XLI

L'ultimo giorno di scuola prima delle vacanze di Natale cadde di martedì, a mio parere un giorno orrido: né il primo della settimana né quello a metà né l'ultimo. Era lì, a caso, a infastidire me con la sua inutilità e gli altri, essendo l'ultimo giorno che divideva tutti gli studenti da una lunga e rilassante pausa invernale. Nemmeno per chi aveva delle insufficienze, come Jessica, mi parve che fosse meno entusiasta a lasciare la scuola. Io non avevo così voglia di restare a casa, specie con Andy, non dopo quello che era successo.

Le lezioni di storia erano le uniche ore in cui desideravo apertamente di morire e di tornare al Nido a fare qualcosa di più soddisfacente, il professore si limitava a leggere il libro con voce piatta e monotona, a volte si alzava per andare in bagno o a prendersi un caffè, data la sua età ultra sessantenne e non era più in grado di far appassionare gli studenti come all'inizio della sua carriera. O così si vantava.

Mentre Jessica sonnecchiava e Jisoo disegnava spastici omini sul foglio, mi persi altrove con la mente. Ryokku, come pattuito, era tra i rami di un albero oltre la finestra dell'aula, le piume morbide contro il vento invernale e quei piccoli occhietti neri che mi fissavano con intensità, senza mai perdermi d'occhio. Percepivo chiaramente dove fosse, come un radar e lui stesso non si azzardava mai ad allontanarsi troppo.

In una strana fantasia, mi chiesi come fossero le labbra di Ryo. Le conoscevo molto bene, ovviamente: una linea decisa, il labbro superiore leggermente più sottile rispetto all'altro, chiare. Erano più ruvide di quelle di Andy, oppure erano come le sue piume, morbide e calde?

Mi immaginai dargli un bacio lì, in mezzo all'aula, per capire se davvero la sua innocenza in fatto di baci era paragonabile alla sua linea diretta con il Mastino della lussuria. Mi avrebbe certamente baciato come aveva già fatto quella volta, e me lo ricordavo bene, stringendo appena le gambe. Sognai che stringesse forte le unghie sui miei fianchi fino a farmi gemere piano, mentre mi schiacciava sopra la cattedra del professore, avvolgendomi il corpo con la coda.

Mi risvegliai all'improvviso appena al professore venne un attacco di tosse e poco ci mancò che saltassi sulla sedia. La mia fantasia si infranse in mille pezzi e assunse la forma di mio fratello che, disgustato e deluso da ciò che avevo provato a pensare, mi puniva severamente.

Mi sistemai sulla sedia e istintivamente alzai la mano. «Posso andare in bagno?»

Lui si corrucciò. «È da poco passata la pausa...» iniziò.

«Sì, ma è urgente» lo interruppi, allora alzò una mano bonario e iniziò nuovamente il suo monologo sui padri fondatori.

Ringraziando il cielo uscii velocemente dalla classe, senza gettare occhiate a Ryo per vedere se si fosse mosso o meno. Corsi in bagno e chiusi la porta con forza, mi sciacquai il viso e il collo più volte per cercare di riprendermi. Appoggiai le mani sul lavabo e guardai il mio riflesso allo specchio, tentando di non pensare a nulla.

Ryokku comparve dietro di me e lo vidi solo attraverso lo specchio. Mi girai spaventata e corsi alla porta, buttandomici sopra.

«Cosa stai facendo?» tuonai. «Sai che non puoi farti vedere da nessuno! Non potresti nemmeno aspettarmi sotto forma di corvo, perciò vedi di non farti scoprire.»

La sua espressione non cambiò. Sembrava leggermente allarmato. «Pensavo lo volessi sapere. Ho avvertito una nuova aura. Una molto potente ed è qui vicino.»

«Cosa vuol dire?» chiesi con svogliatezza, immaginando ben che Andy si doveva essere infuriato con Keith o Lancer per qualcosa.

«È simile a quella che avete rilevato voi umani, anche se è più sporca. Qualcosa in questo edificio emana le stesse radiazioni del Mastino che state cercando.» Un blocco di panico mi salì in gola, tant'è che smisi di respirare. «Non l'avevo mai avvertita prima, si è fatta viva poco fa ed è forte. È un'aura molto forte.»

Non ero preparata a quello che mi disse, nemmeno un po'. Nella mia testa mi ero fatta centinaia di film mentali dove sconfiggevo il Mastino e venivo elogiata, eppure trovarmi di fronte alla cruda realtà mi fece tremare le gambe. Se era davvero dentro la scuola era possibile che la nostra copertura era saltata e ci aveva scoperti in anticipo.

«Te ne sei accorto adesso?» domandai insicura. Annuì. «Dobbiamo avvertire Drogo e Andy, subito.»

Aprii la porta del bagno, ma non feci nemmeno un passo che mi trovai di fronte Drogo, pallido e sudaticcio, come me. Lo guardai e lo tirai dentro il bagno, infischiandomene se fosse quello femminile o se qualcuno lo avesse visto. Non disse nulla, cosa che mi fece presumere che anche Hejji avesse avvertito l'aura se Drogo non trovò le parole per insultarmi.

«Lo hai avvertito anche tu?» mi domandò scosso.

«Sì» risposi. «Drogo, dobbiamo avvertire subito Andy, se quella creatura attaccasse...» mi bloccai, pensando al peggio. «Siamo dentro un liceo con oltre trecento ragazzi. Sarà una strage. Dobbiamo chiamare aiuto.»

Annuì. «Usciamo di qui. Hejji» lo chiamò e il Demone-bambino comparve dietro la porta.

La sua faccia non era la solita, piena di sarcasmo piccante; era insicuro e si mordeva un labbro. Ryo era un Demone nero, era naturalmente più forte. Riuscivo a comprendere la sua paura. Aveva avuto molti Dominatori, ma non aveva mai affrontato qualcosa di sconosciuto e nuovo.

«La avverti ancora?»

Il Demone annuì. «Chiaramente. È molto più intensa di quella delle massime di Ryokku» mi riferì. «È troppo condensata e non si capisce nulla!» si lagnò.

L'aura di Ryo si accentuava solo con particolari emozioni, la più distruttiva era la furia omicida o quella protettiva che si scatenava su due direzioni: o la sua verso di me o io verso un altro. Ogni Demone aveva una massima specifica e se superava Ryo in toni medi non era niente di buono.

«Bestiolina, più l'aura di un Demone forte si concentra, più viene avvertita.»

«Questo posto si riempirà di Demoni» mormorò Drogo.

«Oh, direi proprio di no!» fumò di furia Hejji, sorprendendoci. «Questo è un bel segnale di stop, nessuno della nostra razza si avvicinerebbe! Di questo passo se aumenta la pressione influenzerà gli umani e il clima circostante. È ben oltre un Demone! Oh...» Corse a rifugiarsi da Drogo, mettendosi sotto il suo braccio.

Il ragazzo mi guardò preoccupato. «Credi che sa che siamo qui?»

Ryokku si chinò su di lui. «Sciocco. Questa si chiama caccia. Sta puntando a qualcosa e la vuole influenzare.»

«Will» chiarii e un altro peso sormontò il mio petto. «Dov'è? Era a lezione con te?»

«Io ero ad algebra, lui a biologia.» Alzò le mani. «Dobbiamo trovarlo, possiamo chiamare Keith o Lancer se sono nei dintorni. Penny, non possiamo attaccare in questo caso, non sappiamo che forma abbia assunto, potrebbe essere chiunque se si sa mimetizzare. L'OverTwo non ci ha dato l'autorizzazione e se qualcuno dovesse vedere qualcosa di strano...»

Gli misi una mano sulla spalla e lui prese un profondo respiro per calmarsi. «Lo so» garantii. «Ryo, Hejji, noi faremo uscire gli studenti, voi dovete tenere d'occhio il perimetro vicino a noi e avvertirci se sentire altre aure vicine, sia sconosciute sia quelle della squadra. Se quella cosa si avvicina possiamo riconoscerla grazie alle radiazioni emesse, così forte non può nascondersi. Tutto chiaro?»

«Ci pensiamo noi» sancì Ryokku e senza perdere tempo, dando una scossa all'altro, scomparvero dalla nostra vista.

Drogo mi bloccò prima che potessi uscire e strinse le labbra, guardandomi a lungo con sguardo turbato. «Se dovessimo imbatterci in quella cosa e il tenente merdoso non arriverà in tempo...»

«Non moriremo, te lo assicuro» feci seria.

«Non dicevo questo. Voglio che attacchi» mi corresse. «Tu puoi fare come ti pare, ma io non rimarrò con le mani in mano mentre quella cosa minaccia te e gli altri studenti. Fregatene della autorizzazione, da morta nessuno potrà rimproverarti. Se ho le armi per farlo, perché no?»

Mi ricordò Ryo. Lui viveva il momento senza pensare alle conseguenze, eppure per conto mio non aveva capito che combattere contro un Mastino, o una creatura a lui collegata direttamente, era paragonabile ad un suicidio.

Annuii vaga, senza rispondere.

Drogo aprì la porta con forza e da davanti lo sentii emettere un verso sorpreso, notando con amarezza che aveva colpito sul naso la professoressa Jefferson. La donna fece un passo indietro ed emise un sibilo di dolore, prendendosi il volto tra le mani. Aprii la bocca e guardai il corridoio, sperando non ci fosse nessuno. Drogo si prese le mani tra i capelli, poi le andò vicino, eliminando l'ipotesi di correre via.

«Scusi! Le ho fatto male? Le giuro che non volevo!» sillabò. «Non l'ho vista e...»

La professoressa cercò di fargli un sorriso nervoso, lo guardò e corrugò la fronte. Sospettavo che la prima cosa che volesse dire era perché fosse uscito dal bagno delle ragazze insieme a ma, invece, con un gesto deciso, si rimise a posto il naso.

«È tutto a posto, vedi?»

Drogo rimase senza parole, mentre io allungai la mano. «Si sente bene, professoressa?»

«Splendidamente» rispose pacata. «È così bello, finalmente posso sentire qualcosa di diverso rispetto all'odore di sudore degli altri umani. Quello dei Dominatori è proprio un aroma diverso! Un tocco di zucchero in una teglia di sale acido.»

Il ragazzo, lentamente, si allontanò da lei e fece un passo indietro, mettendosi davanti a me come scudo. Per me fu letteralmente impossibile pensare che la professoressa di letteratura non fosse umana: era una donna minuta, così timida anche per mettere un voto negativo ad un alunno indisciplinato. Insieme al professor Petronovik, era la mia insegnante preferita. Era come Lottie, dolce, amante del suo lavoro.

Non mi aveva mai guardato come se fosse diversa e io non avevo mai sospettato di lei.

«Che esserini stupidi e curiosi che siete!»

La sua bocca si spalancò oltre il limite umano e una fila di denti emerse oltre quella normale, lunghi e affilati come vampiri. Drogo afferrò la porta e gliela sbatté nuovamente in faccia, confondendola. Saltò in avanti, puntando al collo di Drogo. Lo spinsi a sinistra, verso il bagno e le unghie mi graffiarono in superficie l'avambraccio, vicino al polso, facendo un buco nella felpa bianca e azzurra.

Ci ritirammo in bagno, non potendo andare altrove. Non c'era abbastanza spazio per usare la mia falce e persino Drogo avrebbe avuto a muoversi tra il minimo spazio tra le porte dei wc e i lavabi. La professoressa entrò dopo di noi e chiuse la porta dietro di sé, stritolando la maniglia fino a deformarla.

«Devo ammettere che siete stati bravi a nascondervi» ci disse e sembrò complimentarsi. Non riconobbi la sua voce, diventò meno insicura e dura. «Ci ho messo un po' a riconoscervi, non potendo assaggiare ogni studentello che veniva da me con mille pretese idiote. Le vostre organizzazioni vi hanno protetto bene, ma mandare due piccoli ragazzini a fare il lavoro sporco è proprio da loro!»

«Chi sei tu?» domandai a bruciapelo.

«Niente di nuovo, Penny?»

«Sei il Mastino?»

Lei ridacchiò. «Oh, no. Mi piacerebbe però.»

«Ma ti ha creato lui» disse Drogo sulla difensiva. «Sei un Demone nero.»

«Sbagliato ancora. Siete voi del Nido che chiamate in quel modo i Demoni creati da un Mastino, ma ci sono molti modi con cui un Demone può nascere, o diventare più forte. Non sono legato da niente, solo da un forte legame con il mio padrone.» Drogo fece apparire la sua spada e la punta della lama urtò il lavabo troppo vicino. La donna alzò un angolo del labbro. «Siete così fastidiosi! Piccoli moscerini sulla mia strada, pensate di farmi paura? È colpa di umani come voi se siamo ridotti in questo miserabile modo! Cambierò il vostro mondo, eliminerò la vostra impurità e farò nascere una nuova era nulla Terra, dove saremo al nostro legittimo posto, sopra di voi.»

Saltò in avanti e comparvero simultaneamente i nostri Demoni. Hejji le azzannò il braccio, infilzandole i denti fino all'osso, se fosse stato un umano scommisi che glielo avrebbe staccato troppo facilmente. Ryo la bloccò per impedirle di avvicinarsi oltre, soffocandola con la coda.

Drogo mi afferrò il braccio. «Vieni, dobbiamo andarcene!» berciò.

Mi trascinò forte fino all'uscita ed ebbi unicamente il riflesso di alzare la mano verso Ryo, cercando di afferrarlo e portarlo via con me. Era troppo impegnato per guardarmi. Drogo uscì fuori e mi tirò più forte, affinché mi muovessi maggiormente. Pochi passi dopo, Hejji volò fuori dal bagno e urtò la parete esterna del muro, piombando a terra. Sentimmo un ruggito agghiacciante provenire dalla stessa direzione e corremmo più forte, prima di scoprire se quel mostro avesse sconfitto o meno Ryokku.

Cambiammo corridoio e attraversammo un paio di classi piene di studenti.

«Dobbiamo far uscire tutti, o quella cosa li userà come scudo» fece preoccupato.

Mi sganciai dalla sua presa e camminai decisa verso la scatoletta rossa alla parete, ruppi il vetro e feci partire l'allarme. In un attimo, la campanella della scuola cominciò a suonare in modo più continuo e acuto, e immediatamente udimmo un gran frastuono provenire da ogni angolo del liceo, sia dalle classi sia dai laboratori saturi di ragazzi. Ci allontanammo dal quel punto scottante e ci unimmo al primo gruppo di ragazzi che trovammo, facendo finta di niente a testa bassa.

I professori parevano leggermente scossi da quell'allarme non previsto dalle prove di evacuazione, i ragazzi non smettevano di chiacchierare eccitati, sperando davvero che fosse successo qualcosa per saltare lezione più a lungo. Dalle classi uscirono file ordinate di studenti e tutti si diressero verso l'uscita di emergenza più vicina.

Appena arrivammo alle scale voltammo dalla parte opposta rispetto al flusso, ritornando verso i corridoi più centrali. Aspettammo in un angolo che la classe di biologia passasse per quella strada, poi afferrammo Will e ci nascondemmo oltre il raggio della vista del professore.

«Cosa? Che succede?» domandò frastornato.

Drogo si guardò intorno per vedere se arrivasse qualcuno. «Ci serve il tuo cellulare, adesso. Dobbiamo chiamare Andrew.»

Will restò immobile. «Ma è appena scattato l'allarme» tentò di farci notare. «Dobbiamo uscire adesso. Se restiamo finiremo nei guai.»

«L'allarme l'ho fatto scattare io» commentai aspra.

I suoi occhi si ingigantirono. «Allora finirete di sicuro nei guai» sottolineò. «Ma siete pazzi? Non ne voglio sapere niente.»

Sospirai. «Will, il cellulare. Davvero. È urgente! Non pretendo che tu capisca, anzi, l'unica cosa che voglio è che raggiunga il tuo gruppo oltre il cancello di questa fottuta scuola più in fretta che puoi, aspetti vicino al professore e te ne vai dritto a casa, ma questo non prima di averci dato quel cazzo di cellulare» risposi d'un fiato, quasi ringhiando.

Will mi fissò impietrito, l'allarme suonava ancora e il ragazzo si zittì per due secondi. Mi guardò con le spalle basse e annuì. «Va bene.» Iniziò a camminare verso una classe e ci indicò la strada con fretta. «Ho lasciato il cellulare nello zaino, era scarico e non mi sono posto il problema. È appena qui sotto, nell'aula di biologia.»

Scendemmo un paio di gradini, Will ci era un poco avanti ed ebbi appena il riflesso di acchiapparlo per il cappuccio della felpa, quasi facendolo inciampare all'indietro, quando vidi la professoressa Jefferson salire le scale tranquillamente, verso di noi.

Drogo prese Will e lo aiutò a rimettersi in equilibrio e distanziarsi. «No! Non di là!»

«Cosa?» pigolò Will. «Ma è la professoressa!»

La donna lo chiamò, fingendo di riprenderlo per la sua mancata partecipazione all'evacuazione. Will la guardò, fermamente convinto di doverle dare delle spiegazioni.

«No, non è lei!» risposi spazientita. «Non è la professoressa Jefferson!»

Aiutai Drogo a spingere Will. Il ragazzo abbaiò qualche parola sconnessa, temendo che la professoressa ci avrebbe gridato contro o peggio, continuò comunque a muovere i piedi per non cadere per terra. Inseguiti dalla voce ciondolante del mostro, continuammo a salire le scale, lasciando perdere le uscite primarie e il cellulare.

C'erano unicamente tre piani al liceo e l'accesso al tetto era chiuso da un pesante catenaccio, dove le scale terminavano, non prima di aver messo uno stupido divieto d'accesso all'ultima scala. Scavalcammo l'ostacolo primario e corremmo gli ultimi scalini, procedendo sicuri.

«No! La strada è chiusa, è chiusa!» urlò orripilato Will.

«Non per noi» esclamò Drogo. «Hejji, la strada!»

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