XXVIII
Il generale si raschiò la gola e parve lontanamente gratificato di tutto quell'interesse. «Monitoriamo il mondo e controlliamo che nessuna minaccia metta a rischio qualche vita civile. Ci sono molte creature che, anche adesso, tramano nell'ombra. Di solito le catturiamo o lasciamo che il nostro reparto d'azione, per l'appunto in simbiosi con Demoni e altro, agisca. Sono loro che dovrebbero giudicare quelli come loro, non noi. La nostra base operativa mondiale è a Washington e pochi sanno del nostro reparto.»
«Ci sono altre creature?» esclamai curiosa, sbilanciandomi su Drogo. «Altri Demoni?»
«Demoni, déi, licantropi, vampiri e molto altro... Voi non vi rapportate con queste?» Andy scosse la testa. «I Demoni sono i più violenti, d'altro canto. Le altre razze convivono in armonia con il mondo, si riproducono con gli umani e fanno parte della stessa catena, eppure non tutti sono uguali. Un Demone come arma è impossibile, come alleato è una vittoria sicura.»
Connor o'Riley venne da noi e ci porse una lattina rossa e bianca. Coca Cola. Non l'avevo mai bevuta. La stappai e insieme al mio amico ne scolammo più della metà, dolce e frizzante tanto da farti esplodere tutte le papille.
«È buonissima! Grazie!» cantai gioiosa, mentre Drogo trattenne un rutto.
L'uomo mi osservò paziente e con timidezza alzò piano un dito, come se cercasse di chiedermi il permesso di farmi una domanda. «Posso sapere quanti anni hai?»
«Diciassette» risposi.
Il generale lo riprese furioso e si scusò con me per la maleducazione. Non mi era parso minimamente maleducato, era la prima persona completamente nuova che vedessi nella mia vita, senza un Demone o un legame stretto ad esso.
«Scusalo» borbottò il generale con un fremito al labbro. «Sei piuttosto giovane per questa missione, lo sai a cosa vai incontro?»
«Se mi hanno selezionata vuol dire che sono più adatta io di altri, giusto?»
Andy strinse le dita e percepii l'impulso di alzarsi e colpirmi per farmi tacere. In quale modo si trattenne per non dare scalpore e si morse un labbro.
«Hai ragione, e che cazzo!» urlò felice e sorrisi. «Hai la stessa età di mia figlia, la più piccola almeno. Diciassette anni sono un'età fantastica, e tu hai dentro di te un Demone. Non posso crederci. Pari fragile dall'esterno e potresti ucciderci tutti qui. Questa realtà in cui viviamo mi spaventa proprio. Quale è l'età minima per possederne uno?»
«Tredici» rispose Andy.
«So che sei un caso particolare. Il generale Mordecai mi ha messo al corrente.»
«Non l'unico» rispose secco.
Avrei voluto dire il contrario, Andy era un caso rarissimo, un talento, un'attitudine e una forza oltre quella naturale. Damian era cresciuto forte e sano, uguale a Andy, ma quest'ultimo aveva qualcosa in più, sia nel bene sia nel male. Andy poteva essere in grado di reggere il mondo intero con una mano, ma anche rompersi in mille pezzi per un sassolino.
«Posso vedere un licantropo? Oh, per favore!» Schiacciai Drogo e lui si lamentò, avendo il mio gomito sulla spalla. «Ce ne sarà uno in squadra? Cosa usate se non vi servite dei Demoni come arma? Vi sentite più al sicuro?» domandai euforica.
Andy e il generale parvero spaesati dalla mia raffica di domande e nessuno mi rispose. O'Riley placò la mia curiosità con imbarazzo, temendo di essere di nuovo rimproverato a causa mia. «Ti spiegherò tutto dopo che il generale ti avrà informato sulla tua missione» disse veloce e io annuii, rimettendomi seduta al mio posto affranta.
In silenzio e già in volo, il generale ci passò alcuni fogli.
«Il vostro caposquadra vi avrà già informato della situazione che si è venuta a creare da qualche mese. Dovete capire che ai Demoni non interessano i nostri beni materiali, gli unici a cui devono tenere conto sono i reali, coloro che sono nati direttamente dal vero frutto dell'inferno. Sono pochi, ma il loro potere è veramente immenso, nemmeno uno dei vostri malefici potrebbe contenerli. Ogni azione, movimento e sangue bevuto viene tenuto sotto controllo da noi, e specialmente dalla famiglia reale per non creare scalpore. Vivono nel nostro mondo da molto tempo e collaborano con noi a tempo pieno. Un Demone comune non è libero di fare ciò che vuole, ma alcuni scelgono di vivere una vita selvatica e senza regole; uccidono, si appropriano del corpo di un essere umano e lo sfruttano fino allo sfinimento. Loro non possono vivere concretamente nel nostro mondo, gli serve un contenitore» spiegò. «E sapete cosa succede ad un umano posseduto?»
«Se sopravvive entra in simbiosi, altrimenti muore» affermò Drogo.
«E quando muore cosa succede?»
Ci mise un po' a rispondere. «Torna al suo stadio principale?»
«Più o meno. Un Demone può essere ucciso solo da un altro della sua razza, o da un'arma molto speciale: i Sacred Soul. Noi li usiamo, sono strumenti divini che ci permettono di individuali, ferirli, catturarli e anche ucciderli. Sono più efficaci dei vostri strumenti, ma molto più rari. Se a voi muore un Demone lo sostituite, noi non possiamo. Sono armi creati dagli Angeli e per questo quasi introvabili. I Demoni morti tornano nel loro inferno, dalla famiglia reale, sono biologicamente predestinati a fare ritorno a loro. Quelli a cui ci troviamo davanti non tornano.»
«Quindi c'è un intoppo nel percorso?» chiese Drogo.
«Chi crea un Demone dal nulla?» ci interrogò ancora, attendendo le nostre risposte.
Andy ghignò spavaldo e non disse niente, mettendoci alla prova.
«Un Mastino» dissi. «Il Re incarica ai Mastini di creare nuovi servitori e questi sono legati a quest'ultimo e così, nell'insieme, tutti al Re... Però se ci ha detto che i Demoni che avete trovato voi non tornano, significa che nessuno dei Mastini nati dal Re ha dato vita ad altre creature. Ce ne è un ottavo» buttai lì certa. «È possibile?»
Mi sorrise. «Ho parlato io stesso con il Re. Nessun nuovo Mastino è stato creato, sono tutti al suo cospetto e quei cani sono sterili, non partoriscono cuccioli. Per un po' abbiamo sospettato di una sua bugia, ma i dati che ci avete fornito parlano chiaro: è uno nuovo, ha una frequenza e una traccia tutta sua. Si comporta, agisce come un vero cane infernale, ma è più pericoloso. È libero e senza padrone. E, peggio, è dotato di intelligenza propria.»
«È possibile che lo abbiamo creato noi? Gli esseri umani» specificai.
Lui annuì. «È uno dei peggiori tabù della storia dei mondi creare dal nulla un simile essere. Non oso immaginare quanti veleni e maledizioni hanno usato, se ciò è vero. I Mastini vanno dove va il loro Re, di rado escono dal loro mondo.»
Drogo si accomodò meglio sulla poltrona. «Quindi dobbiamo scoprire chi c'è dietro questa storia, il mostro?» ipotizzò.
Il generale soffiò. «Tra i vostri fogli c'è una foto» disse. Cercai tra il fascicolo e presi la foto: rappresentava un ragazzo, doveva avere più o meno la mia età, con dei vispi capelli ricci e bruni, occhi grandi e spaesati e la schiena curva. Era una foto scattata di nascosto. «Lui è Will Baker. Vi chiederete chi è, ovviamente. I Demoni neri, come li chiamate voi, quelli che sono nati da un Mastino vero e proprio, quando muoiono lasciano dietro di sé una scia di particelle molto più visibile e particolare, una specie di traccia. Questa scia ha avuto origine in un'isola abitata, vicino a Haiti e si è distribuita in varie parti lungo gli Stati Uniti. Non c'è uno schema di base che collega questi territori, ma in tutti questi punti c'è un individuo che manifesta strane aure. Per gli umani è invisibile, ma a noi dell'OverTwo e ai Demoni è chiaramente visibile.»
«Crediamo che questo ragazzo c'entra con il Mastino illegale» proruppe Andy. «Il tuo è uno nero, ha più possibilità di trovare e scovare il suo simile. La scia porta a varie persone, più di una ventina. Noi siamo stati assegnati a lui, a Will Baker.»
«Il vostro compito è seguirlo e scoprire cosa sa o cosa è» continuò il generale. «Può essere una vittima inconsapevole o un subordinato. Nessuno di loro pare essere un Demone, prima di chiamarvi abbiamo eseguito scanner, test e molto altro. L'unico modo è rapportarci in segreto a lui e scoprire cosa nasconde. Ha sedici anni, frequenta il terzo anno del liceo Sky High School a San Francisco, California. Dalle indagini ha molti interessi, prevalentemente legati al mondo del digitale, troverete tutto nella cartella. Cosa c'è di meglio per un ragazzo di rapportarsi con altri della sua stessa età?» scherzò.
Drogo fece due più due. «Dobbiamo andare al liceo?» sbottò preoccupato.
«La vostra iscrizione è già stata approvata» replicò. «Da oggi siete Drogo, Penny e Andrew Lewis, per un programma di reinserimento siete sotto la tutela congiunta di Andrew e della sua compagna Karen. Avrete sedici anni e vi siete appena trasferiti dal Regno Unito. La vostra missione è scoprire la natura di Baker senza farvi scoprire da niente e nessuno. È una missione segreta e sotto copertura, il mio capo desidera sottolineare ancora l'aspetto di segretezza: nessun civile dovrà essere messo a conoscenza di questo, tanto meno sospettare l'esistenza dei Demoni. Internet è già un posto squallido. Il vostro piano di studi è lì, i libri vi aspettano nella vostra casa. Abiterete come vicini del sospettato, abbiamo ristrutturato una casa e messa in regola per il vostro arrivo.»
Drogo mi diede una leggera spinta per avere più spazio e si accomodò con le ginocchia molli. Il generale e Andy cominciarono a parlare privatamente tra loro e capii da sola che erano questioni in cui non dovevo mettere becco o orecchio. Più volte mi era capitato di sentire discorsi confidenziali e con mio fratello non era mai andata bene.
Imitai il mio amico e mi rilassai, mentre o'Riley ci portò qualche cibo veloce da sgranocchiare: würstel avvolti con pasta frolla, tortine al salmone e deliziose patatine con salsa rosa.
Non sapevo come avrei interagito con lui, pareva davvero un ragazzo qualsiasi di città con bei vestiti sportivi e un taglio di capelli appena fatto. L'operazione era iniziata da mesi e avevano già redatto un'accurata scheda tecnica del ragazzo, di sicuro l'OverTwo aveva accesso a molti servizi privati per sapere l'altezza, il peso e il gruppo sanguigno di Will Baker. Dovevano seguirlo da molte settimane.
Nome: Will
Cognome: Baker
Altezza: 1.79 cm
Peso: 81 kg
Gruppo sanguigno: B negativo
Data di nascita: 3 aprile, 16 anni
Genitori: Madison Potter (infermiera presso il San Francisco Medical Hospital, 49) – John Baker (poliziotto in servizio nel terzo distretto, 53) n.a. Benjamin Baker (fratello maggiore, 21, attualmente stabilito a Los Angeles) – Ella Baker (sorella minore, 5)
Studi: Terzo anno alla Sky High School, club d'iscrizione atletica
Note aggiuntive: -
C'erano inoltre numerosi indirizzi e mappe dei suoi luoghi maggiormente frequentati, come un bar vicino casa sua, la biblioteca e un parco. Presi alcune sue foto e lo studiai meglio, cercando di capire come fosse. Di solito mi bastava un'occhiata, anche con i sorvegliati del Distretto, per capire chi tra i tanti avrebbe dato problemi. Drogo era un emblema fisso, per esempio: capelli ribelli, espressione furente e pugni chiusi. Will al contrario pareva un ragazzo timido e tranquillo. L'apparenza però tendeva a ingannare.
Will poteva all'esterno dare l'idea di non avere nulla fuori posto, eppure doveva esserci un motivo per cui l'avevano collegato al misterioso nuovo Mastino. Scie di particelle come quelle dei Demoni non si presentavano nemmeno nei Dominatori come me, erano semplicemente due esseri diversi. Quella traccia era troppo forte e distinta.
Il viaggio durò più del previsto. Né io né Drogo eravamo abituati a simili condizioni e per tutta la notte non riuscimmo a chiudere occhio. Le vibrazioni del jet divennero insopportabili e ogni volta che cercavo di appisolarmi una strana ansia mi saliva in gola, mescolata alla nausea, forse dovuta a troppo paté di pesce non digerito.
O'Riley, per passare un po' di tempo e vedendoci con le facce bianche e verdi, parlò dell'organizzazione e come operavano. Oltre all'OverTwo e all'Esercito dell'Ordine demoniaco c'era un'altra associazione, tuttavia noi avevamo cercato di mantenere i rapporti con l'agenzia americana, mentre l'ultima no. In ogni caso l'OverTwo era nata da poco tempo, due o tre secoli prima. Il Nido aveva origini più antiche.
La loro associazione aveva un carattere più burocratico, lavoravano pienamente per non far scoprire l'esistenza di altre creature ai civili e si impegnavano per mantenere un'ordine sereno. Avevano però molti più contatti, il Nido, lo sapevo anche io, era chiuso e adoperava ancora un sistema tipicamente monarchico e piramidale. Noi usavamo la violenza per risolvere i conflitti, loro la pazienza e il dialogo. Per quanto mi riguardava, il nostro metodo era più veloce, così come l'uso delle armi demoniache.
Volevo assolutamente che il generale mi presentasse uno dei suoi amici Demoni o licantropi per vedere se assomigliavano alle mie fantasie, ma mi disse presto che i reali si erano tutti stabiliti in Alaska, troppo lontani da me e a Andy l'opzione di conoscere Demoni senza protezione non andava a genio, seppure gli ripetessero che era sicuro.
Arrivammo a San Francisco quasi all'alba, con un'ora di ritardo rispetto alla tabella di marcia, eppure il sole era già alto sopra quella meravigliosa città. Non avevo mai visto nemmeno Londra da una prospettiva così e ignorai persino le vertigini. San Francisco si trovava sulla punta di una penisola circondata da un lato dall'Oceano Pacifico e dall'altra dalla baia di San Francisco. Rimasi leggermente dispiaciuta nel vedere che il Golden Gate Bridge non fosse dorato, bensì rosso e accerchiato da un sottile strato di nebbiolina.
Era un enorme puntino grigio e nero ai miei occhi, se pensavo che il Distretto fosse alto non avevo visto nemmeno il primo palazzo della città, tutti questi svettavano come fusti d'erba dalle strade della città, su e giù in discese ripide e salite, percorse da tram, auto e bici senza sosta.
Atterrammo in una pista privata e trovammo ad aspettarci due macchine nere.
«Qui le strade si dividono» disse il generale, carico e pronto come se avesse dormito magnificamente. «Andrew e i ragazzi andranno nella prima auto, vi accompagnerò io stesso al vostro alloggio, dopodiché avrete l'autorizzazione formale per iniziare l'operazione. O'Riley seguirà gli altri soldati, la loro dimora sarà vicino alla vostra, in una strada laterale per non dare nell'occhio. Il generale Mordecai mi ha detto di farvi fare rapporto appena atterrati.»
Andy annuì. Ero davvero stanca, mi faceva male la schiena e volevo solo andare a dormire, benché allo stesso tempo fossi eccitata di essere in America. Scoprii subito cosa si intendesse con il termine 'jet lag' e lo odiai.
Lasciai che il generale caricasse la mia valigia nel bagagliaio con estrema gentilezza e andai da Andy, rifugiandomi contro il suo petto. «Sono stanchissima, dimmi che posso andare a dormire. Almeno per mezza giornata.»
Mio fratello mi guardò e mi pulì gli occhi. La sua mano era fresca e seppure fosse reduce da un viaggio aereo di più di dieci ore non era confuso. «Lo so» mi consolò piano, sfiorandomi la testa con le labbra. «Ma se vai a dormire adesso ti sveglierai nel cuore della notte. Oggi dobbiamo fare molte cose, andrai a dormire presto e domani starai meglio.»
L'auto era un BMW, perciò con tutte le nostre cose stipate nel bagagliaio, io e Drogo viaggiammo comodi nei sedili posteriori. Non avevo mai visto una macchina come quella e poche, pochissime volte, c'ero entrata anche al Nido. Non avevo mai chiesto di salirci e non mi era mai servito.
La macchina profumava di pelle e deodorante al pino, i sedili erano grandi ma duri. Era impossibile restarci comodi e, in aggiunta, mi doleva il sedere da tutte quelle ore passate seduta.
Le strade di San Francisco erano infinite, piene di salite e passaggi pedonali. Gli edifici erano su più livelli, con tetti piatti e bovindi ingombranti, a differenza dell'architettura inglese. Il traffico era più controllato di quanto mi sarei aspettata, numerosi poliziotti con paletta e fischietto dirigevano le macchine, bambini e adulti già dalle prime ore del mattino passeggiavano liberi. La città aveva vari odori, fumo, smog, fognatura, ma anche qualcosa di più dolce proveniente dai negozi di dolci e panetterie. Faceva più caldo che a Londra, dovevo aspettarmelo.
Imboccammo una strada secondaria, scendendo lungo un'interminabile discesa, fiancheggiata da auto parcheggiate e alberi rigogliosi. A differenza del centro città, le case qui erano a schiera, senza un giardino, con solo una piccola gradinata e murature variopinte.
Il BMW si fermò e parcheggiò davanti a una delle tante casette uguali, di un chiaro color azzurro. Era stata appena messa a nuovo, l'intonaco era fresco e curato, le finestre pulite e persino un vasetto di fiori sulla finestra. Andy scese per primo e il generale lo aiutò con le valigie, evitò di darmi la mia e insistette sull'aiutarmi. Non mi riteneva minimamente forte o all'altezza del mio incarico, tuttavia ero così stanca da infischiarmene e deambulai dietro Drogo.
La casa pareva all'esterno piccola, ma l'interno era grazioso e accogliente. C'erano numerosi oggetti vari sui mobili, da piccoli animali di porcellana a bicchieri di vetro negli armadi. Avevano fatto un ottimo lavoro, nessuno avrebbe potuto capire che eravamo soldati o altro rispetto a una famiglia un po' speciale.
Drogo abbandonò il suo borsone all'ingresso e corse a vedere il salotto, sprofondando in un soffice divano verde pisello con cuscini gialli. Un enorme televisore a schermo piatto occupava gran parte del mobile, accanto ad uno stereo e a una console per i videogiochi. Il soffitto era piuttosto basso rispetto al normale, la luce era ottima, il parquet liscio.
Drogo allargò le gambe e mise i piedi sul divano, sbadigliando.
«Dio» berciai. «Ho pietà per la tua futura moglie. Siamo appena arrivati!»
Sollevò un sopracciglio e per irritarmi si grattò la pancia. «E io ho pietà del primo che cercherà ti baciarti. Hai una faccia orrenda.»
Arrossii furiosa. Hejji si materializzò nella sua forma umana e si rannicchiò sul divano, poggiando la testa sulle gambe di Drogo. «Ci piace!» gioì felice.
Cercai mio fratello e uscita dal salotto lo trovai subito, la casa non era affatto grande, certo, lo era al confronto con il piccolo appartamento, però la trovai alquanto equilibrata. Il corridoio non era lungo e terminava con due porte, quella a destra verso la cucina e quella a sinistra con un piccolo studio rimodernizzato.
Quella stanza aveva pareti insonorizzate, un grande schermo a parete e numerosi computer. Il generale stava facendo vedere a Andy un programma con accesso remoto e tentai di guardare il desktop con curiosità, prima che si accorgessero di me. L'uomo mi sorrise con l'aria leggermente provata e pensai che mi dicesse qualcosa tipo: «Benvenuta nel nostro quartiere generale!», eppure mio fratello mi accompagnò fuori.
«Perché non vai a mettere la roba in camera tua? Hai fame?» mi domandò.
Scossi la testa. «Dormo con te, vero?»
Anche se mi avesse detto di no, la sera mi sarei intrufolata dentro il suo letto per stargli vicino. Dormire da soli era impossibile, quando andava in missione a volte Louis veniva a tenermi compagnia in segreto e restava con me fino a quando non mi addormentavo, molte volte in lacrime. Una volta io e Andy avevamo litigato così tanto che si rifiutò di dormire sul letto, prese la coperta e si stese sul divano accanto alla stufa. Sia io sia lui non dormimmo affatto.
Presi il mio bagaglio e Drogo, incuriosito, mi imitò. Salimmo le scale per andare al piano superiore e ci guardammo in giro. La casa aveva tre piani in tutto: il primo, che comprendeva il salotto, la cucina e lo studio; il secondo con le camere e il bagno, e il terzo, con un'eventuale soffitta.
Non faticammo a distinguere le camere, erano già arredate. La stanza di Drogo era la prima sulla sinistra, le pareti erano dipinte con un colore blu mare molto vivace, il soffitto di un rosso intenso. Vicino alle finestre a bovindo, sopra un tappeto, c'era il letto, pulito e ordinato, e accanto una morbida poltrona pouf. Come se fossero quadri, alle pareti c'erano attaccati dei vinili e dei poster di alcuni gruppi che conoscevo anche io, come i Queen e i Pink Floyd. Sopra la scrivania, sulle mensole, c'erano numerosi CD vari e piccole riproduzioni dei vari pianeti del sistema solare, insieme ai suoi libri di scuola.
Hejji Igel cercò un posto all'ombra dove nascondersi e quando capì che la camera era troppo luminosa per i suoi gusti, senza perdere tempo, si dileguò. Drogo lasciò le valigie, prese uno dei libri scolastici e me lo mostro.
«Storia?» sbuffò.
Trattenni un sorrisetto. «Americana.»
Fece una smorfia, per nulla convinto. «Soldati addestrati, Dominatori che possono sfidare le leggi della natura stessa, e noi dobbiamo andare a scuola? Ci prendono per idioti?» cominciò a scaldarsi, sfogliò il libro e poi lo mise via in malo modo. «Ho già finito quegli studi, cazzo! Pensavo volessero affidarci qualcosa di serio.»
Non lo presi in giro, anche se volevo. Il generale Mordecai – e Damian stesso – non mi avrebbero mai affidato una missione pericolosa, dovevo tornare felice al Nido, non malinconica o spaventata. Se fossi morta non avrei potuto sposare Damian e dargli dei figli. Il generale mi aveva dato una missione marginale e tutto sommato frivola per distrarmi, lo sapeva anche Andy.
Alzai una spalla. «Guarda che la missione è importante. È la copertura che è un po'...»
«Una merda» mi anticipò.
Mi morsi un labbro e tentai di non ridere. «Non sei per nulla galante!» Incrociai le braccia e mi finsi offesa, ci riuscii così bene che per smuovermi non mi diede spinte, ma mi spinse fuori e cercò la mia stanza, incurante che fosse oramai di una ragazza autentica, e non di una sorvegliante dell'Esercito.
La mia stanza era l'ultima a destra, davanti al bagno. Una bella fortuna di mattina.
Era delle stesse dimensioni delle sue, confortevole e luminosa. Le pareti erano color crema e saltava subito all'occhio che, a differenza di Drogo, qualcuno avesse scelto per me uno stile meno aggressivo e femminile: c'erano moltissimi quadri e poster di grandi figure femminili, il letto pieno di peluche e cuscini di varie misure. Le mensole erano ricoperte da libri di ogni genere, dai classici a quelli di fantascienza che non avevo mai visto o letto. Appena sopra la scrivania c'era persino uno specchio ovale tutto per me, ricoperto di rose di carta.
Drogo si guardò intorno con aria spaesata. Nessuno al Nido aveva l'autorizzazione di abbellire così tanto una stanza (c'era sempre la possibilità che il proprietario morisse improvvisamente e l'immobile riassegnato, ma c'era da dire che anche nessuno di preoccupava così tanto dell'estetica) ed era una delle cose che mi era sempre mancato, lo seppi da quando vidi la camera. Non c'ero mai stata, la persona che l'aveva arredata non mi aveva mai visto o parlato, eppure era tutto perfetto. Almeno per me.
«È come se qualcuno avesse scavato nella mente di una piccola quindicenne e l'abbia vomitata qui» ghignò con spavalderia. Presi lo zaino e lo buttai dietro la porta, chiudendola. Drogo si imputò con le gambe e fece leva affinché non gliela sbattessi in faccia. «Non dirmi che ti piace! Che gusti da...»
«Ragazza! Perché lo sono, idiota!» tuonai fuori di me.
Lui si scansò dalla porta e questa, sbattendo, produsse un fracasso assordante. Un attimo dopo sentii Andy urlarci di smetterla, o che ci avrebbe pensato lui. Né io né Drogo rispondemmo e andammo mogi nelle nostre camere a mettere via la nostra roba.
A cena vennero i primi problemi: ci eravamo completamente dimenticati di comprare il cibo e l'altra squadra era già andata a dormire. A Londra io e Andy avevamo sempre delle scorte e se non volevamo cucinare bastava che andassimo in mensa. Avevamo soltanto gli snack e le bibite avanzate dal viaggio, più qualche frutto racimolato dal piatto in soggiorno, per il resto l'abitazione era vuota. Eravamo troppo stanchi per uscire a cercare da mangiare, non sospettavamo l'esistenza della magica consegna a domicilio.
Stavo mangiando un pezzo di merendina al cioccolato quando Andy scosse la testa e si prese le mani tra i capelli.
«Devo organizzarmi con voi» e lo ripeté come un mantra, cercando già di non impazzire.
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