Capitolo 9 - Pride (In the name of love)


Free at last, they took your life
They could not take your pride.
In the name of love,
What more in the name of love?

Pride (In the Name of Love) – U2


Blaise si sforzò di rimanere calmo mentre Pansy camminava avanti e indietro davanti a lui nella Sala Comune, irritandolo più del solito.

«Dovrebbe essere già qui», disse lei nervosa. «Forse sarebbe meglio andare a cercarlo.»

Lui roteò gli occhi e trattenne una risposta pungente, spostando invece lo sguardo su Daphne, concentrata come di consueto sulla sua attività clandestina. Sembrava che stesse preparando una pozione piuttosto complicata, vista l'attenzione che le stava riservando.

«Potrebbe essergli capitato qualcosa. Magari si è sentito male», insisté Pansy.

«O forse è inciampato nella maledetta gatta di Gazza e adesso starà facendo a botte con gli acari della polvere sul pavimento», propose Blaise. Daphne ridacchiò e lui sorrise.

Probabilmente a quel punto il fato decise di avere pietà di lui, perché prima che Pansy potesse riempirlo di insulti, Draco comparve sulla soglia della Sala Comune e lei gli andò incontro.

«Stai bene?», gli chiese preoccupata. Lui la liquidò con un cenno d'assenso, avvicinandosi a Zabini, con la ragazza che gli trotterellava ancora dietro.

«Stai uno schifo», osservò Blaise, mentre Draco prendeva dalle sue mani il bicchiere di succo di zucca e se lo portava alle labbra. Fece una smorfia disgustata.

«Che ti aspettavi che fosse?», domandò sorridente Zabini.

«Whiskey Incendiario», rispose Malfoy con altrettanta innocenza. «L'hai detto tu stesso che sto uno schifo.»

«Pensavo che avessi bisogno di dormire», spiegò Blaise. «Sembri uno che è stato appena preso a pugni.»

«I miei incubi hanno ganci potenti», convenne Draco, suscitando le risate dell'amico.

«Anche gli acari della polvere», replicò lui, guadagnandosi un'occhiata fulminante di Pansy e l'espressione interrogativa di Draco. Daphne rise ancora.

«C'è un gufo per te», disse Zabini per cambiare discorso. Draco si avvicinò all'animale che sonnecchiava appollaiato su una poltrona, per niente dispiaciuto di allontanarsi da Pansy.

La ragazza aveva passato il pomeriggio ad andare e venire dall'infermeria e da quando Madama Chips l'aveva rispedita nei dormitori promettendo che Draco sarebbe tornato presto, aveva preso a camminare avanti e indietro per la stanza. Nonostante Malfoy l'avesse mollata da un pezzo, lei proprio non riusciva a rendersi conto di quanto potesse risultare appiccicosa. Probabilmente, pensò Blaise, sperava ancora di riuscire a riconquistarlo, prima o poi.

«E questa che diavolo è?», esclamò Draco, spingendo tutti i presenti a guardare la sfera trasparente che aveva tra le mani.

«È una Ricordella», rispose Daphne perplessa.

«È anche di seconda mano», commentò Draco, passando un dito su un graffio piuttosto evidente.

«Chi la manda?», domandò Blaise, curioso.

«Nessun biglietto.»

«Magari hai un'ammiratrice segreta», suppose Daphne con un sorriso.

«O magari è affatturata», replicò Zabini. «Sbarazzatene.»

Draco non se lo fece ripetere due volte e con un gesto molto preciso la lanciò nel camino, colpendola con un Incantesimo Reductor poco prima che toccasse le fiamme.

Pansy si accigliò. «Ma siete davvero paranoici!», esclamò sorpresa. Poi lei e Daphne si scambiarono un'occhiata perplessa.

«Non si sa mai», fece Blaise tranquillo.

«Vado a dormire», borbottò Draco. «Se ci riesco.»

«Sogni d'oro», scherzò Zabini, guadagnandosi qualche insulto colorito.

«Vado anch'io», salutò Pansy imbronciata. «Buonanotte.»

Blaise rimase seduto sul divano, con il suo bicchiere di succo di zucca tra le mani, a contemplare il silenzio della Sala Comune vuota, fatta eccezione per lui e Daphne. La ragazza stava ancora lavorando con attenzione alla sua pozione e nel guardarla così concentrata Zabini sospirò e desiderò davvero che ci fosse del Whiskey Incendiario nel suo bicchiere. Decise, poi, di alzarsi per andare a sedersi accanto a lei, nel più naturale dei gesti.

«Cosa prepari?», le chiese con tranquillità.

Come quando erano bambini, lei inventava qualcosa e lui le si avvicinava domandandole di cosa si trattasse, amando perdersi nelle sue parole quando cercava di spiegarglielo.

«Una Pozione Obliviante», rispose Daphne, senza distogliere lo sguardo dal piccolo calderone sul tavolo. «I suoi effetti sono simili a quelli dell'incantesimo, ma più limitati.»

«Qual è il vantaggio allora?», la interrogò sinceramente curioso.

Perché c'era sempre un vantaggio, una ragione, uno scopo, in tutto quello che faceva, e la sua intelligenza sottile non mancava mai di sorprendere.

«È più semplice e più sicura da usare e poi la ricetta è mia, l'ho inventata da sola, quindi è difficile crearne un antidoto. Le comuni pozioni con cui si curano gli effetti dell'Oblivion non funzionano in questo caso, perciò può essere piuttosto seccante.»

Blaise sorrise della sua genialità. «È una bella idea.»

Lei annuì, continuando a mescolare il liquido con la bacchetta, concentrata al massimo.

E Blaise decise che era geloso di tutta quell'attenzione.

Si spostò più vicino, leggermente dietro di lei, che era chinata in avanti sul tavolo, e le posò delicatamente le labbra sull'incavo del collo scoperto.

«Blaise?», sussurrò Daphne, a metà tra la sorpresa e il piacere. «Che stai facendo?»

In risposta, lui le lambì la pelle con la lingua, accarezzandole con dolcezza tutta la gola, fino all'orecchio. Poi tornò giù e prese a mordicchiarla, strappandole un sospiro.

«Non dovresti farlo», mormorò lei, sforzandosi di rimanere impassibile e lasciando cadere nel calderone un petalo di rosa.

«No, infatti», convenne lui contro la sua pelle, senza però accennare a smettere. La sentì gemere mentre le affondava i denti nella carne, poi passò la lingua sui punti in cui sapeva che avrebbe lasciato dei segni. La sfiorò con il naso e le catturò il lobo dell'orecchio tra le labbra, costringendola a inclinare la testa ancora di più.

Mentre lei continuava a mescolare con la bacchetta, Blaise notò con la coda dell'occhio che la pozione stava cambiando colore e quando raggiunse una pallida tonalità di rosa, Daphne spense il fuoco sotto il calderone e si voltò verso di lui.

Non gli lasciò neanche il tempo di prendere fiato e gli chiuse le labbra con le proprie, impedendogli ogni forma di protesta. Blaise gemette e lei gli infilò una mano nei capelli per attirarlo ancora di più a sé. Fu costretto ad ammettere a se stesso che Daphne aveva più potere su di lui di quanto lui ne avrebbe mai avuto su di lei.

Fece per sottrarsi al bacio, ma la ragazza lo trattenne, restituendogli tutti i morsi che lui le aveva dato, torturando il suo labbro. Blaise le afferrò i polsi e la allontanò, costringendosi a ritrovare la calma, facendo dei respiri profondi.

Si erano a malapena baciati e lui era già ansimante ed eccitato come un ragazzino.

«Avevi ragione tu», disse con voce roca. «Non avrei dovuto.»

«Perché?», protestò lei. «Tu lo vuoi, come lo voglio io.»

«Ti sbagli», rispose abbassando le braccia, indugiando con le dita sulle mani di lei più del dovuto. «Io non voglio essere un'altra delle tue conquiste di una notte.»

Lei si irrigidì e Blaise dovette ammettere che in quella frase non c'era neanche metà della dignità che avrebbe voluto metterci.

Daphne Greengrass gli aveva rubato il cuore e la ragione in egual misura, gli aveva infettato l'animo riservandosi di essere l'unica cura in grado di salvarlo, proprio come aveva fatto creando quella Pozione Obliviante, e gli aveva contaminato i pensieri come una goccia di inchiostro indelebile sulla pergamena nuova. Ma mai, in tutti quegli anni, era riuscita a privarlo dell'unica cosa che lo teneva ancora tutto insieme, impedendogli di cadere a pezzi come vetro in frantumi; mai gli aveva portato via ciò che ancora gli dava la certezza di essere una persona integra e funzionante, anche senza di lei; mai gli aveva preso l'ultimo appiglio a cui si era tenacemente stretto per non soccombere a lei. L'orgoglio.

Così lui le lasciò andare le mani, mentre lei ancora restava in silenzio, le sfiorò una guancia con le labbra augurandole la buonanotte e se ne andò a dormire, tutto intero, tranne che per il cuore in frantumi.


***


One man come in the name of love,
One man come and go,
One man come, he to justify,
One man to overthrow.

Pride (In the Name of Love) – U2


Il lunedì mattina, Draco Malfoy stava abbastanza bene da prendere in giro Neville come al solito durante l'ora di Pozioni. Il povero Grifondoro impacciato aveva – di nuovo – versato qualcosa di sbagliato nel suo calderone, producendo – di nuovo – un'enorme quantità di fumo che aveva costretto i ragazzi a uscire dall'aula. A quel punto, Malfoy si era lanciato in osservazioni su quanto si dovesse essere maldestri per mandare in fumo gli sforzi di una classe intera sempre nello stesso modo, indipendentemente da quale fosse la pozione da preparare.

«Paciock! Saranno almeno sei anni che tento di spiegare che esagerare con gli aculei di porcospino fa evaporare l'intera pozione, qualunque essa sia!», aveva gridato Piton, i cui pensieri, a quanto pareva, erano sempre sulla stessa linea di quelli di Malfoy. «Dieci punti in meno a Grifondoro!»

Hermione aveva sbuffato per i punti persi e si era avvicinata a consolare il compagno di Casa, lanciando un'occhiataccia a Malfoy. Il Serpeverde, da parte sua, non parve minimamente turbato dalla sua presa di posizione, anzi, sembrò trovare un appiglio per continuare a essere decisamente insopportabile.

«Non guardarmi così, Granger. Ormai è chiaro che l'unica cosa che Paciock non riesce a trasformare in fumo è la sua persona», dichiarò Malfoy, suscitando le risate divertite di alcuni compagni di Casa.

«Meglio fuori che dentro», ribatté Hermione, irritata. «C'è chi il fumo ce l'ha al posto del cervello.»

«È il tuo caso», convenne Malfoy annuendo.

«Oh, direi proprio di no», replicò lei con un sorriso ironico. «La stupidità è l'unico campo in cui posso esserti seconda.»

Fu il turno dei Grifondoro di ridere, ma Harry e Ron rimasero assolutamente immobili al suo fianco, pronti a ricorrere alle bacchette se Malfoy avesse anche solo accennato a insultarla un po' più seriamente.

«Se la signorina Granger ha finito di comportarsi da fastidiosa saccente, potremmo smettere di assecondare il suo ego e riprendere la lezione», intervenne Piton, spuntando dietro Hermione dopo aver risistemato l'aula. La ragazza arrossì violentemente e Malfoy le riservò un ultimo ghigno soddisfatto, prima di rientrare in classe.

«Che razza di idiota», si lamentò sottovoce Hermione, mentre tornava al calderone che divideva con Harry. Quest'ultimo annuì esasperato.

«Piton non perde occasione di essere insopportabile.»

«Parlavo di Malfoy», precisò Hermione infastidita. «Lui non può evidentemente farne a meno.»

«Perché dovrebbe? Come hai detto tu, è un idiota», osservò Harry.

Hermione lanciò un'occhiata discreta al Serpeverde in questione e lo vide affaccendarsi attorno al proprio calderone. Senza un apparente motivo, le si strinse lo stomaco.

«Infatti», disse un po' in ritardo. «È un idiota.»


***


One man caught on a barbed wire fence,
One man he resist,
One man washed on an empty beach,
One man betrayed with a kiss.

Pride (In the Name of Love) – U2


Il martedì sera, Hermione non aveva avuto il cuore di dare buca a Ginny, alla quale aveva più volte promesso – in momenti in cui non ci aveva riflettuto abbastanza – che sarebbe andata alla festa con lei. Così, si era ritrovata a guardarsi allo specchio per più di venti minuti, giudicando assolutamente inadatti i suoi jeans chiari e il maglione anonimo, ma senza avere la minima intenzione di cambiarsi.

Quando Ginny entrò nella stanza e Hermione le vide addosso i jeans, si sentì rincuorata. Tuttavia, il fatto che Ginevra Weasley sapesse essere bellissima con qualsiasi cosa – visto che perfino dei pantaloni così poco eleganti le fasciavano alla perfezione i fianchi e le gambe – la smontò immediatamente. A quel punto, la successiva occhiata che le fece notare la camicetta scollata e i tacchi vertiginosi, non sortì più effetto di un Incantesimo delle Pastoie su qualcuno che era già stato Schiantato.

«Non sei pronta», osservò con disappunto Ginny.

«No, infatti», convenne Hermione, riferendosi a tutt'altro che alla sua mise.

Ginny dovette comprenderlo, perché le lanciò uno sguardo carico di compassione. «Avrei dovuto aiutarti a preparare qualche Pozione per i capelli», disse in tono di scuse.

Hermione sollevò lo sguardo sui suoi ricci indomabili e cespugliosi e aggiunse un altro elemento alla lista delle cose che la stavano deprimendo al punto di convincerla a lasciar perdere la promessa fatta a Ginny e rinunciare a quella maledetta festa.

«Non pensarci nemmeno», le lesse nel pensiero Ginny, meglio di quanto avrebbe potuto fare con la Legilimanzia. «Non puoi mancare. L'hai promesso.»

Nobile spirito Grifondoro.

«Sono fuori luogo», si lamentò Hermione.

«Non dire sciocchezze.»

Ginny si frappose tra lei e lo specchio e le prese le mani. «Ti piacerà. Non è niente di che, davvero. È solo un'occasione per stare insieme e svagarsi. Qualcuno ha pensato, dopo il Ballo del Ceppo, che anche a Hogwarts ci si potesse divertire in quel modo.»

«Dopo il Ballo del Ceppo?», fece Hermione sorpresa. «Ma allora...»

«Sono due anni che organizzano questo genere di serate, sì», confermò Ginny. «E secondo te davvero nessuno lo sa? Silente sa sempre tutto e se non ci ha ancora impedito di continuare a fare quello che facciamo è perché forse ritiene che sia il caso di lasciarci godere di qualche momento di pura felicità adolescenziale, prima di ricordarci che là fuori la gente muore ogni giorno e la guerra incombe.»

Hermione tacque e dovette riconoscere che Ginny non aveva tutti i torti. Si pentì di non essersi preparata con lo stesso entusiasmo con cui aveva fatto due anni prima, quando sapeva che ad aspettarla c'era Victor Krum.

«Andiamo, Gin», dichiarò distogliendo lo sguardo dal proprio riflesso. «E cerchiamo di divertirci.»

Ginny le sorrise incoraggiante.

Un quarto d'ora dopo, le due ragazze si trovavano di fronte alla parete su cui sarebbe dovuta apparire la Stanza delle Necessità. Hermione lasciò che fosse Ginny a camminare davanti al muro immacolato, arrossendo mentre rievocava istintivamente i pensieri che aveva avuto lei quando quella stessa stanza le si era mostrata qualche giorno prima.

Un quadro, occupato da un giovane ragazzo in abiti eleganti, emerse dalla parete. «Parola d'ordine?», chiese in un pesante accento straniero.

«Balbettanti Bamboccioni», rispose prontamente Ginny.

Il giovane si esibì in un perfetto inchino, mentre la cornice si spostava per rivelare l'ingresso alla Stanza delle Necessità.

Non appena entrarono, la musica le investì, rivelando l'efficacia dell'Incantesimo Imperturbante che circondava la sala, e le luci incantate si soffermarono su di loro per qualche istante, così che in tanti si voltarono a guardarle e Hermione arrossì imbarazzata.

«Non ce la faccio», dichiarò scoraggiata, guardando le persone intorno a lei che ballavano, si divertivano e bevevano intrugli colorati che riempivano automaticamente i bicchieri di vetro allineati su un bancone da bar.

«Sì che ce la fai», replicò Ginny, afferrandola per un braccio.

La spinse all'interno, salvandola dalle occhiate insistenti di chi era sorpreso di vedere l'integerrima Caposcuola Granger a una festa clandestina, e iniziò a salutare le persone che conosceva, presentando di tanto in tanto a Hermione qualche studente di Corvonero o Tassorosso che lei aveva solo incrociato per i corridoi.

Poi, in un atto di enorme coraggio, che le valse appieno il titolo di Grifondoro, Ginny la trascinò verso il centro della sala, prendendole le mani e provando a spingerla a ballare.

«Oh, andiamo Herm», si lamentò dopo aver ottenuto scarsi risultati. «Stai pensando troppo.»

«Sono a disagio, Ginny», ammise lei, mordendosi il labbro.

«Non è assolutamente il caso. Che ne dici se...»

«Che ne dici se vado a prendere qualcosa da bere?», propose lei interrompendola. «Tu continua pure a divertirti. Anzi, magari rispondi a uno degli impacciati tentativi di Goldstein di invitarti a ballare.»

«Mi sta solo guardando», ribatté Ginny.

«Ti sta fissando da quando siamo entrate. E non ti ha ancora avvicinato solo perché ci sono io e probabilmente gli dispiacerebbe spingerti a lasciarmi sola. Ma sai che ti dico? A me non dispiace», ammise con un sorriso, allontanandosi di un passo.

Ginny la guardò, forse soppesando la possibilità di crederle e andare a ballare con Goldstein, quindi Hermione si voltò e fece per andarsene prima che quel momento di debolezza sparisse. Udì l'amica urlarle qualcosa a proposito di alcuni drink da evitare mentre si immergeva nella folla, ma non riuscì ad afferrare le sue parole.

Si fermò a qualche passo dal bancone, guardando con la coda dell'occhio Dean Thomas che prendeva due bicchieri e ne porgeva uno a Daphne Greengrass. La Serpeverde indossava un vestito piuttosto attillato, decisamente lontano dal sobrio, per non dire insignificante, outfit di Hermione, e pareva piuttosto a suo agio in mezzo ai ragazzi che le giravano attorno, incuranti della presenza di Dean.

«Salve, Hermione», la salutò Terry Steeval, affiancandola e iniziando a studiare con lo sguardo i cocktail davanti a sé.

«Ciao, Terry», fece lei con un sorriso. «Quale mi consigli?», domandò indicando i drink.

Lui sogghignò. «Una volta ce n'era uno che trasfigurava chi lo beveva in un topo», commentò divertito. «Era azzurro, ma decidemmo di toglierlo quando qualche Serpeverde iniziò a cambiarne il colore per renderlo irriconoscibile, ingannando un sacco di persone. Quindi prendi pure quello che ti capita, in nessun caso ti trasformerai in un ratto.»

Hermione rise per quell'aneddoto, poi si fece coraggio e scelse un drink arancione.

«Ottima scelta», convenne lui, strizzando un occhio. «È la prima volta che partecipi a una di queste serate, vero?»

«Sì», ammise lei. «E non so neanche chi le organizza.»

«All'inizio erano Angelina Johnson e Alicia Spinnet a gestire il tutto», spiegò Terry. «Finita la scuola, hanno passato il testimone a Katie Bell, ma sono molte le ragazze a contribuire, sia di Grifondoro che di Covonero, anche se poi partecipa gente di tutte le Case. A noi ragazzi non lasciano fare molto», ammise storcendo il naso.

Hermione rise ancora.

«Ecco Katie», disse lui lanciando un'occhiata al di là delle sue spalle. Hermione si voltò appena in tempo per vederla salutare amabilmente due ragazze di Serpeverde che chiacchieravano con una Corvonero e ricordò che i membri di quest'ultima Casa, a differenza dei Grifondoro, avevano raramente contrasti con gli studenti di Salazar. Si domandò perché, invece, la sua Casa avesse alimentato quella faida, mostrando di mancare di quell'intelligenza e quella lungimiranza che contraddistinguevano i Corvonero.

«Vado a salutarla, ci vediamo in giro», disse Terry con lo sguardo fisso sulla Bell.

«Certo», fece lei rivolgendogli un cenno, poi lo guardò allontanarsi in direzione della ragazza.

Hermione si decise ad assaggiare il contenuto del bicchiere che aveva in mano. Era Whiskey Incendiario, lo riconobbe con certezza nonostante non avesse mai amato berlo, ma percepì un retrogusto dolce che le suggerì che doveva esserci dentro qualcos'altro. Forse succo di zucca.

Mentre ci pensava, qualcuno al suo fianco si sporse per prendere un bicchiere dal bancone, sfiorandole la spalla. In un primo momento, lei non ci fece troppo caso, ma quando due occhi grigi le si pararono davanti catturando la sua attenzione e la testa bionda di Draco Malfoy la privò della vista della sala, Hermione si riscosse dai suoi pensieri.

«Guarda chi si vede», commentò lui divertito. «Anche i topi di biblioteca ogni tanto escono a divertirsi.»

«Attento a non diventare tu stesso un topo, Malfoy», ribatté indicando il liquido azzurro contenuto nel suo bicchiere.

Lui rise. «Era una pozione di Daphne, ma l'idea di cambiarne il colore per renderla irriconoscibile è stata mia, Granger. Pensi davvero che finirei nella mia stessa trappola?»

«È possibile», fece lei con una scrollata di spalle, senza sapere bene cos'altro dire. Poi decise che non era obbligata a sostenere una conversazione con lui e posò il bicchiere ancora pieno, voltandosi per andarsene.

Malfoy la seguì e la superò, costringendola a fermarsi. «Stavamo parlando», le fece notare.

«Sei diventato sorprendentemente bravo a constatare l'ovvio», ribatté acida la ragazza, cercando di scansarlo.

«E tu a negarlo», disse lui, muovendosi ancora davanti a lei per non lasciarle via di fuga. Se qualcuno li avesse visti, avrebbe potuto pensare che stavano ballando.

Hermione gli afferrò un braccio e lo spinse di lato, spazientita, e in breve guadagnò l'uscita. Quando la porta della Stanza delle Necessità si richiuse alle sue spalle, lei sospirò di sollievo e si avviò verso la Torre di Grifondoro, sperando che Gazza non la beccasse in giro per i corridoi a quell'ora. Era quasi arrivata al ritratto della Signora Grassa, quando udì i passi dietro di lei. Si irrigidì per un istante, poi si voltò e quasi le venne un colpo a ritrovarsi Malfoy a un palmo di distanza.

«Merlino!», esclamò portandosi una mano al petto, spaventata. «Ma perché diavolo mi segui sempre?»

«E tu perché scappi?», disse prontamente lui.

«È fastidiosa quest'abitudine che hai di ribattere a una domanda con un'altra domanda.»

«Nemmeno tu rispondi alle mie», osservò il ragazzo.

«Che diavolo vuoi, Malfoy?»

Gli fece quella domanda nel pieno della frustrazione, stanca e amareggiata, desiderosa soltanto di tornarsene a letto prima che lui potesse dire o fare qualcosa che la mandasse in confusione più di quanto già lo fosse. Ma con il passare dei secondi, osservando il suo sguardo farsi serio, si rese conto che gli aveva chiesto qualcosa di più, aggiungendo una certa dose di rabbia, certo, ma pronunciando le parole che si erano detti quella notte e alle quali nessuno dei due aveva risposto.

«Voglio sapere quello che vuoi tu. Sei ambigua», disse lui.

La stava sfidando ancora, provocandola e cercando di riprendere in mano le redini del discorso.

«Dimenticare», disse lei all'improvviso, rendendosi conto che aveva appena perso, rispondendo per prima. «Fingere che niente sia successo e fare in modo che le cose tornino come prima.»

Lui socchiuse gli occhi, come per scrutarla attentamente. «Sei sicura?»

Mezzosangue, solo se ne sei sicura.

Te lo chiederò ogni volta.

Esitò, temendo che avrebbe perso la propria convinzione se lui avesse continuato a guardarla in quel modo. «Sono sicura.»



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Pride (In the Name of Love) è una canzone degli U2 del 1984. La traduzione letterale è Orgoglio (Nel Nome dell'Amore) e si riferisce, chiaramente, all'orgoglio di Blaise e Hermione, i quali reprimono o negano i propri sentimenti.


Note

La Pozione Obliviante a cui sta lavorando Daphne non esiste nell'universo della Rowling ed è di mia invenzione. Allo stesso modo, non essendoci date informazioni sufficienti su come si curano o annullano gli effetti dell'Oblivion, ho ipotizzato che ci fossero delle pozioni apposite, che consentono il recupero della memoria. Tali pozioni, come spiega Daphne, non avrebbero però effetto su qualcuno che ha ingerito una Pozione Obliviante, che richiederebbe un antidoto specifico per via della sua unicità.

Inoltre, non c'è modo di sapere cosa succederebbe versando troppi aculei di porcospino in una pozione, così mi sono presa la libertà di immaginare che la farebbero evaporare.

La frase che pronuncia Hermione quando risponde a Malfoy dicendo "Meglio fuori che dentro" riprende le parole di Hagrid nel film Harry Potter e la Camera dei Segreti, quando Ron vomita lumache per effetto dell'incantesimo che gli si è rivolto contro.

La parola d'ordine per la Stanza delle Necessità ("Balbettanti Bamboccioni") riprende lo scioglilingua della McGranitt nel film Harry Potter e il Calice di Fuoco: "Balbettante bambocciona banda di babbuini", parole che pronuncia nell'occasione in cui parla del Ballo del Ceppo.

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