, volendo che notasse la mia espressione eccitata, tuttavia i due procedettero fino alla fine del corridoio e girarono a sinistra senza voltarsi.
«Noi possiamo andare in presidenza, intanto» disse Hurley.
«Vai pure, noi ti raggiungiamo in Irlanda tra un po'» scherzai e vidi il suo sorriso spegnersi e diventare un'irritata linea piatta.
Non sapevo altri modi per interagire con chi odiavo. Odiare era una parola forte per quell'occasione, io non odiavo Hurley, erano i suoi modi sopra le righe ed egoisti a farmi desiderare di potergli assestare un pugno sul naso senza conseguenze.
Will si spostò vicino a me e guardò il muro. «Stai pensando di iscriverti al gruppo teatrale?» domandò e io mi svegliai.
Pensando, mi erano unicamente concentrata su un punto a caso. Misi a fuoco il piccolo manifesto del gruppo teatrale della scuola. Era la prima volta che Will, di sua iniziativa, mi parlava.
«Oh, no» risposi. «Dicono tutti che faccio schifo a mentire, recitare è più o meno la stessa cosa. Si sente quando mi fingo gentile con gli altri.»
Lui mi sorrise. Ryokku si mosse nel petto e lo avvertii spingersi contro la barriera del mio animo, come se cercasse di spingersi il più possibile verso il mondo esterno senza lasciarmi. Non sapevo cosa stesse aspettando, poteva decidere se farsi vedere da Will o meno, o forse aveva semplicemente paura di lasciami in qualche modo scoperta. Percepii il filo sottile delle emozioni di Ryo attivarsi e farsi più pungente. Non provava sentimenti d'odio o d'affetto, la sua era una pura attrazione, simile a quella di un bambino davanti ad un barattolo di caramelle colorate.
«Mia madre ha detto la stessa cosa, ma l'anno scorso mi ha costretto a iscrivermi comunque. Dice che devo smetterla di avere la testa altrove e concentrarmi in qualcosa di più concreto. In verità non è stato molto bello, il professor Parker mi ha messo a manovrare le luci per quanto facevo pena. Il primo giorno è sempre uno schifo.»
Gli diedi una leggera spinta con la spalla e lo feci dondolare. «Grazie, Will. Tu sì che sei un gran chiacchierone!» Lui alzò le spalle. «Oh, andiamo! Non farlo più, dovresti parlare più spesso, specie con quell'idiota. Perché non gli rispondi? È successo qualcosa?»
Lui scosse la testa. «Hurley da fastidio a tutti, è fatto così.»
«Be', affrontalo» risposi facile.
Lui roteò gli occhi e borbottò qualcosa. «Io non so fare a pugni. Mi spezzerebbe un braccio in un secondo. Se non gli vai dietro si stufa e basta.»
Non ne ero sicura.
«Spezzerebbe il braccio anche a me, se è per questo, ma se qualcuno mi rompe le scatole non me ne sto con le mani in mano. Non dico che la migliore delle opzioni è il dialogo, ho imparato che non sempre è così, ma nemmeno lo è la passività. Sei un ragazzo di certo intelligente.»
«Come lo sai?»
«Lo so e basta» lo liquidai e lui abbassò gli occhi, mettendosi una mano tra i capelli ricciuti, scombinandoli maggiormente. «Se gli dai quel che vuole ti ha mai lasciato in pace?»
Ci pensò e scosse la testa. Will non era come me e di sicuro non come Drogo, era alto, ma senza muscoli o peso da cui trarre vantaggio. Io ero veloce e sapevo bene le arti marziali, uscire indenne da uno scontro fisico era sempre stato il perno delle educazioni di Andy. Lui diceva che non potevo vincere con la forza, ci avevo provato di testa mia e tutte le volte mi ero fatta male inutilmente; dalla mia ero veloce e agile.
«Come è questa scuola? Sinceramente» lo pregai.
Lui fece per alzare le spalle, poi ci ripensò. «Devi farti i giusti amici. Hurley sarebbe uno dei giusti se vuoi essere popolare, ma fa davvero pessime battute, peggiori di Jessica.»
«Hurley non mi interessa» misi subito in chiaro e lo vidi arrossire. «Insomma, se volevo un coglione dal pessimo carattere avrei sposato Drogo dall'inizio. Magari dovresti dirmi il tuo gusto preferito, così la prossima volta mangerai le mie torte.»
Il suo sorriso si allargò per un attimo. «Fragola. Mi piacciono le fragole.»
«Fragolina!» canticchiai e gli passai un braccio attorno al collo.
Quando Drogo e Jessica tornarono, la ragazza stava ancora parlando e il mio amico non pareva molto felice. Se fossi stata al posto dell'altra mi avrebbe facilmente detto di chiudere la bocca, eppure gli riconobbi l'educazione e l'autocontrollo di mantenere un aspetto neutro.
«Lavato le mani?» domandai a Drogo.
Lui mi passò oltre senza fermarsi, dirigendosi da Will, il quale trasalì e si incamminò a sua volta verso l'ufficio del preside.
«Mi dispiace per Hurley. Fa così, per la maggior parte delle volte» mi tranquillizzò Jessica. «Crede che facendo il cattivo ragazzo avrà più chance di portarti a letto. Questi sono i problemi dell'astinenza di un uomo di sedici anni, mia cara, ecco perché dico sempre che le lesbiche hanno capito tutto dalla vita. Gay everyday. È il mio motto.»
«Che bel motto. Grazie di avermi mostrato la scuola.»
«Figurati» pigolò. «D'estate faccio poco o niente, i miei non vanno mai in ferie e sono sempre a casa a bighellonare. Almeno racimolo un po' di crediti. È una bella scuola, dopotutto. Io volevo andare alla Wester, là hanno attività sportive migliori...»
Corrugai la fronte, pensosa. «Perché ti sei iscritta qui?»
«Borsa di studio» disse in poco. «E poi i miei non volevano che andassi più lontano. Per loro prendere un autobus per andare a scuola è anche troppo. Il primo giorno qui devo sempre seminare mia madre per venire da sola, pensa un po'! Ehi, se ti va uno di questi giorni andiamo a fare colazione insieme. Senza Hurley, è ovvio!»
Dentro di me non seppi come rispondere. Da quanto tempo era che non facevo colazione in compagnia di qualcuno della mia età, senza Andy nei paraggi? Non era a Jessica a cui dovevo avvicinarmi, ma a Will. Di cosa avremmo potuto parlare poi? Avevamo lo stesso umorismo, per mia fortuna, ma le nostre vite erano su binari opposti. Wyatt e Leah mi conoscevano dall'infanzia, non avevo segreti. Con Jessica avrei dovuto mentire su ogni cosa, persino sul mio cognome. Per lei sarebbe stato pericoloso avvicinarsi a me. Era una ragazza simpatica e solare, ma la sua amicizia era una cosa superflua.
«È un'idea carina...» biascicai in qualche modo.
«Giusto, devi chiedere prima al tuo tutore, certo» si ricordò. «Dove abiti?»
«Marple St, credo si chiami così.»
«Oh, non è affatto lontano. Conosco un posto di strada dal liceo, potremmo andarci un giorno prima delle lezioni e non dirlo a nessuno. Fanno degli ottimi pancake, te lo giuro, con il migliore sciroppo di San Francisco. Ci lavora mia zia, qualità garantita!» esclamò convinta e deglutii, sentendo nuovamente il groppo d'ansia salire.
Non dire niente a Andy. Pessima idea. Pessima.
Andy veniva a sapere sempre tutto.
«Magari possiamo invitare anche Will» proposi. Non era molto convinta, ma annuì. Prima che se ne andasse, la fermai. «Ehi, sbaglio o Hurley ha qualcosa contro Will?»
Jessica guardò i due ragazzi allontanarsi e strinse le labbra. «È una scuola di quartiere, come altre. Io, Will e Hurley abbiamo fatto le scuole elementari e medie insieme, ma ci siamo allontanati. Da quando è al liceo, Will è una specie di capro espiatorio e nessuno si metterebbe contro la squadra di football. Alla gente va bene così e anche a lui. Fatti le compagnie giuste, Lewis, e benvenuta nella favolosa vita del liceo!»
Will non aveva la faccia da Dominatore, le sembianze fisiche o quelle emotive. Per me era un umano qualunque, uno debole, represso e confuso. Se secondo Ryo - e avrebbe messo una mano sul fuoco nel giurarlo - era speciale, nemmeno lui se ne era reso conto. Però non aveva né forza né velocità, tratti assolutamente indissolubili in un Dominatore, seppure alle prime armi. Non capiva cosa era in grado di fare. Non lo sapeva e basta.
Anche io ero speciale, fortunata, fuori dal comune. Il destino mi aveva fatto trovare da Andy e dopo io avevo trovato Will. Mi resi conto perché il generale avesse voluto me in questa missione. Avevo due compiti: a) sorvegliarlo. Will era fuori dall'ordinario, se l'ottavo Mastino si fosse fatto vivo insieme avrebbero potuto scatenare un serio pericolo per la città. Non potevo allontanarmi da lui. Ryo doveva stargli vicino per esaminarlo e tenerlo sotto controllo. Io di conseguenza.
B) Dovevo proteggerlo.
Provai a proporre a Will di riaccompagnarlo a casa in macchina, ma lui rifiutò. Era fin troppo timido e terrorizzato da Drogo e Andy per accettare di restare in macchina con noi tutti. Doveva di sicuro considerarci strani.
Come al solito, una volta tornati a casa, dovemmo compilare i rapporti e li inviammo sia all'OverTwo sia al Nido. Louis mi scrisse che le cose là andavano bene, Erik se la prendeva come al solito con Maximilien per il vomito sulle scarpe e tutto era sommato sopportabile, mi avrebbe chiamato il primo giorno per sapere le mie notizie, seppure con il fusorario un po' contro.
Verso le undici di sera, salii al piano di sopra a dormire. Drogo era già buttato sul letto, aveva lasciato la luce sul comò accesa e aveva il viso infilato tra due cuscini. Sgusciai in camera di Andy e saltai sul letto. Tra le stanze, la sua era di certo la più grande, quella padronale. Aveva un design molto più sobrio rispetto alla mia e quella di Drogo, senza poster o cose inutili sui mobili, un po' come a casa. Il letto era più duro e le lenzuola nuove ancora non avevano la morbidezza e il nostro odore.
Mi tolsi i vestiti e rimasi in mutande e canotta per il caldo. La sera all'esterno si stava bene anche con una giacca sottile, però le pareti di quella casa parevano trattenere tutto il calore del pomeriggio all'interno, non facendoci respirare.
Andy mi seguì poco dopo, si sfilò la maglietta e si mise i pantaloni del pigiama. Si sfregò la faccia senza rivolgermi una parola e si guardò allo specchio, passandosi una mano tra i capelli, alzando appena alcune ciocche.
«Andy, posso farti una domanda?» chiesi e mi misi seduta sul materasso.
«È una domanda stupida?»
«Secondo te qual è l'età giusta per fare sesso?»
Lui si fermò e si girò. La sera normalmente era stanco e lo lasciavo stare, si prendeva i suoi momenti di silenzio per maledire con pazienza ogni cosa. I suoi occhi scintillarono di furore e mi impalò con lo sguardo, intimidendomi.
«Perché?» sbottò sospettoso. «Lo stai facendo?»
«No!» tuonai offesa. «Chiedevo solo...»
«Perché?» continuò, torchiandomi.
Mi morsi un labbro e diventai rossa. «Ero solo curiosa.»
Lui affilò lo sguardo. Sapeva essere opprimente solo in certe questioni, il mio mondo verteva sul suo e mi stava bene. Non avevo mai provato niente per nessuno, a parte lui. Sentivo che se me lo avesse chiesto avrei rinunciato persino alla vita. L'amore per lui era puro e semplice; era il mio Dio.
«Sono cose che non ti interessano adesso, pensa solo al tuo compito» mi liquidò freddo.
Annuii e mi pulii un'unghia sconfortata. Non era stata solo Jessica a incuriosirmi.
Avevo fatto educazione sessuale al Distretto, non era affatto un tabù, ma tutt'altro: più figli significavano più soldati e le nuove generazioni portavano geni nuovi e resistenti. Sapevo bene la teoria, seppure non ne avessi mai parlato con Andy o mio padre, eppure presi a preoccuparmi di Damian, se davvero avesse voluto sposarmi e se mi avrebbe fatto male.
Andy sospirò e parve scocciato. Avere una ragazza in casa non era facile per lui. Non aveva fatto pace con il pensiero che non sarei stata più sua, il suo giocattolino a cui dire cosa fare. Era l'idea della solitudine futura a farlo imbestialire. Aveva già ventiquattro anni, al nostro ritorno avremmo dovuto sposarci entrambi. Io per promessa, lui per regolamento.
«Tu non... Più tardi possibile, specie per te» chiarì vago.
«Vent'anni?»
«Più tardi.»
«Trenta?»
Alzò la mano e mi intimò di tacere. «Mai. Mai... Non per te.»
«Tu lo hai già fatto?» feci ancora. Lui allargò gli occhi. «Hai fatto sesso con Karen? Con quante ragazze? Dimmelo.»
«Cosa te ne importa?» sbraitò. «Sei gelosa?»
«Mi importa eccome!» Mi alzai sulle ginocchia e incrociai le braccia.
«Abbassa la voce, la gente dorme» mi riprese. «A chi stai pensando se mi chiedi questo? A Damian o al tuo amichetto biondo là? Ti sono sempre piaciuti i casi persi, l'ho sempre creduto. Oppure pensi a Will? Totalmente fuori dai tuoi standard, piccola. Finché ci sono io davanti a te, non dovrai nemmeno pensare una cosa del genere. Preferirei morire piuttosto che pensare a te a letto con il generale. Tu sei la mia anima, il mio cuore, l'unico controllo che mi fa mantenere la testa a posto con Ally. Sei sempre venuta prima di ogni cosa.» Si avvicinò al letto e mi afferrò la caviglia, tenendomi salda. «Attenta a ciò che dici con me, Penny. Non vuoi farmi arrabbiare, vero?»
Un brivido mi scosse, poi si chinò e mi slegò la coda, lasciandomi liberi i capelli.
«Va' a letto, adesso, non farmelo ripetere. Io vengo tra un po'.»
Uscì dalla camera ed entrò in bagno, sentii il rubinetto e l'acqua aprirsi. Deglutii un groppo in gola e mi spinsi i capelli lontano dalle spalle. Odiavo quando non rispondeva alle mie domande.
«Ryo» lo chiamai e non dovetti farlo altre volte.
Il Demone capì dal mio tono sottile e duro che non avevo la pazienza necessaria per subire altri giochetti e comparve subito. Tirò le ali verso la schiena e si curvò verso di me, avvicinandosi meglio al mio viso. Senza parlare, mi annusò e mi sfiorò la guancia con le labbra tiepide.
«Voglio che mi fai una promessa» dissi. Lui mi guardò. Andy non poteva capire e nemmeno io, in fondo. Eravamo solo umani. «Ora.»
«Una promessa da un Demone? Sei disperata o speranzosa?» gracchiò, accarezzandosi un canino con la punta della lingua. «Non sono quel tipo di Demone, dovresti saperlo. Cosa vuoi da me di preciso?»
«So che voi Demoni preferite morire piuttosto che non mantenere la parola data» enfatizzai e le sue pupille si restrinsero, concentrandosi su di me. «Voglio che tu mi prometta che non mi tradirai mai. Qualunque cosa accada, a me, a te, agli altri, voglio che non mi lasci mai. Non mentirmi mai. E non ti azzardare a coprire le tue colpe con la scusa di proteggermi.»
Andy aveva fatto cose brutte, mascherando le sue azioni con il fatto di volermi tenere al sicuro.
Ryokku inclinò la testa e i suoi capelli gli scivolarono via dalle orecchie, lunghe e appuntite. «Il tuo odore cambia quando sei più determinata» sibilò. Mi prese una mano nella sua zampa e venne quasi totalmente sotterrata dalle sue piume, meno rigide del normale, quasi come quelle di un cuscino morbido. «Questi punti erano una clausola del nostro Patto, bestiolina. Non ti lascerò libera, non prima di averti divorata quando ti lascerai andare tra i miei denti. Sono l'unico di cui ti puoi fidare in questo mondo.»
«Sei un Demone» gli ricordai. «Il più infido che conosca.»
«Ed è per questo che ti dirò sempre la verità, ma questa avrà un caro prezzo.»
Tenne stretta la mano tra la sua e, di conseguenza, afferrai il suo polso. Le piume facevano volume, non riuscivo nemmeno a sfiorare la punta delle dita. La vita mi aveva dato solo problemi da risolvere e domande senza risposta. Non lo lasciai andare. Ryo non mi stringeva come faceva Andy, era pronto a lasciarmi appena mi fossi mossa indietro. Aveva due lati, quel Demone, e quello più fiducioso e umano era quello che mi faceva credere che potessi dargli la stessa fiducia che mio padre aveva messo nel suo vecchio compagno.
«Non ti lascerò. Questa è la promessa che ti faccio.»
E tra le nostre mani qualcosa si rafforzò.
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