IX
(Korey Johnson)
Le sirene cominciarono a suonare e una seconda esplosione mi fece volare della polvere in faccia. Louis si mise davanti a me per proteggermi e io mi aggrappai alla sua divisa, temendo di volare via, seppure fosse una cosa molto improbabile.
Come se qualcuno avesse aperto un tappo, la confusione che derivò in quel momento fece ribollire tutto il Nido contemporaneamente. Decine di soldati impugnarono le loro armi, inizialmente sulla difensiva, vedendo una colonna di fumo grigio sollevarsi dal Settore E. Erano come pezzi distanti in una scacchiera, senza re o regina a comandare.
«Fermi tutti!» urlò mio fratello, alzando una mano verso l'alto, serrandola in un pugno. Silenzio. Immobili. «Non vi avvicinate!»
Benché i soldati presenti si fermarono, il chiacchiericcio imbevuto di paura non cessò affatto. I Demoni nel campo si smaterializzarono, facendo comparire le armi ai loro Dominatori, poi una strana calma pervase il Nido; udii gli scoppi del fuoco nelle palestre, il vociare impaurito di alcuni uomini e il vibrare delle onde d'energia sotto il terreno.
Hogosha ringhiò forte, i suoi artigli si allungarono e si conficcarono a terra, il pelo bianco e nero ritto come un gatto in posizione di attacco.
Un urlo agghiacciante mi fece stringere maggiormente le unghie nella carne di Louis, eppure lui non mi notò nemmeno. Dall'inferno di fuoco e polvere della palestra uscì un'ombra scura, ammantata da un'aura ancora più nera, circondata da polvere e terra bruciata.
Non era di certo il primo caso che sentivo di un Dominatore che, senza un particolare motivo, veniva divorato dal proprio Demone. Alla fine, per quanto poteva essere duraturo un legame come quello del Patto, i Demoni erano delle creature egoiste che pensavano unicamente per loro stesse. Se a loro non andava più bene il proprio Dominatore, o se questo dava segni di cedimento, se ne approfittavano semplicemente. Bestie annoiate, ecco ciò che erano in verità.
Non avevo interagito più di tanto con il sergente Korey Johnson, aveva qualche anno più di me e ci parlavamo per via dei nostri incarichi, ma non eravamo amici. Lui era un mio superiore, lo rispettavo, però mi tenevo abbastanza alla larga dai soldati con i gradi più alti, specie per le mie avventure.
Quando la figura di Korey uscì dal muro di polvere grigia aveva quasi perso ogni caratteristica umana. Le fattezze del Demone-volpe erano ricadute su di lui con drastici cambiamenti: la superficie del suo corpo era ricoperta da uno strato appuntito ed uniforme di pelo arancione. La divisa da sergente era per metà strappata, non riuscendo più a contenere le sue enormi zampe feline. I suoi occhi erano completamente neri, si riuscivano a scorgere distintamente da lontano e la sua faccia era ricoperta da vari tagli, simili a branchie sulle guance sporche.
«Andy...» lo chiamai impaurita.
Mio fratello impugnò la sua spada, preparandosi a combattere.
«In guardia!» Mi guardai intorno. I colonnelli non erano ancora arrivati, c'era una confusione pazzesca, eppure tutti lo ascoltarono con attenzione. Il suo era il grado più alto tra tutti. «Prepararsi al mobbing!»
Il mobbing era una tattica principalmente difensiva di gruppo, era molto comune negli animali quando un piccolo insieme, per scongiurare l'attacco di un predatore più grande, si riuniva in gruppo e lo attaccava per primo.
Immediatamente, i soldati presero le loro posizioni, sistemandosi in varie righe, distanti uno o due metri da un altro compagno. Korey, o quello che ne restava di lui, fissò intensamente Andy, capendo subito che fosse l'alfa del gruppo. Aveva un intuito particolare. Voleva dare uno scacco matto iniziale.
La possessione era un atto irreversibile, un umano non poteva tornare indietro quando un Demone lo colpiva direttamente, ma c'era un lasso di tempo in cui il processo doveva caricarsi e completarsi. Era come un computer da riavviare da zero. In quel frangente era possibile fermare il Dominatore e riportarlo com'era, tuttavia era una sfida insensata e quasi mortale. Il più delle volte le perdite in vite umane erano maggiori del guadagno nel riportarne uno vegeto.
Andy lo aveva capito: Korey non era più umano. Il sigillo che intrappolava il suo Demone nell'arma era distrutto. Ora quel mostro non era più una figura immateriale, aveva il corpo di un soldato e la prima cosa che aveva bisogno per fuggire e diventare più forte era il sangue.
La sottile linea che lo divideva dal mondo eravamo noi.
I soldati si mossero simultaneamente, creando un grosso muro impenetrabile di lame e scudi. La mia vista venne occultata da quella muraglia e sentii subito un gran fragore metallico provenienti dallo scontro delle armi, così forte e stridulo da risultare fastidioso per le orecchie. Nessuno poteva attaccare non avendo ricevuto un ordine diretto dal Distretto, ciò che quegli uomini potevano fare era contare sull'attacco del nemico per rispondere con una legittima difesa forzata.
Louis arretrò di qualche passo ed evocò il suo fucile di precisione, un robusto M200 CheyTac, tirò il braccio e mi fece segno di indietreggiare. Ogni soldato aveva una sua linea specifica derivante dalle armi adoperate. Louis aveva un'area di lungo raggio, Hogosha era utile in postazione come i trespoli o piattaforme di localizzazione in vasta scala, ma Andy e Alderyu dovevano rimanere in prima linea per forza. Era uno degli obblighi dei gradi maggiori in battaglia.
«Portala via di qui!» ordinò Andy a Louis, non guardandomi nemmeno.
«No!» strillai impaurita, impuntandomi con i piedi per terra. «Io non lo lascio!»
Mio fratello non mi sentì. Louis si morse un labbro, mi fece passare un braccio attorno alla vita e mi sollevò, trascinandomi via contro la mia volontà. Gridavo a Andy di lasciare perdere, di mettersi al riparo mentre nella mia testa rividi il corpo di mio padre bruciare nel suo funerale. Non volevo assistere alla morte dell'ultima persona rimasta della mia famiglia. Egoisticamente pensai che ci sarebbero stati altri uomini a fermare quel mostro.
I soldati cominciarono a radunarsi meglio, circondando il Demone che aveva posseduto Korey. Non sapevo la prassi ufficiale in quei casi, ma la sicurezza degli altri soldati e cadetti aveva la priorità su tutto, pure sulla vita del posseduto. Se Korey non si fosse fermato da solo, mio fratello e altri gli avrebbero staccato il cuore dal petto.
«Louis, smettila!» tuonai infuriata e il ragazzo continuò a tenermi saldamente. «Morirà, non puoi lasciarlo da solo!»
A quel punto si fermò, mi depositò a terra e si mise di proposito davanti alla mia visuale, impedendomi di vedere mio fratello e l'andazzo della zona. Mi sollevai sulle punte per cercare di alzarmi e vederlo, ma Louis mi afferrò il viso e mi tenne immobile.
«Se stai qui lui penserà a te!» urlò impaurito. «Non può combattere con te in mezzo, gli saresti d'impiccio! Evacua la zona, aiuta gli altri sergenti e le guardie a sgomberare i Settori più vicini! Mi hai capito?»
Annuii e mi morsi il labbro. Andy mi puniva spesso, mi urlava contro ogni cattiveria e diceva che ero un peso enorme, eppure sapeva dimostrarmi in piccoli gesti sinceri il suo affetto nei miei confronti. Sapevo benissimo che avrei potuto intralciarlo e decretare la sua morte, però mi veniva da vomitare al solo pensiero di allontanarmi e non poterlo vedere.
«Ci penso io a lui, te lo riporto. Te lo riporterò vivo» mi promise con urgenza, girando la testa per guardare oltre le sue spalle ampie.
Lo bloccai. «Tutto intero. Giuralo.»
«Sì, be'...»
«Giuralo!»
«Lo giuro, lo giuro» ringhiò allarmato. «Ora vai, corri!»
Mi diede una leggera spinta per spronarmi a correre e, dapprima camminando titubante, accelerata dalle onde d'urto provenienti dal primo scontro al Nido, corsi più veloce verso il punto di ritrovo vicino al cancello. Numerosi soldati correvano nella direzione opposta, pronti a dare man forte seppure nessuno avesse dato ordine di prendere le armi. Di norma la presa di potere di Andy sarebbe stata gravosa e condannata, ma nessun Dominatore osò farsi indietro o ribadire una singola regola.
Ecco perché Damian aveva timore di mio fratello.
Una mano mi afferrò il polso e mi girai con un balzo, con il pugno già alzato per difesa. Grace si tirò indietro e si portò una mano sul cuore, come se da un momento all'altro le sarebbe balzato fuori dal petto. I suoi grandi occhi marroni erano gonfi di lacrime, il viso sporco di terra e un leggero taglio sul labbro inferiore.
«Stai bene?» le domandai con voce alta per farmi sentire.
Lei mosse le labbra e non parlò. O forse lo fece, ma a causa delle forti esplosioni e fragori la sua debole voce non mi arrivò.
Il sergente Ezra Turner venne da noi, raggruppò in due minuti i pochi cadetti senza un Demone e ci contò. Grace si avvicinò a Maximilian, un ragazzo corpulento e grasso di diciannove anni, insieme ad altri due ragazzi. Contai a mente i miei amici. Eravamo sette sorveglianti ed eravamo tutti lì. Nessuno di noi aveva un Demone e non aveva la forza per combatterne uno in quel momento. Le nostre facce sconvolte e spaventate tradivano il nostro ruolo. Wyatt si guardò in giro e sospirò sollevato quando ritrovò il suo ultimo ragazzo.
Sbattei gli occhi e mi voltai, contando a mia volta i miei ragazzi. C'erano Jack, Gabriel e Jane. Per un singolo secondo pensai che fosse tutto bene, che ce la saremmo cavata e che in un'ora la situazione con i Mordecai si sarebbe risolta, dopotutto emergenze come quella potevano essere all'ordine del giorno e ci avevano preparati.
Poi mi ricordai di Drogo.
Mi guardai in giro, ma non vidi nessuna testa bionda e non udii la sua voce. Lui non c'era.
Cominciai a sudare forte e un forte prurito alle dita mi infastidì. Un caldo infernale si propagò su tutto il mio corpo e mi mozzò il respiro a metà, tremolando di paura. Lui non c'era. Riuscivo a pensare solo a quello.
Era nella mischia?
No, non poteva essere così idiota.
Non aveva un'arma.
In effetti era idiota.
Sarebbe morto.
«Tutti qui riuniti!» urlò Ezra. «Pronti per un'evacuazione di emergenza!»
Non ricordai se con evacuazione si intendesse fuori dai cancelli del Nido o sotto, nei sotterranei. Il mio cervello non riusciva nemmeno ad evocare l'immagine di Drogo vicino al perimetro del muro, erano passate ore da quando lo avevo visto per l'ultima volta. Ignoravo dove fosse finito.
Gli avevo detto di andare con Gus per una punizione speciale, ma - e se ricordavo bene, speravo di no - mi aveva detto che si sarebbe dovuto allenare. Mi girò la testa. La palestra era in fiamme. Se fosse stato minimamente responsabile non avrei avuto nessun timore, avrei pensato "È con Gus" oppure "È al sicuro in un altro Settore", ma stavo parlando di Drogo, l'incarnazione dell'orgoglio e dell'infantilità.
«Penny!» mi chiamò Grace. «Dobbiamo metterci in fila! Sei tu che la apri, avanti!»
Ezra mi fece segno di darmi una mossa. «Avanti, Baskerville. Non è un'esercitazione! Vuoi morire oggi?»
«Mi scusi» borbottai impaurita. «Ma un mio amico manca all'appello. Vado a cercarlo, vada pure avanti.»
E senza dire altro mi voltai e corsi verso il campetto. Sentii il sergente chiamarmi con più impeto, ma sapevo che non si sarebbe mai azzardata a seguirmi per pura e semplice matematica: quindici persone erano più importanti di una. Anche io avrei ragionato così.
Wyatt fece un passo per seguirmi, però il sergente lo afferrò e lo rimise al suo posto con uno strattone ancor prima che potesse abbandonare la fila. Neely Wilson provò ad acchiapparmi in tempo, tuttavia svicolai sotto le sue braccia e la feci inciampare a vuoto, dopodiché si mise in piedi e impedì ad altri mosse avventate.
Il terreno parve tremare sotto i miei piedi.
Lo ignorai.
Una forte energia attirava compulsivamente tutta l'aria, comprimendola verso il fulcro dell'azione, tirando di conseguenza anche me.
La ignorai.
La cappa che si formò sopra il Nido era scura, densa come l'acqua di un ruscello sporco di fango. L'aria era pesante, puzzava e bruciava in gola. Più ci si avvicinava e più era arroventata. L'energia pura dei Demoni era velenosa senza amuleti protettivi.
Ignorai ogni cosa, ogni strazio che provai e mi guardai in giro. C'era caos ovunque, le sirene erano attivate, le macchine in funzione, le armi e i Demoni schierati contro un solo avversario divenuto incontrollabile, in precedenza un nostro fratello.
Una veloce macchia bionda mi sfrecciò vicino, la intravidi per pura abitudine a rintracciare quel ragazzo in mezzo ad una calca bruna e mi girai in un riflesso incondizionato. Lo stesso Drogo che avevo lasciato vicino al cancello era là, con i vestiti intatti e nessun nuovo graffio sul viso e una spada in mano.
Non mi vide per nulla, colpa dell'onda di soldati che stava seguendo per puro istinto, e si diresse apertamente verso il Demone. Un vento gelido mi sferzò la schiena, impedendomi di muovermi e a rallentatore lo vidi dirigersi verso l'apogeo della strage. Poi, lentamente, cominciai a correre anche io.
Tagliai a lato e gli balzai addosso, facendolo rotolare per terra. Sbattei l'anca contro qualcosa, probabilmente su un soldato di passaggio, ma non persi affatto un secondo. La botta non mi faceva male, era più come un singolo punto di estremo fastidio. Qualcosa nella mia gola spingeva forte, come se volesse uscire.
Spinsi Drogo a terra e lui, inebetito, sbatté gli occhi. Gli afferrai il bavero della canotta, lo scossi e lo spinsi giù, affinché capisse che doveva rimanerci.
«Perché non sei andato verso il cancello per l'evacuazione? Perché fai sempre si testa tua?» lo aggredii fuori di me. «Dove hai trovato quella spada? Non è posseduta, credi di riuscire a battere un Demone con forza bruta e semplice acciaio?»
Si tolse con furia le mie mani di dosso e con una manata si pulì il viso. «Se non ti fossi intromessa...»
«Saresti morto!» lo rimproverai. «Dobbiamo andare via di qui, ora!»
«Siamo dei soldati!» si animò caparbio. «Ci siamo allenati per questo, e tu vuoi scappare! Preferisco morire affrontando questa situazione piuttosto! Io non sono come te, non sono un codardo, non abbandono i miei compagni per pensare alla mia pellaccia! Se ti annoia così tanto vivere, muori e vai dall'altra parte per farti un'avventura.»
Non avevo mai conosciuto un ragazzo più stupido di lui, perché era di stupidità che si parlava. Molti soldati in quell'attimo stavano facendo di tutto per bloccare l'avanzata del Demone, proteggersi l'un l'altro e mantenersi in vita. Da una parte l'eroismo di Drogo era ciò che meglio lo caratterizzava, uno degli emblemi più rari e sinceri di un soldato, ma lui non lo era. Era solo un ragazzo. Come me.
Doveva capirlo da solo che non potevamo fare nulla.
Non capì che nei secondi che sprecavamo a parlare, dieci uomini o più stavano mettendo a rischio la loro vita per pensare a noi.
«Andiamo!» urlai. Lui strinse le labbra. «Qualcuno ci penserà. Tu non puoi fare niente!»
«Qualcuno, qualcuno!» recitò collerico. «Sei come tutti gli altri, scarichi le responsabilità. Fino a quando quelli come te si limiteranno a fare così, nessuno interverrà. Devo essere io quel qualcuno, stupida raccomandata di merda!»
Afferrò la sua spada e io alzai la guardia, pronta ad atterrarlo ancora e a trascinarlo via di peso. Drogo si sollevò con un ginocchio a terra, attendendo il momento giusto per scattare. L'unico modo che aveva per battermi era usare la forza, io ero troppo esperta e veloce per lui. In ogni caso, se avesse continuato a disubbidirmi o peggio, se mi avesse colpita, sarebbe stato arrestato ufficialmente. Io ero già abbastanza nei guai.
Ciò che stavamo facendo era perdere tempo ed intralciare i soccorsi.
«Sta puntando!»
Drogo si voltò per prima e sbiancò. Il Demone, attorniato da una dozzina di soldati con le armi sollevate, lo guardava attentamente senza staccargli gli occhi di dosso. Aveva immediatamente sentito che in lui non c'era nessuna traccia demoniaca e che non avesse mai evocato nemmeno un amuleto protettivo, perciò, se il Demone libero aveva bisogno di sangue immediato, Drogo era la scelta più basilare. Non avrebbe potuto difendersi.
«Ehi, che cazzo...» sibilò il ragazzo, cominciando a tremare.
Il Demone urlò forte e alzò le mani verso l'alto, facendo sollevare una ventata improvvisa. I soldati rotearono per la forza dell'aria all'indietro, vorticando come trottole. La creatura si liberò un passaggio diretto e cominciò a correre verso di noi. Afferrai il polso a Drogo, non muovendomi e non avendo la forza di parlare. Una montagna di oltre cento chili stava correndo verso di noi, un mostro diabolico che andava perdendo sempre più le proprie fattezze umane.
Una spada si conficcò nello sterno della creatura, vicino al costato destro e questa urlò forte, mostrando tutte le sue fauci sviluppate. Andy piantò i piedi a terra e con un enorme forza la scagliò via, utilizzando la stessa rincorsa del Demone.
Quest'ultimo finì a terra e strusciò malamente la faccia a terra, sanguinando e rompendosi qualche osso del viso.
«Fatti da parte, principessa, il cavaliere è qui» esclamò senza scherzare e non capii affatto se stesse parlando a me o se invece era riferito a Drogo. «Che ci fate ancora qui?»
Indicai velocemente Drogo e lui aprì la bocca, sconcertato.
In un singolo attimo di distrazione il Demone si rialzò e caricò mio fratello, intuendo il maggiore pericolo. Andy utilizzò Alderyu per difendersi da un colpo ravvicinato e saltò indietro per mettere maggiore distanza tra lui e l'essere, per sicurezza. Con un unico colpo al petto, il Demone lo fece saltare come un sasso in un lago, schizzandolo via da noi.
«Andy!» strillai, facendo per impugnare la stessa inutile spada di Drogo.
Quest'ultimo mi bloccò e mi tirò con sé a terra, allungando le gambe sul terriccio per allontanarsi.
La bestia ci sorrise ed ebbi l'impressione che pronunciasse una parola, o almeno così mi parve un istante prima che Rylee Lewis, un sottoposto della squadra di mio fratello, lo intralciasse e lanciasse il primo gancio destro. Le sue mani erano ricoperte da una guaina di cuoio molto dura e sottile, rossa, che le davano una forza straordinaria e pari difesa.
Il Demone provò a cacciarla via e si acquattò a terra, arrivando ad un millimetro dal volto di Drogo. Lui gli diede un calcio con quegli anfibi duri come l'acciaio e si spostò indietro con un'espressione di puro spavento in faccia, bianco come un cadavere.
«Penny, via di lì!» urlò Lottie in preda al panico.
Io rimasi invece per terra, incapace di muovermi, a fissare con la bocca aperta quella creatura strana. Le sue zampe cominciarono ad allungarsi nuovamente e le sue scarpe esposero, facendo intravedere lunghe e prominenti artigli. Da come ero vicina, sentii perfettamente delle ossa nel suo corpo spostarsi e incastrarsi in posizioni migliori.
Lottie saltò davanti a me, tendendo le mani. Se avesse impugnato la sua arma non avrebbe potuto toccarmi. Era disarmata.
L'essere le afferrò la nuca e la spinse con forza a terra, colpendola violentemente al centro della fronte. Prese una manciata di polvere e la tirò a Rylee, la quale urlò con orrore e si strofinò gli occhi con impazienza, diventata cieca.
«Tu mi andrai bene comunque» ringhiò il Demone, facendomi un sorrisetto e afferrandomi una caviglia saldamente.
Louis comparve alle mie spalle e sparò un colpo preciso, colpendo il mostro in mezzo agli occhi. Benché non gli avesse arrecato troppi danni, mi lasciò cadere a terra e il tenente colonnello ebbe la velocità di tirarmi lontano da lui. Drogo afferrò al sua spada, alzandola e mettendola davanti a noi come un misero paletto.
Senza che me ne accorgessi, Andy serrò le braccia intorno alla vita del mostro e lo rivoltò, facendogli fare un perfetto giro sopra la sua testa. Strillai ancora, temendo che con quella mossa si fosse esposto troppo, ma mio fratello si rialzò subito e si mise in guardia con Alderyu in mano, la bellissima spada che riluceva seppure con poca luce.
Il Demone scosse la testa e studiò l'arma di mio fratello, abbassando poi le spalle e allargando le narici. Avrebbe potuto attaccarlo, eppure si voltò e saltò via, cercando di aprirsi una via di fuga verso il cancello del Nido.
Aveva capito che non poteva affrontare troppi Dominatori insieme. La fuga era divenuta una priorità.
Andy si fermò per respirare, mi diede un'occhiata colma di collera e le sue guance si tinsero di rosso anche sotto lo strato di polvere. Deglutii aspramente e tradussi il suo sguardo. "Appena posso ti strangolo con le mie mani". A quanto pareva il Demone non era più il mio problema principale.
Tornai seduta e Drogo ricominciò a respirare affannosamente, Rylee ci venne vicino con gli occhi gonfi e arrossati per via di quell'attacco scorretto e Louis si posizionò vicino a me, appoggiandomi una mano sulla spalla.
«Cosa ti avevo detto? Dovevi andartene via, saresti potuta morire!» mi menzionò Louis serio.
«Per non parlare del Demone. Sta scappando» si immischiò Rylee.
Andy le fece cenno di precederlo e lei corse via, senza farselo ripetere due volte. La testa di Lottie sanguinava, ma non sembrava una ferita profonda. Rimase a terra accanto a Drew Coin, l'ultimo sottoposto della squadra, intento ad esaminarle la ferita sul viso aperto.
«Dammi una spiegazione, Penny, o al posto di Korey ci finirai tu» mi sfidò Andy e io trasalii turbata, già immaginando la mia punizione.
Drogo si morse un labbro. «È stata colpa mia, tenente colonnello» rivelò. «Ero nelle vicinanze della palestra quando il sergente è stato posseduto, credevo che avrei potuto colpirlo prima di farlo avanzare, ma non ci sono riuscito. Penny è venuta a cercarmi.»
Mio fratello sollevò un sopracciglio con altezzosità. «Questo causerà problemi ad entrambi, non credete di aver fatto il gesto giusto. Azioni come questa si pagano con la vita. La prossima volta sarà così, vi lasceremo alla vostra inventiva.»
Mi morsi un labbro, non ribadendo la mia innocenza. Io non volevo intervenire. I Dominatori sapevano come gestire una situazione del genere.
«Quello andava oltre le vostre opportunità» mormorò Louis, addolcendo il tono. Fantastico, il gioco del poliziotto buono e cattivo. «Korey è stato posseduto da un Demone nero, solo i Dominatori con lo stesso rango possono avere una chance contro di lui.»
«Non è lo stesso tipo della sua spada?» domandò Drogo, indicando Andy.
Lui annuì.
Era affaticato, per quanto abilmente lo nascondesse. Non importava quante centinaia di flessioni potesse fare o quante miglia riusciva a correre senza fermarsi, lo conoscevo ed ero stata al suo fianco da quando avevo sei anni. Era un avversario ostico anche per lui: i Demoni che possedevano gli umani riuscivano a sprigionare per un periodo limitato una forza superiore per colpa della possessione.
Nemmeno un Dominatore nero avrebbe gestito Korey senza lesioni.
«Vi darò una mano» replicò Drogo. «Non mi interessano i rischi. Vi aiuterò. Come per il Patto» fece leva.
«Il tuo ragionamento fa buchi da tutte le parti» infierì Andy, scuotendo la testa.
«Non ho mai detto che era perfetto.»
«Se non hai un'arma degna sei solo un intralcio. Un soldato sa riconoscere anche questo. Mettere via l'orgoglio non ti farà male una volta tanto, Costantine.»
«Hai un piano migliore?»
«Seppure lo accerchiassimo e tu fossi con noi, mirerebbe a te. I Demoni neri sono tutt'altra cosa rispetto a quelli normali, se decidono di fare una cosa nemmeno il Dominatore riesce a trattenerli. Ti ha rimirato perché ha sentito che non sei mai stato toccato da un Demone, quindi sei l'anello debole della catena. Se spezza te, spezza tutti noi» fece Louis, cercando di farlo ragionare.
«Ammetto che ci sono degli intoppi. Posso fare qualcosa per aiutarvi?»
«Muori e attira l'attenzione» sancì freddo Andy, ricevendo una lunga occhiata storta da me e dall'altro tenente colonnello. «Così io gli posso mozzare la testa.»
Uno stridio improvviso si propagò nell'aria, eppure i rumori della battaglia in corso non diminuirono affatto e fu dura sentire la comunicazione d'emergenza. Due fischi continui era il segnale d'allarme.
Andy impugnò saldamente la sua spada.
Era l'autorizzazione ufficiale per il contrattacco. Le porte del Distretto si aprirono e i Mordecai, escluso il generale capo d'armata, entrarono negli squadroni. Damian e Khol erano in prima fila, insieme alle loro due spade gemelle. Si sollevò un grido di esultanza generale, la situazione poteva di gran lunga peggiorare, ma con l'avvento dei Mordecai il loro era più un intervento morale.
Louis si alzò. «Andiamo. Voi due, correte velocemente verso il Distretto e fate il giro inverso. Non vi voglio più vedere qui in giro.»
Fermai Andy per un braccio. Provò a liberarsi, pensando che volessi fargli perdere tempo, eppure quando capì che fossi seria, che temevo davvero per la sua vita, si fermò e mi dedicò un secondo del suo tempo.
«Vai, ti prego» fece, e fu quasi l'ennesima ramanzina. «Non posso perdere anche te. Non in questo periodo.»
Non avrei mai potuto vivere senza di lui, lo sapevamo entrambi.
Louis tirò Andy e lo sganciò dalla mia presa. «Andrà tutto bene, non siamo dei cadetti. Mettetevi al sicuro. Penny, soffrire fa parte della vita, anche correre questi pericoli. Dimostra che ami tuo fratello più di te stessa, che sei un essere umano» mi fece ragionare.
«Allora non voglio più essere umana!» ribattei angosciata.
Andy mi guardò a lungo, diede una manata sulla spalla a Louis e questo si spostò per lasciarlo passare. Pensai che si sarebbe messo a gridare o a inveire, ma al contrario afferrò la spada di Drogo e me la mise in mano.
«Ti insegno una cosa» fece serio. Alzò un braccio, facendo finta di attaccarmi, e io alzai di riflesso il sinistro, bloccandolo. «Non sei minuta, ma contro uno di quelli non avresti nessuna possibilità. Usa la loro forza a tuo vantaggio. Aspetta che si avvicini, para e conficcagli la lama nel torace. A fondo, fino all'elsa, hai capito?» Fece un altro passo e mi scosse. «Non lo estrarre.»
«Perché mi dici questo?» domandai impaurita, tremando. Louis aprì la bocca e non fiatò. «No! Non ti ucciderò! Non posso farlo!»
Korey era stato posseduto da un Demone nero, perciò se avesse trovato sangue o avesse sprigionato più energia, nemmeno le abilità umane di mio fratello avrebbero potuto compensare. Avrebbe sicuramente cercato lo scontro diretto e breve, permettendo ad Alderyu di possederlo di sua volontà.
«Lo sconfiggerai! Tu con i Mordecai...» tentai di farlo ragionare.
«Se andrà come penso ti troverai costretta ad uccidermi. Non lasciami vivo, solo questo. Voglio che mi uccida tu. Non esitare quando hai un Demone davanti! Korey non è più il tuo superiore, non è più un ragazzo di vent'anni e, di sicuro, non è più umano. È un Demone. Lui non sa chi sei, vive di puro desiderio e adesso vuole solo sopravvivere. Se dovessi diventare come lui, non esitare. Ficcami la spada nel cuore e non toglierla finché non vedi la mia anima bruciare all'inferno.»
Mi lasciò la mano e la spada rimase con me. Era pesante, sentivo l'acciaio spingere vero l'estremità della lama ed era pensante. Non c'era niente in quell'arma, nessuna vibrazione, nessuna energia, nessuna pulsazione vitale.
«Non lo farò» ribadii decisa.
«Allora muori» mi zittì.
Garrett, Lanford e Maverick ci superarono impugnando le loro armi e facendo strada ad una squadra armata di soldati, su per giù una trentina. Producevano un gran baccano, eppure per qualche motivo le mie orecchie erano ovattate.
Damian mi diede un'occhiata ricolma di incredulità, che poi mutò in semplice e naturale furia. Non servì dicesse nulla a far comprendere a tutti l'errore comune. Buffo preoccuparsi per me quando alla riunione di una settimana prima aveva palesato il suo completo consenso a rinunciare a delle vite per un "bene maggiore". La sua squadra personale lo coprì e avanzò senza indugio mentre il generale di divisione rallentò per assicurarsi che tutti i soldati stessero mantenendo gli ordini dati.
Andy si girò e Louis appoggiò il proprio fucile sulla spalla, allentando la presa.
«Andy, che faccio sei vieni posseduto?» urlai.
Lui mi squadrò, poi si rivolse a Lottie. «Non ti faccio continuare, potresti avere dei problemi e non voglio rischiare che tu perda il controllo. Drew, copri Rylee. Fae è già là ad aiutare Sora e Alma. Lottie, assicurati che loro vadano al punto d'evacuazione e restaci anche tu. Se senti il segnale, sai cosa fare» ordinò veloce.
Lottie si alzò in piedi, traballò e Drogo, un po' impettito, la aiutò a restare in piedi. Il sangue tornò a scenderle lungo il volto, dalla ferita che aveva sulla fronte, sporca di terra e alcuni ciuffi d'erba.
«Andy!» lo richiamai più forte, prima che andasse via. «Che faccio se vieni posseduto?»
Agitò la mano e richiamò Alderyu. «Salvami» disse, e si gettò nella mischia insieme a Damian.
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