XXIV

Prima di dirigermi al Distretto, passai per la mensa e non me ne andai prima di aver aver rubato e trangugiato due porzioni di budino al cioccolato bianco, il mio preferito. Non era una delizia, l'etichetta recitava che era fatto da qualche parte in Inghilterra, ma le calorie in quel semplice tubetto superavano la dose consigliata per un pasto, eppure era la cosa che preferivo in assoluto.

Sperai di non incontrare nessuno che conoscessi lungo la via del Distretto, aveva cominciato a fare leggermente caldo e il mio viso era ancora rosso. In più ero certa che se mai qualcuno mi avesse rivolto la parola avrei risposto alzando il dito medio e accelerando il passo.

Entrai al Distretto e domandai alla prima guardia che passò dove fosse il generale Damian, dato che non avevo proprio voglia di andare da Abigail, sorbirmi le sue occhiate velenose e perdere altro tempo, ancor meno andare da Sora o da Alma e spiegare in breve perché dovevo andare da sola da Damian.

Per fortuna non dovetti vagare molto e dissi alla guardia che non fosse necessario che mi accompagnasse, dato che il generale era in un'aula per le conferenze, quindi in uno dei corridoi dov'ero già stata, passata e nascosta.

Sorte o premeditazione, Damian mi aspettava nella sala dov'era avvenuta la mia sentenza, quando metà dei suoi fratelli mi aveva ritenuta innocente e suo padre aveva visto in me qualcosa di meglio rispetto a lui.

Quel giorno era uno dei pochi in cui il cielo era sereno, con poche nubi, e seppure una vaga afa entrasse dalle alte finestre, le pareti grigie, lo stile freddo dell'arredamento e una pungente sensazione allo stomaco, l'atmosfera non era cambiata affatto da quando ci ero entrata la prima volta. L'ambiente era stato pulito da poco, odorai subito un denso aroma di disinfettante.

Damian mi aspettava accanto al lungo tavolo lucido, intento a leggere con attenzione una cartella con qualche foglio pinzato. Portava come suo solito l'uniforme dell'esercito, per quanto ne sapessi io, non lo avevo mai visto senza. Oramai quell'accoppiata era inseparabile, come il suo ego e le sue medaglie. Si era accorciato i capelli, di solito non se li faceva crescere più lunghi delle orecchie ed era uno spreco.

I suoi occhi si alzarono dal rapporto e incrociarono i miei. Non mi parve arrabbiato nel vedermi, ma in fondo era una sua caratteristica non mostrare mai le sue emozioni direttamente.

«Temevo ci mettesse di più!» gongolò una voce dietro di me, familiare.

Erik con un colpetto del piede chiuse la porta dietro di sé e Khol trottò al suo fianco, le mani sui fianchi. Trattenni un sospiro meravigliato.

«Mai aspettato una donna?» lo prese in giro il fratello maggiore. «Di solito fanno anche un'ora di ritardo per farsi belle!»

«Allora lei come ha sprecato il nostro prezioso tempo?» commentò ridacchiando Erik, facendomi un sorrisetto finto.

Strinsi le labbra. «Sentite, Italia, Germania e Giappone, sono qui solo per prendere il mio rapporto, di sicuro non voglio farvi sprecare altro prezioso tempo. Se ne avete da perdere, meglio farlo con qualcun altro. Io sono una donna impegnata» gongolai, indicandoli.

Damian lanciò il rapporto sul tavolino, di certo non verso di me. Mi accontentai.

«Ecco l'Italia!» esclamai con poca voglia, camminando per prendere il rapporto e andare via velocemente.

«Credo che noi due dobbiamo parlare, Baskerville» proferì serio Damian, fissandomi.

Diedi una sbirciata al rapporto, al mio nome e ai fogli in ordine giusto. «Caspita, per essere uno grande e grosso come te non fai una bella figura a chiamare la tua fidanzatina per cognome, sai?» lo presi in giro e Erik ridacchiò a quel nomignolo. «Non devi dirmi niente. Niente che i tuoi occhi super disgustati già non dicono. Bella chiacchierata, tesoro.»

Ancor prima che mi voltassi, ricevetti un pugno sulla nuca e caddi in avanti, aggrappandomi al tavolo senza respiro. Erik mi trascinò in piedi e Damian scosse la testa. Denkitori apparve e si appollaiò sulla sua spalla destra, in agguato. Mi fissò con occhi languidi, come se guardasse una preda sanguinante e in fin di vita.

«Ragazzi, davvero, non sapete che perdete la guerra?» borbottai ironica e Khol aprì gli occhi, sorpreso che avessi ancora brio.

Damian scosse la testa e sospirò paziente. «Crescendo con simili individui ho capito molto presto che non saresti stata diversa da loro, come tuo fratello, anche tu non superi le mie aspettative. Non ti è stata impartita una buona educazione di base, non sai che quando incontri un tuo superiore è di convenienza chinare leggermente il capo?» Strinsi le labbra e non mi mossi. «Scommetto che lo sai fare.»

Erik affondò il pollice e l'indice sotto la nuca, in un punto specifico di pressione sul collo. Una fitta mi percorse le spalle e la testa, Andy mi aveva mostrato come sfuggire a quell'agguanto, ma per tutte le volte in cui me lo aveva spiegato non ero mai stata attenta e avrei dovuto avere un buon tasso di sopportazione del dolore, cosa che non possedevo affatto.

Piano piano, sofferente, Erik mi spinse ad abbassare il capo davanti a Damian, in un formale e troppo antico segno di rispetto. Khol mi prese in giro, come se aspettasse quel momento da tempo, mentre Damian non si scompose troppo.

Damian mi ignorò. «Sai come si addestra un volatile, Baskerville?» mi domandò. Pensai: "Di sicuro non con il tuo amore e caramelle." «Devi essere duro con lui, spietato, mettergli una catena alla zampa e tirarla di tanto in tanto, per ricordargli che lui non è libero, ma è legato a te, al suo padrone. Certo, all'inizio può ribellarsi e potrà cercare di ferirti, ma se gli farai capire chi comanda, ubbidirà ai tuoi ordini fino alla morte. Tenetela ferma, voi due» ordinò senza un tono.

Erik mi rovesciò a terra e con l'aiuto di Khol mi immobilizzarono le braccia, mettendo una mano nell'incavo del collo, un po' sopra la spalla, in modo da impedirmi di rialzarmi usando le gambe. Slittai con i piedi a terra, le suole in gomma non aiutavano di certo e inutilmente mi agitai come un'iguana.

«Scalcia!» si animò Erik. «Adoro quando scalciano!»

Damian roteò gli occhi, si voltò verso un armadio e lo aprì. Non volevo restare là troppo a lungo per sapere cosa stesse facendo in quel momento, eppure, per quanto fossi forte e agile, Khol e Erik erano normalmente il doppio di me e li avevo entrambi contro, a tenermi immobile con la schiena premuta contro il freddo pavimento liscio.

«Lasciatemi andare!» ordinai fermamente.

Khol alzò un sopracciglio. «Niente urli, niente strilli? Ce la stai rendendo facile, Baskerville» si complimentò.

«Cosa ti aspettavi?» mi sminuì Damian. «È una Baskerville, il cane del tenente colonnello e i cani non devono fare troppo rumore.»

«Allora ti è andata bene, fratello.»

Erik spinse la testa sopra la mia, affinché lo fissassi. I suoi capelli biondo grano mi offuscavano la vista, insieme ai suoi occhi verdi. «Spero che sarai abbastanza cosciente dopo, non mi va proprio di trascinare un corpo morto in giro. I Baskerville per molte generazioni sono stati i lacchè dei Mordecai, quindi un bravo cane dovrebbe seguire a menadito gli ordini del padrone, no?»

Lo colpii con la fronte in mezzo agli occhi. Erik si tirò indietro, ma non lasciò la presa. Khol mi trattenne al posto suo e il minore si afferrò il naso, nel mentre salì con le ginocchia sul mio braccio. Strinsi i denti.

Erik alzò un braccio, ma Damian si voltò. «Non osare sfiorarla nemmeno con un dito, Erik» lo avvertì duramente. «La piccola Baskerville entrerà nei miei ranghi molto presto, quindi non osare intaccarla. Che ti piaccia o no, lei è mia. Intendi litigare?»

Erik ebbe un fremito. «Per lei?» scherzò. «Tientela pure. Merito ben altro.»

Damian non perse tempo a ribattere, si voltò e vidi che in mano aveva una siringa con un liquido verdognolo dentro, molto simile al colore del sangue dei Demoni, di un verde-nero per colpa dello zolfo nel loro sistema.

«Questo, Penny, farà più male a te che a lui» sottolineò. Lo guardai spaesata. «Sfortunatamente tu sei in mezzo e non c'entri, voglio parlare con Ryokku, ma so bene come è e lui non si farebbe mai vedere... per me.»

«Quindi che vuoi fare?» ringhiai furente. «Avvelenarlo? Pensi che questo gli farà riconsiderare l'idea di passare a te? Lui ha preferito me.»

Damian si fermò per un momento, come se si fosse reso conto di una cosa spiacevole. Strinse le dita alla siringa, spruzzò del liquido per sicurezza e si morse la lingua, trattenendo un sorrisetto nervoso.

«Tenetela» ordinò ai suoi fratelli, i quali irrigidirono la presa.

Ansimai impaurita, bloccata a terra senza possibilità di movimento. Agitai le gambe senza ottenere nulla, a parte scivolare e ritrovarmi con la testa premuta contro la gambe di Khol. I due fratelli sorridevano beati nel vedermi, per la prima volta in vita loro, con la faccia rotta dal timore, le mani tremanti e la voce debole.

«Andy!» urlai di riflesso, però appena lo dissi mi resi subito conto di una cosa scontata e stupida: mio fratello non c'era, non mi avrebbe mai potuto sentire e non era lì per difendermi.

Fino a quel momento non c'erano state occasioni in cui mi ero dovuta arrangiare per conto mio in una simile situazione, se non era Andy a prendere il posto di Damian era sempre a proteggermi e tenermi in piedi.

Tirai un calcio a Damian e lui cadde indietro. Erik rise di gusto. «Guarda come è combattiva! È più divertente così!» gioì.

Damian si pulì la divisa, mi afferrò la caviglia e me la tenne ferma. «Tu lo consideri il tuo animaletto da compagnia, non è vero? Non hai la più pallida idea del suo potenziale, ecco perché lui è una risorsa preziosa, troppo sprecata per te.»

«Se ti avesse voluto ti avrebbe concesso subito il suo potere» replicai. «Tuo padre ha detto che posso tenerlo, Ryo è mio. Ha scelto me!»

Damian affilò lo sguardo. «Mio padre presto dovrà dimettersi e il titolo passerà a me. Non intendo tirarla per le lunghe, ti costringerò a darmelo, presto o tardi. Non crederti speciale solo perché Ryokku e il generale hanno creduto in tuo qualche valore.»

Era una delle prassi continue che sentivo, che Andy ci teneva a precisare: io non avevo più valore rispetto a chiunque altro. Seppure fossi sua sorella minore non elogiava i miei sforzi e amava criticarmi. Ero cresciuta con l'ideale che tutto ciò che facessi fosse dovuto a qualcuno, a lui specialmente.

«E tu ti credi speciale?» lo attaccai. «Pensi che qualcuno ti porterebbe rispetto se non fosse per tuo padre?» risposi, stringendo i denti.

Lui non mi rispose. Ogni capofamiglia aveva ottenuto quel ruolo, oltre alla prematura scomparsa del predecessore, acclamato dai soldati come un eroe dopo numerose missioni e salvataggi. Damian era un eroe, lo sapevano tutti, forte, intrepido ed era sempre il primo a schierarsi contro le minacce, però non era ancora pronto a ricevere quell'incarico. Nel suo, era ancora un ragazzo pieno di sé.

«Non intendo fare a lui del male, ma ne farò a te se continuerai su questa strada. Se vuoi uscire incolume dal Distretto e dalla missione stessa, ti consiglio di darmi ciò che voglio, Baskerville. Non te lo sto chiedendo; questo è un ordine diretto.»

«Lo dirò a vostro padre!» li minacciai.

«E perché? Cosa stiamo facendo di male?» bofonchiò Khol. «Direi solo che nostro fratello vuole conoscere meglio la sua fidanzata, no?»

«Io non ho visto nulla» si accodò Erik.

«Ryo non è un'arma! Tu lo consideri tale, ma non lo è! Se mettessi da parte per un minuto il tuo ego e lo vedessi lo capiresti di certo! Vuoi che diventi un mostro che uccide gli uomini?» chiesi con i nervi a fior di pelle.

«Gli uomini uccidono gli uomini» mi corresse Damian. «Ryokku è solo un Demone, un essere che esegue gli ordini del Dominatore solo per via del maleficio che lo imprigiona, un incantesimo che la mia famiglia ha elaborato centinaia di anni fa. Ho tutto il diritto di usarlo: quello è il mio Demone. Tu sei solo il suo contenitore.»

«Direi che i ranghi non saranno l'unica cosa in cui entrerai, Baskerville» mi prese in giro Khol, tirandomi la coda verso il basso, inclinandomi il capo verso l'alto.

In un impeto di disperazione, proprio quando stetti per urlare ancora il nome di mio fratello, chiamai Ryokku. A conti fatti non so perché lo feci, mi venne quasi naturale, forse perché ero abituata a strillare il suo nome quando non voleva fare come pretendevo io o magari era perché dal fatto del sangue avevo il suo nome ancora in gola.

«Ryo, ti prego, aiuto!» sibilai con la saliva azzerata.

La prima cosa che pensai, e lo fecero di sicuro anche Khol ed Erik, fu il fatto di aver chiamato un Demone a cui io non stavo particolarmente simpatica e non nutriva nessun rispetto nei miei confronti. Mi ritennero una sciocca.

La siringa saltò via dalla mano di Damian, si infranse duramente contro il muro e si ruppe in mille pezzi, lasciando fuoriuscire il liquido verdastro sul pavimento. Nello stesso istante, i due fratelli vennero sbalzati via, Khol urtò la parete più vicina mentre Erik volò sul tavolo, sbattendo il fianco contro uno spigolo. Damian mi lasciò e alzò gli occhi, incontrando quelli luminosi di Ryokku. Il ragazzo saltò indietro in difesa e Denkitori, come se avesse avvertito la furia omicida dell'altro Demone, spiegò le ali e volò accanto al Dominatore.

Ryokku spalancò le braccia, aprì le fauci e urlò con tutto il fiato in corpo. Fu un verso gutturale, simile a un ruggito selvaggio, pieno di furore. Le piume delle braccia, delle gambe e della coda si gonfiarono e parvero diventare più spesse e affilate. Le pupille si restrinsero a tal punto da diventare una sottile linea quasi invisibile, i canini sporgenti quanto quelli di un giaguaro.

Denkitori traballò ed emise un verso di sfida. Ryokku si alzò in tutta la sua altezza, svettava oltre tutti come un maestoso albero, scuro e rabbioso. Il Demone-uccello sbatté gli occhi e senza che me ne rendessi conto si abbassò e cadde a terra, Ryo lo seguì e seppure entrambi stessero emettendo un vago ringhio, Denkitori si appollaiò sul pavimento freddo e posò il becco a terra, pauroso.

Damian non parve rabbuiato o sorpreso dalla scena, la sua espressione ferma non lo tradì e osservò Ryo con magnificenza.

«È un piacere rivederti» lo salutò calmo Damian. «Sei più energico del solito» proclamò, notando Khol e Erik doloranti a terra, entrambi con le facce percorse dallo stupore e dal dolore della botta.

«Generale Mordecai» parlò Ryokku, scandendo bene le parole. «Io invece avrei sperato di non rivederti più. La tua insistenza comincia a starmi stretta. Pensavo di essere stato chiaro l'ultima volta: tu non puoi essere il mio Dominatore. Né con la forza né con il tuo sangue dolce. Hai già un compagno.»

Denkitori fissò Ryokku con fare incerto, mi studiò e scomparve.

«Ho bisogno di un Demone nero» disse Damian. «Tu sei il più forte.»

Ryokku rise forte. «Io di certo non lo sono. I poteri di un Demone vanno in sincrono con i desideri del Dominatore stesso, il suo grado di sopportazione e il livello nutriente del suo sangue. Vuoi me? Non sarei capace di fare più di quel che tu già hai. Ne hai molti tra cui scegliere.»

«I miei desideri sono forti.»

«I tuoi desideri non sono i tuoi» commentò acido il Demone. «Tu vuoi ciò che gli altri hanno predisposto per te: desideri il potere dei Demoni, il controllo dell'Esercito e tutte le altre cose che non ti rendono diverso dagli altri soldati. Non hai niente di tuo. Cos'è che vuoi davvero?» lo stuzzicò Ryo, avanzando verso il ragazzo. «Vuoi sedere sul trono dell'Inghilterra o vuoi semplicemente la mia piccola bestiolina? Hai comunque dei desideri da uomo normale, ma troppo deboli per me.» Damian mi lanciò uno sguardo lungo, non capendo. «I tuoi occhi sono freschi e giovani, ma purtroppo sono prive di calore ed energia, come le bacche di biancospino.»

Sentii Erik emettere un gemito di dolore, si tenne il fianco premuto e rimase seduto a terra, senza la forza per alzarsi. Khol seguì il suo esempio, seppure stesse bene non si azzardò a muoversi o intromettersi nella conversazione.

«Biancospino» ripeté Damian e mi linciò con un'occhiata sgradevole. «Quindi solo perché ti ha offerto stupidamente di vedere i suoi fiori giochi a fare l'amico con lei? Tu non sei un essere umano, ricordalo» sottolineò. «E così preferisci restare con lei piuttosto che con me? Perché? Dimmelo, sono curioso. Cos'ha di unico?»

Ryokku alzò le spalle. «Niente di unico. In tutti i canoni sei più forte tu, forza, velocità, carattere e il suo sangue è salato, eppure in tutto ciò può darmi un nutrimento quattro volte maggiore a quello normale. Lei non vuole ciò che vuoi tu, ragiona con la sua testa e fa di tutto per i suoi obiettivi. Vuoi una semplice ragione? Mi piacciono i suoi fiori. In lei ho visto l'umanità in mezzo a questo gregge di finti uomini.»

Deglutii, sperando che nessuno mi sentisse e percepii di essere arrossita. Non avevo mai potuto mostrare e vantarmi dei miei fiori perché non avevo nessuno a cui mostrarli, Andy non li considerava speciali e non gradiva che portassi gente a casa, soprattutto in sua assenza. Ryokku non aveva mai mostrato apprezzamento verso di essi, seppure avessi insistito a parlargliene a lungo pensavo che lo infastidissi, tuttavia, quella semplice frase, mi scaldò. I miei fiori gli piacevano.

Damian alzò un sopracciglio. «Allora te lo dico in parole che tu possa capire. La tua amica è solo un fiore nel cemento, non può crescere, non può essere forte come una rosa. Se resti con lei, avvizzirai anche tu.»

«Accetto.» Ryo annuì.

«Accetti di essere un animaletto domestico?»

«Preferisco essere l'animaletto domestico e avvizzire piuttosto che un'arma da usare.»

«È solo un cane.»

«Allora proteggerò quel cane.»

Per la prima volta, il sorriso di Damian parve sinceramente divertito dalla situazione. «Sei un Demone e ti credi un angelo. Questa mi è nuova... Proteggila pure, va bene, ma purtroppo i suoi fiori non la aiuteranno quando tornerà qui da me. Dovresti saperlo, dato che sei un Demone della lussuria, cosa succede. In quel caso non la potrai aiutare, in un modo o nell'altro, finirai per servirmi. Pensavo di poter rendere le cose meno spiacevoli per noi.»

«Non preoccupartene.» Ryokku avvolse la coda attorno alla mia gamba e mi tirò verso di sé, schiacciandomi sotto una zampa da rapace. Non strinse e non grattò con le unghie contro la pelle, non facendomi male. «Lei è la mia Dominatrice, anche se non mi piace oramai ho fatto una scelta e intendo portarla a termine. Non mi importa se è un fiore cresciuto in un campo o in mezzo all'asfalto, da quel che ho visto Penny può prendersi cura di entrambi. Ti faremo vedere ben presto il nostro fiore cresciuto nel cemento, piccola rosa reale. Se oserai ancora farle del male, arrecarle un qualsiasi genere di dolore, non scapperai da me, umano.»

Damian annuì, fece spallucce e indicò con un gesto del mento il rapporto. «In questo caso sarò ben felice di vederlo. Prendi ciò che devi, Baskerville, e vattene.»

Ryokku capì che da sola non ce l'avrei mai fatta a mettermi in piedi, perciò usando gli artigli mi sollevò per la divisa e con la coda tirò il rapporto verso di sé, porgendomelo. Khol e Erik mi rivolsero pesanti occhiate quando, scortata dal Demone, avanzai e uscii dalla porta senza un graffio. Camminai per diversi corridoi, continuando a girarmi di tanto in tanto per vedere se qualcuno o qualcosa mi stesse seguendo.

In poco il terrore e la vergogna alimentarono la rabbia repressa e i miei respiri pesanti divennero sbuffi pieni d'acido. Mi fermai all'improvviso e mi voltai verso Ryokku. Dovevo sembrare molto più fuori di testa e furente poiché lui si impalò e allargò gli occhi stupito, come se si aspettasse di ricevere una strigliata.

«Mi pareva di averti detto "niente più segreti"» ingiunsi fredda. «Cosa vuole Damian da te?»

Ryokku tirò le labbra in una linea piatta, stizzito. «Prima che venissi tu da me, ho avuto molti soldati che hanno provato a sconfiggermi. Nessuno di loro è tornato più di una volta. A parte te. A parte il generale Damian Mordecai. Ha provato tutto per stringere un Patto con me: combattermi, parlarmi, corrompermi... Non ho mai accettato.»

Andy mi aveva accennato alla discendenza dei Demoni Mordecai: per molte generazioni erano stati tutti Demoni neri, maschi, senza eccezione alcuna.

«Perché tu non hai voluto?»

«Per lo stesso motivo che ho detto a lui, i suoi desideri non sono frutto del suo inconscio, di ciò che lui è veramente nella sua più pura essenza di umano, ma derivano dagli altri, da ciò che gli è stato impartito di volere. Il tuo generale non vuole veramente il potere, tuttavia è quello che crede per via della sua educazione e dalle spinte esterne. Desideri così insulsi non hanno grande effetto su di me. Il tuo almeno è puro e fino a quando sarai forte, ti aiuterò a portare a termine i tuoi obiettivi.»

Sollevai un sopracciglio con aria critica. Il comportamento di Ryo mi stordiva, a volte era capace quasi di dimostrare un vago cenno di simpatia nei miei confronti e, parlando, notai molte volte che aveva assimilato il mio stesso linguaggio, i termini del mondo esterno e dimostrava persino di avere sarcasmo. Si era adattato.

«Voleva avvelenarmi...» biascicai, faticando a crederci.

Scosse la testa. «Non era un veleno, era una miscela composta dal nostro sangue unito ad un maleficio. Spinge il Demone a manifestarsi nel mondo reale, a volte lo hanno usato su di me, non credevo che fosse ancora permesso l'uso. Sono passati anni da allora.»

Aprii leggermente la bocca. Ryokku non parlava mai di sé, in tutti quei mesi passati vicini non mi aveva mai detto per filo e per segno cosa gli fosse accaduto in quegli anni di solitudine, dal canto mio ero troppo debole per domandarglielo direttamente. Il mondo di Ryokku era formato da dolore e silenzio, mi ero ripromessa di essere per lui luce, colori e vita.

«Aveva già un Demone» continuò distratto. «Il suo era un puro atto di egoismo. Non volevo lottare per sottrarre la vita a colui che aveva stretto un Patto con l'umano prima di me. In tutto questo tempo, tu non hai letto comunque il mio fascicolo personale, ecco perché non sapevi esattamente quale fosse il mio peccato. Lui non si è fatto scrupoli. L'ho apprezzato... E poi ha detto "la piccola Baskerville è mia". Si sbaglia.»

«È forse un complimento?» sillabai lievemente divertita. Lui sbatté gli occhi, rendendosene conto. «Troppo tardi, ho sentito.» Mi mostrò i denti. «Grazie di avermi difeso, Ryo. Non credevo che...»

«Sei la mia Dominatrice. Io sono il tuo Demone. Ti proteggerò.»

Mi avvicinai cauta a lui e, quasi senza pensarci, allungai le braccia e lo abbracciai piano. Come la prima volta quando lo toccai, non si mosse. La sua pelle era ancora fredda e liscia, dura, contro il palmo delle mani era una strana sensazione. Non era mio fratello, Andy mi stritolava senza pensarci due volte seppure avessimo litigato, era caldo e profumava di casa. Invece con Ryo quasi temetti mi scivolasse via dalle mani.

Con delicatezza, poggiai la fronte e il naso contro il suo petto e mi strinsi a lui. Le sue piume folte e scure si agitarono per un momento e lo sentii rabbrividire, eppure non mi scansò e non scomparve. Non aveva nessun odore particolare, a parte un leggero profumo di pesca, simile a quello del mio bagnoschiuma.

Ryo mosse piano le spalle. «Cos'è questo?»

«Affetto.»

Ci pensò. «È disgustoso, bestiolina.» E si mostrò raccapricciato nonostante le mie risate.

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