Capitolo 8 - Guardian
You, you in the chaos feigning sane,
You, who has pushed beyond what's humane,
Them as the ghostly tumbleweed.
Guardian – Alanis Morissette
«Questi sono tempi bui e pericolosi», dichiarò il professor Moody, per la terza volta dall'inizio della lezione. «Il male è alle porte ed è necessario imparare a difendersi.»
Hermione sbuffò leggermente, infastidita da tutte quelle chiacchiere. Fin da quando Harry aveva imparato l'Incanto Patronus, lei si era informata sull'argomento e aveva cominciato a esercitarsi da sola. Con molta fatica, era riuscita a evocare un Patronus accettabile, ma mai uno corporeo. Quando l'aveva detto a Harry, lui l'aveva prima presa in giro, scherzando sul fatto che finalmente avesse trovato un incantesimo che non le riusciva alla perfezione, poi aveva suggerito che probabilmente lei pensava troppo e per questo non riusciva a dare una forma al suo Patronus.
Da allora, Hermione non ci aveva più riprovato, quindi quel giorno era particolarmente nervosa ed eccitata allo stesso tempo. Tuttavia, la presenza dei Serpeverde alla lezione, che normalmente non l'avrebbe neanche scalfita, quel giorno la turbava e la distraeva, facendola sentire ancora più sotto pressione.
«Ricordate di visualizzare con chiarezza il vostro ricordo felice», stava dicendo Moody, scrutandoli tutti con il suo occhio di vetro. «Più sarà reale, più l'incantesimo sarà efficace. O meglio», precisò, «più ci crederete, più sarà efficace. Dovete interiorizzarlo e lasciare che vi pervada, seguirlo, lasciarvi guidare. Avanti, provate.»
Hermione si rese conto che non aveva accennato ad alcun movimento particolare della bacchetta, né si era soffermato sulle parole da pronunciare e a quel punto lei capì cosa aveva voluto intendere Harry quando le aveva detto che pensava troppo.
«Expecto Patronum!», esclamò lui al suo fianco. Fili argentei scaturirono dalla sua bacchetta e si condensarono nella figura di un cervo, che prese a corrergli intorno, in un giocoso atto di protezione.
«Molto bene, Potter», asserì Moody.
In breve, tutti iniziarono a provare e Hermione si guardò attorno mentre dalle bacchette dei suoi amici fuoriuscivano sbuffi di vapore argenteo che sparivano quasi subito. Da quella di Seamus, al contrario delle altre, partirono alcune scintille rossastre, che spaventarono a morte Dean, il quale, deconcentrato, perse il proprio Patronus, che sbiadì fino a dissolversi.
A differenza di quanto aveva creduto, anche i Serpeverde se la stavano cavando piuttosto bene. Alcuni di loro produssero, senza apparenti difficoltà, dei Patronus non corporei che sarebbero stati più che sufficienti a scacciare un Dissennatore, forse anche due. Daphne Greengrass, addirittura, aveva evocato un Patronus che aveva l'aspetto di un grosso felino, forse una pantera. Dietro di lei, Malfoy parlava con Tiger e Goyle, mentre Zabini guardava la ragazza.
A un certo punto, proprio mentre lei si era fermata a osservarlo, Malfoy alzò gli occhi, incrociandoli con i suoi.
Qualcosa nel modo in cui la guardò, o forse solo la consapevolezza di averlo ingiustamente accusato di averla ingannata – più di quanto avesse fatto in realtà –, le impedì di interrompere quel contatto visivo. Non lo fece neanche quando avvertì uno scoppiettio dietro di lei e la voce del professor Moody si levò imperiosa sopra quelle concitate degli studenti.
«Signor Finnigan! Come diavolo ha fatto a dare fuoco alle tende con un incantesimo così innocente?»
Alla fine fu Harry a strapparla a quel confronto magnetico. Le si avvicinò con gli occhiali appannati – forse a causa di Seamus – ma l'aria serena. «Avanti, Hermione, prova», disse. «È una bella sensazione.»
Lei gli sorrise e sollevò la bacchetta. Chiuse gli occhi per riportare alla mente l'immagine di sua madre che la abbracciava e suo padre che annuiva orgoglioso, quando, alla fine del primo anno, era tornata a casa e aveva comunicato loro tutti i suoi successi scolastici.
«Expecto Patronum», provò.
Non accadde nulla, ma lei non si perse d'animo. Ricordò il terzo anno, quando Lupin le aveva detto che era la strega più brillante della sua età.
«Expecto Patronum!»
Ancora niente. Pensò al suo quarto anno e al Ballo del Ceppo, quando Victor Krum l'aveva invitata e lei si era sentita lusingata, apprezzata, desiderata. Sei bellissima.
«Expecto Patronum!»
O forse avrebbe ricordare i gesti, più che le parole, che l'avevano fatta sentire in quel modo. Le mani delicate, ma mai esitanti, le labbra avide, ma dolci...
No, non doveva pensarci.
...e solo dopo le parole, sussurrate, che da sole non significavano nulla, ma che avevano reso reale qualcosa che altrimenti non lo sarebbe stato.
Fa' piano. Pianissimo.
La paura, prima e dopo, ma non durante, che mai si sarebbe aspettata potesse aiutarla a evocare un Patronus, ma che chiaramente, trasformandosi in una brama sconosciuta, l'aveva sorpresa.
Forse non così piano.
«Expecto Patronum!»
L'estatica sensazione della pelle contro la sua, del freddo delle sue mani che per qualche istante aveva lasciato spazio a un dolce tepore...
Non doveva pensarci.
Mai avrebbe creduto che quella fosse la felicità che agognava.
L'incantesimo le era già riuscito, ma lei non poteva smettere di ricordare, di rievocare, di rivivere.
Dovete interiorizzarlo e lasciare che vi pervada, seguirlo, lasciarvi guidare.
E lei lo stava facendo, perché aveva ben chiaro il contatto delle sue labbra sul corpo, dei suoi capelli sul ventre, del suo respiro sul seno.
La premura nella sua richiesta.
Sei sicura?
La promessa nelle sue parole.
Te lo chiederò ogni volta.
«Bravissima, Hermione!», esclamò Harry sorridente, mentre una lontra argentata saltellava allegra davanti a loro. Lei gli sorrise, senza riuscire a evitare di pensare che quel piccolo animale era custode e progenie di dolci segreti, di piaceri nascosti.
Forse solo nella più profonda parte di sé poteva permettersi di ricordare.
«Molto bene, signorina Granger!», dichiarò Moody soddisfatto, mentre girava tra gli studenti per correggerli o elogiarli.
Hermione si voltò a guardare con discrezione la ragione del suo successo e trovò Malfoy accigliato, mentre provava, senza riuscirci, a evocare un Patronus. Sorrise di quel piccolo trionfo, ma allo stesso tempo le si strinse lo stomaco realizzando che aveva dovuto pensare a lui per riuscirci e che il Serpeverde, invece, non l'avrebbe mai fatto.
***
So why, why would you talk to me at all?
Such words were dishonorable and in vain,
Their promise as solid as a fog.
Guardian – Alanis Morissette
Quando Harry si lasciò cadere sull'erba a fianco a lei, Ginny non si voltò neanche a guardarlo, ma rimase concentrata sugli sbuffi di fumo che uscivano dalle sue labbra e sulla sigaretta tra le sue dita.
«Forse ci siamo sbagliati», dichiarò il ragazzo, senza nemmeno salutarla. L'unica cosa che poteva renderlo così sicuro di sé e a proprio agio anche davanti a lei era il bisogno di aiutare un'altra persona. In quei casi, Harry Potter diventava il Prescelto, il Bambino Sopravvissuto e tutti quegli altri appellativi che avevano inventato i giornali per descrivere un ragazzo semplicemente più bravo a salvare il mondo che a intrattenere rapporti interpersonali.
«Davvero?», disse distrattamente Ginny.
Senza dubbio, però, era molto più capace di affrontare le forze oscure che di capire che cosa turbasse una sua amica, ma probabilmente – Ginny dovette riconoscerlo – questa colpa era da imputare al fatto che fosse maschio.
«Avresti dovuto vederla alla lezione di Moody, ha evocato un Patronus bellissimo.»
Dolce, innocente, piccolo Harry. Nella sua infinita semplicità maschile – per non dire banalità – non era in grado di immaginare che si potesse essere felici e tristi allo stesso tempo, turbati senza darlo a vedere, angosciati, ma con il sorriso.
«Stiamo parlando di Hermione, Harry», disse pazientemente. «Quando mai ha fatto un incantesimo meno che perfetto?»
Lui scosse la testa. «Era molto più che perfetto. Per evocare un Patronus del genere, bisogna essere completamente pervasi di felicità, Ginny. Se davvero fosse stata giù di morale come avevamo pensato, non ci sarebbe riuscita.»
Lei si voltò a guardarlo con aria severa. «So benissimo come funziona, Moody l'ha insegnato anche a noi. E ti assicuro che io sono riuscita a evocare un Patronus perfetto anche senza essere completamente felice.»
Harry si irrigidì. «Ce l'hai fatta», disse piano, la voce a metà tra l'orgoglio e la constatazione.
Lei annuì. «È un cavallo.»
Harry sorrise e Ginny riportò lo sguardo sulla sigaretta. Proprio non ce la faceva a immaginare di provare una sola emozione alla volta, come sembrava fare lui.
«Perché non sei felice?», domandò il ragazzo semplicemente.
Ginny inspirò profondamente. «Ti prego, Harry, non ora.»
«E quando?», sbottò lui irritato. «Quando ti espelleranno perché fumi in Sala Comune? Quando non ti vedremo tornare da una delle feste nella Stanza delle Necessità perché hai bevuto troppo?»
«Smettila di farmi la predica.»
«E tu smettila di comportarti da ragazzina!», replicò alzando la voce.
Lei si voltò a guardarlo. «Che importanza ha?», disse con un sorriso triste. «Tanto per te sono comunque una ragazzina. Quello che faccio non ti riguarda.»
«Ginny...»
«Harry!», lo interruppe lei. «Qual è il tuo problema?»
Lui parve sul punto di dire un'infinità di cose, ma si limitò ad aprire e chiudere la bocca un paio di volte. «Non mi piace che fumi», rispose alla fine.
Ginny spense la sigaretta, ormai consumata, sotto la scarpa, poi si voltò ad affrontarlo con tutta la calma che le era rimasta. «Sai cosa non piace a me?», domandò pacata. «Che tu riesca a trovare il coraggio di salvare il mondo, ma non di stare con me. Che tu sia sempre pronto a comportarti come un fratello, ma mai come un ragazzo. Harry, io i miei fratelli li ho già. E sai benissimo di che cosa ho bisogno.»
«Ginny, ne abbiamo già parlato...»
«Sì, la guerra, Voldemort, gli attacchi ai Babbani, ai maghi...», disse alzandosi in piedi e sistemandosi i vestiti. «Il punto è sempre lo stesso. Tu riesci a pensare a una sola cosa per volta, io no. Io non riesco ad aspettare che la guerra scoppi senza provare a vivere, nel frattempo.»
Così dicendo, gli diede le spalle e se ne andò, lasciando il Ragazzo Sopravvissuto senza parole, sotto un albero del cortile.
***
«No, Hermione», disse pazientemente Ginny, rispondendo alla sua ennesima domanda. «Serpeverde perde di sessanta punti, per questo la loro strategia è diventata più aggressiva. Non possono permettersi di chiudersi in difesa, devono attaccare.»
«Giusto», convenne Hermione, sforzandosi di concentrarsi sul campo.
Quando si era offerta di accompagnare Ginny a vedere la partita tra Serpeverde e Corvonero, la rossa era rimasta piuttosto sorpresa. Aveva chiaramente discusso con Harry, dato che Hermione non li aveva visti scambiarsi più di un cenno di saluto negli ultimi giorni, e non sembrava per niente entusiasta che il suo capitano la costringesse ad assistere alla partita per studiare gli avversari.
Compreso tutto ciò, Hermione aveva colto la palla al balzo, proponendosi di farle compagnia in cambio di un aiuto per seguire la partita, mostrandosi improvvisamente interessata al Quidditch. Naturalmente, Ginny non le aveva creduto neanche per un istante, ma doveva aver ipotizzato che lei volesse semplicemente supportarla, perché aveva acconsentito entusiasta a sedersi sugli spalti a fianco a lei per spiegarle le dinamiche di gioco.
Hermione aveva avvertito una fitta di senso di colpa quando aveva ammesso a se stessa che non era affatto lì per Ginny, ma perché qualcun altro gliel'aveva chiesto; tuttavia si era detta che comunque stava facendo compagnia alla sua amica, distraendola dalla discussione con Harry, di cui la rossa non aveva voluto parlare, mantenendo al contempo una promessa fatta in precedenza.
Parola di Grifondoro?
Ma stava infrangendo, allo stesso tempo, quella fatta a se stessa.
Non doveva pensarci.
«...quindi i Battitori devono stare attenti soprattutto a difendere il Portiere, perché se lui venisse colpito... Ma quello è il boccino?», stava dicendo Ginny, mentre lei era persa nelle sue riflessioni.
Il riferimento improvviso all'unica delle tre palle del Quidditch che la giustificasse a guardare colui che realmente voleva seguire, la spinse ad alzare gli occhi nel punto in cui si trovava Malfoy.
Lui era immobile a mezz'aria e spostava lo sguardo dal punto in cui doveva aver intravisto il boccino a quello in cui si trovava Cho Chang, la Cercatrice avversaria, calcolando probabilmente il vantaggio che aveva. Improvvisamente, si lanciò in picchiata, sfrecciando a zig zag tra gli altri giocatori, in direzione del baluginio dorato che anche Ginny aveva intravisto. Scese fin quasi a terra, poi si risollevò bruscamente, puntando il manico di scopa in direzione degli spalti.
Ci fu un terrificante momento in cui Hermione pensò che avesse distolto lo sguardo dal boccino per puntarlo su di lei e credette addirittura che le avesse sorriso. Poi Ginny la riscosse dalla sua trance, tirandola giù e costringendola ad abbassare la testa fino a urtare la Parkinson e la Greengrass sedute davanti a loro, proprio mentre lui le sorvolava, a un centimetro dalle loro teste, per poi tornare verso il campo per seguire la traiettoria del boccino.
«Ma è impazzito?», urlò Ginny contrariata. «Stava quasi per staccarci la testa!»
«È un Cercatore», disse la Parkinson sbuffando. «Deve prendere il boccino, costi quel che costi.»
La Greengrass, invece, non parve minimamente turbata dall'accaduto, concentrata com'era sulla partita. Non aveva distolto gli occhi dal campo nemmeno per guardare Malfoy mentre inseguiva il boccino.
In breve, la situazione tornò identica a com'era qualche minuto prima, con i due Cercatori che si fronteggiavano con lo sguardo sospesi a mezz'aria, mentre tutti gli altri continuavano a giocare.
Serpeverde segnò un paio di volte, ma Corvonero mantenne comunque il vantaggio, senza riuscire, però, a distaccarsi in maniera significativa dalla squadra avversaria. Hermione aveva smesso già da un po' di fingersi interessata alla partita e stava seguendo Malfoy con discrezione, quando Ginny attirò la sua attenzione su Tiger, che, senza un'apparente ragione, stava barcollando sulla scopa.
«Che diavolo gli prende?», si chiese.
«Sembra che stia lottando contro un Nargillo.»
Hermione si voltò di scatto per incontrare l'espressione tranquilla e pacata di Luna Lovegood. «Ciao, Luna. Da quanto sei qui?»
«Dall'inizio della partita», rispose lei, come se fosse ovvio.
Naturalmente, per Hermione che era stata parecchio distratta, non era affatto ovvio, anche se doveva riconoscere che era alquanto scontato che lei seguisse le partite di Quidditch della sua Casa, dal momento che aveva anche provato, in più di un'occasione, a chiedere di poterle commentare. Qualcuno, però, si era tenacemente opposto, sostenendo che da una persona stravagante come lei non ci si poteva certo aspettare una cronaca professionale.
Proprio in quel momento, Tiger cadde dalla scopa.
Qualcuno – probabilmente un insegnante – gli impedì di sfracellarsi al suolo mantenendolo sospeso per aria con un incantesimo, a pochi centimetri dal terreno, mentre la sua scopa rotolava via sotto di lui. Nello stesso istante, un bolide si diresse contro Goyle, il quale sollevò la mazza e la fece roteare per rispedirlo in direzione dei Corvonero, ma prima che quello potesse raggiungere il Portiere per spingerlo giù dalla scopa come era successo a Tiger, Hermione si voltò d'istinto a cercare l'altro bolide, da cui i Serpeverde erano rimasti indifesi, vista l'impossibilità del loro battitore di continuare a giocare.
Se c'era una cosa che Hermione aveva imparato subito riguardo al Quidditch era che se un bolide iniziava a perseguitare un giocatore in particolare senza che nessuno glielo indirizzasse contro, significava che il suddetto giocatore doveva essere parecchio sfortunato. Ma nel caso di Draco Malfoy, inseguito da ben due bolidi, senza un battitore che lo difendesse e senza che nessuno avesse tentato di disarcionarlo indirizzandoglieli entrambi contro contemporaneamente, la sfiga raggiungeva il climax in una maniera quasi ironica, un po' troppo oltre il limite di quella che poteva essere definita una coincidenza. E Hermione Granger non credeva alle coincidenze.
Per questo – o magari per i tanti anni in cui era stata amica di Harry, che in molti avevano cercato di ammazzare alla prima occasione –, quando Malfoy cadde dalla scopa proprio mentre gli insegnanti erano tutti impegnati con Tiger, Hermione pensò per un attimo che qualcuno avesse deliberatamente tentato di ucciderlo.
***
You, you who smiled when you're in pain,
You, who soldiered through the profane.
They were distracted and shut down.
Guardian – Alanis Morissette
Dopo aver lasciato Ginny con Harry e il resto della squadra, intenti a parlare di tattiche di gioco, Hermione aveva detto che sarebbe rientrata al Castello insieme a Luna, della quale si liberò facilmente con la scusa di avere un impegno.
Quando entrò in infermeria, trovò l'intera squadra di Serpeverde raccolta intorno ai letti di Tiger e Malfoy, entrambi svegli e intenti a scherzare con i compagni.
Pentita di essere andata lì, rischiando di essere presa in giro solo per soddisfare la sua curiosità – o preoccupazione? – riguardo alla salute di Malfoy – e di Tiger, naturalmente –, diede le spalle al gruppetto e fece per andarsene, quando qualcuno le sfiorò un braccio uscendo a passo spedito dall'infermeria.
«E tu che ci fai qui?», domandò Zabini, guardandola dall'alto in basso.
«Passavo per caso», rispose lei sfacciata.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, sforzandosi di non sorridere, pensando a chissà cosa. Hermione lo guardò accigliata.
«Tra un po' andranno via tutti», le disse in tono casuale. «Risparmiaci la tua presenza per un'altra decina di minuti e poi sentiti libera di tornare.»
Così dicendo, la superò e guadagnò rapidamente l'uscita. Hermione sbatté gli occhi un paio di volte, incerta se considerare quelle parole un insulto o un consiglio, ma alla fine se ne andò per evitare che altri la vedessero.
Prese a girare per i corridoi senza una meta precisa, ma poi, rendendosi conto di non aver fatto altro che aspettare che quei fatidici dieci minuti passassero, tornò indietro ed entrò nuovamente nell'infermeria.
Né Madama Chips, né i giocatori di Serpeverde erano più lì. Hermione avanzò a passo incerto tra i letti, superando quello in cui Tiger sembrava profondamente addormentato e avvicinandosi a quello di Malfoy. Anche il Cercatore sembrava dormire e lei poté osservarlo indisturbata. A differenza di Tiger, che aveva gli arti completamente aggrovigliati in un sottile lenzuolo, Malfoy aveva addosso diverse coperte, dalle quali spuntavano soltanto la testa e un braccio dal polso fasciato, che, dedusse, doveva essersi slogato o rotto cadendo dalla scopa. Sembrava piuttosto inquieto, vista la fronte aggrottata e l'appena percettibile movimento degli occhi sotto le palpebre, e Hermione dovette reprimere l'istinto di accarezzargli la mano scoperta per calmarlo.
Quando aveva cominciato a desiderare di poterlo tranquillizzare anziché girargli al largo per evitare di subire le sue angherie?
Prima che potesse davvero formulare coerentemente quel pensiero, Malfoy si mosse e lei fece un passo indietro, temendo di averlo svegliato. Lui, però, non aprì gli occhi e incominciò a gemere piano, affiancando ai sottili lamenti un brusco movimento della mano fasciata, che strinse forte attorno a una coperta.
«No», mormorò angosciato, muovendo la testa da una parte all'altra, come se stesse tentando di scacciare un pensiero o di svegliarsi da un brutto sogno.
«Non posso farlo», si lamentò di nuovo, agitandosi ancora di più.
«Malfoy?», lo chiamò Hermione, intuendo che svegliarlo avrebbe significato salvarlo da un incubo.
«No!», strillò più forte lui, tanto che qualcuno dei pazienti si voltò a guardarlo.
Anche Tiger si svegliò. «Ci risiamo», borbottò infastidito.
«Malfoy!», urlò Hermione scuotendolo piano, ma lui non accennava ad aprire gli occhi.
Lui gridò ancora e lei gli afferrò le spalle, scrollandolo con più decisione. «Svegliati!»
Malfoy si mise a sedere di scatto e, nel farlo, quasi le diede una testata. Quel movimento dovette provocargli una fitta di dolore, perché fece una smorfia e poi si sforzò di mettere a fuoco quello che aveva intorno. Hermione si rese conto di non aver nessuna giustificazione per essere lì e rimase immobile al suo posto.
Lui la vide, ma non disse nulla. Parlò, invece, al suo amico, con voce completamente atona. «Torna a dormire, Tiger», gli ordinò piatto.
«Non è facile se tu strilli come una Mandragola», disse burbero lui, voltandosi dall'altra parte per dargli le spalle. Malfoy attese che riprendesse a russare, prima di rivolgerle la parola.
«Che ci fai qui?», chiese in tono troppo stanco per essere veramente ostile.
Perfino in un letto d'ospedale, pallido come un lenzuolo, con qualche osso rotto e terribili occhiaie sul volto, Draco Malfoy era capace di mantenere i suoi fastidiosissimi ma dignitosi atteggiamenti snob.
«Volevo solo sapere come stavi», rispose lei cauta.
«Sto bene», tagliò corto lui. «Adesso puoi andartene.»
Lei sbuffò, ma per la prima volta sentì di essersi meritata quell'ostilità. «Ho letto con attenzione le caratteristiche della Dyslexia e ho capito che non mi hai dato nessun filtro d'amore», ammise tutto d'un fiato. Forse avrebbe dovuto scusarsi per il modo in cui l'aveva aggredito o almeno ammettere il proprio errore, ma non le riuscì di mettere da parte il proprio orgoglio fino a quel punto.
«Non avrei dovuto accusarti», disse con naturalezza. Poi, senza attendere oltre, gli diede le spalle e fece per andarsene, ma una mano gelida le afferrò il polso. Allungato sul proprio letto nel tentativo di trattenerla, Malfoy si ritrasse di scatto non appena si accorse che lei si era irrigidita al contatto con la sua pelle fredda, ma il suo sguardo severo la catturò con altrettanta efficacia.
«Ne eri sicura», le disse piano in una semplice allusione, come se fosse una domanda, più che un'accusa o un tentativo di insistere sul suo errore. Lei annuì e i suoi occhi si illuminarono di trionfo, poi si lasciò ricadere all'indietro sul cuscino e si concesse un sorriso.
«Hai mantenuto la promessa», mormorò poi, cambiando discorso.
«Naturalmente.»
«Nobile spirito Grifondoro», commentò lui, con un'inflessione ironica nella voce.
Hermione alzò gli occhi al cielo. «Ti lascio riposare», dichiarò, costringendosi ad andare via.
«Ci vediamo, Mezzosangue», disse mentre lei si allontanava.
E Hermione si lasciò sfuggire un sorriso, pensando che il tono con cui aveva pronunciato quelle parole, forse, l'aveva già sentito.
Te lo chiederò ogni volta.
No, non doveva pensarci.
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Guardian è una canzone di Alanis Morissette del 2012. Significa guardiano e si riferisce ai Patronus che i ragazzi tentano di evocare e all'atteggiamento protettivo di Harry nei confronti di Ginny e di Hermione nei confronti di Malfoy.
Note
Per quanto riguarda il Patronus di Hermione, anche se nei libri, tra i membri dell'ES, è stata la prima ad evocarlo perfettamente, secondo Harry, il Patronus era l'unico incantesimo con cui Hermione ebbe molta difficoltà in tutta la sua vita, quindi mi è sembrato plausibile ipotizzare che potesse essere colpa del suo atteggiamento a volte eccessivamente riflessivo.
Inoltre, sempre nei libri, Luna inizia a commentare le partite di Quidditch in maniera piuttosto stravagante, ma io ho preferito impedirglielo a priori!
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