XV

(Ryokku)

«Lo hai fatto di proposito, vero?» berciai acida, stringendo le dita nella carne delle gambe.

Non c'erano mai stati animali veri al Nido, né si aggiravano vicino ai campi circostanti, ma un giorno trovai un uccello. Era un corvo, uno piccolo, con ancora qualche piuma grigia svolazzante. A quel tempo non avevo nessun amico, Drogo non era ancora arrivato, papà era impegnato con le missioni e Andy se ne stava per conto suo. Pensai che quel corvo fosse caduto dentro le mura per sbaglio e che dato l'avessi trovato io, la responsabilità era mia. Non volevo tenerlo, era vietato, comunque andai a casa e presi del pane, contenta di aver trovato qualcosa da fare.

Quando tornai, Alderyu lo aveva fatto a pezzi. Morì tra le mani di mio fratello, ricoperto di sangue. Stavo ancora piangendo quando si alzò e buttò la carcassa sanguinante nel cestino della spazzatura, poi tornò da Ally e le accarezzò la testa, andandosene via. Non odiai mio fratello, solo non lo capii. Aveva una sua scala d'importanza e io avevo sempre temuto di chiedergli a che gradino fossi.

Il Demone mi guardò da capo a piedi. Anche ad un occhio inesperto sarebbe subito parso qualcosa di strano in quel corvo; era più grosso del normale, il becco era di un sfumatura argentea poco comune e i movimenti erano fluidi, calcolati.

«Hai tentato di divorarmi» gli feci presente con tono scontroso.

«Io non ricordo di averti mangiata» vaneggiò.

«Tu... Tu ci hai provato!» scattai. «È stato solo grazie a mio fratello che tu... tu...» I suoi occhi neri si ingrandirono e notai un'emozione saccente e divertita percorrergli il viso d'animale. Mi stava prendendo in giro. «Sei uno stronzo.»

«Oh, mi ferisci davvero, bestiolina. Non so come farò a vivere d'ora in poi.»

Sarcasmo. No, non andava bene.

«Avevamo un patto: tu mi aiutavi a salvare mio fratello e io ti portavo nel mondo esterno. Pensavo che avessimo potuto diventare amici, tu mi hai solo usata. Per poco non sono morta a causa tua. Che tu ci sia riuscito o meno, hai cercato di possedermi!»

Non mi rispose e io cominciai a perdere la pazienza, afferrai la boccetta di vetro e gliela tirai. Era difficile per me usare il braccio sinistro, non ero mancina e seppure a tutti i soldati venisse insegnato a padroneggiare l'arma con entrambe le mani, affinché destra e sinistra risultassero pari, ero sempre stata un po' pigra ad imparare cose nuove, specie quelle a lungo termine e difficili. La mia mira risultò pessima.

Il Demone osservò la fialetta sbattere contro il muro, lontano da lui, poi mi guardò. Se avesse avuto un sopracciglio lo avrebbe alzato per canzonarmi e per fortuna il corvo si limitò a fare uno stridulo gracidio di scherno.

«Tra tutti i soldati dell'Esercito ho scelto quella con la mira più scarsa. Fantastico» proruppe, quasi sollazzato dal mio gesto. «Pensavo che volessi salvarlo a tutti i costi, è ciò che ripetevi. Ho messo il tuo desiderio al primo posto, dovresti essere felice. Da quel che ho visto dai tuoi ricordi, non sei mai stata calcolata da molti, o sbaglio?»

«Lurido sacco di piume bastardo» ringhiai fuori di me. Curvò la testa in avanti e aprì il becco in una gutturale risata. Non avevo superato la sufficienza di insulti verbali. «Non nutrirò uno come te. Ti farò morire di sete.»

Invece di provare una malvagia soddisfazione, mi sentii a disagio. La sete dei Demoni era uno strazio, un inferno terrestre e dagli occhi del Demone capii di aver detto una cosa sbagliata. Lui era una mia responsabilità ora, era un Dominatore che aveva il compito di temprare il proprio Demone, di addestrarlo, educarlo e nutrirlo. Erano come dei bambini a cui andava messo un filtro.

«Provaci, bestiolina, e ti aprirò il collo» mi intimidì, alzando le ali.

Il suo sguardo truce mi fece salire i brividi. Dopotutto erano gli occhi di un Demone nero.

«Parole belle grosse da uno che non ha nemmeno un corpo materiale, se non fosse per la sottoscritta. Che vorresti fare? Spezzarmi l'osso del collo? I soldati ti ucciderebbero a vista.»

«Spezzarti l'osso del collo sarebbe molto facile, e gratificante. Da quando ti ho incontrato, non hai fatto altro che parlare con la tua vocetta stridula e da allora ho un mal di testa martellante.»

Non volevo assolutamente immaginare all'eventualità che Drogo non avesse abbandonato l'idea di avere quell'arma e lo avesse Dominato. Due coglioni insieme. Un bel casino.

«I Mordecai ti uccideranno. I Demoni che fanno del male al proprio soldato sono ribelli e vanno eliminati dai ranghi» sottolineai convinta.

«Hai imparato il manuale a memoria? Non voglio morire, ma per ora resti al sicuro con me: mi fai ridere. Sei come una piccola bestiolina che si agita e salta in giro. Non ti farò del male.»

Non la presi affatto come un complimento.

«Se non fosse stato per me, saresti ancora nel Settore F, a marcire sottoterra. Dovresti ringraziarmi.»

«E se non fosse stato per me, il tuo adorato fratello sarebbe morto. Dovresti ringraziarmi» ripeté.

Aprii la bocca con sconcerto. Aveva pure il coraggio di rigirare la frittata. Non sapeva molto sul mondo esterno, ma come farsi odiare gli risultava naturale. Tra tutti i Demoni del Nido avevo scelto quello con il senso dell'umorismo peggiore. Non riuscivo a credere come avessi avuto simile fortuna, considerando poi la mia era stata una mossa dettata dalla pigrizia dato che lo avevo già chiamato una volta. Hogosha, Denkitori e persino Alderyu erano Demoni obbedienti, a me era toccata la pecora controcorrente.

«Noi due non andremo mai d'accordo, vero?» domandai a bruciapelo.

«Hai occhio, bestiolina.»

«Allora è inutile.»

Raccolsi tutte le mie forze e scesi dal letto. Le gambe erano a posto, ma per via dei giorni passati senza usarle, traballai. Appena toccai con le dita il pavimento dell'infermeria, i nervi si tesero e la parte inferiore del corpo fu percorsa da insistenti formicolii, talvolta dolorosi. Nonostante mi salissero immediatamente le vertigini e il collo mi sudò, vedendo l'ago nel braccio tirarsi, afferrai l'asta metallica dell'IV e mi sorressi, avanzando verso la finestra.

Il Demone mi guardò stupito e fremette, cercando di capire se sarei caduta e quando.

Rare volte perdevo le staffe, ero una persona paziente e servizievole, ma lui era la quintessenza dell'accidia vera. Non lo odiavo perché era scorbutico e pigro, avrei con piacere perso il mio tempo nel tentare di educarlo e renderlo più mansueto, tuttavia aveva messo subito in chiaro la sua posizione. Aveva eretto un muro contro di me. Non mi voleva. E a quel punto sprecare altro tempo e fiato era inutile.

Presi il Demone per il collo e lui si agitò furioso, non avendo previsto la mia reazione. Tenni ben salda la mano e benché con gli artigli cercasse di graffiarmi, non mollai la presa. Uscii dall'infermeria deambulando, percorsi mezzo corridoio, aprii una finestra e lo gettai fuori. Il corvo svolazzò in aria, mi incenerì con un'occhiata e si appoggiò al pergolo, restando in equilibrio con una zampa da rapace.

«Vai dove ti pare. Non ho più bisogno di te» dissi, mi girai e tornai sui miei passi.

«Non farlo così convinta» folleggiò con noia, grattandosi delle penne scure con il becco.

Ancor prima che potessi avanzare oltre, qualcosa mi tirò e mi fece catapultare con il sedere per terra. Era una specie di spinta, una corda che mi aveva dato uno strattone alle spalle. Mi sollevai a sedere sconvolta. Il Demone era ancora posato alla finestra, scosse la testa e saltellò verso di me.

«Hai bisogno di un appiglio?» domandò energico.

«Che hai fatto?» lo interrogai.

«È il nostro Patto. Credi forse che noi Demoni possiamo andare dove ci pare e piace? Siamo legati al nostro umano, abbiamo un perimetro definito dentro il quale possiamo muoverci. A quanto pare il nostro non è di nemmeno venti metri. È piuttosto limitato. Sarà sempre così, più convinta ti allontani e più violentemente vieni trascinata indietro» mi prese in giro. «Oh, sei proprio stupida.»

«Vieni qui e spiegami» lo obbligai, tirandolo ancora per il collo.

Aprì il becco per ribattere, ma un soldato uscì dal corridoio adiacente e ci vide, rimanendo immobile. Un gatto persiano ci gorgogliò contro, soffiando con aria sospettosa. Il ragazzo fece qualche passo confuso, non sapendo da che parte andare, poi tornò correndo da dove era venuto.

«Chi era quello?» mi domandò il Demone. Aprì le ali e cercò di stringere gli artigli sul mio polso, in modo da non restare a penzoloni come una bambola morta.

«Nulla di buono, torniamo in infermeria. Ho bisogno di farti due domande, prima che venga qualcuno» iniziai, cercando di essere più controllata.

«Lasciami il collo, posso volare.»

Ero arrabbiata e spaventata. Da uno degli stemmi sul petto della guardia intuii che si trattasse di uno dei sottoposti dei Mordecai, forse di uno dei fratelli maggiori. Il corridoio era deserto, così come l'infermeria generale. Di mio fratello e dei suoi amici non c'era traccia e la cosa mi insospettii. Andy non mi avrebbe mai lasciata sola, seppure sapendomi ferita avrebbe immaginato che avrei voluto ficcare il naso in qualcosa o che sarei andata un po' in giro. Lo avrei sempre fatto, lo sapeva, ecco perché se doveva picchiarmi lo faceva sulle gambe, per limitare i miei movimenti futuri.

Lasciai andare il Demone e mi sollevai piano da terra, lui mi osservò studioso le gambe molli e saltellò al mio lento passo, fino a che non mi rimisi a letto.

«Spiega» dissi in una parola.

Lui picchiettò il becco sul lenzuolo e ci salì svolazzando, sistemandosi vicino ai miei piedi, sopra le coperte. «Guarda che io non so come funzionano questi malefici, ciò che so è quello che mi hanno instillato. Guardarmi con quell'espressione non ti farà ottenere altro, se non delle rughe sulla fronte» gracchiò, beccandomi un dito.

«Scusami, dimenticavo, non sono io quella che ha cercato di possedere una ragazza che mi aveva dato completa fiducia» replicai schietta.

«Non ti ho posseduta.»

«Ci hai provato! È lo stesso!» Incrociai le braccia.

«Tu volevi la mia forza.»

«E la parte dove avrei aggiunto "ammazzami pure, possiedimi e uccidi altre persone" dove l'hai lasciata?»

«Forse ho un po' deviato i tuoi intenti.»

«Un po'?»

«Forse li ho deviati e basta.»

«Forse?»

«Forse no...» Alzai le mani, ringraziandolo per la sincerità. «Ma ho salvato tuo fratello.» Lo guardai male. «Okay. Possessione uguale brutta cosa.»

«Poteva morire della gente, hai rischiato di farti uccidere per niente!» tentai di fargli capire, non sapendo se riconoscesse la differenza tra bene e male.

«Ti preoccupi per me?» Gongolò. «Non farlo, suona strano.»

Sospirai e mi pulii la faccia con la mano, ignorando la sua ultima frase. «Ora che abbiamo chiarito la situazione, dimmi ciò che sai, per favore.»

Lui mi squadrò e avvertii una punta di stizza. Feci per ripetere la frase, usando un tono più duro, ma parlò. A quanto pare cercare di essere superiori con lui si otteneva l'effetto opposto.

«So che non eri una Dominatrice. Quando ci siamo visti, hai detto di essere un soldato dell'Esercito in cerca di un Demone con cui stringere un Patto, ma non hai frequentato nessun corso, né sai le basi. Tu mi hai mentito.»

«Aspetta, io...»

«Avevo deciso di stringere con te un Patto momentaneo, mi avevi detto che mi avresti fatto vedere i tuoi fiori affinché potessi crearne uno mio, eppure dalla tua promessa sono passate più di trentasei ore. La mia potenza non era sufficiente, ti avevo detto che non ero forte per via del mio digiuno, tu invece mi hai ignorato. L'altro nero era forte. Hai deciso al posto mio di rendere vincolante il nostro accordo ed ora, a causa tua, siamo qui. Un Patto momentaneo dura solo ventiquattr'ore.»

Balbettai, sentendomi presa in causa. «Tu non sai...»

«Io so» obiettò. «Ho visto i tuoi ricordi, ho provato le tue emozioni, io dimoro nel tuo animo, quindi sì, so cosa provi meglio di te stessa. Vuoi umani date un nome ad ogni cosa, vi spaventa non sapere cosa avete davanti, questo è il vostro difetto. Dovevi esplodere, prima o poi, bestiolina. Smettila di considerarlo un male.»

Non lo disse con saccenza o cattiveria, per questo motivo non mi alterai, ma fui conscia del mio errore. Mio padre mi aveva cresciuta con l'idea che un giorno avessi dominato un Demone forte e che gli fossi rimasta accanto per tutta la vita, con fiducia e saggezza, eppure riconobbi che ero stata fin da subito infantile e uguale a tutti gli altri. Non volevo che ce l'avesse con me, né che passasse dei guai se io stessa non ero risultata abbastanza forte. Non poteva sapere delle mie bugie e di mio non potevo credere di poter creare un legame basato su menzogne.

«Mi dispiace» riconobbi. «Ti ho mentito, non ero una Dominatrice, non ho mai partecipato a nessun corso. Ero una sorvegliante, mi limitavo a tenere a bada alcuni ragazzi. Anche quando ci siamo conosciuti, era per via di un mio capriccio. Non volevo davvero stipulare un Patto, ma sapevo che l'altro ragazzo era meno forte di me. Ho pensato solo di aiutare il mio amico.»

«Come hai aiutato tuo fratello a mie spese» aggiunse.

Nascosi la testa tra le spalle. «Scusa. Ti giuro che non volevo obbligarti a fare nulla, non ero partita con l'obiettivo di ottenere un Patto completo, ma se hai provato quello che ho provato io in battaglia, dovresti avere già le tue risposte. Non volevo che della gente morisse, tutto qui» spiegai e gli mostrai le braccia. Lui non si mosse. «Se non vuoi stare con me non ti obbligherò. Ci separeremo.»

«Il nostro non è più un Patto momentaneo, è vincolante, lo è diventato da quando mi hai dato il tuo sangue in questo mondo, pienamente consenziente. Sai cosa significa?» fece, abbassando il tono.

«L'Oblivazione.»

«E sai bene che rischi porta. In ogni caso, io ti ho scelta, Penny Baskerville e non ti abbandonerò. Il tuo cuore ha perseguito il tuo desiderio, non ha traballato davanti allo scontro, hai dimostrato dedizione e coraggio. Non sei ancora forte, ma forse puoi migliorare» sentenziò stancamente, abbandonandosi sulla coperta.

Sbattei gli occhi. «Quindi starai con me?»

«Sì.»

«Sarai il mio Demone senza chiedere l'Oblivazione?»

«Sì.»

«Cercherai ancora di divorarmi?»

Lui mugugnò. «Solo se non ti dimostrerai all'altezza.»

Mi stava bene.

«Quindi sei mio amico» calcolai.

«Non esagerare» mi bloccò stufo. «Noi non possiamo essere amici. Tu sei un essere umano, io un Demone, sono la tua arma e ti aiuterò nelle tue battaglie. Chiama quando avrai bisogno di me e non esiterò. Più forte saranno i tuoi sentimenti e più motivato sarò.»

Lui stesso si considerava come uno strumento da usare, senza una vera identità, e in quel frangente non insistei più di tanto. Non avrei dovuto partecipare a missioni o battaglie da lì a breve, non sapevo nemmeno se potevo tenerlo ufficialmente con me o se fossi finta in guai seri, ma sperai davvero di avere del tempo da trascorrere insieme a lui, conoscerlo e fargli cambiare idea. Drogo era nella mia lista nera dei Senza-speranza, ma al contrario lui si stava dimostrando collaborativo.

«Come ti chiami?» chiesi curiosa. «Ora che siamo amici è obbligatorio che lo sappia, no?»

«Io non...» Si arrese. «Non ti ricordi il mio nome?»

«Ricordo poco di quel momento, mi dispiace. Ti sei offeso?»

Doveva avermelo detto, ma nella mia memoria accanto alla sua figura c'era un grosso buco bianco, un'incognita da sanare. Non avevo bisogno di conoscere il suo nome, ma volevo.

«Ryokku» rispose lui, rivolgendomi un'occhiata per capire cosa mi passasse per la testa.

«Ryokku» ripetei, scandendo le lettere. «Mi piace.»

«Immagino che tu sia a conoscenza di quella leggenda che dice che chi conosce il nome di una persona ne ha il controllo» continuò, fissandomi.

«È vero?»

Alzò le ali, in un gesto di noncuranza. «Tra specie diverse funziona meglio. Una delle catene che ci tiene uniti al Dominatore è il nome. Le altre sono il sangue e lo stupido maleficio.»

Alzai un sopracciglio. «Quindi mi hai detto il tuo nome per fiducia?»

«Perché ora sei la mia padrona» semplificò. «Non sentivo pronunciare il mio nome da tantissimo tempo, oramai. Non lo dico ai soldati che vengono da me ricolmi di orgoglio e vacuità, altrimenti perde significato.»

Inclinai la testa e per qualche motivo sentii di essere arrossita. Era come ricevere un complimento da Andy, sottile e velato. Significava che sentirlo dire da me gli dava un senso particolare, un sentimento che gli altri soldati non avevano saputo dare. In effetti non sapevo cosa avessi fatto di speciale, il mio desiderio era stato di proteggere mio fratello e ora lui era al sicuro, così come tutti gli altri. Cosa era rimasto di quell'emozione a destare il suo interesse?

«E che significato ha?» chiesi, spingendo avanti con la testa.

«Era una metafora. Il mio nome non significa nulla» finì deciso.

Tutti i Demoni avevano nomi fuori dal comune, a volte erano l'incrocio di due o più parole nella loro lingua, o nella nostra, ma il suo non mi parve di averlo mai sentito. Se era un nome semplice e senza un significato di base, molto probabilmente significava che gli era stato affidato da un soldato. Non ci misi becco, notando il suo comportamento. Per essere il primo giorno avevamo già fatto enormi progressi.

«Comunque ogni Demone ha una sua cartella personale» ripresi il discorso e questo bastò a far destare il suo naturale interesse. «I Mordecai hanno un file per ogni creatura al Nido, nome, abilità, rango...»

Il corvo aprì il becco e gracchiò forte. Lo schiacciai contro il materasso affinché smettesse di muoversi e di fare casino. Meno persone sapevano che gli avevo parlato e meglio era, se non prima dell'interrogatorio dei Mordecai.

«Stai calmo, ti prego» supplicai. «Non fare rumore, o ci andrò di mezzo io...»

«Voi... umani! Tu, bestia!» mi insultò, mordendomi il polso. Mi allontanai e lo scacciai con i piedi. «Ci avete rinchiusi contro la nostra volontà, ci obbligate ad uccidere altri della nostra specie e osate trattarci come pecore nel gregge, con numeri e codici! Il nome di un Demone è sacro tanto quello di un angelo! Voi, con il vostro Dio e le vostre credenze, lo insozzate.»

«Io non sapevo il tuo nome» mi difesi. «Sono arrivata a te per caso. Come avrei dovuto chiamarti altrimenti? Come ti chiamano gli altri se non conoscono il tuo nome?»

Lui si fermò e fece una breve pausa. «Del nome non mi interessa, non so chi me lo ha dato. Prima che venisse il primo soldato a cercare di stringere un Patto, insieme alle regole, era l'unica cosa che ricordavo.» Non ce l'aveva con me, ma con l'intera umanità in generale. Riuscivo a comprenderlo, anche se non era giusto massimizzare la gravità dei gesti del Nido. «Voi, con i vostri malefici, siete solo in grado di dare ordini. Siamo noi quelli che vi danno la forza, che mostrano chi siete veramente, altrimenti sareste solo dei pezzi di carne comuni.»

Non sapevo come fosse la prassi quando un Demone veniva imprigionato in un'arma, da decenni non se ne catturava uno vivo e disposto a vivere. Al Nido c'era un abbondanza di Demoni e sempre meno soldati, nati o diventati. I Dominatori erano in via d'estinzione, per questo motivo era risaputo che prima o poi il numero delle armi, e i Demoni dentro di esse, si sarebbe decimato senza lasciare traccia.

«Siete solo dei mostri» dissi a mia volta. «I tuoi fratelli hanno ucciso centinaia di migliaia di innocenti, fatto piovere calamità e dato il via a delle guerre senza precedenti, solo per puro divertimento. Sì, be', noi non siamo la razza migliore che esista, ma nemmeno voi. Non avete il diritto di stare sulla Terra e rovinarla.»

«Noi siamo in questo mondo dapprima di voi» mi corresse amaro. «Noi iniziamo le guerre, voi le continuate e volete vincerle. Ogni volta, vi serve solo un pretesto per farle scoppiare. Bestiolina, te l'ho già ripetuto, noi siamo l'incarnazione dei vostri desideri. Ciò che volete, eseguiamo. Una vita senza responsabilità è il massimo.»

«Quindi è questo il motivo per cui mi hai spinta ad aggredire Korey?» domandai a bruciapelo. Lui non si mosse. «Hai attaccato un tuo simile.»

«Noi Demoni siamo violenti. E anche voi umani aggredite un vostro simile e non ne fate alcun scalpore. Tuo fratello Andrew lo fa spesso» buttò lì e mi fece salire un brivido freddo lungo la schiena «con te. Tu volevi salvare tuo fratello, non importava come, le conseguenze sono passate in secondo piano. Più desiderio alimenti, più ho libertà di movimento. Tu sei il fuoco. Io l'acceleratore, funziona così, dolcezza... Ma ovviamente non lo puoi sapere. Noi sei una Dominatrice, tutto ciò che hai fatto è rischiare di morire per una causa stupida.»

Ritirai la mano da lui, lentamente. Benché fosse in forma di corvo potei quasi avvertire la sua aura sfiorarmi le dita e farle formicolare. Doveva trattarsi per forza della botta in testa.

«Io non ho paura di te, Ryokku.»

«Forse dovresti. Siete abituati a temere ciò che non vedete, nel buio, dopo il crepuscolo, è in quelle ore che voi vi rintanate nelle vostre case e chiudete gli occhi, paurosi. Siamo noi che attendiamo quel momento.»

«Dominatrice o no, non mi hai divorata. Tu hai bisogno di me.»

Scoppiò in una fragorosa risata. «Puoi ripetere?»

«Tu hai bisogno di me» dissi sicura. «Sai cosa succede a un Demone se cerca di possedere un umano? Viene considerato una minaccia, perciò lo si uccide. Se si uccide il Demone non è necessaria l'Oblivazione. Anche se sei un Demone nero per ora risulti come una minaccia e io sono la vittima. Se non vuoi morire, devi restare accanto a me.»

«Accanto a te e ai tuoi fiorellini?»

«Forse è per via di questo tuo atteggiamento che non hai amici» affermai.

«Ti strapperò il cuore dal petto, Penny Baskerville, se osi fare un passo falso. Non puoi salvare il mondo intero, il tuo altruismo finirà per ucciderti» mi minacciò, abbassando la testa.

«Non voglio salvare il mondo, solo la mia famiglia. Io ti proteggerò, Ryokku. Non permetterò a nessuno di eliminarti o portarti via, perciò impegnati anche tu. Niente più morsi senza consenso, niente più tentativi di omicidio e niente provocazioni.» Mi lanciò uno sguardo per nulla convinto. Mettere dei paletti a forza non gli piaceva. La mia personalità di sorvegliante si era improvvisamente risvegliata. «Hai sete, per caso?»

Lui volò sulla sbarra del letto, allontanandosi. «No. Quel dottore ti ha fatto molte trasfusioni e ho assimilato quel sangue, non era proteico come il tuo, ma era decisamente più dolce e continuato. Per un po' sarò a posto. Non mi serve una bestiolina malridotta, non posso prelevarti altro sangue.»

«Oh, quindi sei in grado di preoccuparti» tentai di farlo ridere.

«C'è un'altra cosa di cui vorrei metterti al corrente, dato che ti piace considerarmi il tuo amico del cuore.» Lo ascoltai, sorridendo per la sua ironia. «Io vedo tutto attraverso i tuoi occhi, ricordo ciò che dimentichi e rivivo la tua vita in ogni istante, ma ad un punto c'è come un muro. Hai avuto un trauma di qualche tipo?»

«Sono stata adottata da mio padre, ma prima che venissi qui non ricordo nulla. Il dottor Grimm dice che devo aver sbattuto la testa da qualche parte o che il mio cervello abbia eliminato parte della mia memoria per qualche ragione. Perché lo domandi?»

«Normalmente i traumi o le perdite di memoria hanno la forma di un labirinto, benché complesse c'è sempre un modo di trovare il fulcro e appianare i danni, eppure il tuo ha la forma di un muro. Non riesco ad entrarci e anche evitandolo non c'è niente. Hai eliminato ogni cosa, come una formattazione. Non lo avevo mai visto prima. Sei sicura che non ti sia successo altro? Attenta, bestiolina, gli esseri umani possono essere più spaventosi dei Demoni.»

Ryokku alzò la testa, udendo qualcosa di impercettibile, e svanì. Mi trovai sola con i miei pensieri, a riflettere su ciò che lui mi aveva detto e sulla relazione che avevo avuto, fino a quel momento, con i Baskerville. Non avevo mai avuto interesse a capire cosa ci fosse dietro la mia perdita di memoria, se fosse derivata da uno shock emotivo o fisico. I ricordi non mi erano mai tornati e né John Baskerville né Andy mi avevano mai spinta a cercarne il motivo. Mi avevano cresciuto e basta, come una parte della famiglia.

Ci fu una lunga pausa silenziosa durante la quale quasi crollai sul letto per fingere di dormire, ma cominciai anch'io ad udire delle voci nel corridoio, a mano a mano più vicine riuscii a distinguere quella di Andy, Fae e del dottor Grimm. Dopo dopo le porte dell'infermeria di aprirono e sbatterono furiose, mio fratello scostò la tendina e mi rimirò con uno sguardo severo e attento, degno del suo titolo di tenente colonnello.

Si guardò intorno e disse: «C'era qualcun altro qui?»

«Andy, smettila» si intromise Fae, adirata. «Damian sta cercando di metterci l'uno contro l'altro, non abbiamo bisogno delle tue supposizioni ora.»

«Concordo. Ora starà ai Mordecai capire cosa fare di lei.»

Sobbalzai a quella frase. «Cosa? Cosa intendete?»

«Damian ha fissato un'udienza per te. Tra un mese, quando starai meglio. Voleva sentirti immediatamente, ma finché le tue condizioni non miglioreranno gli ho detto che può scordarsi di avvicinarsi. Metà Nido ti vede come una salvatrice, per l'altra metà sei una minaccia. Non importa se ti sei fermata e non hai fatto alcun male, non tutti vedono la stessa cosa. Che tu viva, o muoia, starà alla scelta di Joachlin Mordecai.»

«Fino a quel giorno, Damian ti ha confinata qui.»

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