XVI
Mi ritrovai a stare in piedi davanti a loro, i dieci grandi direttori ufficiali del Nido. Ero agitata e le mani erano sudaticce, appiccicose, per via dei loro occhi che mi puntavano come rapaci. Alcuni, come quelli di Alma e Louis, erano dolci e incoraggianti, mi fecero pensare che forse sarei riuscita a scamparla con il loro aiuto, ma Erik, Khol e Damian non parevano proprio dello stesso parere.
Ero sollevata che almeno ci fosse Andy con me. Non me la sarei sentita di affrontare quel colloquio da sola, senza una figura amica accanto, che mi avrebbe incoraggiata a non balbettare e tenere la schiena dritta.
«Ora è tutto pronto, Penny» mi salutò il generale Mordecai. Chinai la testa in segno d'educazione e non parlai, non mi venne nessuna parola in gola. Fatto alquanto strano. «Possiamo saltare le formalità d'appello e del giuramento per passare direttamente all'udienza. Penny Baskerville, sei accusata di alto tradimento, come pensi di dichiararti?»
«Sono innocente, signore, non ritengo di aver tradito lei, qualche compagno o il Nido» risposi, alzando il mento e irrigidendomi.
«Questa è bella!» mi prese in giro Khol, alzando le mani verso il cielo.
Il generale rivolse al figlio un'occhiata severa, poi lo ignorò. «Baskerville, sai perché abbiamo indetto questa assemblea per decidere sulla tua posizione?»
Annuii. «Perché sono intervenuta in una battaglia senza autorizzazione, mi sono appropriata di un Demone senza l'adeguata procedura di sicurezza e mi sono quasi fatta possedere, signore» riferii abbattuta.
«Allora sei una ragazza quanto meno sincera» si congratulò finemente, tossendo. «La ragione per cui sei qui è perché in queste due settimane di assenza tutti hanno notato la tua scomparsa, benché ci siamo premuniti di dare il cessato allarme e informare i cadetti sulle tue attuali condizioni, metà dei soldati sono venuti a chiedermi di punirti. Si sono sentiti imbarazzati per il tuo intervento, è come se gli avessi dato degli incompetenti e non hanno tutti i torti. Tuttavia, l'altra metà, i sergenti, i sorveglianti e quasi tutti i cadetti, hanno fatto gran voce e volevano farti i loro migliori complimenti e auguri. Per questo, seppure ho sentito diverse testimonianze, siamo qui, in veste ufficiale. La decisione che prenderemo sarà irremovibile, hai capito?»
«Sì, signore.»
«E la accetterai?»
«Sì, signore.»
Il generale Mordecai sollevò le labbra in un lieve sorriso. La cicatrice sul labbro superiore che gli sfregiava metà guancia e naso si tirò, per un attimo temetti che il suo viso si sarebbe squarciato, ma ciò non avvenne e il suo puro atto di gentilezza mi rincuorò. Il generale non era di parte; era ancora neutrale.
«Damian, cosa ne pensi?» domandò direttamente, voltandosi verso di lui.
Khol emise un leggero risolino quando il fratello si alzò, come se avesse ricordato una cosa intima e divertente sul suo conto. Il fratello maggiore lo ignorò e prima di parlare attese un cenno di assenso da parte del generale.
«La mia posizione è in quanto più oggettiva e imparziale» sottolineò e Khol si trattenne ancora. «Penny Baskerville non è un elemento dell'Esercito, non è una cadetta che ha seguito i corsi per Dominatori né intendeva seguirli nell'immediato futuro. Era solo una sorvegliante e come tale avrebbe dovuto seguire le istruzioni del suo superiore, evacuare e stare nella sua posizione. Per ben due volte l'ho trovata dove non doveva essere. Il tenente colonnello Andrew le aveva ripetuto di andarsene, ma lei ha deciso volontariamente di trasgredire alle regole. È una violazione del regolamento stipulare Patti senza le giuste misure, sia per sua sicurezza sia per tutti gli altri.»
«Sì, ma ha salvato la vita a Korey e a molti altri soldati» tenne a precisare Maverick. «Io ero con te, fratello, non dimenticare. Quel Demone era troppo forte.»
«E se fosse stata posseduta? Avremo dovuto far fronte a due Demoni neri e sai bene che non saremmo qui a parlarne» rettificò gelido, stringendo i denti. «Il regolamento è stato creato per casi come questo. Non è stata posseduta per pura fortuna, ho assistito mentre il dottor Grimm le ha impresso la runa. Se voi la considerate una buona azione, cosa impedirà agli altri di non pensarla allo stesso modo e di non fare lo stesso, un giorno? La sua azione è stata di cattivo esempio, punto.»
«È vero» affermò serio Erik, annuendo.
«Quindi che proponi?» finì il generale Mordecai.
«Deve essere punita, è ovvio» ribadì. «Quel Demone non era stato assegnato a lei. Ogni Dominatore affronta un rango adeguato, lei lo ha praticamente scelto a caso e ha giocato con la sua vita e quella di molti altri. Se avesse voluto aiutare la strada la sapeva. Io propongo l'Oblivazione.»
Si sollevarono tutti i fratelli così in fretta che non riuscii a capire cosa dicessero. Persino Alma strillava per farsi ascoltare e il generale ci mise qualche secondo in più a rimetterli tutti in riga, in silenzio. L'aria nell'ufficio era densa, soffocante.
«Khol, tu cosa dici?»
«Io sono d'accordo con Damian. È assurdo permettere a una ragazzina di tenersi un Demone senza permesso, senza addestramento o alcun tipo di raccomandazione. Se fosse stata minimamente forte non si sarebbe lasciata sopraffare dal Demone. La procedura in tentativi di possessione non conclusi è chiaro: uccisione del Demone e revoca momentanea del permesso da Dominatore» fece.
«Ciò che dici è assurdo» commentò aspra Alma.
«Già, il suo equilibrio mentale è stato ottimo» disse Garrett. «Ha dominato uno nero, lo capite o no? È una risorsa preziosa e voi la volete perdere, per cosa? Orgoglio? Regole? Se fosse stata debole, come dici tu, Khol, sarebbe morta nel Settore F o in quel lettino d'infermeria, eppure si è sincronizzata a lui e non si è lasciata abbattere! Ha più equilibrio mentale di tutti noi, lo sapete. Siete ciechi?» affermò sicuro.
«E quindi?» si puntò Lanford. «Ha sbagliato, forse l'Oblivazione è troppo, ma il suo è stato un gesto avventato e da immaturi. Si vede che non ha la stoffa per essere Dominatrice. Uno di noi non lo avrebbe mai fatto.»
«Ecco perché voi non siete intervenuti» si offese Alma.
«Tu stai zitta. Solo perché sei una donna non sei autorizzata a prenderla in simpatia!» si infuriò il fratello.
Il generale osservò i suoi figli controbattere e insultarsi l'uno sull'altro, scosse la testa e diede la parola a Erik senza perdere troppo tempo.
«La tua voce dovrei saperla dato che per due settimane non hai parlato d'altro in mia presenza.»
«Chiaramente colpevole. Damian ha ragione, non merita un Demone. Non è nemmeno una figlia biologica di un soldato, viene da fuori, non dovremmo nemmeno essere qui a parlarne. È colpevole. Se ci fossi io al comando...»
«Sì, ma non ci sei» gli fece notare con gran stizzo Damian.
Erik annuì e si corresse. «L'Oblivazione è la giusta punizione. Ha tolto un Demone a un soldato molto più capace di lei.»
«Sora, tu che hai da dire a riguardo? Fino ad adesso il voto maggiore per la sentenza è negativo» riassunse evasivo l'uomo.
Sora si umettò le labbra e ci pensò per qualche secondo. «Io in verità non ho un'opinione ferma a riguardo. Se devo dare credito a una di queste versioni posso dire che entrambi hanno ragione e torto.»
«Quindi hai una tua opinione.»
Sora si sistemò sulla poltrona. «Ha infranto la regola più importante di tutte. Se la lasciassimo impunita altri soldati penserebbero di poterla fare franca, alludendo a qualche bene comune...» mormorò e fece una pausa. «Tuttavia il suo intervento è stato decisivo. L'ex sergente Johnson è vivo, lo è lei. È questo ciò che conta.»
Senza poterne fare a meno, abbassai le spalle e sospirai. Sora era dalla mia parte. Mi benedii di quella volta in cui gli diedi la mia barretta di cioccolato come regalo. Il karma girava dalla mia.
«Altro?»
«No, signore. Per me è innocente.»
«Alma, tocca a te.»
«L'opinione di nostra sorella non dovrebbe nemmeno valere. Ha sempre avuto una predilezione verso tutte le ragazze del distretto, specie lei. Ha un debole per i casi persi» interruppe Khol, sventolando una mano in aria.
«La mia opinione la sentirai lo stesso, Khol» berciò nervosa. «Fino ad adesso voi uomini vi siete appellati solo alle regole e alla sicurezza del Nido, non avete pensato a lei. Penny ha avuto un coraggio fuori dal comune, si è sacrificata per aiutare suo fratello e voi tutti, impegnati nella battaglia, ma siete così codardi che non lo volete ammettere! Vi sentite solo inferiori, ha dominato un Demone nero senza aver fatto praticamente alcun corso, il suo è un talento naturale, un dono! Non dovrebbe essere compito nostro nutrire e stimolare un giovane soldato? Lei è una nuova generazione, è lo sviluppo di nostri geni.»
Se avessi potuto, sarei corsa da Alma per abbracciarla.
«Il talento è di famiglia» aggiunse Garrett superbo. «Anche il tenente colonnello ha dominato un Demone nero a soli tredici anni, senza completare l'addestramento.»
Lanford scosse la testa. «Il solo talento di famiglia comune che hanno è quello di trasgredire alle regole imposte.»
«Mi ricordo cosa facevi tu alla sua età, Lan, non fare l'uomo vissuto» lo apostrofò Alma. «Lei salva la vita ai vostri sottoposti, a voi stessi, e la ricompensate con questo cazzo di colloquio e la minacciate di strapparle via l'anima?»
«Per te è innocente?» semplificò il padre, spingendosi contro lo schienale morbido.
«Per me dovremmo nominarla come quinto sergente, al posto di Johnson. Il posto è ancora vacante» propose senza scherzare.
I fratelli che erano contro Alma e l'idea di lasciarmi libera alzarono la voce e ribadirono la giusta versione dei fatti, mentre gli altri scossero le teste e fecero loro eco, parafrasando le loro infondate tesi. Odiavo non poter dire nemmeno una parola durante quel processo, mi era vietato se nessuno mi chiedeva di farlo, ma fino ad adesso non mi era stato chiesto di dire la mia versione dei fatti o il motivo.
«Ora basta, voi tutti!» si scocciò il generale Mordecai e il suo leone nero ruggì forte, facendo tremolare la tavolata e gli armadi in fondo alla stanza. «Louis, tu sei l'ultimo. Dimmi cosa ne pensi, so che sei molto amico della ragazzina e del tenente colonnello.»
Louis annuì rasserenato e si alzò in piedi. «A differenza dei miei fratelli maggiori, a me non piace tormentare i più deboli. Conosco Penny da quando è arrivata qui e posso dire con tutta la sicurezza che volete, posso giurarlo su Hogosha e sulla mia stessa vita, ma non ha agito in quel modo pensando di essere superiore o di avere qualche merito futuro. Ho visto i suoi occhi, aveva una paura folle, ma è questo che fanno i Dominatori: superano i loro limiti. La paura non l'ha fermata come molti di noi, l'ha accesa e l'ha spinta a crescere. È degna di possedere quel Demone, ha un cuore grande e buono. È innocente.»
Erik roteò gli occhi.
Il generale annuì, poi guardò Andy e lo chiamò più vicino. «Tenente colonnello, tu eri sul campo vicino a lei durante l'azione. Voglio sentire la sua opinione a riguardo, cosa pensa di sua sorella?»
«Penso che sia una stupida» disse subito e mi lanciò un'occhiata storta. «Le avevo detto chiaramente di non intromettersi, nonostante ciò è stata di grande aiuto. Il suo intervento ci ha permesso di concludere uno scontro che ci stava portando allo svantaggio, potevamo avere un numero di vittime consistente, però l'inutile sorvegliante si è fatta avanti mentre gli altri avevano troppa paura per rompere lo schema e stavano scaricando la loro responsabilità. Quello di mia sorella è stato un gesto stupido, lo ammetto, ma ha lo spirito di sacrificio di un vero soldato. Come suo tutore, tuttavia, mi assumo anch'io la responsabilità del suo gesto, punirla è giusto.»
«Sai che la responsabilità non ti può essere affidata» gli fece notare il generale Mordecai. «Ogni Dominatore si occupa solo e soltanto di sé, ma apprezzo il tuo sincero parere. Cosa consigli come punizione per il suo errore?»
«La sospensione» stabilì subito. «Mia sorella adora il suo lavoro di sorvegliante, perdere tempo con i suoi amichetti e bighellonare in giro. Glielo tolga.»
Aprii la bocca e lo guardai mesta, stringendo i pugni. Mi obbligai a non insultarlo e a non pestargli i piedi per il nervosismo, sapevo che in fondo aveva detto una cosa sensata e obiettiva. Avevo aiutato molti, mi avevano detto questo, eppure dopo ciò che avevo passato in infermeria, i dolori e i pensieri assillati, capii che Andy non era affatto nel torto. Meritavo di essere punita perché sapevo di aver infranto una regola importante e sarebbe diventato un grave problema se altri mi avessero imitata come martiri.
Tornai al mio posto e annuii vagamente, accettando.
«Sei ridicolo, Andrew» lo puntò Khol.
«Solo perché è tua sorella non significa che avrà un trattamento di favore» accompagnò Lanford scontento.
Andy fece un sogghigno. «Io però mi ricordo benissimo delle vostre avventure, dentro e fuori del Nido. Nessuno vi ha mai minacciati di Oblivarvi e state riversando su di lei il vostro fallimento. Non sto chiedendo un trattamento di favore, ma la vostra è una sentenza puramente personale. Voi avete fatto anche peggio, lo sappiamo» sillabò, usando un tono frivolo.
Lanford aprì la bocca e balzò in piedi. «Come ti permetti di...»
«È la verità!» affermò Alma, guardando il fratello. «In un momento o in un altro, ci siamo tutti presi delle libertà usando il nostro grado. È un buon compromesso, mettiamola sul campo come soldato e sospendiamole l'incarico.»
Khol scosse la testa. «Non essere ridicola, si farà uccidere.»
«Hai forse paura che possa essere migliore di te nel combattere?» ridacchiò Sora.
Il falco di Khol sollevò le penne, avvertendo la punta dell'astio del Dominatore percorrere la sua anima. Gli occhi del ragazzo lampeggiarono e Sora non si scomodò troppo, alzando le mani con innocenza per uscire dalla discussione.
Il generale Mordecai ebbe un colpo di tosse e immediatamente Alma corse da lui a portargli dell'acqua. Il suo pappagallo rosso la seguì e osservo con occhi quasi preoccupati la reazione dell'uomo.
«Mi...» boccheggiò l'uomo dopo un po'. «Mi pare un buon accordo. Una punizione e un merito.»
«Generale!» tuonò Damian. «Questo non è lecito! Le vuole stringere la mano dopo quello che ha fatto? I danni al Nido sono a causa sua, i...»
«Eppure fosti tu a dirmi che erano danni quanto meno ridotti, vero?» butto lì l'altro, sollevando un sopracciglio. «Me lo ricordo molto bene e le questioni sono due: o mi hai mentito, pensando di non far preoccupare un uomo vecchio, oppure hai detto la verità ma per tuo onore di soldato non vuoi ammettere di essere stato superato da una ragazza.»
Damian socchiuse la bocca, pensando. «Ha rubato un Demone che era stato assegnato ad un altro» riprese asciutto. «Non era una sua proprietà. Lo ha rubato.»
Si sceglieva un Demone per gusto personale, ma spesso, per non affidare un essere troppo potente ad un soldato di livello inferiore, si scendeva a studi e compromessi. Ryokku, quindi, doveva diventare l'arma di qualcun altro e io ero arrivata prima.
«Io non... non avevo idea che lui fosse...» biascicai.
«Quel Demone, Penny Baskerville, era mio» ringhiò Damian. «Se non fosse stato per te, per il tuo inutile tentativo di suicidio, Ryokku avrebbe stretto un Patto con me.»
Ryo vibrò nel mio animo, dandomi fastidio. Mi massaggiai il petto, cercando di farlo restare calmo. Quando si agitava creava una bolla nel torace che mi impediva quasi di respirare, stimolandomi i polmoni con piccole scariche elettriche. Se si fosse manifestato sarebbe stato chiaro a tutti che non avevo il controllo su di lui e una cosa simile poteva portare alla luce la mia inettitudine a educare un Demone nero.
Abigail annuì velocemente. «Non sei solo accusata di tradimento, ma anche di furto a un tuo superiore. Per rispetto dovresti essere la prima a proporre l'Oblivazione e dare il Demone al suo legittimo proprietario. Sei una vergogna per il Nido» sibilò viperina.
Sora scosse la testa. «Quel Demone non era tuo. Ci avevi provato per diverse volte, non ti avrebbe accettato, Damian. Seppure sei forte non eravate compatibili, accettalo.»
«Come conoscevi il suo nome?» domandai timidamente. Il generale Mordecai si voltò repentino dalla mia parte, come se fosse strano sentire la mia voce. Seppure due fratelli mi dissero che non dovevo parlare, il generale mi diede la sua autorizzazione. «Be', a me ha fatto una storia pazzesca sul suo nome. È un tipo un po'... suscettibile, per questo mi chiedo come tu faccia a sapere il nome di Ryokku.»
Lui si era unicamente vantato del fatto che fosse unico, potente e con gusti difficili. Ignoravo quanto lunga fosse la sua lista di generali che aveva rifiutato, ma ora sapevo che tra quei nomi c'era anche il grande Damian Mordecai. I conti quadravano sul perché insistesse tanto sull'Oblivazione e del perché Khol fosse tanto divertito dalla situazione. Damian credeva di avere il monopolio su Ryokku.
«Sono cose che non ti riguardano, Baskerville!» lo difese Abigail a denti stretti. «Come osi fare congetture?»
«Non sto facendo congetture» esclamai allibita. «Sto solo dicendo che i Demoni dicono il proprio nome al Dominatore solo dopo il Patto, è uno dei motivi del vincolo. Quindi significa che ha letto il suo file» meditai. «Hai imbrogliato!»
Andy trattenne una risatina tra i denti, divertito dalla esclamazione teatrale. Damian si alzò dalla sedia così in fretta che questa cadde all'indietro e Abigail emise un trillo spaventato. Il ragazzo strinse i pugni e fu quasi sul punto di saltare sulla tavola e mettermi le mani al collo. Il generale lo bloccò e, alzandosi, diede al suo ordine un'eccessiva enfasi. I suoi figli chinarono le teste e nemmeno Erik osò proferire parola sul conto del Demone.
«Lei ha ragione, Damian. Ti avevo sconsigliato di leggere il file del Demone prima di aver instaurato un rapporto, ma per tuo orgoglio e dovere lo hai fatto lo stesso. Pensavi non se ne accorgesse? Loro sanno tutto! Te l'ho ripetuto: voi scegliete loro, ma dopo devono essere loro che scelgono voi. Il vincolo deve essere a doppio ponte, altrimenti è inutile. Sei stato sciocco a credere di potercela fare, che ti sia di lezione» lo affrontò e il figlio annuì, continuando a mantenere in viso quella smorfia alterata.
Abigail soffiò indignata.
«Come è possibile avere due Demoni contemporaneamente?» sussurrai verso Andy e lui dedicò un'occhiata lunga a Damian.
«Fai silenzio, Penny.»
«L'anima non dovrebbe spezzarsi?»
Lui strinse le labbra. «Mai sentito il detto "il pesce grande mangia il pesce piccolo"?»
Speravo di aver inteso male ciò che mi aveva detto. Era impossibile per un essere umano possedere più di un Demone alla volta, l'anima non avrebbe retto a sufficienza e si sarebbe spaccata. Era cannibalismo bello e buono. Ryokku avrebbe dovuto divorare Denkitori per poter continuare a vivere e quest'ultimo non era all'altezza di un Demone nero. Damian voleva vendere il suo attuale compagno come merce. Era ignobile, ora che avevo un Demone mio potevo capire meglio molte questioni.
«Baskerville, come hai fatto a ottenere un Patto con lui?» mi interpellò all'improvviso il generale Mordecai, risvegliandomi dai miei pensieri. «Avanti, ti ho fatto una domanda. È difficile rispondere?» mi spronò spazientito.
Scossi la testa. «Scusi, signore. Ho solo visto il suo mondo, mi aveva detto che non era mai potuto uscire, perciò buona parte di esso non esisteva e non poteva creare nulla. Gli ho detto che gli avrei fatto vedere i miei fiori sul terrazzo e lui mi è sembrato felice, tutto qui.»
«Lo hai trattato con rispetto?» domandò severo, mettendomi alla prova.
«Oh, certamente! È un po' maleducato, ma ogni matrimonio ha i suoi alti e bassi» ironizzai.
Lui annuì, concentrandosi su di me. «Vi parlate spesso?»
«Non ho molto da fare da quando sono in infermeria, perciò sì. Gli parlo un po' di tutto. Cerco di mangiare molto per rimettermi presto in ottima salute e dargli io stessa da mangiare. Vorrei prima possibile mantenere la mia promessa fatta» gli garantii sincera e lui sembrò capire.
«È un'ottima risposta. Un Demone va trattato con estremo calore e fiducia, ma non ti devi mai dimenticare della loro vera natura. Per quanto un Demone possa parere gentile e spensierato, non puoi mostrarti debole o ti attaccherà, capisci?» tentò di educarmi, chiamando il suo leone e grattandogli un orecchio.
«Sì, lo capisco.»
Ryokku aveva visto la mia parte più malridotta e debole, tuttavia non aveva provato l'istinto di fare alcunché. Lui non era "i Demoni", non rappresentava niente e nessuno, a parte se stesso. Se i Mordecai avessero saputo del suo totale disinteresse per me e i sentimenti che avevamo condiviso in battaglia non mi avrebbero mai detto una cosa simile.
«Quindi lui ti risponde? È attivo?» fece ancora il generale.
«Be', sì...» mentii.
«Fagli una domanda al posto mio, allora. Domandagli quale è il suo colore preferito. Dovrebbe risultare abbastanza facile. Fammi vedere» optò.
Alzai le spalle, dando il mio consenso. Ryokku era sveglio, la sua presenza era calda e vibrante nel mio petto, eppure era come se fosse sdraiato comodamente a poltrire, osservando tutto con aria annoiata. Fino a quel momento non mi aveva mai risposto, seppure gli parlassi dei fiori, del Nido, dei soldati o del cibo, lui non controbatteva mai. Era più interessato ad assimilare più informazioni che poteva senza porre parola. Temevo che così facendo gli fossero nati mille dubbi a cui non sapeva rispondere, ma doveva imparare a chiedere e a interagire con me se aveva un bisogno specifico.
Mi concentrai e tentai di raccogliere tutte le mie energie nel chiamarlo. «Ryo, qual è il tuo colore preferito?»
Passarono dei secondi, ma non udii nulla.
Ryo, ti prego, lo implorai, non farmi fare una figura di merda.
Mi morsi la lingua e i ragazzi seduti più lontano sollevarono le teste, cercando di capire se ci fosse qualche reazione.
«Non le ha risposto» esordì franco Lanford.
«Ma che sorpresa!» scimmiottò Erik.
«Il viola» affermai a caso, benché fosse una bugia bella e buona. Ryokku non fece nulla. «Il suo colore preferito è il viola, come le mie orchidee.»
Damian sollevò un sopracciglio scuro, incredulo.
Il generale Mordecai si grattò il mento, pensoso. «Penny, io ho cresciuto nove figli, sono passato prima di te su questa strada e ho più esperienza. Tu sai la differenza tra la verità e una bugia?» mi interrogò e seppi che non era affatto una domanda retorica.
«Una bugia è un qualcosa di inventato...» mormorai pentita.
«Corretto» disse il generale, tamburellando le dita sul tavolo. «Vieni un attimo qui, Penny, voglio vederti meglio.»
Damian scoccò un'occhiata interrogativa al padre, poi mi sfidò a muovermi. Di sicuro non lo avrei mai fatto, ma mio fratello mi diede una gomitata in mezzo alla schiena e così feci qualche passo. Oltrepassai la tavolata, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno, finché non mi trovai davanti il generale Mordecai.
Era un uomo di mezz'età, sciupato dal tempo e dalle energie necessarie che il suo Demone nero gli rubava. Le mani avevano cominciato a tremargli per lo sforzo alcuni anni fa e da allora dovette cedere il controllo principale alle missioni sul campo al figlio maggiore. La sua divisa pareva che lo avvolgesse come una manta a più strati, rendendo la sua figura imponente, eppure i suoi profondi occhi verde scuro guardarono il tutore che portavo sulla mano destra e le sbucciature fresche sulle ginocchia.
Lui mi tese una mano e, un po' imbarazzata, appoggiai la mia su di essa. Mi studiò la mano e guardò le unghie sporche di terra. Me le ero lavate, ma persisteva l'odore del terriccio da vaso, per di più non ero riuscita a scrostare bene nella sottile linea di carne.
«Mi avevano detto che avevi bisogno di riposo prima di presentarti a questo colloquio, ma ti vedo rimessa. Il tuo Demone ti si addice, non te lo toglierò. Ti ha accettata, è rimasto al tuo fianco. Ryokku è tuo.» Aprii la bocca e feci un sospiro contento, non constatando di aver stretto maggiormente la presa sulla sua mano. «Per dove sei passata, mia cara? Se una ragazzina di sedici anni riesce a darla a bere a nove dei miei migliori soldati, non mi resta altro che farle i miei complimenti. Mio figlio Damian ha detto che ha messo una guardia davanti alla porta dell'infermeria ventiquattro ore su ventiquattro, il tuo posto era al secondo piano e non avresti potuto gettarti. Dimmi, avanti, come sei sgattaiolata via?» mi interrogò divertito, facendomi una carezza sulla mano.
Strinsi le labbra. Lanciai uno sguardo interrogativo a mio fratello per ricevere indicazioni, ma nemmeno lui parve avere un'idea chiara su cosa dire.
«Il tetto. Sono passata da lì» rivelai.
«È impossibile scendere da quel tetto. Non ha scale d'emergenza ed è senza appigli» mi fece notare, sollevando un sopracciglio affinché gli dessi altri dettagli.
Mi umettai le labbra e incrociai gli occhi di Damian. Mi stava palesemente dicendo di chiudere la bocca e non dire niente, lo sguardo omicida lo accomunava a Andy in modo straordinario. Rivelare come avevo fatto a tornare a casa per giocare con le mie piante significava prendere in giro la sorveglianza di Damian e non ero certa di essere pronta a subirne le conseguenze.
Il generale Mordecai scattò con la testa e vide il figlio guardami con insistenza. Dopo essere stato ripreso, non osò guardarmi e Denkitori fece un lungo grugno. Dovevo scegliere se parlare o no. Non era consigliato mettersi contro Damian, ma preferivo di gran lunga non mettermi contro il capofamiglia anziché il figlio ribelle.
«Il magazzino» ripresi e sbattei gli occhi. «Il magazzino dei medicinali è sul lato est, quindi lontano dallo spiazzo. Il soffitto è al livello inferiore rispetto a quello della struttura, perciò ci sono semplicemente saltata sopra. Non è alto. Poi sono salita sul ramo di un albero e sono scesa fino ai bidoni. Volevo solo fare due passi, nulla di che...»
Mentire dall'inizio aveva due strade possibili: vincere o tradirsi da soli.
Il generale scoppiò a ridere, tirandomi piano a sé.
«Hai giocato con la terra o sei ruzzolata giù?»
«No, a casa ho molte piante. Non hanno avuto le mie cure per settimane un mese e mio fratello mi ha già annegato un vasetto di viole, signore. Volevo solo annaffiarle un po', non mi sono resa conto del tempo. La colpa è mia, se vi ho fatto aspettare...»
«La differenza tra bene e male la conosci molto più a fondo di ciò che credevo» fece, scuotendo la testa per fermarmi. «Ho dato un'occhiata al tuo dossier, a quanto mi ha riferito il sergente Ezra sei la migliore tra i sorveglianti, ma dice che tendi ad avere delle manie suicide. Specie ami metterti nei guai.»
Erik incrociò le braccia, pronto a sentire una sfuriata pesante, gongolante.
«I miei figli non mi hanno mai disubbidito, hanno sempre seguito le mie direttive. Ti disubbidisce spesso, tenente colonnello?» fece a Andy.
Lui alzò le braccia esasperato. «Quando può...»
«Avrei molto voluto avere una figlia come te, Penny» disse e in quell'esatto momento potei sentire una fitta ostilità e vergogna percorrere l'intera sala.
Il generale aveva avuto nove figli in tutto, Louis e Alma erano abituati a non essere considerati, ma i figli maggiori, che avevano da sempre fatto tutto in ordine e seguito a menadito le sue richieste, parvero i più stizziti. Erano abituati ai continui elogi dei sottoposti o dei cadetti, ma era palese che non avessero mai ricevuto un gesto di sincero apprezzamento dalla figura più importante del Nido, nonché loro pare. Nemmeno io avevo avuto molto affetto da Andy, lui preferiva innervosirmi con qualche dispetto, eppure avevo continuamente trasgredito alle regole. Non lo facevo per ricevere le sue attenzioni, bensì per il mio interesse di vivere un'avventura intrigante. Lasciare vertere la vita attorno a un'altra esistenza era infruttuoso.
«Penny, tu sai dirmi i parametri con cui giudichiamo i cadetti e i Dominatori qui al Nido? Ogni ragazzo, o ragazza, qui presente fa attitudinalmente dei test. Elencali, per favore.»
Ci pensai un momento. Li conoscevo bene, alcune volte sorvegliavo quelle selezioni.
«Forza, velocità, tecnica, equilibrio mentale e collaborazione» catalogai chiara. «La più importante è l'equilibrio mentale per via dello stress a cui un Dominatore è costantemente sottoposto. In base a ciò a ogni Dominatore viene affidato a un Rate diverso. Rate maggiore significa Demone di rango più alto.»
«Bravissima!» esclamò felice. «E tu che numero hai?»
«Io ho il massimo in equilibrio mentale, perciò il mio Rate è cinque.»
«Sei conscia del fatto che sei quasi l'unico soldato che ha un Rate simile? Il mio è quattro, perciò significa che se un Demone cercasse di possederci, tu sopravviveresti. Il tuo è un talento naturale, Penny, e come tale devi pensare al bene comune del Nido» mormorò con tono basso, cambiando discorso. «I Dominatori muoiono, i geni scompaiono, l'unica possibilità di salvare il mondo dalla fine siamo noi, anzi, voi. Più il Rate è alto e più la possibilità di ottenere soldati migliori aumenta, sai cosa significa, no? Oramai sei grande abbastanza...»
Ogni ragazzo presente al Nido entro venticinque doveva avere una compagna ufficiale, ci veniva insegnato fin da piccoli che la sopravvivenza di quella organizzazione era la cosa più importante. Se raggiunta quell'età non avevamo un compagno, il Distretto ce ne affidava uno d'ufficio, gli dava un appartamento e tante felicitazioni. L'amore non era mai stato uno dei miei principali interessi avendo sempre avuto a che fare con ragazzi difficili e mio fratello era stato l'unico esempio maschile che avevo avuto.
«Hai avuto il ciclo o no?» mi domandò a bruciapelo e persino Erik parve leggermente imbarazzato dalla domanda.
Mio fratello alzò un sopracciglio, poi corrugò la fronte, facendo per parlare.
«Queste sono cose che non...» lo precedette Alma.
«Sì» affermò con sufficienza Abigail, controllando dal suo Pad le mie richieste di materiali esterni al Nido. «Da quattro anni oramai» sottolineò puntigliosa.
«Ottimo, ottimo» ripeté sollevato il generale, lasciandomi la mano fasciata. «Penny, c'è solo un altro ragazzo in questa stanza che ha parametri simili ai tuoi. Come cadetto dell'Esercito dell'ordine demoniaco è tuo dovere assicurarti di dare un giusto contributo al mondo, a noi. I vostri geni sono il segno del più vicino mutamento. Sposerai mio figlio Damian.»
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