XXII
Lo ammisi subito, la sua idea era buona, ma una parte di me non credeva possibile che lui, Drogo Costantine, avesse proposto di stringere un'alleanza con me. Era incredibile come se io dicessi una cosa a lui non andava bene, ma se dopo la proponeva lui diventava legge suprema. In ogni caso era un buon compromesso tra l'attacco e la difesa. Non lo avevamo mai testato ad allenamento prima, poteva essere rischioso per entrambi.
«Questo metodo è sicuro?» mi domandò lui, maneggiando lo stick con dubbio.
Alzai le spalle. «Non lo so, di sicuro non ho mai sentito l'uso di questa tecnica durante una simulazione. Diventerà sicuro quando lo proveremo.»
Drogo mi passò il suo stick e maneggiammo un po' l'arma dell'altro. Normalmente i Demoni non potevano essere utilizzati fuori dal Dominatore unico, ma considerando che era solo uno stick con dei dati non avrebbe notato differenze come quelle.
Come se volesse dare credito alla mia supposizione, la falce nella mano di Drogo si sciolse e prese velocemente forma della sua solita spada. Nella mia mano, invece, la lama dell'arma si allungò, si curvò e si plasmò.
«Io lo distraggo. Tu dai fuoco» mi diede ordine. «Di sicuro non riusciranno a mantenere quest'aspetto se userai il potere di Hejji Igel. Dovremo fare in fretta.»
Annuii. Bill era il nostro primo bersaglio. Dovevamo prendergli a tutti i costi la bandiera che teneva nascosta ed evitare mio fratello, se ce lo fossimo trovati davanti, l'unica opzione con buone probabilità era di usare Ryokku come difesa, dato il suo raggio, e circondare l'attacco di Drogo da dietro.
«Per colpa di quel vecchio di merda, ora mi tocca pure collaborare con te» ringhiò nervoso, sistemandosi i pantaloni.
«Drogo, ricorda che ci sono io dietro di te. Hai le spalle coperte, non dimenticartelo» gli ricordai. «Non sei solo.»
Lui annuì e poi roteò gli occhi, tornando alla sua maschera di menefreghismo. «Tu aspetta qui, quando ti do il via, colpisci con la massima potenza a distanza zero. Non togliere le mani dall'impugnatura, il fuoco si alimenta del tuo stato d'animo. Più lo nutri, più distrugge.»
Andy non avrebbe mai giocato ad acchiapparella con Drogo, non gli sarebbe mai corso dietro per arrivare a me. Non avrebbe mai preso in considerazione l'ipotesi di una tregua tra me e Drogo, se glielo avessi fatto continuare a credere si sarebbe potuto rivelare un piacevole punto a favore nostro.
Come mi aspettavo, Drogo tornò verso di me imprecando e manifestando il suo puro odio verso il padre adottivo, il quale, rallegrato o meno, gli stava appresso. Drogo era veloce, riusciva a mantenere il giusto distacco da Bill in modo da non sforzarlo troppo e farlo tornare indietro. Aveva visto giusto sull'idea della distrazione: Bill poteva togliere i poteri all'arma di Drogo, ma se non aveva arrecato danni a Andy significava che doveva per forza tenere sotto controllo i Demoni presenti. Distrarlo con la finta spada mentre io avevo la vera avrebbe dovuto ingannarlo. Sempre se la mia teoria fosse giusta.
Quando sentii Bill esclamare: «Torni a nasconderti? Non volevi diventare come me?» capii che doveva trovarsi abbastanza vicino.
Senza indugio, Drogo superò il vicolo in cui ero nascosta senza darci un'occhiata dentro. Bill lo seguì. Non mi mossi, non respirai affatto, non feci niente che avrebbe potuto avvertire i suoi sensi e lui non mi notò, essendo troppo preso a ridere per via del figlio ribelle.
«Tutto questo a causa della vostra noia di merda!» sbraitò Drogo. «Non sai nemmeno quanto questo mi faccia fottutamente incazzare! Brucia, Hejji Igel!»
Il ragazzo biondo impugnò la sua spada, fingendo un attacco con il suo Demone. Bill proseguì verso di lui senza alcun ritardo, lo fissò intensamente e si dimenticò della mia assenza.
Saltai alle sue spalle e, come facevo con Ryokku, raccolsi tutta la mia voglia di vincere, l'ansia e la crisi, facendo esplodere tutto in un botto di fuoco. Non avevo mai usato un simile potere, non con le mie mani nude. Dava uno strano piacere perverso il sentire bruciare la spada sotto la mia pelle, l'udire l'esplosione e il fumo nero che mi stuzzicò le narici.
Drogo si scansò, mentre Bill non ebbe il tempo di girarsi ed espandere il Dono del suo Demone. La terra si scaldò, come il materiale della spada. Bruciava e pizzicava la mia pelle come se avessi appoggiato le mani su una pentola rovente. Una fitta al polso mi bloccò e quasi, per via dell'onda di fuoco e terra, ruzzolai all'indietro.
Il potere distruttivo di Hejji Igel calzava a pennello per Drogo.
Il ragazzo evitò l'aria pesta, girò e venne da me con gran foga. Senza aspettarmelo, mi rimise in piedi e guardò il polso, ancora avvolto dal tutore protettivo. Di sicuro doveva essersi aspettato quel danno inverso, ovviamente i Demoni prendevano l'energia dai propri soldati, perciò doveva essere accaduto qualcosa alla mia energia.
Drogo lo aveva previsto: non riuscivo a far genuinamente male alle persone, a differenza sua.
Roteò la falce tra le mani e tagliò di netto l'aria, lanciandosi prontamente sul padre e facendogli cadere la spada di mano. Gli mise un piede sulla gola e gli puntò la lama sulla faccia, tra gli occhi, e aspettò.
«Vuoi sapere cosa succede se provi ad alzarti?» ridacchiò Drogo, guardando con fare truce la mano che stava sgattaiolando verso la spada.
Bill si fermò, alzando una spalla. «No, grazie. Mi avete colto alla sprovvista. Avete comunicato o è stato solo frutto del caso?» ci domandò vivacemente.
«Zitto e muori» sentenziò Drogo e io ridacchiai, notando l'improvvisa somiglianza con mio fratello. Lui si abbassò e si mise a frugare nelle tasche della giacca e dei pantaloni del padre, non trovando la bandiera. Dopo una manciata di secondi fu chiaro a entrambi che non ce l'avesse lui. «L'hai nascosta, vero? Bastardo infame.»
Bill alzò le mani. «Oh, io mi arrendo!» esclamò. «Mi tiro fuori!»
Avrei dovuto sospettarlo dall'inizio: Andy non avrebbe mai dato l'unica possibilità di sconfitta a Bill, seppure si fidasse ciecamente di ogni suo compagno. Doveva aver premeditato tutto, dalla plausibile sconfitta di Bill al nostro momentaneo patto. Non avevano perso o nascosto la bandiera. Andy ci stava aspettando.
«Drogo» lo chiamai stanca.
«Lo so.»
Bill si rimise in piedi, diede una pacca energica al figlio e mi strizzò l'occhio, riprendendo lo stick che era tornato inutile e piccolo dato il suo abbandono. «Sarà interessante vedere come scalerete questo muro. Avete sette minuti» ci informò superficiale, dopodiché si toccò un punto sulla fronte e la sua immagine scomparve.
Feci finta di non sentire l'ansia attanagliarmi le viscere e feci un sorriso poco convincente a Drogo, il quale tirò le labbra in una smorfia preoccupata e mi chiese se per caso fossi stitica. Facemmo velocemente i calcoli: a) Andy non sarebbe mai venuto da noi, imbarcandosi in un territorio nemico dove probabilmente c'erano trappole, b), avrebbe difeso la bandiera con tutte le sue forze e magari il suo totale intento di umiliarmi avrei potuto ritorcerglielo contro. C) Attaccarlo era stupido, ma il tempo scorreva e non potevamo perdere a tavolino. C'era sempre la tattica di scambio, dubitavo che Andy l'avesse messa in calcolo, però potevamo utilizzarla solamente una volta.
Come disse Drogo dovevamo concentrare l'attacco in una volta soltanto.
Dio, era impossibile.
E per di più entrambi sapevamo stavamo andando incontro a un felice suicidio.
«Vuoi riprovare con questa tattica?» gli domandai.
Lui annuì. «Non possiamo fermarlo, ma forse lo rallenteremo di qualche secondo.»
Drogo pensava a ciò che avevo in mente io: il bersaglio preferito di Andy ero io, quella volta avrei dovuto fungere io da esca e sperare di creare uno spiraglio per il mio compagno.
«Non morire» dissi impettita.
«E tu non farti pestare un'altra volta.»
Roteai gli occhi, ci assicurammo che le armi invertite tenessero nuovamente l'aspetto contrario e poi corremmo verso il campetto, aggirando il Settore C. I nostri movimenti erano più lenti, affaticati. Cominciammo subito a sentire, fatti pochi passi, il peso della nostra sfuriata nei muscoli delle braccia e soprattutto delle gambe. L'energia spesa per adoperare le armi demoniache non era elevata come nella realtà, eppure io mi sentivo vagamente più confusa, di certo per aver voluto utilizzare un potere non mio.
Dal canto suo, Drogo ancora pareva provato e ogni qualvolta sforzasse il braccio o rizzasse la schiena, una fitta gli percorreva il volto. Avrei potuto rassicurarlo o altro, ma continuò a insultare sia Bill sia Andy e io non volevo entrare in quel bel gruppo, perciò lo ascoltai sbraitare con poca grazia.
«Sperano di prendermi in giro» farfugliò fuori di sé. «Se il tuo cazzo di Demone fosse quanto meno utile, avrei potuto fargli esplodere la faccia, e invece l'onore tocca pure a te.»
Ad entrambi il respiro si mozzò senza motivo, fu quasi un'improvvisa sensazione di dolore al petto, un imput di nausea e un capogiro, eppure quando Andy comparve alle nostre spalle capimmo entrambi di essere fregati.
«E che cazzo... Spara!» urlò pieno di sgomento Drogo.
Nonostante il cuore cominciò a pulsare a ritmo spaventoso, provammo a continuare l'attacco. Girammo contemporaneamente le armi e fu a causa della poca abitudine di Drogo a maneggiare una lama così ingombrante che quasi mi tagliò in naso. Mi lanciai veloce indietro prima di farmi male e lui tentò di fare lo stesso, bloccandosi all'ultimo.
Andy passò sotto le lame, afferrò i manici e li fece slittare via dalle nostre mani con facilità, lanciandole via. In aria, tornarono alla loro forma usuale e sbatterono morte per terra.
«Vi ho sorpresi?» esclamò Andy con tono affabile. «Cucù!»
Drogo strinse i pugni. «Basta giocare!»
Come aveva fatto Drogo con me, mio fratello non gli diede tempo di riflettere. Andy riusciva a elaborare una tattica in poco tempo, mescolando la sua caparbietà, la sua intelligenza con il suo spirito. Aveva già capito della nostra tregua e, non potendo comunicare a voce, la migliore cosa era tenerci separati e spezzarci l'uno alla volta.
Alzò il ginocchio e lo piantò nello sterno del ragazzo con tutta la sua forza, salendoci di peso. Gli occhi di Drogo diventarono bianchi per il dolore e fui paralizzata per alcuni secondi. La sua velocità era incredibile e non aveva fatto nemmeno ricorso al vero potere di Alderyu. Erano due mostri in uno.
Corsi incontro a Drogo, lasciando perdere momentaneamente le armi. Andy slittò velocemente via da lui, mi aggirò e mi agguantò il polso, bloccandomi saldamente. Cercai di darmi maggiore slancio con i talloni, sperando di sfuggirgli. Ruotai il polso e, per non lasciarmi libera, piroettò su se stesso, portandomi con sé.
«Dove pensi di correre? È maleducato andarsene via mentre gli adulti stanno parlando, devo ripeterti le regole di base ancora?» mi apostrofò. Il suo viso era duro, immobile e i suoi occhi glaciali. Seppure stesse scherzando, non mi diede per niente l'idea che volesse andarci leggero. Rafforzò la presa al polso ricoperto di cicatrici e smise solo quando emisi un singhiozzo strozzato. «Magari potrei rompertelo, questa volta. Non avresti ripercussioni nel mondo reale, perciò posso divertirmi quanto mi pare. Non osare farmi quella faccia» mi avvertì a denti stretti. «Perché quando mi guardi così io proprio non lo sopporto, e lo sai bene.»
Urlai per il male alla mano e tentai di liberarmi, mi aggrappai al suo braccio, lo graffiai, ma la sua presa non diminuì. Mi fissava con strano piacere e divertimento, per lui ero come un pesce nella rete del pescatore, il quale lo vedeva dibattersi inutilmente per tornare nel suo mondo marino.
Drogo si rialzò, ignorò il dolore e caricò. «Sono io che ti guardo per quello che sei, pezzo di merda.»
Andy fece un ghigno furbo e io rimasi spiazzata. «Drogo, fermo... Fermati, aspetta!»
Benché ebbi la forza di parlare, balbettai e non lo udì nessuno.
Vidi la scena a rallentatore e quel misero secondo durò per me un minuto intero, e in tutto quel tempo, lo ammisi, sperai solo di sentire velocemente il dolore e potermene andare dopo; tenne ben salda la presa sulla mano e quando il ragazzo fu abbastanza vicino, mi afferrò per la cintola, sollevandomi sopra di sé e disegnando un arco perfetto. Mi usò come peso e mi scaricò direttamente su Drogo, il quale cadde sotto di me come un fuscello.
Andy mi tirò nuovamente con sé, trascinandomi per il polso. Non ebbi la forza per lamentarmi oltre, avendo sbattuto duramente la spalla e il mento.
«Oh, sembrate veramente dei bambolotti scarichi. Io ve ne ho dato prova, sareste già morti trenta volte in battaglia. Per quanto vuoi combattere ancora? Tu» e parlò a me «sei una stupida. Le mie parole di hanno drogata? Puoi essere migliore quanto vuoi per gli altri, ma ho l'inferno dalla mia parte. Quanto a te... Davvero credevi di poter vincere? La vostra risposta era tutta qui? Colpirmi con quell'esplosione e rubarmi la bandiera? Con i Demoni farete lo stesso?»
Mi diede una scossa e lo guardai in modo sinistro. Ero davvero ridicola, penzolavo senza forze dal suo braccio e avevo la pretesa di parere minacciosa o intimidatoria. Se solo avessi avuto gli occhi calmi di Damian forse ci sarei riuscita, però ne dubitato comunque.
«Se sei solo un gradino più in alto, allora mi basta fare due passi, che ne pensi?» lo presi in giro.
Sganciò la presa e mi colpì sulla bocca, zittendomi. Drogo sollevò la testa e Andy lo squadrò, inarcando un sopracciglio con sfida.
«Hai ancora le forze necessarie per farmi cagare nei pantaloni color merda?» lo punzecchiò acido. «In battaglia se vedi morire la tua squadra sotto i tuoi occhi non puoi fare a meno di dire "è colpa mia" o "dovevo essere più veloce, sarebbe vivo altrimenti". Io ci sono passato... Cosa faresti se la tua bella morisse qui? Combatteresti? Ti arrenderesti?»
Mi pestò la mano destra, protetta solamente da uno strato inutile di tessuto poco rigido. Urlai e affondai i denti nella spalla per non dargli conforto.
Drogo serrò i denti. «Se la ammazzo io non ci sono problemi, se fossi tu a farlo la riporterei in vita, in modo da infastidirti il doppio, figlio di puttana troia.»
«Ma quanti insulti puoi mettere insieme in una singola volta?» sbottò ammirato.
Senza aspettare, alzò il piede con cui mi stava torturando e lo portò sopra la testa bionda di Drogo, premette e la schiacciò davanti a sé, facendogli quasi mangiare la terra. Il dolore alla mano scomparve mano a mano, riducendosi sempre più ad un puntino distante. Posai le mani a terra e con gli avambracci spinsi per sollevarmi.
«Hejji Igel!» urlò Drogo e la spada a terra cominciò a vibrare.
In meno di un attimo, lanciò un'onda d'urto: i vetri delle aule più vicine esplosero, mentre alcune erbacce per terra presero fuoco,i sassi oscillarono e ci aggrappammo al suolo per non venire trasportati via. Andy perse l'equilibrio e volò poco più indietro rispetto al punto d'origine, sbattendo la faccia sul duro terriccio.
«Riprendi la tua arma, presto!» tuonò, afferrandomi per il colletto e alzandomi di peso.
Afferrammo la spada e la falce da terra, tenendole ben salde davanti a noi. Andy si alzò e si toccò il naso appena, tirando le labbra in un'espressione scontenta.
«Oh, questo è scorretto» mormorò tra sé e sé. «Credo che oggi la tua spada non sarà l'unica cosa a bruciare, principessa. Basta così, mi avete rotto» sentenziò amaro.
Impugnò la spada e rivolse la lama verso il basso, sfiorando quasi il suolo. Un vento gelido si levò dalla terra e percepimmo una lieve scossa percorrere l'intero campo. Alderyu, il suo Dono, si stava risvegliando.
«Arriva» dissi.
Qualcosa cominciò ad accumularsi in punti specifici e a cercare di uscire da piccole zolle di terra ammucchiate. Dapprima pensai che potesse essere qualche animale, eppure furono delle unghie a uscire e poi delle mani. Almeno una decina di uomini e donne fuoriuscirono dal terreno come se fossero stati partoriti. Appena si sollevarono ci adocchiarono con i loro occhi vacui.
«Questi anche se li uccido non importa a nessuno, vero?» mi domandò Drogo. Alzai le spalle. «Mi sei dietro?»
«Sempre.»
Quegli esseri non erano umani, parevano degli zombie tornati in vita, ma si muovevano nonostante tutto con agilità, coordinandosi senza muovere le labbra e, seppure colpiti, restavano in piedi. La loro resistenza era incredibile. Avevano tatti diversi, chi la barba, chi gli occhi verdi e addirittura c'era un tipo mingherlino con un lungo camice strappato.
Proteggevo Drogo standogli attaccata alla schiena, sincronizzai ogni passo al suo, muovendomi come un allungamento di un suo arto. Il ragazzo teneva alta la guardia, avanzava e feriva quanti più nemici possibile. Il raggio di Ryokku era abbastanza grande da avvolgerci entrambi e rientrare in un comodo spazio vitale e sicuro.
Per quanto fossimo riusciti a coordinarci, quei fantocci non parvero intenzionati a mollare l'attacco, tanto meno sembravano sentire dolore. Ben presto capii che ci fosse qualcosa di strano, Andy non ci staccava gli occhi di dosso e alcuni nemici emulavano le sue mosse agili con facilità, molli e spenti, nonostante non lo avessero mai visto in azione.
«Drogo» lo chiamai per fargli capire.
«Lo so. Io vado a destra, tu occupati di lui.»
Ci mettemmo a correre in due differenti direzioni. Andy sbatté gli occhi e non riuscì a guardare entrambi direttamente. I miei dubbi si colmarono: Andy doveva pero forza tenere sotto stretto controllo visivo tutti quei manichini, in modo da dare loro ordini su come muoversi. Quelli che mi inseguirono poco dopo smisero e si fermarono, quasi in trance, e ripresero a muoversi solo quando mio fratello li guardò.
«Non mi avevi detto di prestare attenzione solo a te?» esclamai, correndogli incontro.
Alzò Alderyu e parò la mia offensiva con facilità. Gli uomini smisero di muoversi con velocità, diventando quasi dei semplici corpi molli. Drogo ghignò malizioso e si mise a tagliare le teste.
«Per tutti questi anni sono stata qui dentro ad aspettarti, ora anche io ho un Demone e te lo dimostrerò con tutte le mie forze: non sono più una sorvegliante, sono una Dominatrice!» dissi a gran voce, ad un centimetro dalla sua faccia.
Andy sollevò un sopracciglio e ridacchiò. «Vuoi farmi incazzare? Te l'ho già detto, è un "no"!» Mi diede una spinta e feci un passo indietro, alzò la spada e la scagliò con forza sopra la mia testa. La bloccai con il manico con fatica, premendo sulle ginocchia. «Tu non sai niente! Devi solo dare retta a me e non fiatare! Non devi volere niente, solo me. È questo il tuo vero incarico!»
Lasciò perdere l'arma, alzò un pugno sopra la spalla, pronto a colpirmi. Drogo mi spinse via e parò il colpo con la spada, facendo fluire la potenza lungo la lama messa verticalmente. Mio fratello serrò i denti, la sua mano rimbalzò dolosamente, ma senza scomporsi la strinse e sferrò una gomitata sul braccio sinistro di Drogo, colpendolo di rimando sui denti. Lo afferrò, ruotò lo busto e lo spazzò via dal suo terreno di scontro. Il ragazzo scivolò a terra, coprendosi la bocca con una mano.
«Pensi davvero di potermi sconfiggere?» mi domandò ridacchiando mio fratello. «Ci sono mai andato piano con te?»
«Dio, no.» Sorrisi. «Ma almeno oggi posso prenderti a pugni senza dover essere punita in seguito.»
Lui rise, mostrandomi i denti bianchi. Continuò a sferzare con la sua spada senza darmi un momento di tregua. Le mani cominciarono a tremarmi per lo sforzo prolungato, così come le gambe. Continuava a restare troppo vicino, distanza zero, rendendo inutilizzabile la falce. Saltava sotto la lama, scivolava a lato con facilità ad ogni mio colpo, per poi tornare al suo assetto di battaglia.
Era quello il vero aspetto del mostro di Londra: una macchina da guerra efficiente e sanguinosa.
Drogo riprese la sua arma, puntandola comunemente verso di noi. Affondai la testa nelle spalle e mi coprii gli occhi, il buio delle mie palpebre fu rischiarato da una luce abbagliante, giallognola, seguita da un bruciante calore verso tutte le zone non coperte del corpo.
Andy chiuse gli occhi. «Moccioso di merda, tu non...»
Toccò a me essere offensiva, approfittai di quei secondi di cecità per attaccarlo con tutte le mie forze. Nonostante questo, riuscì in qualche modo a bloccare i miei colpi, notando però che la sua difesa era diventata un poco incerta. La rafforzava solo quando era certo di frenare il colpo per via degli spostamenti d'aria della falce.
«Pensi che non sia pronta?» berciai fuori di me. Lui riaprì gli occhi e mi guardò confuso, non riuscendo a distinguermi bene. Parò un altro attacco e questo lo svegliò. «Già, forse hai ragione tu, non lo sono, ma questo non mi impedisce di provarci e uscire. Non sarò mai abbastanza pronta per te, quindi non ha affatto importanza. Non mi interessa di farmi male, cadere o perdere qualche arto. Io voglio uscire, e uscirò. Non ho intenzione di perdere ancora, lo faccio e basta.»
Andy fece un passo falso, il suo corpo si inclinò e cadde a terra. Gli misi la lama sulla gola e lo guardai senza fiatare.
«Be', cosa ti ho insegnato? Quando il nemico a terra devi finirlo» fece con fare neutro.
Sbattei gli occhi. Drogo mi passò avanti, afferrò la bandiera legata ad un passante dei pantaloni e la sollevò.
Il risveglio fu meno brusco di quanto mi sarei aspettata, i miei occhi erano stati a contatto con la luce debole dello schermo per troppo tempo, perciò quando mi tolsi l'oculus e il chiarore del laboratorio mi offuscò la vista, restai per qualche secondo ad occhi chiusi.
I ganci che tenevano sollevati me e Drogo si spensero e ci depositarono a terra con calma. La sua mano destra non reggeva nessuna bandiera e per un attimo parve perso, pensando di averla fatta cadere da qualche parte. Andy mi rivolse un'occhiata lunga – almeno quando fui certa che fosse lui e non un ammasso di colore nero – in silenzio. Bill era vicino il computer, seduto su una sedia.
Il generale Mordecai si avvicinò a noi senza dire nulla, analizzò i nostri volti e pensai immediatamente che avessi qualcosa sulla faccia, tipo un livido di qualche genere o un grumo di sangue. Io e Drogo ce le eravamo date di santa ragione, finalmente, e se solo non fossero stati meri impulsi elettrici dettati da un programma stronzo, a quell'ora potevamo essere ridotti peggio.
Con mia delusione qualche dolore rimasto c'era, il polso pulsava laddove mio fratello mi aveva stretto con foga e mi bruciava una parte del viso. Gli elettrodi si erano spenti in automatico, ma pareva quasi che nel mio corpo scorresse una vaga energia residua fastidiosa.
«È andato tutto bene?» domandò il generale e notai subito una lieve punta di apprensione nelle sue parole. L'orecchio da sorvegliante si era attivato. «Ho visto il vostro lavoro dalle proiezioni, devo dire che per più di un momento ho pensato che non ce la poteste fare. Non so se voi due, come squadra, potrete funzionare, ma credo che questa simulazione sia stata di grande importanza per voi due. Anche i miei figli, quando erano più piccoli, solitamente si picchiavano per poi fare miracolosamente pace. Le abitudini con le generazioni rimangono sempre le stesse, vedo...» mormorò e mi parve che, solo per un attimo, riuscì a fare un sorriso beato. «Quanto a voi due, vi facevo più combattivi» esclamò quasi divertito, contro Andy e Bill.
Andy incrociò le braccia e Bill le alzò. «Colpa delle articolazioni! Sono vecchio!»
«Lo so bene, discuteremo le vostre opinioni più tardi. Ho comunque intenzione di mantenere la promessa fatta: i ragazzi vi hanno battuti lealmente, rientrano nei canoni sufficienti per passare. Presto vi arriveranno le vostre affiliazioni, non prendetele sottogamba. Potrete fare tutte le domande che vorrete ai coordinatori o al tenente colonnello, il vostro caposquadra.»
Drogo si fece avanti. «Io avrei una domanda.»
«Dimmi pure.»
«È stato per l'assalto all'ex sergente Johnson a farle scegliere Penny?» domandò a bruciapelo lui, lasciandomi interdetta.
Il generale lo guardò con interesse, rivolgendogli tutta la sua attenzione. «Ho sentito la vostra lite, perdonatemi entrambi. Non l'ho scelta unicamente per la sua forza, al contrario di ciò che credi tu. La conosco da quando suo padre l'ha portata qui, non mi aveva mai dato nessun problema, non pensavo avesse qualche talento particolare e lei non è mai spiccata. Sì, è stato da quando l'ex sergente è stato posseduto che l'ho presa in considerazione, in maggiore per il suo coraggio. Tu sei forte naturalmente, hai il talento, la determinazione e la combattività. Un giorno ti porteranno lontano, credimi. Tu, a contrario di lei, non avevi bisogno di alcun aiuto, perciò decisi di dare a lei l'opportunità di dimostrare il suo valore.»
Bill si grattò il capo e, dubbioso, si avvicinò al figlio. «Mi spiace di averti sottoposto a questo test, so quanto vali, ma Penny ha detto una cosa importante e vera: non sei solo. Dietro di te a proteggerti ci sono io, c'è lei e ci saranno altri ragazzi pronti a sacrificarsi. Tu puoi essere un esempio.»
Piano, quasi avendo il timore che lo mordesse, Bill lo avvicinò a sé e lo abbracciò. Erano entrambi rigidi, non sapevo come fossero le relazioni tra le altre famiglie, specie con solo individui maschi, io ero solita a restare appiccicata a Andy e ogni qualvolta sentissi il bisogno di un gesto d'affetto glielo chiedevo apertamente. Se Drogo me lo avesse chiesto io lo avrei protetto con le mie stesse mani.
Il generale si voltò verso di me e mi fece un debole sorriso. «Dovresti essere fiera di te.»
«Oh, lo sono» gli garantii.
Lo ripeté anche a Andy, il quale sospirò e non rispose, riprendendo con gran velocità Alderyu dalle zampe di Raion.
«Voi due insieme» continuò il generale «potreste diventare un duo inarrestabile, attacco e difesa in un unico elemento. Quella tattica era grezza, ma non da buttare. Tu sei forte e tu hai uno spirito malleabile, ora che avete esternato così apertamente i vostri sentimenti dovreste riuscire a capirvi meglio» optò.
Drogo si liberò dall'abbraccio strano del padre, si scompigliò i capelli e si infilò le mani in tasca. «Non le riconosco un bel niente. Per me è ancora insopportabile» sbuffò. «Ma ammetto che non combatte come una ragazzina indifesa.»
Sbattei gli occhi, poi feci un risolino. «Questa è la cosa più carina che tu mi abbia mai detto in dieci anni.»
«Non farci l'abitudine, sei comunque strana e inutile.» Bill rise e venne ad abbracciare me, facendomi i suoi migliori auguri. «Ciò che devo fare non cambia: completerò questa missione, spazzerò via ogni Demone e diventerò il soldato numero uno del Nido, persino sopra del tenente merdoso e te.»
Andy pulì la sua spada e gli andò vicino. «Ne passerà di acqua sotto i ponti allora!»
Gli trotterellai vicino. «Oh, forse anche tutti i mari!»
Drogo si mise a urlare così forte che una guardia entrò dalla porta con urgenza, credendo di trovarvi un Demone fuggitivo. Il dottor Calvin non mi diede occhiate superflue, a differenza di Grimm il suo era un atteggiamento sempre chiuso e razionale. Non mi aspettai di ricevere uno degli abbracci dell'altro dottore, né tanto meno un complimento, così, nella confusione tra Drogo e la guardia, tornai da Raion e gli diedi un buffo sul grosso tartufo nero.
«Ti ha morso?» domandai ridacchiando.
Il leone mi gettò un'occhiata lunga e non sollevò la zampa dall'arma. Le sue lunghe unghie ricurve si incastrarono al suolo e non mi diede l'idea di volersi smuovere presto. Il suo muso era fermo, immobile come il gesso, ma i suoi occhi erano ricolmi di nervosismo e ansia. Più volte nel corso della simulazione avevo sentito la presenza di Ryokku a stretto contatto con la mia pelle, avevo supposto che fosse a causa mia, per il mio desiderio di vincere e ottenere più potere, ma intuii che anche il Demone avesse cercato di liberarsi da Raion.
Non udii il generale avvicinarsi. «È andato tutto bene?» ripeté.
Sbattei gli occhi e lo guardai, sperando aggiungesse altro, una spiegazione. Raion sollevò la zampa dal manico, sotto l'ordine veloce del suo Dominatore, scivolandogli vicino. Con i suoi occhi gialli studiò con aria gravosa la falce tra le mie mani, non muovendo la coda. Io vedevo Ryo come il mio personale pupazzetto, probabilmente Raion riusciva a scorgere la vera natura del Demone; stavo coccolando un serpente.
«Be', ora basta cincischiare!» esclamò il generale, applaudendo. «Andate pure a riposarvi, questa sera si terrà una festa di propiziazione! Voi due non siete più cadetti, ma veri soldati. Questo sarà tutto per voi, benvenuti, nuovi Dominatori dell'Esercito dell'ordine demoniaco.»
Non si facevano feste al Nido, non avrei saputo come chiamarle altrimenti, ma alcuni soldati le definivano "propiziatorie". Andy odiava quel termine, affidarsi al fato per lui significava seguire ordini da un perfetto sconosciuto e mettere il proprio destino in mani non sue. Non si facevano spesso, ma con l'avvento di un'importante missione (e il tempo meteorologico a nostro favore), i cadetti costruivano grandi ammassi i legno, arbusti e varie erbacce e, al tramonto, gli davano fuoco. Qualcuno riusciva persino a rubare qualche bevanda o cibo dalla dispensa, si scherzava, si parlava e si ballava. O almeno alcuni ci provavano, seppure la metà delle volte si finiva con un qualche tipo di rissa.
Era quasi l'avvento dell'estate oramai, ma le temperature di sera erano ancora basse e il sole continuava a calare troppo in fretta. Il cielo era una cappa violacea, dovevano esserci nubi alte in perché la luna e le sue stelle erano del tutto assenti. Tutti i Demoni erano acquattati in attesa oltre la linea di luce dell'enorme falò, non si avvicinavano per via della confusione e dell'enorme calore che il fuoco generava.
Damian e alcuni dei suoi fratelli erano vicini alla pira, discutevano con altri sottoposti di qualche affare e vidi persino il ragazzo sorridere, mentre Abigail era al suo fianco. Rimasi a guardare Damian per un po', non ci avevo mai fatto troppo caso, ma c'era una colossale differenza tra quando sorrideva nelle assemblee e quando era libero. Il suo viso era meno duro, le guance soffici e i denti perfettamente dritti. Non avevo idea su come avrei dovuto vederlo o parlargli, era difficile credere che di lì a poco avrei dovuto cominciare a considerarlo un "fidanzato". Lui, il futuro erede della casata Mordecai, capofamiglia e direttore del Nido.
Andy non mi aveva mai spiegato certe cose, anzi, le evitava. Aveva costantemente creduto che fossi la sua macchinetta telecomandata a comando. Avrei voluto molto vedere con quale donna l'avrebbero accasato, tanto per ridere.
«Ehi.»
Andy saltò il cespuglio dietro il cui mi ero rifugiata e si sedette vicino a me. Si era tolto l'uniforme e i capelli, dopo una veloce doccia, erano ancora leggermente bagnati, ondulati sulle orecchie e sul collo, neri e ardenti come il carbone. Aveva una semplice canotta bianca di cotone, non gli chiesi nemmeno se avesse freddo dato che io ero ingobbita nella sua giacca militare standard, morbida e calda, mentre la sua pelle emanava calore e non aveva brividi.
Teneva un arrosticino in una mano e nell'altra un bicchiere contenente un liquido ambrato.
«Tieni, ti scalderà» mi disse piano, porgendomi la piccola coppa di vetro. «Ti farà crescere un po' di peli.»
Roteai gli occhi e bevvi un sorso. Il liquido mi andò per traverso, era esageratamente amaro e pareva essere stato al sole per un giorno intero. Sia la gola sia la lingua cominciarono a bruciarmi così forte che tossii e mi vennero le lacrime.
«Ma che robaccia è?» tuonai e glielo spinsi in mano, sputando nell'erba saliva e il resto dell'intruglio. «Sbaglio o non si può bere?»
Non c'erano alcolici al Nido, offuscavano i sensi e i Demoni avrebbero potuto approfittarsene. Seppure i Dominatori fossero umani, avevano un qualcosa in più: erano più intelligenti, più forti e veloci, perciò cose come il fumo e l'alcol erano bannate.
«È idromele» mi informò con gusto, bevendo.
«Quello non è idromele.»
«Be', è una ricetta del generale stesso. Chi sono io per rifiutare un suo gesto gentile?» esclamò con dileggio, sorridendo.
Voltò la testa e osservammo Erik ingaggiare uno scontro amichevole con Sora, benché fosse uno stronzo ebbe la meglio.
«Dov'è la principessa? Pensavo fossi con lui.» Alzò un sopracciglio e appoggiò la schiena contro il muro del perimetro.
Feci spallucce. «Non è voluto venire. Sai che a lui queste cose non piacciono» divagai e tentai di dargli l'idea che non mi importasse che non fosse lì, con tutti noi, quando non era così.
La verità era che sarei dovuta essere in mezzo alla festa, vicino a Damian e a mio fratello, quando volevo solo andare a casa e infilarmi sotto le coperte. Avevo avuto tempo di riposarmi e dormire di pomeriggio, cosa rarissima, il problema era che se davo spazio alla stanchezza e alla depressione poi mi avrebbero ingoiata viva.
«Oh, che peccato» recitò Andy e arricciò le labbra. «Siccome avete vinto grazie a lui, pensavo che vi foste rintanati qui dietro a sbaciucchiarvi. Hai troppe pretese?»
Appoggiai il gomito sul ginocchio e sbuffai. «Forse sei tu che ne hai troppe poche.»
«Touché» si arrese sghignazzando.
Lo guardai attentamente. Era vestito in modo informale, maglietta, pantaloni larghi, anfibi e spalle basse, tuttavia conservava sempre Alderyu attaccata alla cintura. Doveva essere un gran fastidio portarsi quella spada dietro, sentirla sbattere costantemente sulla gamba e avere un peso sul fianco, eppure non si era mai lamentato. La materializzazione era più comoda, lui sembrava volersi complicare la vita a tutti i costi.
«Posso farti una domanda?»
«Non me ne stai già facendo una?» fece eco.
Lo ignorai. «Perché ci hai lasciato vincere?»
Tossì piano, mettendosi una mano davanti alla bocca e deglutì velocemente. Allungò le gambe a terra e posizionò la suola contro la mia, giocherellando a destra e a sinistra. Io e Drogo non avremmo mai potuto vincere contro mio fratello, né in una simulazione né tanto meno nella vita reale. Lui era imbattibile, aveva anni di esperienza più di noi, un Demone nero spettacolare, talento, carisma e potenza illimitata. Il fatto che fosse semplicemente inciampato era leggermente impensabile come idea.
Leggermente.
«So che mi ritieni un bastardo egoista.» Aprii la bocca. «No, non ribattere nemmeno. Papà mi diceva spesso cose che non capivo e si scusava dicendo: "Quando avrai un figlio capirai anche tu cosa vuol dire fare questo o quello", ti assicuro che è vero. Il mondo là fuori è un posto spaventoso, enorme, caotico, puzzolente e... imperdonabile. Non volevo che ti sentissi in qualche modo diversa o tentassi di diventare come loro. Non hai mai capito perché lo facevo, non è colpa tua.»
«Cosa ti ha fatto cambiare idea?» mi interessai.
«La perseveranza. All'inizio volevi scappare via, vero? L'ho visto nei tuoi occhietti, dovresti proprio imparare a tenere a freno le emozioni in battaglia, ma sono certo che lo imparerai da sola. Non ho mai punito il tuo panico, è un'emozione naturale davanti al pericolo. Se fossi stato in te avrei adottato una tattica simile, eppure ho visto come gli stavi vicino, lo difendevi e facevi di tutto per avanzare. Vedendoti, ho solo pensato che sarebbe bello andare in missione con te, sarei sicuro di avere le spalle coperte. Hai tutto il diritto di fare due passi in più, Penny.»
Annuii. «Grazie, Andy.»
Mi sollevai da terra e gli andai vicino, sedendomi accanto a lui e posando la testa contro la spalla. Chiusi piano gli occhi e mi rilassai. Faceva freddo, c'era una confusione pazzesca con tutti i soldati che ridevano e urlavano, ma per me c'era stata sempre una cupola intorno me e Andy.
«Combatti» riprese. «Combatti sempre, che solo per un respiro in più, anche se morirai comunque, anche se è una cosa stupida, tu combatti. Sei un soldato, sei nata per essere questo. Fino a che ci sarà una sola persona accanto a te, non sarai mai indifesa. Credimi. Il mondo, quanto schifoso è, lo vedrai da sola.»
Noi due contro il mondo. Era davvero così.
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