XIII
Non sapevo dove fosse la falce, diedi una rapida occhiata in giro, ma non la vidi. Lui non mi aveva detto dove fosse, solo insultata per il fatto di aver allentato la presa. Sì, riconobbi il mio errore, ma non persi tempo dietro a lui o alla sua arma. Dopo ciò che gli avevo detto dubitavo che me l'avrebbe lasciata solo per un singolo minuto aggiuntivo.
La creature era oramai vicino a Louis e Andy, gli saltai sulla schiena e mi aggrappai al pelo sul collo, spesso quanto una criniera. Urlò e si portò a carponi, con tutte le zampe a terra. Simile ad un animale, ringhiò furente e cercò di disarcionarmi via. Non avevo un'arma e per quanto si muovesse era impossibile fermarlo senza ferire entrambi.
Louis saltò in piedi e guardò nel mirino per sparare un colpo di fortuna ai piedi del Demone. Afferrò il fucile del tenente colonnello e lo tirò in aria con sé, colpendo una fila di soldati vicini, dopodiché mi catturò e mi gettò in avanti, capovolgendomi. Mi tirò in aria e mi scosse, affilando gli artigli per piantarmeli nella carne.
«Il tuo sangue pulsa forte contro la tua pelle. Mi darai molta energia, vedendo come saltelli in giro come una leprotta.»
Sentii qualcuno pronunciare il mio nome, non me lo immaginai affatto, poi la faccia felina del Demone cambiò all'improvviso e si storse dallo stupore.
Le unghie del mostro, fin quasi tutto l'intero polso, erano immerse nel torace dell'altro Demone, quello che avevo ritenuto fuggito. Non lo avevo né visto né sentito arrivare, era ancora di una velocità unica.
La bestia selvaggia saltò indietro e sollevò le labbra, notando il sangue nero-verde del suo compare nella mano. Non poteva cibarsene, era inutile.
«Quindi hai deciso di stare in mezzo?» domandò con falso tono il mostro. «Ti rivolti verso di me, contro uno della tua stessa razza e prendi ordini da una ragazzina umana?»
Il mio Demone era sottile e alto, il suo torso pallido pareva che avrebbe ceduto da un momento all'altro, specie per via del grosso buco presente nel suo stomaco. Lo guardai persa, vagamente sul punto di vomitare. L'interno del suo corpo era viscido, scuro, con qualche poltiglia rosata. Viscere?
Allungai le mani, con l'impulso di premere sulla ferita e fermare il sangue, come ci avevano insegnato ai corsi di soccorso generale. La mia mente si svuotò e nessuna informazione mi parve utile. Corsi e realtà erano diverse. Dovetti fare i conti con la realizzazione di essere davanti ad una creatura unica e non ad un manichino di plastica con un mattone dentro.
«Stai calma» mi bloccò lui, seppure non avessi detto nulla a riguardo. Afferrò la mia mano e la allontanò, come se temesse di essere infettato da qualche germe. «Sei una gran rottura, bestiolina.»
Alzò gli occhi, incontrando quelli di un soldato di grado minore dall'altra parte del campo. Io e gli altri presenti non proferimmo parola e il Demone digrignò i denti, rendendosene conto. Si era reso invisibile fino a quel punto per non farsi riconoscere dagli altri, ma l'azione improvvisa e il colpo dovevano avergli fatto perdere la concentrazione. Non poteva più scappare.
Andy guardò il Demone con occhi velati, senza timore, poi riprese la sua spada in mano.
«Non posso fare niente» ribadì il Demone stancamente. «Il nostro è solo un Patto momentaneo, non ho la forza necessaria per uno scontro, ma se è solo il tempo ciò che ti serve, forse posso aiutarti in questo. Sono debole e ottuso, ma sono pur sempre immortale. Porta via tutti. Non so quanto posso fare da solo.»
In quell'attimo mi dispiacque da morire per tutto ciò che avevo pensato o detto su di lui, del fatto che gli avessi dato dell'egoista, dell'apatico e del pigro, quando io per prima in molte occasioni lo ero stata più di lui. Era stato ferito a causa mia, per colpa della mia inettitudine in battaglia e del fatto che non fossi abituata a seguire le regole. Non mi interessava di nulla al di fuori di lui in quel momento.
Anche Andy, quando morì nostro padre, era solo, ma io gli ero sempre rimasta a fianco, senza lasciarlo mai, qualunque cosa dicesse o facesse. Nemmeno lui si riteneva più forte o intelligente degli altri, lo diceva solo per ridere o farmi incavolare, eppure si era sempre rimboccato le maniche per me, mi aveva tirato fuori dai guai e mi aveva fatto promettere che anche io avrei fatto la mia parte in famiglia. Io, Andy e Alderyu eravamo una famiglia, in fondo, e si era aggiunto solo un altro componente. La mia famiglia sarebbe tornata indietro per me e non avrei mai lasciato indietro un suo componente, per quanto ottuso e debole fosse.
Non ero più solo io ad essere quel «qualcuno», né era solo lui: eravamo noi.
«Baskerville, non ti permettere di...»
Damian mi puntò un dito contro, il viso rosso di furia. Il suo tono aveva un che di tremolante a quel punto.
Non lo lasciai finire, mi tolsi la giacca dell'uniforme e feci slittare il polso nella bocca della creatura. I suoi canini era più sporgenti di quanto mi ricordassi durante il Patto e quando finirono per fendermi la carne e tirarla sentii un gran male. Il mio sangue gli zampillò sulle labbra e fin giù nella gola, sfamandolo. Non si tirò indietro.
L'oro nei suoi occhi si intensificò, si pulì le labbra con la lingua e fece un sorrisetto compiaciuto. La sua pelle prese immediatamente colore, brillando di un bianco perlaceo, il suo pelo si infoltì e le sue ali presero a sbattere violente.
«Sei una gran rottura,» ripeté divertito «ma non ci posso fare nulla. Ora sei la mia Dominatrice. Il tuo cuore è stato fermo nella decisione che hai preso.»
In verità non avevo seguito una logica o un desiderio specifico, mi ero solamente gettata nella mischia, ignorando tutte le lezioni che avevo appreso fino a quel momento. Restare in disparte e vedere mio fratello venire fatto a pezzi per me non era un'opzione.
«Mi chiedo che sapore ha il sangue appena dopo un Patto» cantilenò il Demone fuori di sé, scattando agile contro di noi.
L'altro mi afferrò per la vita ed evitò il colpo mortale, lasciandolo senza una preda. Atterrammo qualche metro più in là, addolcì la caduta grazie alle ali sottili e piantò le zampe a terra senza mollarmi. Ero a testa in giù, a mezz'aria aveva allentato la presa – quasi volesse punirmi per il fatto di aver lasciato cadere l'arma – ma non mi aveva fatta cadere. Per pura fortuna da come aveva cambiato rapidamente espressione.
«Schiva da sola, bestiolina» puntò deciso.
«E come?» urlai arrabbiata.
«Be', che si fa?» domandò, osservando il nemico con aria circospetta. «Io sono un tipo pacifico.» Era solo svogliato. «Era meglio se ce ne andavamo, ora col cavolo che ci lascerà andare senza averti squarciati a metà.»
Agitai i piedi per fargli capire di lasciarmi e lui mi ruotò con facilità. «Lo affrontiamo. Se indietro non possiamo andare, si va avanti» ragionai.
«Leggi troppi fumetti, non sono un supereroe» si lamentò.
Fece un passo avanti, mettendosi davanti a me. Le sue ali si dispiegarono e sollevarono una ventata d'aria gelida, mentre sollevò il mento e guardò il simile con aria di superiorità e disgusto. Fece scrocchiare le ossa delle mani e una scarica di energia passò dal suo corpo al mio.
Le nubi nel cielo cominciarono a farsi più pesanti e scure, in alcuni punti dei lampi inaspettati illuminavano degli anfratti plumbei, il rimbombo giunse pochi secondi più tardi, lontano.
«Non so se sono in grado di combattere, tanto meno ne ho voglia, ma eseguirò tutti i tuoi ordini. Quello che farò d'ora in avanti sarà responsabilità tua, non mia» finì.
Mise un piede avanti e scattò. Come me, nessun altro riuscì a vederlo muoversi. La sua velocità aveva subìto un picco notevole e solo bevendo un sorso del mio sangue. Non avevo mangiato da poco, perciò le energie rimaste dovevano essere poche, eppure fu come aver scaricato una dose quasi fatale di adrenalina nel corpo di un ragazzino.
Quello era il vero potere di un Demone nero.
Il corpo dell'avversario venne diviso in due e un fiotto scuro si sangue imbrattò la terra, cospargendo una fontana perfetta davanti a sé. Cadde a terra in ginocchio, ma non morì. Quasi mi sentii mancare e non fu per lo spavento o per la strana resistenza del mostro, bensì ero rabbiosa. Non provavo nessuna pietà di fronte a quel mostro, lo odiavo per il semplice fatto di aver osato sfiorare mio fratello e i miei amici.
Il suo torace era aperto come un frutto caduto dall'albero, riuscivo distintamente a vedergli i muscoli e i nervi lacerati, le vene rotte e persino una costola rotta, sporgente verso l'esterno.
«Ti odio!» urlai.
Andy negò. «Penny, aspetta! È ciò che vuole, ferma!»
Non lo ascoltai. Il mio Demone mi guardò per un momento e scomparve, rendendosi invisibile. L'ultima cosa che vidi fu un suo sottile ghigno sadico.
Avanzai verso il mostro e, senza pensare che fosse più forte o grosso di me, lo colpii con tutta la forza che ebbi. Affondai le dita nella ferita aperta lungo tutto il suo busto fino a quando non toccai il cuore. Provai a strapparlo via, o tanto meno a schiacciarlo, ma era come intrappolato da qualcosa.
In un gesto mi fece saltare via, sfruttai l'azione rotatoria e mi rimisi in piedi senza sforzi. La ferita cominciò a guarirgli, le ossa non distrutte vennero ricoperte da un fine strato rosso di muscoli e vasi sanguigni nel frattempo che gli strati inferiori della pelle ricominciarono a svilupparsi. Le dita della mano cominciarono a bruciarmi, mi pulii in fretta dal sangue acido, eppure la pelle si era già arrossata e alcuni lembi si erano corrosi, diventando giallastri.
Me ne fregai.
«Andy!» urlò Louis. «Se continua verrà posseduta anche lei! Devi fermarla!»
Non capivano. Dentro di me sentivo una sensazione stupenda, un benessere fisico che non avevo mai percepito prima. Avevo il pieno controllo di tutto il mio corpo, potevo fare qualsiasi cosa, mi bastava pensarlo e ogni mio movimento era come se fosse accompagnato da un'altra presenza.
«Mordecai, spara!» Damian si rivolse a Louis, indicandomi. «È un ordine!»
Louis non sparò. Non lo avrebbe mai fatto.
Combattevo ancora con tecnica e ragionamento, mentre il mio avversario no. Korey sapeva combattere, ma lui oramai non c'era più. Fu facile assestargli un colpo duro sul collo, poco prima della nuca, incentrando tutte le forze nel colpo alla mano quasi avvertii l'osso principale staccarsi dal resto del corpo.
«Penny, fermati!»
«Spara, o lo farò io!»
Mi sferrò un pugno diretto allo stomaco e io fui tanto stupida da lasciare quel punto scoperto. Piombai all'indietro, mi afferrò la caviglia e mi scaraventò via.
«Cielo, guarda che sta parlando di te!» esclamò il mio Demone, comparso all'improvviso. Indicò Damian, il quale si era avvicinato a Andy e Louis. «Vuole ucciderti!»
Mi alzai e respirai profondamente.
«Ecco, brava, così! Fantastico! Posso sentire il tuo sangue ribollire! Vuoi lasciargli il tuo adorato fratello?»
«Sta' lontano da lui!» strillai fuori di me.
«Generale, si sposti da lì!»
«È fuori controllo!»
Andy alzò una mano e piegò le dita in avanti. «Ora!»
Non avevo idea di cosa avesse fatto, ma una densa nebbiolina bianca invase l'intero campetto e si accumulò ai miei piedi. Ricoprì il mio campo visivo. Il Demone deglutì e tornò dentro di me, si agitò, scontento di perdere tempo e, provando quell'emozione distruttiva, la riversò nella mia mente. Sentivo andare a fuoco ogni pezzo di pelle. Stare ferma mi faceva stare male. Dovevo distruggere qualcosa ad ogni costo.
«Io... Io ti...» ringhiai e non formulai una frase fatta.
I soldati erano scomparsi, non vedevo più nessuno. Agitai le mani per dissipare la nebbia intorno a me, eppure era pesante e le mie passate sembravano attraversarla senza ottenere risultati.
«Penny!» mi chiamò mio fratello. Era dietro di me. Gli sorrisi. «Aspetta, ora calmati!» si affrettò a dire. Mi bloccai ed eseguii il suo ordine. «So cosa hai fatto, risolveremo questa cosa insieme. Io sto bene, guardami. Va tutto bene.»
Quasi ci cascai.
«Ti sta imbrogliando!» urlò furibondo il Demone nella mia testa. «Quanto sei stupida? Non è lui, guarda meglio!»
Sbattei gli occhi. La sagoma di Andy sfarfallò per un attimo, giusto il tempo di farmi aprire gli occhi. Me li sfregai. La nebbia mi era entrata dentro e mi offuscava le iridi.
Quello non era lui, almeno non quello autentico. Era simile alla proiezione che il Demone mi aveva fatto rivivere nel suo mondo, ma dopo la scossa riconobbi l'inganno. Era impossibile copiare fedelmente Andy. Nessuno lo conosceva quanto me.
«Non avvicinarti a me!» imprecai e oramai tutte le mie emozioni si erano mescolate. Cominciavo ad essere confusa. «Andy!»
La nebbia si dissipò, come se non ci fosse mai stata. I soldati mi avevano accerchiata, le spade alte e le frecce incoccate. Quasi mi venne da ridere. Io dopotutto ero dalla loro parte.
«Andy!» lo chiamai. Il mio tono scocciato passò ad allarmato.
Non mi rispose.
«Vogliono allontanarlo da te!» si divertì il Demone, in me. «Perché sei pericolosa, io te l'ho detto!»
«Baskerville, mani in vista sopra la testa!» mi avvertì Damian. «Un passo e ti giuro che do l'ordine di farti a pezzi!»
Strinsi le labbra.
«Non sei abbastanza forte.» Il Demone mi affiancò e mi posò le mani pelose sulle spalle, afferrandomi e sussurrandomi all'orecchio. «Devi provare più desiderio: cosa vuoi realmente? Vai e afferrarlo.»
«Damian, dov'è Andy?» chiesi furibonda.
Le gengive mi dolevano.
«Ferma, ho detto!»
«Ops, strada chiusa. Che facciamo, bestiolina? Scavalchiamo?» ridacchiò.
«Dici che ce la facciamo?» scherzai vivace.
«Baskerville!»
Un fulmine lacerò il cielo e portò con sé una ventata d'aria. Senza rendermene conto registrai vari odori, il sudore dei soldati, il sangue, la terra sporca, la pungente fragranza del dopobarba di Damian e perfino... l'aroma di Teapigs, mio fratello.
Era qui in giro.
Voltai la testa per guardarmi in giro, sperando di vederlo. Il mostro era ancora vivo, i soldati si tenevano a debita distanza, ma era a terra, con gli occhi completamente bianchi e si stava agitando da solo, senza alcun senso. La nebbia che mi aveva attaccato lo aveva avvolto come un telo morbido, offuscandogli i sensi, confluendo in un punto non tanto lontano.
Una ragazza era in prima linea e fissava la strana creatura a terra con occhi meditabondi, affiancata da un altro Demone. Era alta meno del mio, con dei folti capelli neri che le ricoprivano le alte orecchie da felino. Le sue braccia erano ricoperte di pelo corto, mentre nei palmi delle grosse zampe si intravedevano dei morbidi cuscini rosei e la lunga coda corvina prese ad agitarsi quando incrociò il mio sguardo.
«Uno nero!» strepitò il mio euforico. Il Demone-gatto inclinò la testa e mi sorrise con aria complice, mostrandomi i suoi denti appuntiti. «Caspita, con lei è meglio non farsi avanti. È infame.»
La nebbia confluiva verso di lei e risaliva il suo corpo.
Non la attaccai per sicurezza e lei sembrò felice, saltellò a lato e si spinse contro la sua Dominatrice, cercando una furtiva coccola ingombrante.
«Se ne è accorto anche lui. La tecnica non lo ha fermato» mi informò il Demone.
Non afferrai il concetto di base, ma il mostro ricominciò a riacquistare lucidità e si sollevò, inchiodandomi con lo sguardo. Il Demone-gatto si mostrò stupito e non seppe reagire, avanzò per difesa della sua Dominatrice e venne affiancata da altri esseri.
«Ti serve più forza, bestiolina!» urlò. «Da sola non ce la farai.»
Pensai ad Andy.
«Urla il mio nome!» ordinò.
Avrei fatto qualsiasi cosa per lui, lo avevo promesso.
La creatura si mise a quattro zampe e aprì le fauci, prendendo di mira la preda.
«Urla il mio nome!»
Evocai la falce e urlai il nome del mio Demone nero.
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