IV

(Drogo Costantine)

C'era una sola cosa che amassi più di cacciarmi nei guai: il mio lavoro da sorvegliante.

Non avrei avuto meriti con quel compito, lo stipendio non era alto e molte cose mi erano vietate, dato che ufficialmente non ero un cadetto dell'Esercito, ma solo un suo funzionario, eppure avevo ottenuto quel ruolo a tredici anni e, giorno dopo giorno, lo avevo svolto con grande amore e dedizione. Mi piaceva particolarmente crogiolarmi nella disperazione degli altri soldati; era un miscuglio di rabbia, orgoglio e prepotenza che ritenevo assolutamente irresistibile.

Nonostante questo, mediamente all'anno mi venivano affidati dai dieci ai quattordici casi di ragazzi ritenuti senza speranza. Il mio compito era quello di assicurarmi che seguissero regolarmente le lezioni, facessero gioco di squadra per rientrare nei corsi e, più di ogni altra cosa, non creassero disturbo.

Non tutti riuscivano a salvarsi, ma mi vantavo spesso che su dieci casi riuscivo a salvarne sempre otto o nove. Nessuno sapeva come e non lo sapevo nemmeno io. Andy mi definiva una "figlia di puttana fortunata". Ridevo sempre, perché era la stessa cosa che dicevano di lui.

Avevo riportato a galla Fred Pullon, il genio che aveva disattivato gli allarmi nel Settore F e a causa sua un innumerevole numero di Demoni bianchi aveva dato di matto. Oppure Jethro Gaiman, colui che aveva tirato un gavettone di piscio e vernice addosso a Erik, cosa che mi fece molto piacere e se fosse stato per me lo avrei premiato.

C'erano stati anche Mansel Crown, un ragazzo alle prime armi che non voleva far altro che attaccar briga e aggirarsi senza pantaloni, o Pace Ryan, colui che aveva sradicato un albero solo per infilarsi nella camera di una sua compagna di corso. Li avevo risollevati tutti, dal primo all'ultimo. Non era stato facile, mi era servita tutta la mia calma e pazienza per sopportare quei ragazzi, ma quel discorso non era equiparabile a Drogo.

Lui era un caso disperato. Il mio.

Sfrecciai verso il campetto, ignorando il fatto che avrebbe potuto trattarsi del giardino dietro la palestra o quello vicino alle residenze. Non volevo vedere più la faccia corrucciata di mio fratello, il quale, da un periodo a quella parte, non faceva altro che dire "no" a tutti i miei progetti. E tante grazie che facevo di testa mia, poi.

Mi fermai di botto, adocchiando delle figure indistinte vicino al portone d'uscita del Nido, accanto al grosso complesso grigio e bianco che ospitava le aule. Il cancello d'ingresso era serrato, a bloccarlo c'era un enorme serratura metallica che, ad ogni colpo d'occhio, sembrava capitata là per caso.

Wyatt deambulò vicino a me, lo aspettai un poco per assicurarmi che fosse ancora un essere respirante, poi ripartii più veloce di prima, sperando di arrivare in tempo per fermare una rissa. Se uno dei sorvegliati si faceva male o lo faceva a sua volta, metà colpa era del sorvegliante stesso, per la sua inettitudine. E io di guai ne avevo fin troppi.

A mano a mano che proseguii, immettendomi nel mezzo al campo d'allenamento e saltando dei cadetti che si stavano allenando con il mio vecchio istruttore – il quale agitò i pugni in aria e, non riuscendo a trattenersi dal ridere, mi urlò di togliermi dai piedi – arrivai a distinguere le figure in ombra. Erano in una posizione scomoda e nascosta, l'edificio gettava lunghe ombre inquietanti in quella porzione di spazio, in aggiunta il cielo color cenere non aumentava granché la vista la nitidezza, né l'asfalto sporco e umido.

Le alte chiome sempreverdi si agitarono per colpa di una raffica di vento improvvisa, fredda e tagliente come un rasoio, alcune gocce di pioggia cominciarono a cadere e mi picchiarono sul naso, facendomi rabbrividire.

Mi guardai gli anfibi. Li avevo sporcati.

Drogo amava ripararsi in quella sottile striscia di terra tra gli alberi e il recinto del muro, fin da piccolo si nascondeva in uno dei buchi del terreno o degli arbusti per restare da solo e in silenzio. In quella zona la cacofonia degli alberi e dei motori delle Jeep rendevano quasi impossibile sentire altri suoni, come lo schiamazzare dei Demoni o di qualche lite. Altrettanto difficile era farsi notare da qualcuno, a parte i soldati di guardia alle porte o chi vi si aggirava per puro caso. Persino chi usciva dal complesso accanto quella era una strada secondaria e la si evitava. Non che fosse brutta o altro, solo non era funzionale e si allungava il percorso per nulla.

Da là si usciva e basta. Nessuno aveva il permesso di farlo senza regolare autorizzazione.

Dopo la spiacevole litigata con mio fratello, mentre un tarlo di rabbia cieca mi stuzzicò la parte alta della fronte, mi scocciai nel vedere almeno una dozzina o poco meno di soldati fermi a rimirare con interesse quella scena inutile.

«Aspetta... Penny... Datti una calmata» sbraitò Wyatt e mi raggiunse con il fiatone, non riuscendo ad aggiungere altro.

«Dovevi avvertirmi prima» sputai con voce velenosa. «Non dovreste essere a lezione, voi?» tuonai verso i soldati fermi.

Uno di loro, divertito, alzò le spalle, ma furono almeno la metà quelli che neppure mi diedero un'occhiata, benché al Nido mi riconoscessero subito tutti per via dei miei buffi capelli color carota, il mio cognome e la spilla di primo sorvegliante.

«Aspettavamo un sorvegliante. Qui non funziona mai nulla» sibilò uno in mezzo alla folla con tono per nulla sofferente, bensì rallegrato di aver qualcosa di interessante da spifferare in giro durante la cena.

«Uno dei sorveglianti è qui» mi annunciai «e sta sprecando il suo tempo prezioso. Se non volete finire a sprecarlo con me, vi consiglio di tornare alle vostre mansioni, o informerò il tenente Sora. Se avete tempo di discutere, significa che non avete lavoro, o sbaglio?»

Non avevo idea se quei soldati fossero dei Dominatori o no, Sora si occupava dei gruppi speciali, mentre Alma e Louis dei cadetti normali che ancora non avevano superato le selezioni o gli esami. Loro erano più numerosi. Andai sul sicuro con Sora, era più conosciuto, infatti i ragazzi agglomerati come spugne scemarono in fretta, lamentandosi del mio inutile ruolo.

«Aspetta qui, Wyatt» mi raccomandai.

Lui agitò la mano, troppo stanco per ribattere oltre, posò le mani sulle sue ginocchia e riprese fiato con calma.

Drogo era a qualche metro da me, tuttavia la prima cosa che mi saltò all'occhio era che stava nuovamente gridando. Non trattenni un versetto di disperazione.

Problemi di gestione della rabbia. Li aveva fin da quando era entrato al Nido, pochi mesi dopo di me. Avevo provato di tutto: farlo meditare, esercitare in varie discipline per stremarlo, iscriverlo a vari corsi di gruppo, stare con lui, ma nessuna di queste aveva attecchito nel suo animo. Anzi, come risultato era peggiorato.

Drogo conosceva semplicemente un unico modo per farsi sentire: alzare la voce e gridare più forte del suo interlocutore. Non era colpa sua. Lo conoscevo da quando era entrato nel mio mondo e si stabilì con Bill e Morgana Costantine, i suoi genitori adottivi. Erano molti i soldati che trovavano bambini abbandonati in giro e che, in qualche caso speciale, erano autorizzati a tenere e ad accudire. Io e Drogo eravamo due di quei casi e avevamo la stessa età, più o meno. Non sapevo la data esatta del mio compleanno perché non la ricordavo, eppure eravamo quasi alti uguali e la tabella di previsione della crescita aveva stabilito che più o meno avessimo entrambi sedici anni.

Da piccola ero una bambina strana, lo ammetto. Stavo sempre con Andy, non parlavo quasi mai e piangevo spesso, per colpa di queste cose non risultavo molto simpatica e non avevo amici – anche perché bambini della mia età non c'erano. Mio fratello mi aveva detto che la sera prima dell'arrivo di Drogo, mio padre mi aveva fatto fare una preghiera affinché Dio mi desse uno dei suoi angeli più dolci e puri da tenere come amico.

Dio aveva certamente avuto problemi con la posta per mandarmi Drogo.

Il ragazzo in questione aveva le mani addosso a Martin, uno dei miei ex sorvegliati. Avrei voluto che altri fossero un po' come Martin, lui non era problematico, non fino in fondo, e l'idea di dargli un compito per tenerlo distratto dai suoi problemi aveva funzionato perfettamente. Ora vestiva l'uniforme dei Dominatori, anche se non aveva ancora un'arma sua attaccata alla cintola.

«Drogo!» lo chiamai vivacemente per gustarmi la sua reazione.

Martin si girò verso di me, guardandomi supplichevole, mentre un altro ragazzo del suo corso cercava di inserirsi tra i due e strappare la mano di Drogo dalla divisa dell'altro. Lo dovetti chiamare un'altra volta, alzando il tono, affinché si decidesse a guardarmi.

«Indovina chi ha sentito i tuoi strilli fin dal Distretto?» recitai.

Drogo mi lanciò un'occhiataccia. Notai subito i suoi occhi marroni stringersi nella stizza nel vedermi lì e si morse forte un labbro, già più volte ferito. Non lo avevo mai visto senza un taglio aperto, un'infezione o un livido. Erano i suoi marchi di fabbrica, come lo erano per me, per Andy e per tutti i soldati.

«Stanne fuori, raccomandata di merda, o questa volta ti metto in mezzo, e non serviranno il tuo cognome e le tue valutazioni a farmi fermare» mi avvertì con un sorrisetto nevrotico.

Per un lungo tempo io e lui eravamo stati amici, poi qualcosa in lui era cambiato e si era allontanato da me. Lo consideravo comunque il mio migliore amico – dato che a lui dava fastidio persino che lo ritenessi un conoscente qualsiasi – e mi divertiva il fatto che con me, un suo diretto superiore, conservasse sempre un atteggiamento prepotente e saccente. Amavo restargli appiccicata perché mi assomigliava parecchio caratterialmente, in più adoravo i suoi scatti d'ira improvvisi e le sue urla angosciate rivolte a me.

Era un ragazzo alto e non dimostrava affatto sedici anni, le sue spalle erano molto larghe, le sue braccia forti, le gambe lunghe e il viso ben definito. Aveva il tipico accento inglese, ma l'aspetto lo tradiva. Aveva dei capelli biondo cenere, corti e sbarazzini quanto un cespuglio pieno di spine, gli occhi di un marrone intenso come la terra bagnata, la fronte perennemente aggrottata e il viso rovinato dalle continue risse nei bagni. Se avesse avuto un carattere migliore avrebbe sicuramente trovato molti amici, persino una ragazza più grande di lui, ma Drogo era come Andy: bello fuori, insopportabile dentro.

«Hai fatto di nuovo a botte, vero?» sospirai annoiata. Lui alzò le spalle e non si azzardò a indietreggiare da Martin. La sua carnagione rosea era rovinata da quel taglio netto sul labbro e lo zigomo sinistro bluastro. «Cosa ti ho sempre detto, mio acido pasticcino?»

Lui trasalì. «Non chiamarmi in quel modo» ringhiò furente, cercando di non far vedere agli altri presenti che mi conoscesse più del dovuto.

«Quale modo?» giocherellai.

«Quello. Lo sai.»

«Morgana ti chiamava sempre così» lo presi in giro. «Perché sembri un pasticcino alla vaniglia e cioccolato, ma dentro hai un cuore d'acido che puzza di uova marce. Lo sei sempre stato fin da quando eri grande così!» Misi la mano all'altezza del mio bacino.

Drogo allargò gli occhi, lasciò andare Martin con una spinta e si indirizzò verso di me. Avrebbe potuto far allarmare chiunque, era alto più di un metro e ottanta e mi superava di almeno dieci centimetri netti, tuttavia ogni giorno avevo a che fare con mio fratello Andy, venti volte più pauroso e terribile di lui. Drogo si considerava uno dei Dominatori più forti e potenti del Nido, ma non era né forte né potente, tanto meno un Dominatore.

I Demoni si mangiavano delle emozioni umane, più forti erano e più loro si nutrivano e crescevano nell'anima di un umano. Le lezioni per poter assuefare un Demone a sé erano basate su una natura mentale. L'autocontrollo era alla base e Drogo non lo aveva.

«Vuoi picchiare una tenera ragazza come me?» provai e lui non ci cascò, continuando a muoversi. «Capisco! Vuoi che gli arresti vengano prolungati!»

I suoi piedi si fermarono subito e le sue braccia si allungarono lungo i fianchi.

«Un'altra rissa e sei fuori per sempre, è questo che vuoi? Fare queste scenate non ti porterà da nessuna parte, ti servirà solo ad essere escluso e restare per sempre un normale cadetto. Vuoi questo?» mi impuntai decisa. Lui grugnì. «Allora?»

«No!» mi tuonò in faccia.

«Te l'ho detto mille volte: se vuoi picchiare qualcuno, usa la tua faccia, non quella degli altri. O almeno aspetta di essere un vero Dominatore e fare qualcosa di utile. Hai passato tutti e sei i sorveglianti e tutti ti hanno bocciato all'esame. Io ho già dato la mia valutazione per ben due volte e non sei affatto cambiato. Modera l'atteggiamento se non vuoi restare indietro.»

Lui serrò le labbra. «E tu vuoi restare una sorvegliante per sempre, capelli di merda?»

Affilai lo sguardo, poi alzai le spalle e lo ignorai. «Sarei sempre più utile di te.»

Lo lasciai a mangiarsi i denti, lo superai e andai da Martin. Aveva avuto il mio consenso e il superamento dell'esame di ammissione ai corsi dei Dominatori prima dell'estate. Lo avevo lasciato con i capelli rasati, il corpo curvo e un'espressione sempre nervosa. Quando mi avvicinai mi sorrise e mi salutò formalmente. Gli erano cresciuti i capelli in quei cinque mesi, il suo corpo si era irrobustito e non aveva più quel carattere da scansafatiche, bensì quello di un nuovo cadetto dell'Esercito pronto ad entrare nei ranghi.

La divisa gli calzava a pennello.

«Hai visto che bell'accoglienza da uomo vero, Drogo?» lo ricattai e il ragazzo continuò a darmi le spalle. «Stai tranquillo» mormorai per fargli capire che non ero lì per lui in veste ufficiale. «Ho saputo che le lezioni ti stanno andando bene, sono felice» mi complimentai e lui espirò soddisfatto, arrossendo appena.

«Sì, tutto grazie a te» confermò felice. «Sono tutti molto disponibili e il tenente colonnello Louis dice che ho buone probabilità che entro l'anno nuovo mi faranno stringere un patto con un Demone. Un'ascia, ho pensato.»

«Come tuo papà?»

Annuì e attese una mia risposta. Ne approfittai per infastidire maggiormente Drogo e mi tirai verso Martin, prendendolo sotto braccio. Drogo alzò lo sguardo e lo posò finemente sul braccio del ragazzo stretto sul mio petto, sopra il seno. Martin era duro e immobile come un tronco, in imbarazzo.

«Ti sei fatto davvero figo!» esclamai giocosa. «Lo batteresti di sicuro!»

Drogo scattò: «Si può sapere perché sei venuta qui e ti sei impicciata? Il coglione ha superato l'ultimo esame, io invece sono ancora bloccato qui a causa delle tue valutazioni negative. Perché lui è passato e io no? Ti ha dato dei contentini dopo le lezioni?»

Martin gonfiò il petto e le sue orecchie si tinsero di rosso. Avanzò per difendermi, ma lo tirai per un braccio e lo feci indietreggiare. Se si fosse messo nei guai tutti i suoi sforzi sarebbero risultati vani e avrebbe dovuto riniziare il percorso da capo, con me.

«Ti sei mai chiesto perché sei bloccato con me?» sfidai il ragazzo. «Perché sei un coglione testa di cazzo senza il minimo gioco di squadra, ecco il tuo perché. All'Esercito non serve un bambino viziato che non fa altro che gridare e piangere. Se vuoi provarmi di essere maturato, fatti un amico e presentamelo.»

Drogo indicò Martin e lui fece una smorfia contraria. «Lui è un mio amico.»

«E qual è il suo cognome?» mi interessai. «Bridge o Formann?»

«Formann.»

«Risposta sbagliata.»

«Bridge.»

«Era una domanda a trabocchetto. Non era nessuno dei due.» Scossi la testa. «Drogo, mi fai schifo» declamai e lui si imbambolò, non sapendo se fossi seria o meno. «Se fossi stata in te e Martin avesse superato le selezioni e io no, gli avrei chiesto dei consigli. Tu avresti aiutato Drogo, Mar?»

Annuì un po' titubante. Stava chiaramente mentendo e io non gli diedi peso per vendetta.

«Dunque, sei nel torto tu. Non fai altro che urlare e arrabbiarti. La tua faccia diventa orribile.»

«Ti prendi troppe libertà. Dovrebbero coinvolgerti più spesso nelle risse, giusto per romperti qualche osso. Magari il collo.»

«Abbassa il tono, renditi più gentile e prova a farti qualche amico» lo spronai ancora. «Sei così sopraffatto dai tuoi desideri da non essere in grado di parlare con qualcuno o di trovarti una ragazza con cui accoppiarti. Sei proprio un esserino difficile.»

Lasciai andare Martin e il ragazzo biondo provò a fare un passo di avvertimento verso l'altro, il quale tremò per il poco preavviso.

«Smettila di sorridere, Drogo» dissi.

Fece un sorrisetto compiaciuto, dopodiché mi guardò in cagnesco. «E tu dovresti smetterla di avvantaggiare gli altri.»

«Oh, certo, come se mandassi avanti un caso come te. Non sei cooperativo e vuoi pure una coroncina? Che problema hai, principessa? Calma il tuo caratterino.»

«Io non ho un caratterino, reagisco solo agli stupidi pezzi di merda che si credono migliori.»

«Martin non si crede migliore di te» affermai. «Lui è migliore di te, punto.»

L'espressione del ragazzo biondo si curvò in uno strano sorriso pieno di frustrazione e collera. Ci venne quasi addosso quando mio fratello lo afferrò per la collottola della canotta bianca e lo sbatté a terra. Il ragazzo si lasciò trascinare per il poco preavviso, notai i suoi occhi arrotondarsi per la meraviglia un attimo prima di scontrarsi contro il terreno ghiaioso.

«Non ho ancora finito di parlare con te. Non scapparmi via» mi rimproverò Andy, facendo finta di non notare Drogo sotto i suoi piedi.

Mi mangiai le labbra a disagio e inconsciamente strinsi un lembo della divisa di Martin nella mano. Non dissi nulla per semplicità, i suoi occhi azzurri mi fissavano con aria truce.

«Cosa stai facendo?» mi interrogò. «La tua prerogativa non è quella di tenere calme le acque, anziché gettarci sassi dentro?»

Senza che dicessi nulla, Drogo si sollevò con un movimento unico, scacciandosi la polvere dai vestiti chiari dell'Esercito, canotta bianca, pantaloni militari e grossi anfibi neri, il vestiario dei cadetti normali.

«Perché non mi fate stringere un Patto subito?» tuonò Drogo pieno di indignazione, con le guance leggermente rosse.

Inizialmente si rivolse a me, tuttavia capii subito la mia noia a riguardo e si voltò verso il tenente colonnello, provando a moderare l'ira nel suo tono affinché non sembrasse troppo un ordine.

Andy mi guardò e capendolo al volo roteai gli occhi, spiegandogli: «Non ha superato nessun esame.»

«Allora è un'idea pessima» giudicò secco, interrompendomi.

Avevo sempre odiato il tono di sufficienza di mio fratello, specialmente quando lo rivolgeva a me e non mi prendeva sul serio, ma vedere le facce scombussolate e piene di risentimento delle altre persone oltre a me mi faceva ridere. Andy era quel genere di persona che aveva scritto gli insulti sulla faccia e non si affrettava a nasconderli.

«Non mi serve un'esame pratico per avere un'arma. Sono molto più forte di Martin e Jo, ne posso di sicuro dominare uno» replicò fermo.

«Se vuoi un Demone, applicati. Fatti dare un bel voto da questa qui, entra nel programma e supera tutti i test. Più alti saranno i tuoi voti e maggiori probabilità avrai di ottenere un Demone forte. Altrimenti accontentati di quelli bianchi.»

Drogo scosse la testa. I Demoni bianchi non servivano a granché, erano deboli e non avevano una volontà propria, al contrario di quelli normali. Le loro qualità non spiccavano in nessun campo. Nemmeno io ne volevo uno. Alderyu era decisamente più interessante, seppure avesse una personalità graziosa quanto un foglio di carta vetrata.

«Io lo voglio subito! Non contano i voti, ma la forza! Lui non è forte!»

Drogo si fiondò su Martin ed entrambi provarono ad immobilizzare l'altro con grande impaccio, senza ottenere risultati. Il terzo ragazzo, Jo Sullivan, agitò le braccia, non sapendo come intromettersi e mi supplicò con lo sguardo.

Sollevai i miei scarponi da terra e dissi: «Mi ha sporcato le scarpe. Per me può crepare.»

Andy, al contrario, rimase immobile. Di solito si teneva ben alla larga da me e dalle mie mansioni, lo annoiavano, e preferiva svolgere altri incarichi piuttosto che insegnare a dei cadetti i principi basi per resistere ad un Demone. Aveva lasciato il posto a Lottie Ruskin, un sottoposto della sua squadra d'azione.

«Che cazzo gli è preso?» sbottò e per un attimo confusi le sue emozioni negative. «È sempre così?»

«Tutte le volte!» esclamai felicemente.

«Tu sei la sua sorvegliante, giusto? Da quanti mesi hai in carico Drogo?»

Drogo era stato preso in cura da me moltissime volte, eppure aveva sempre richiesto di cambiare sorvegliante perché, a detta sua, ero incapace di giudicarlo oggettivamente. Ero in verità l'unica persona che lo riuscisse a sopportare per più di venti minuti consecutivi dato il suo carattere esplosivo e senza filtri. Avevo un alto tasso di sopportazione dato che avevo convissuto con Andy per moltissimi anni, subendo i suoi attacchi e le sue lamentele continue.

Drogo aveva cambiato tutti i sorveglianti, metà di loro lo aveva bocciato per via della sua inesistente capacità di interazione con un altro essere vivente, l'altra metà lo aveva cacciato via ancor prima della fine del periodo di sorveglianza.

Un giorno gli ero corsa dietro canticchiando: "Alla fine torni sempre tra le mie braccia" e poco ci era mancato affinché non sradicasse un palo e me lo conficcasse in testa.

«Due» mentii vaga.

In verità erano un po' di più, ma Andy non sapeva ogni particolare del mio lavoro e certi dettagli erano irrilevanti. Infatti non badò a lungo a questa cosa.

«I risultati quali sono?»

Saltai a lato, scostandomi dal braccio di Martin che mi aveva quasi colpita per togliersi di dosso il ragazzo. I loro piedi si muovono e si incrociano in una strana danza senza senso, come le loro braccia.

«Quelli che vedi» risposi spazientita, non aggiungendo altro.

«Fa' il tuo lavoro come si deve, tu» mi rimproverò, corrugando la fronte.

«Vuole solo avere un'arma» buttai lì per lì, ma lo feci giusto per dire qualcosa e non lasciargli l'ultima parola. A volte era difficile parlare con Andy, non sapevo mai quando il discorso finiva. «Ha provato ad entrare nei corsi fin da quando aveva tredici anni e lo hanno sempre respinto. Sai bene che c'è un limite massimo d'età, se entro allora non avrà un Demone o una mansione qui dentro – cosa assai improbabile data la sua ossessione – verrà cacciato e Bill perderà un altro membro della famiglia.»

Lui alzò le spalle. «Non è un mio problema se è impedito.»

«La forza mentale non è l'unico modo per affrontare e vincere un Demone» lo affrontai diretta.

Lui sollevò un sopracciglio nero. «Oh, cosa piuttosto patetica detto da una che ha un voto perfetto in tale disciplina.» Arrossii furibonda. «E smettila di fare da arbitro in queste risse.»

«Che male c'è se mi diverto un po'?»

Scosse piano la testa. Erano buffe le sue prediche quando lui stesso non mi dava per primo il buon esempio. Senza indugio e quasi con obbligo, Andy afferrò le braccia di entrambi i ragazzi e li strattonò violentemente. I due cozzarono le teste sull'altro, poi volarono con le gambe per aria.

«Wow, sei bravissimo!» gioii con finzione e Andy mi stritolò una mano, zittendomi.

Martin rotolò e si tirò in piedi per primo. Il suo volto era pieno di graffi per la caduta e della terra gli si era infilata nell'escoriazione aperta sulla guancia. Quel genere di cose erano molto pericolose, la terra del Nido era molto tossica se entrava nell'organismo per via della presenza dei Demoni che camminavano sul suolo e quella al di sotto, scaturita dalle onde dei cerchi di protezione nel Settore F.

«Martin» lo chiamai seria, notando che si stava posizionando per combattere ancora. Per un attimo mi ignorò, ma non dovetti ripeterlo. «Va' in infermeria e fatti disinfettare la ferita. Scegli bene cosa vuoi fare. Io non ti fermerò, né nella tua opzione A né B.»

Piano A: mi sarebbe piaciuto vederlo ancora un po' prendere a pugni la faccia di Drogo per smontargli quelle assurde iniziative. Se il Settore F non avesse avuto guardie ventiquattro ore su ventiquattro davanti alla porta, si sarebbe già intrufolato di nascosto. E come lo spiegavo a Bill Costantine e ai miei superiori che lo avevo lasciato fare?

Effetto collaterale: sarebbe stato peggio dover spiegare a Erik o a Sora il motivo per cui un loro cadetto era improvvisamente stato bandito dal corso per tornare ad essere osservato da me. Il Piano A era bocciato!

Martin fece un veloce sospiro, rizzò la schiena e si voltò senza aggiungere nulla. Né io e né mio fratello lo fermammo per dirgli che aveva dimenticato di salutare ufficialmente e che quel gesto avrebbe potuto essere interpretato come una forma di insolenza, diedi un'occhiata a Andy e lo implorai di lasciare perdere. Lui lo perse subito di vista, incrociò le braccia e tornò a rimirare pesantemente Drogo. Il ragazzo, intanto, sembrava sull'orlo di una crisi di nervi.

«Sei forte, ma scoordinato quanto un elefante. Ti concentri troppo sul finire l'avversario, in uno scontro a lungo termine perderesti dal principio. Anche mia sorella ti batterebbe» lo prese in giro e io gonfiai il petto, facendomi avanti e trattenendo un sorriso appagato.

«Me ne sbatto di lei» fece. «Tu sei uno degli insegnanti del corso dei Dominatori. Se ti batto vuol dire che sono più forte di te, no?»

La sua logica non aveva né capo né coda e sapevo benissimo dove voleva andare a parare. In primo punto, Andy non si poteva definire un insegnante. Si presentava alle lezioni forse una volta a settimana, se aveva del tempo libero e non sapeva come spenderlo, non lo faceva mai per interesse o bontà di cuore, bensì solo per vedere che Lottie compisse un buon lavoro in sua vece.

Lottie era una ragazza splendida, aveva ventiquattro anni, come Andy, ed era da sempre stata un'insegnante migliore di lui, ma anche di molti altri. Mentre da piccola Andy non faceva che sbraitarmi contro perché non capivo la matematica, Lottie rimaneva al mio fianco, mi ripeteva le cose più volte, le semplificava con divertenti giochi di memoria e me le faceva entrare in testa ancor prima che me ne accorgessi. Grazie a lei la matematica per me diventò un gioco da ragazzi e finii i corsi in anticipo, per poi lavorare come sorvegliante.

In secondo punto, Andy era troppo forte per Drogo e non era affatto vero che se lo avesse battuto poi gli avrebbe concesso l'autorizzazione per reclamare un Demone. Era fuori discussione. La responsabilità di tale gesto sarebbe ricaduta su di lui, e tali problemi e Andy stesso correvano su due binari opposti.

Davvero Drogo non ci arrivava da solo? Non poteva essere così ottuso. Se fosse stato come credeva lui, mio fratello sarebbe stato accerchiato tutte le ore per far avverare stupidi pretesti come il suo. L'unico modo per essere un Dominatore era avere un grande equilibrio mentale e prestanza fisica.

«Ti ho visto allenarti, fai kung fu, giusto?» provò Drogo senza mostrare esitazione.

Andy sogghignò. «Più o meno.» Era un maestro in tutte le discipline.

«Io sono cintura nera» si vantò Drogo.

Scossi la testa. Lo ero anche io, ma mio fratello mi aveva sempre riempita di botte.

«Stendimi, e ti faccio stipulare un Patto con qualsiasi Demone tu scelga.»

Aprii la bocca. «Andy, questo non è...»

Non è conforme alle regole e ad un qualsiasi buonsenso, stavo per dire, ma Drogo gli sorrise e mi fece un veloce cenno di togliermi dalle scatole.

«Oh, perfetto. E dopo sarei io la bambina viziata» obiettai velenosa.

Andy mi passò il suo Pad e lo afferrai malamente, rubandoglielo dalle mani. Drogo non calcolò minimamente il rischio che stava correndo: ingaggiare uno scontro con un superiore aveva molti lati negativi, quasi tutti. Drogo era alto e forte, ma Andy era quasi pauroso e aveva più massa muscolare di lui. La divisa non gli rendeva dignità.

«Spostati, raccomandata» mi ordinò bruscamente.

«Spero vi facciate male» sputai inviperita, camminando verso Wyatt.

Aveva ripreso a respirare normalmente, tuttavia non si era ancora riuscito a rilassare. Non potevo dargli torto. Le ultime avventure erano troppo per il suo cuore. Wyatt aveva tre ragazzi a cui badare, li avevo visti e conosciuti. Solo uno dava dei problemi e in quel momento era ad un corso. Wyatt aveva molto tempo libero che passava a starmi dietro, assicurandosi che non mi cacciassi nei guai. Falliva miseramente.

All'inizio del suo percorso avevo pensato che fosse una specie di spia di mio fratello o dei piani alti, ma era fin troppo ingenuo e gonzo.

Drogo si mise nella posizione del cavaliere, in guardia, studiando i movimenti dell'avversario con impazienza. Aveva già sbagliato e lo riconobbi dal principio: quella era una postura di stallo, adatta per attaccare subito dopo. La sua difesa aveva troppe falle, era troppo fragile, ma nello stesso tempo dava l'idea di essere rigida e poco plastica. Il punto debole di Drogo erano le gambe, tendeva a concentrarsi solo sulla parte alta del suo corpo e di quello degli altri, tralasciando il resto.

Andy nemmeno si preparò, ridacchiò nel vedere tale superbia e feci finta di non vederlo.

Sbloccai il Pad di Andy e Wyatt sollevò il mento per notare cosa stessi facendo. Andai nella cartella generale di valutazione e cercai il fascicolo digitale di Drogo.

Nome soggetto: Drogo Costantine – cognome affidatario padre adottivo (Bill Costantine)

Sesso: M

Anno e luogo di nascita: non accertati – ritrovamento 2 marzo presso le porte del Nido, Londra

Altezza: 184 cm (ultimo controllo 1-09)

Gruppo sanguigno: A positivo

Affiliazione: Esercito dell'Ordine Demoniaco

Status: Cadetto

Demone: non applicabile

Abilità speciali: non applicabile

Codice: non applicabile

Commenti particolari: Il soggetto non collabora – giudizio insufficiente

Forza: 4/5

Velocità: 2/5

Tecnica: 3/5

Equilibrio: 1/5

Collaborazione: 1/5

Bello schifo. Con quei voti medio-bassi non avrebbe mai fatto strada da nessuna parte. Gli mancavano le basi.

Andy e Drogo intanto avevano iniziato il loro incontro. Come sempre, il ragazzo era partito in quarta, ma tutti i suoi attacchi stavano andando a vuoto. Andy scivolava ai lati come una vipera e non stava usando nemmeno i poteri del suo Demone. Pochi erano baciati da quella naturale fortuna.

Dato che erano occupati e Wyatt li stava tenendo d'occhio al posto mio, cercai per curiosità il mio nome. Il combattimento sarebbe durato poco quando Andy avrebbe deciso di attaccare.

Nome soggetto: sconosciuto – nome affidato Penny Baskerville (padre adottivo John Baskerville)

Sesso: F

Anno e luogo di nascita: non accertati – ritrovamento 6 novembre presso Great Windmill St, Londra

Altezza: 171 cm (ultimo controllo 31-08)

Gruppo sanguigno: AB positivo

Affiliazione: Esercito dell'Ordine Demoniaco

Status: Sorvegliante

Demone: non applicabile

Abilità speciali: non applicabile

Codice: non applicabile

Commenti particolari: nessuno

Forza: 3/5

Velocità: 4/5

Tecnica: 5/5

Equilibrio: 5/5

Collaborazione: 5/5

Ciò non aveva il minimo senso. Non avevo mai chiesto esplicitamente a Andy o a un mio superiore di ottenere un Demone, molti venivano scartati per la forma fisica troppo fragile, altri per i voti insufficienti. Tutte quelle cose erano dei metodi di precauzione che servivano all'Esercito a non dare poteri troppo grandi ad una persona debole. Era una morte inutile.

Io però avevo da sempre avuto voti alti in qualsiasi disciplina o materia. Quando era in vita mio padre ci ripeteva spesso che le materie come la matematica, la scienza o l'informatica erano importanti come sapere le tecniche di sopravvivenza. Gli avevo sempre dato retta e mi ero applicata in tutto. Andy non era d'accordo su molte cose che diceva, prima di tutto quella.

John Baskerville morì prima che finissi la scuola e al suo funerale Andy mi disse solo: "Hai visto? La matematica non l'ha salvato" e per molto tempo pensai che mio padre mi avesse mentito.

Il mio lavoro mi piaceva, eppure volevo dimostrare a me stessa – e a Andy – che potevo superare di gran lunga le aspettative. Non mi ero mai sentita in trappola dentro il mio cognome, dentro il mio corpo e negli sguardi sfuggenti delle persone. Non volevo rubare lo scettro a mio fratello, tanto meno averne uno mio. Il potere non mi piaceva. Ciò che volevo era semplicemente trovare me stessa, il vero volto di colei che avevo costruito in quegli anni. Cercare quella parte che per i miei primi sei anni di vita avevo dimenticato non mi aveva mai interessato. Avevo uno scopo: stare al Nido con papà e Andy.

Proprio mentre tentavo di scrivere il nome di mio fratello nella barra di ricerca e dare una sbirciata ai suoi voti, lui piantò le mani a terra, restando in una verticale perfetta, dopodiché si diede lo slancio, piegò le gambe attorno allo sterno di Drogo e lo catapultò a terra. Andy si risollevò con un movimento unico e aggraziato, sistemandosi le ciocche corvine di capelli sulla fronte.

Andy sorrise felice e decisi di intromettermi prima che a uno dei due fosse venuta l'idea di continuare in palestra.

«Un patto è un patto, Drogo» pronunciai fermamente. «Hai perso.»

Stette per ribattere, quando mio fratello mi rubò il Pad dalle mani e lo studiò, come se avesse capito che avessi frugato contro il suo permesso. Mi squadrò da capo a piedi, poi aiutò Drogo al alzarsi, seppure fosse controvoglia.

«Fai un sacco di movimenti inutili» disse Andy. «Prevedere le tue mosse è un gioco da ragazzi. Al contrario di lei, tu sei un buon divertimento dopo quella noiosa politica interna. Penny non mi dà così tante soddisfazioni.»

Gli gettai un'occhiataccia di rimprovero.

Drogo respirò pacato. «Non mi interessa. Voglio un'arma.»

La gallina dalle uova d'oro, pensai.

Andy soffiò. «Applicati.»

«Applicarmi?» ribatté. «In tutte le arti marziali sono il migliore, mi alleno più di cinque ore al giorno, ma nessuno vuole testare la mia forza. Si può battere un Demone con la forza, tu lo hai fatto. Posso farlo anche io. Se ottengo il Patto entro in automatico nei corsi e migliorerò il mio equilibrio. Sono qui fermo solo per il mio carattere.»

«Solo!» gli feci eco, metà ridendo e metà disperata.

Andy si fermò un attimo e io mi ridestai.

«Andy! È una pessima idea! Non lo sopporterà!» strillai.

«Lo sopporterò» ingiunse, dandomi una spinta affinché me ne andassi. Si pose di fronte a Andy e mio fratello alzò il mento per avere un minimo di spazio. «O forse hai paura che possa essere meglio di te, raccomandata di merda?»

«I tuoi voti non...»

«Penny è migliore di te» affermò d'un tratto mio fratello e di colpo mi zittii, temendo di aver sentito male. Avvampai. «Lei ha un equilibrio mentale perfetto, ha una buona tecnica e nella media è forte. Riuscirebbe a batterti. Se entrasse nei corsi sarebbe la migliore, persino nei gradi maggiori.» Da come lo disse, Drogo lo interpretò come una sfida contro di me e fu sul punto di propormi una sfida, eppure Andy parlò ancora e gli chiese: «Dimmi un solo motivo per cui dovrei farti fare questa prova.»

Drogo non ci pensò nemmeno. «Perché voglio un Demone.»

Teatralmente e per farglielo ben vedere, mi schiacciai una mano sulla fronte. «È la motivazione più stupida che potessi trovare. Anche io mangio un biscotto perché ho voglia di zuccheri e grassi, non per questo mi farebbe bene ingozzarmi.»

Drogo fece una smorfia, mi guardò a lungo, come Andy, e entrambi non sembrarono capirmi affatto. Drogo viveva per il combattimento, lo aveva sempre fatto fin da quando eravamo piccoli e ci divertivamo a fare la lotta insieme, senza farci troppo male. Il suo carattere era quello che era, ma suo padre, Bill Costantine, era stato uno dei soldati più forti dell'Esercito all'epoca di mio padre, John. Quando lui morì e dopo pochi anni lo seguì nella perdita sua moglie, depose le armi. Bill aveva voluto tenere Drogo perché la sua defunta moglie, Morgana, non poteva dargli dei figli. Normalmente i geni per essere compatibili con un Demone erano ereditari, ma Drogo aveva fatto nascere una scintilla con il tempo, l'aveva covata, protetta e innalzata al cielo. Ora era un vero fuoco selvaggio.

Il suo era un talento spontaneo e devoto, ma quel fuoco lo stava lentamente scottando e non se ne rendeva conto.

«Mi basta» proferì Andy. «Domani all'alba ti farò provare a fare un Contratto con un vero Demone. Già, chissene frega se non hai completato l'addestramento, tanto se muori la colpa è tua e posso ammazzarti senza dare troppe spiegazioni.»

Rimasi sconcertata. Se Drogo fosse stato posseduto, mio fratello avrebbe dovuto ucciderlo. Rare volte le persone tornavano normali dopo un attacco e Drogo non aveva certamente la forza necessaria per resistere.

«Mi va benissimo» lo assecondò Drogo calmo. «Mi serve un'autorizzazione?»

«No. Vuoi che tuo padre mi infili la sua arma nel culo? Presentati qui per l'alba, il resto lo vedremo in seguito.»

Lui annuì e io alzai le braccia al cielo. «È una stupidata e voi lo sapete. Tu sei un irresponsabile,» feci e indicai mio fratello con un'espressione d'accusa «tu sei un bambino viziato» e mi voltai verso Drogo, il quale incrociò le braccia e mi ignorò.

«Il bambino viziato sta per avere il suo Demone personale» mi apostrofò.

«C'era solo una cosa che ti ho detto di non fare. Qual era?»

«Non urlare.»

«E tu che fai?»

«Urlo.»

«Siete uno più intelligente dell'altro. Il vostro cromosoma Y non funziona» li insultai fuori di me. «Uno di voi due potrebbe morire. Non vi interessa?»

Non li turbò minimamente. Andy ripeté il luogo e l'ora dell'appuntamento, cacciò via Wyatt intimandogli di non dire niente (e poco ci mancò che lo minacciasse di dire ai Mordecai dove si fosse infilato quel pomeriggio), poi mi afferrò e mi trascinò via senza dire un'altra parola.

Nonostante l'aura di silenzio tra noi dissi: «Avevi vinto. Non dovevi lasciarlo fare di testa sua. Ora penserà che può fare quello che vuole. Non ha chance di vincere.»

«Lo so» rispose. «Ma almeno l'ho zittito, cosa che non sei riuscita a fare tu in due mesi.»

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