XLVII

«Siamo rimasti lì fino ad adesso, Will è nella squadra di atletica e i club si ritrovano nell'orario pomeridiano, questo lo sai anche tu. Che vuoi?» sbottò nervoso.

Guardai a terra con un pessimo presentimento. Andy mi guardò e sorrise, capendo. Si alzò dal divano e camminò verso di noi.

«Voglio solo la verità, nulla di più. Cosa sono quegli occhietti spaventati, non mordo mica» tentò di tranquillizzarci, notando il nostro sguardo preoccupato. Si tirò in avanti e annusò piano Drogo. «È incredibilmente curioso come tu possa tornare a casa con la pelle che puzza di sudore, ma i vestiti miracolosamente puliti.»

Drogo si allenava con la tuta o con le divise di football, cambiandosi negli spogliatoi. Quando gli allenamenti tardavano a finire faceva la doccia a casa, era ovvio che in quelle occasioni i suoi vestiti fossero più puliti della sua pelle, appiccicaticcia e sporca di terriccio. Avevamo fatto tutto di nascosto, i corsi in più, le uscite fuori, perché avevamo scoperto cose di noi stessi che non immaginavamo nemmeno. Continuavamo a tenere d'occhio Will, non con sguardo sospettoso, eppure ci distaccammo e ognuno prese a fare ciò che gli interessava maggiormente, distraendosi.

«Ho chiamato la scuola, prima» ci informò con malizia «e il preside mi ha subito messo al corrente della nuova promettente entrata nella squadra di football, da più di un mese oramai.»

Drogo rabbrividì e la sua pelle perse colore. «Siamo solo andati a mangiare qualcosa, Will era con noi» lo informò veloce.

«E tu» parlò a me. «Pensavi che non lo venissi a sapere? Sono entrato nel server della scuola e ho fatto una ricerca con il tuo nome. Ti sei iscritta a dei corsi di guida scolastici. Mi domando perché, se Baker non lo aveva fatto. Anzi, voi due insieme avete orari completamente differenti dal suo. Mi vengono molti dubbi a riguardo. Sapete cose di Will che io non so, oppure state deliberatamente mettendo il vostro sollazzo prima dell'incarico?» ci interrogò e sapevo che dovevamo dare una risposta convincente. «Allora? Nessuno mi dice nulla?»

«Andy, non possiamo tenerlo d'occhio ogni secondo. Abbiamo comunque molte lezioni diverse, a volte ci incontriamo solo a mensa. Ryo e Hejji lo fanno al posto nostro finché è nelle vicinanze» spiegai calma.

«E quando non è nelle vicinanze?» riprese furbo. «Già, quello dovrebbe essere compito vostro, maledetti idioti. C'erano delle cose a cui non avevo risposta, per esempio gli orari, le onde GPS anomale, perciò ho chiesto a Lancer di tenere d'occhio voi due, oggi, e non Will. Soprattutto tu.» Mi indicò. «Oh, anche ad un occhio inesperto sarebbe palese il tuo senso di estrema protezione verso i confronti di quel ragazzino. Me ne sono reso conto dalla tua discussione di ieri pomeriggio con Damian. Non volevi proteggere tutti i soggetti, ma solo uno: il tuo piccolo Will.»

«No, non è così...» mormorai intimidita.

«Tu provi paura solo quando sai di aver fatto qualcosa di male, altrimenti saresti rimasta calma e mi avresti ribadito la tua versione. Ti conosco da quando piccola, non sperare di darmela a bere anche questa volta, Penny.» Alzò la mano e mi rifugiai nelle spalle, pensando volesse tirarmi uno schiaffo. Drogo trasalì di paura e Ryo si attizzò attento. Mio fratello si limitò a farmi una carezza sul viso. «Cos'è cambiato da allora?»

«Ti giuro che era solo un'uscita in compagnia» assicurai tremante.

Lui non si mosse e Drogo confermò. «Ci siamo solo rilassati, pensavamo che Will non fosse più pericoloso e che il caso fosse oramai chiuso» borbottò colpevole. «Mi sono iscritto alla squadra di football per avere più tempo per me, ero stufo di stare sempre vicino a Penny e Will. La colpa è mia, non sua. Starò più attento.»

Andy rise forte e gli appoggiò le mani sulle spalle, scuotendolo leggermente. «Oh, sì, hai ragione. In questo momento sono più arrabbiato con te, credimi, e il cielo mi perdoni per quello che vorrei fare alle tue ossa in questo momento. Ho spulciato nella tua camera, papà ti aveva mandato dei soldi come regalo e ho notato che li hai spesi molto bene, dal computer nascosto sotto il materasso.»

Corrugai la fronte incredula. Non era possibile che Drogo avesse un pc tutto suo, non mi aveva detto niente a riguardo, né che Bill gli aveva dato dei soldi extra, di sicuro non regolamentati. I miei erano sempre controllati da Andy, per questo comprarmi anche le cose più banali era più lento e complicato.

«Dal tuo sguardo confuso presumo che non lo sapessi» interpretò Andy. «Sì, il piccolo Costantine si è comprato un pc tutto suo, di sicuro ha visto quanto possono essere comodi. Ti piace molto vivere qui, no?» Drogo deglutì, non osando rispondere. «Voi due siete proprio una delusione. Io e te faremo un giretto all'OverTwo adesso e spiegherai la situazione. Intanto, ti confischerò il tuo giocattolo.»

Il ragazzo aprì la bocca, fece per parlare, e dalla sua espressione dura non aveva niente di gentile da dirgli. Andy tese un orecchio, paziente e Drogo si zittì.

«Sì, signore» affermò.

Mio fratello emise un ghigno soddisfatto. «È bello avere degli amici che ti parano il culo, vero, piccola?» esclamò, dandomi un buffetto sul mento.

Dopo un paio di minuti, Drogo scese dalle scale. Si era cambiato, si era persino pettinato, e porse all'altro un piccolo portatile scuro. Per un momento mi parve così incredibile, credevo che Andy stesse scherzando o avesse piazzato una trappola per farlo abboccare, eppure era vero. Aveva un computer tutto suo, un piccolo laptop nero, e non me lo aveva detto. Pensavo che fossimo amici, che in quei giorni avessimo legato molto; a quanto pare non ero così importante.

«Scendi dal piedistallo, principessa» lo apostrofò poco serio Andy, rubandoglielo dalle mani. «Tu divertiti a casa da sola. Se oserai mettere un piede fuori di qui, rispondere al campanello o al telefono, te la farò pagare, intesi?»

«Intesi» risposi fredda.

«Non aspettarci alzati, potrei tradire le tue aspettative» si raccomandò Andy.

«Contaci» finii, evitai Drogo e salii al piano di sopra, verso la mia camera.

Appena uscirono gettai i cuscini per terra e li presi a pugni, desiderando che fosse la faccia di mio fratello. Lo odiavo. Lo odiavo così tanto! Perché non poteva semplicemente lasciarmi vivere? Non facevo niente di male, in fondo. Desideravo ciò che volevano tutti: una vita tranquilla, degli amici veri, una famiglia normale e qualcuno da amare. Non era giusto che per me doveva essere maledettamente complicato.

Il fatto di essere arrabbiata con Andy mi portò a detestare anche Drogo. Non lo feci veramente, non con tutta me stessa almeno, però una minima parte di me pensò che tutto sarebbe stato più semplice se non ci fosse stato lui a San Francisco.

Ryokku comparve vicino alla porta e controllò lo stato della camera, afferrando un cuscino da terra e porgendomelo con garbo, affinché lo rimettessi a posto. Glielo rubai dalle mani e lo lanciai contro il muro, sperando che si rompesse come un comune pezzo di vetro. Ci rimase di stucco, specie notando la mia espressione rabbiosa.

«Li odio tutti! Tutti!» urlai piena di furore. «Non sopporto più questa situazione, non dovevo venire a San Francisco! Se fossi rimasta al Nido tutto sarebbe stato normale e invece come sempre ho deciso di rovinare tutto! Cosa mi è saltato in mente? Hanno ragione, non è il mio mondo!»

«Se non fossi partita non ti staresti facendo tutte queste domande. Il dubbio è parte della fede, dopotutto» disse.

«Io non li voglio i dubbi!» strepitai. «Voglio la mia vita!»

«È questa la tua vita, bestiolina, e che tu lo voglia o no, ti ha reso più forte. Non sempre le persone che entrano sono destinate a rimanere, ma questo non dovrebbe giustificare il tuo desiderio di tornare dentro quelle mura.»

«Tu cosa ne puoi sapere?» ringhiai, pulendomi il naso con una manata.

Ryo alzò un sopracciglia, evitando di fare smorfie. «Ho passato più di cinquant'anni rinchiuso dentro un'arma. Da solo. So come ci si sente a credere di essere stati abbandonati, di non essere abbastanza. Voi umani non sapete quanto possa essere doloroso vivere con voi, starvi vicino per così tanto tempo, vedervi felici, tristi, e poi dovervi lasciare alla vostra morte certa. È un loop che tu non comprendi.»

Lo ascoltai e trattenni un singhiozzo. «Ti odio.»

«No, questa volta non è vero.»

«Li odio tutti! Odio i soldati al Nido, odio Damian!» continuai.

Ryo ebbe un brivido e le piume si gonfiarono. Si stava innervosendo chiaramente e nello stesso momento cercava di mantenere il controllo sui suoi istinti; prendere il sopravvento in una situazione del genere era molto facile per un Demone.

«Penny, rimani calma. Non lasciare che il tuo cuore vacilli per così poco. Non lasciare che la rabbia distrugga ciò che sei.»

«Io non so nemmeno chi sono!» sillabai ferita. «Io non sono Penny, non sono la sorella di Andy e la figlia di John Baskerville. Non posso distruggere niente. Non sono niente.»

Ryo strinse le labbra. «Finirai per farti del male.»

«Vuoi divorarmi? Oh, accomodati pure! Se mi uccidessero almeno i miei problemi finirebbero. Anzi, ne darei agli altri. Su, avanti, che aspetti?» lo incitai. Mi arrotolai le maniche della felpa fino al gomito e glieli porsi in avanti. «Hai il mio consenso, il maleficio non potrà toccarti.» Capivo perché a volte i Dominatori cedevano alla malinconia. Era maledetta semplice: era una miscela di rabbia e tristezza. Letale da subire. Non ci avevo mai creduto fino a quando non lo avevo provato sulla mia pelle. «Fallo!» Ryo scosse la testa. «Mi hai sempre minacciato di possedermi se non fossi stata sempre forte. Ecco la tua opportunità di scappare.»

«Io non voglio scappare» commentò. «Ogni cosa può parere la fine del mondo, ho provato anche io simili sentimenti, te lo garantisco. Mentre ero là solo, in tutti quegli anni, non facevo altro che ripetere a me stesso che odiavo il genere umano per ciò che mi aveva fatto. Non sapevo nemmeno il perché. Odiavo tutti voi, li mandavo via, però mi resi conto che dietro la mia rabbia c'era un immenso dolore. Dolore perché ero solo, non capito, incapace di muovermi. Dietro quel dolore c'era la mia voglia di uscire nel mondo, esplorarlo, viverlo. Le emozioni negative che provi sono impossibili da cancellare, ma ti renderanno più forte, un giorno.» Si avvicinò piano, allungò la mano e srotolò le maniche, coprendomi fino alle nocche con delicatezza. «Anche se il tuo cuore vacillasse, d'ora in avanti, lo terrò fermo io. Smettila di considerarti sola, ci sono io e so cosa stai provando.»

Tirai su il naso e piansi sonoramente, incurante di tutto. Ryo mi strinse forte e mi lasciò sfogare. Ero arrivata ad un punto in cui credevo, per paura, che San Francisco fosse stata una trappola. Avevo scoperto troppe cose, tra cui, e più importanti, i miei amici. Avevo paura di perdermi lo stupido ballo della scuola, di non poter fare più tappa allo Smiley Smile per merende o colazioni mega caloriche e più di ogni altra cosa lasciare i miei compagni. Al Nido non c'era niente, era ovvio non desiderare. Avevo cominciato ad esplorare il mondo e con esso me stessa.

Scappare non aveva senso, avrei lasciato indietro troppe cose importanti.

Ryokku mi pulì gli occhi e mi dispiacque. «Scusa, per averti insultato.»

Scosse la testa. «Lo sai, puoi dirmi di peggio. Voi umani siete così fragili, basta un niente a farvi esplodere. Forse ciò che pensavo fosse complessità alla fine è solo la vostra umanità. Odiare per voi è così semplice. Non lasciare mai più che il dolore parli al posto tuo, promettimelo.»

Annuii. «Hai ragione, scusa. È colpa della visita di Damian, mio fratello è diventato troppo strano da quando è tornato. Scommetto che lui non prova dolore, solo rabbia. È ancora per la questione del matrimonio.»

Ryo si accigliò. «Cos'è il vostro matrimonio?»

«Oh, be'» spiegai e ci pensai. I Demoni non avevano simili atti. «È vivere per sempre con una persona, amarla, rispettarla, esserle fedele. Vuol dire condividere tutto. Credo che sia per questo che noi cerchiamo qualcuno, perché da soli è troppo difficile vivere. Dovrò vivere per sempre con un uomo.»

«Sembra orribile» sentenziò Ryokku.

«No, in verità è molto bello. È il sogno di ogni ragazza.»

«Allora perché stai piangendo?» domandò.

Avevo ricominciato e non me ne ero resa nemmeno conto. Dovevo parere proprio patetica.

Gli presi il viso, mi alzai sulle punte dei piedi e lo baciai. Non avevo la minima idea di cosa stessi pensando o volessi fare in quel momento, mi parve il gesto più automatico del mondo.

Ryo non si mosse e lo distanziai subito. Il suo sguardo era pura confusione. Feci un passo indietro e si umettò le labbra, non sapendo cos'altro fare.

«Io... non so cosa mi sia preso, mi dispiace» mormorai. Un'altra cosa che non volevo dire. «Ecco io, era il momento...»

«Non preoccuparti» borbogliò lui.

«Sì, insomma. Tu sei un Demone e io...» Mi schiarii la gola. «Un umano. Non...»

«Già, non sarebbe consigliato» finii con pungente imbarazzo.

Giocherellai con le dita nervosamente e notai la sua coda sottile gonfiarsi e muoversi eccitata. Ci guardammo inebetiti, non sapendo cosa fare. Will avrebbe di sicuro balbettato qualcosa al suo posto, Andy si sarebbe arrabbiato e Austin e Damian probabilmente avrebbero continuato a baciarmi, essendo al suo posto. Ryokku non fece un bel niente, rimase con gli occhi incollati ai miei e aspettò una mossa. La sua espressione non diventò corrucciata o disturbata, come di sicuro avrebbe fatto molti mesi prima anche solo a vedermi, era serena, quasi ansiosa.

«Sono felice che la pensiamo allo stesso modo!» esclamai stupidamente. «Io devo rimettere a posto, prima che Drogo e mio fratello tornino a casa. Non voglio che notino questo casino.»

Ryokku non si mosse. Lo spinsi alla porta e lo chiusi fuori, dopodiché mi presi le mani nei capelli e mi insultai da sola. Dio, avevo baciato Ryo, un Demone. Il mio Demone! Non c'erano regole necessarie a sancire quel veto, era ovvio che fosse proibito.

Per quanto volessi pensarla così, non feci altro che ripensare a quella sensazione. Avevo passato settimane a chiedermi come sarebbe stato se ci fossimo baciati in quel modo, eppure non ricordavo nulla di quei miseri secondi in cui le sue labbra erano state sulle mie.

Presi i cuscini a terra e li gettai sul letto. Non era giusto dover rifiutare i miei sentimenti e i pensieri solo perché il Nido aveva le sue credenze. Il generale mi aveva più volte avvertito che Ryokku era pericoloso, temibile, doppiogiochista, e si era sbagliato. Voleva trovare una persona che smettesse di vederlo per il suo aspetto e gli stesse accanto per ciò che era, perché nonostante Ryo fosse pauroso e dall'aspetto demoniaco io lo amavo per ciò che era. Lui.

Presi il pomello della porta e la aprii. Mi ritrovai Ryokku davanti, come se fosse stato pronto a fare la stessa cosa. Trasalii per un momento, non aspettandomi affatto che fosse rimasto lì davanti ad aspettarmi con la mano tesa. Il mio respiro si affannò e si scaldò per la vicinanza. Non pensai a niente. Niente regole, niente dogmi, niente natura.

Avanzò e mi baciò. Le sue labbra si avventarono sulle mie con dolore ed estremo bisogno, le braccia mi cinsero la schiena per non lasciarmi alcuna via di fuga. Mi baciò come non aveva mai fatto nessuno, a parte lui: la lingua cercò la mia e la succhiò instancabile. Un sapore esotico mi scivolò giù per la gola, qualcosa di proibito e altamente irresistibile, lo stesso peccato che aveva portato Eva alla dannazione eterna.

Ryo si bloccò un attimo e ripresi fiato. Mi guardò con lo stesso sguardo confuso che aveva avuto pochi minuti prima, eppure continuammo a baciarci come se fosse stata l'unica cosa che avessimo bisogno. Le sue labbra erano tiepide, eppure la sua lingua era come un fuoco ardente. Il suo sapore era eccitazione pura.

Accarezzai il suo petto, liscio e cereo, passai le mani sulle spalle e tra i capelli corvini, scuri come la notte, stringendolo contro di me. Non ebbi alcun pensiero razionale, solo che non volevo che finisse. Ryokku capì i miei esatti pensieri, eravamo stati una cosa sola troppo a lungo e lessi la stessa cosa nei suoi occhi.

Lo guardai con occhi umidi, tuttavia una parte di me era felice di essere intrappolata nelle sue grinfie. Il Demone era un tipo paziente, gli anni passati in quel mondo tetro lo avevano forgiato fin troppo. Io ero stata un caso a parte: ci eravamo odiati, eravamo diventati alleati, poi alleati e alla fine amanti. Non esisteva più il giusto e lo sbagliato.

Lo tirai dentro la stanza e chiusi con il piede la porta, tenendolo stretto. Il Demone mi stringeva forte, le piume delle braccia e delle gambe si infoltirono e accarezzarono la pelle scoperta come seta, facendomi rabbrividire. Nessuna donna avrebbe mai capito quel folle ed irrazionale desiderio, solo io. Ryo era fin troppo carismatico per resistergli, un Demone della lussuria fin troppo bravo a tenere a bada le sue pulsioni. Averlo accanto in quel modo era semplicemente irresistibile. Non c'era modo per descriverlo.

Avvertivo il potere di Ryo scorrere dalle sue dita fino alle mie, scuotendomi fin nelle viscere. Mi avvolgeva come la sua coda. Ero come la mosca nella tela del ragno. Non facevo altro che desiderare di baciarlo ancora, di toccarlo mentre con i suoi canini mi sfiorava il collo, di passargli le mani sui capelli e... molto altro.

Lo tirai fino al letto e in quel momento si staccò. «Aspetta, aspetta...»

«Ryo, non ho paura di te» chiarii dolce, passando la mano sul suo volto.

Schiacciò il viso nella mia carezza con fare bisognoso e poi scosse la testa. «Noi Demoni non possiamo fare questo con donne umane. Voi...» Mi guardò e si corresse. «Sei troppo fragile per noi. Ti farei male.»

Non sapevo niente a riguardo, ero a conoscenza solo del fatto che i geni di un Demone erano sette volte superiori a quelli di un umano. Non ci sarebbe stato il maleficio a fermarci, il suo potere agiva sull'animo e sulla mente, non sul corpo. E la runa protettiva si attivava solo in caso di possessione. Non c'era niente a fermarci. A parte il mio corpo troppo debole, il mio essere umana.

Ryo mi guardò dispiaciuto e mi abbracciò, provando a coccolarmi per farmi smettere di avere quell'espressione afflitta. Non era colpa di nessuno, io e lui non eravamo compatibili. L'odio che avevo cercato di seppellire tornò a galla e non seppe trovare alcun destinatario.

«Non è colpa tua» mi consolò. «Non voglio farti del male, non in questo modo.»

«Ma se dovessi scegliere in che modo morire preferirei farlo così» dissi.

Ryo mi gettò un'occhiata storta, poi rise. «Non dire cose del genere. Non è da te. La mia bestiolina aveva un gran senso dell'umorismo, non perderlo ora.» Alzai le spalle e mi lasciai stringere ancora un po'. «Vieni, voglio fare una cosa. Mettiti sciarpa e cappotto, fuori fa freddo.»

Se voleva uscire era un'idea pessima: a) non ero dell'umore giusto e, b), se Andy avesse scoperto che fossi uscita senza consenso mi avrebbe punita molto peggio di Drogo e mio fratello era già troppo sotto stress.

Ryo mi trascinò di sotto e mi lanciò la giacca invernale, il cappello di lana e la sciarpa rossa, costringendomi a mettermeli addosso. Aprii la porta che dava sul retro, sul piccolo giardinetto su cui non andavamo oramai più, a parte me ad annaffiare qualche pianta o arbusto.

Faceva davvero freddo, il cielo era carico di nubi pesanti e in aria svolazzavano piccoli fiocchi di neve, pronti a sciogliersi per formare una melmosa patina al suolo. Le luci del centro città illuminavano il Golden Gate Bridge da una sponda all'altra, mentre il Demone era di fronte a me, con il torso nudo e senza essere piegato minimamente dal freddo.

«Ti fidi di me?» mi domandò, porgendomi la mano.

Mi morsi il labbro e alla fine feci un sorrisetto. «Sempre.»

«Tieniti stretta a me.»

Per istinto, o desiderio, premetti il volto contro il suo petto e lui avvolse le braccia attorno alla mia vita. Ryokku lanciò un'occhiata veloce in alto, assicurandosi che non ci fosse nessuno a quell'ora e niente lo intralciasse, piegò le gambe e sfrecciò veloce nel cielo. Lanciai un urletto allarmata e impaurita, massimizzando la presa su di lui. Lo sentii ridere in modo soffuso.

Il vento mi penetrava dai pantaloni e mi faceva irrigidire gli arti, nonostante quello mi sentivo al sicuro. Attraversò la notte e galleggiò perpendicolarmente alla casa, appena non sentii più il vento premere contro la testa in modo agghiacciante aprii gli occhi. La città risplendeva ampia e vivace sotto di noi, riuscivo a vedere il mio bar preferito, i grattacieli più distanti farsi limpidi e persino il liceo, disperso nelle ombre della notte.

Era impossibile che ci notassero e i brividi di paura si mescolarono a quelli di meraviglia. Ammirai le ali di Ryokku, le avevo viste molte volte spiegate, ma non aveva mai preso il volo. Erano ampie, molto più lunghe di quel che ricordavo, sbattevano in aria ad un ritmo regolare, tenendoci in bilico perfettamente. Sembravano fragili con quella membrana spoglia e ruvida al tatto, tuttavia erano forti e resistenti.

«È uno spettacolo» mormorai, con gli occhi incollati sui suoi.

«Perché guardi me mentre lo dici?» mi domandò.

Sorrisi, alzai il mento affinché mi baciasse. Il gelo della notte era inferiore al confronto del calore che provavo per lui.

«Penny» biascicò piano sulle mie labbra. «In questo momento vorrei morderti.» Ansimai piano e annuii. Con uno strattone gettò via la sciarpa nel vuoto e mi annusò il collo fresco. «Eccolo, il primo di molti» sussurrò all'orecchio con voce profonda.

Detto ciò mi cinse ancora più stretta, inclinò la testa e mi affondò le zanne nella gola. Emisi un leggero gemito di sofferenza appena la punta dei denti si fecero strada nella carne e trapassarono la vena. Scemò in un secondo e divenne pieno di calore, il sangue pulsò più intensamente e il corpo bruciò da dentro, pieno di vita deliziosa. Mi lasciai trapassare dalle sue zanne affilate e dai suoi desideri, ero inerme e vulnerabile al suo cospetto, davanti alla sua insaziabile fame.

I piedi mi penzolavano nel nulla, il mio corpo era così leggero che mi parve di fluttuare. Gemetti piano, in modo dolce, alle prese con quell'agguanto mortale. Lentamente, allentò la presa sui miei capelli e ciò mi permise di respirare in modo meno affannoso. Premette le mani sulla pelle, poi, con enorme difficoltà, estrasse i canini sporgenti e si leccò le labbra compiaciuto. Tremai per via delle ferita aperta contro il vento invernale e mi premetti contro di lui per cercare riparo. Avevo le palpebre pesanti.

Leccò la ferita fino a farla cicatrizzare in fretta. Fu meno piacevole del previsto, bruciava, il sangue smise di uscire e la pelle lacerata si rimarginò in fretta.

Mi annusò ancora e respirò profondamente. «Ora il tuo odore è molto più simile al mio.»

«Vorrei avere il tuo odore molto di più» gli confessai.

Ryo mi sorrise dolce. All'improvviso qualcosa gli solcò il volto, come se avesse capito qualcosa, e sfiorò il naso contro il mio. Mi riportò a terra e feci attenzione che nessuno di vedesse, rientrai in casa tranquilla, un po' infreddolita. Mi tolsi il cappotto e il cappello, notando come i miei capelli avevano deciso di appiattirsi senza un motivo logico.

Ryokku mi prese alle spalle, mi fece fare un salto e mi prese in braccio.

«Cosa hai in mente di farmi, Demone?» lo stuzzicai ridendo.

«Tutto quello che vorrai» giocò poco serio, portandomi di sopra, alla mia camera. «Stenditi.»

Corrugai la fronte, confusa. «Pensavo mi avessi detto che fosse pericoloso.»

«Nel mondo reale, sì» confermò e capii meno. «Non nel mio mondo. Se ti toccassi nel mondo reale ci sarebbero delle conseguenze, ma potrei portare te nel mio. È come quando volevi stringere il Patto, quando ci siamo incontrati. Quello non era il mondo reale, era il mio, quello che avevo costruito. Quando non sto qui con te, sto in quello.»

Mi avvicinai a lui. «Saresti in grado di farlo?»

Ci pensò. «Suppongo di sì, è solo un contatto mentale. La tua anima è collegata ad esso tramite il Patto. Lì non ci sarà il tuo corpo materiale, resterai qui, al sicuro, a dormire. Non ho mai provato a...»

Lo bloccai, saltandogli e baciandolo ancora. Rise un poco di gusto, spingendomi sul letto.

«Chiudi gli occhi» mi ordinò, entrando nella mia mente.

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