Capitolo 12 - Understanding (Wash it all away)
Can't wash it all away,
Can't wish it all away,
Can't cry it all away,
Can't scratch it all away.
Understanding (Wash it all away) - Evanescence
Il tavolo dei Grifondoro, a colazione, era sempre animato da un chiacchiericcio allegro e dalle risate degli studenti. Quella mattina, Hermione si sentiva particolarmente serena e, per la gioia di Harry, ascoltò attentamente mentre lui esponeva la terribile novità del giorno.
«Hagrid mi ha mandato un gufo per farmi sapere che Aragog sta male», stava spiegando. «Gli si sono irrigidite le zampe e continua a rifiutare il cibo. Deve aver contratto qualche malattia.»
«Meglio così», intervenne Ron, che dal canto suo non sembrava minimamente intenzionato a rifiutare il suo toast imburrato. «Almeno non correremo più il rischio che voglia mangiare noi.»
«Hagrid è davvero giù di morale», proseguì Harry, ignorando l'amico. «Dice che non riesce ad aiutarlo in nessun modo e ha paura che possa morire presto.»
«E qual è la cattiva notizia?», domandò Ron, guadagnandosi le occhiate furiose di Harry e Hermione.
«Harry io non so molto delle Acromantule», ammise la strega, un po' in difficoltà. «Solo quello che ho letto in tre o quattro libri. Magari se potessi vederlo...»
«Assolutamente no», sbottò Ron, che evidentemente aveva ancora ben chiaro il ricordo dell'ultimo incontro con l'aracnide gigante e la sua numerosa progenie.
«Ehm, forse Ron ha ragione, non è una buona idea», convenne Harry. «Vorrei poter aiutare Hagrid, ma davvero non è il caso di rischiare di farci ammazzare. Non più del solito, intendo.»
Hermione scrollò le spalle. «Farò qualche ricerca in biblioteca.»
«Grande!», esclamò Harry, stringendole una spalla in un gesto affettuoso. Ron grugnì, preferendo probabilmente che Aragog fosse lasciato al suo destino, poi prese a parlare di Quidditch con Seamus.
«Sai, per un po' ho creduto che avessi qualche problema di cui non volevi parlarci», disse Harry a Hermione, approfittando della distrazione dell'amico. Non la guardava negli occhi, chiaramente a disagio. «Poi Ginny mi ha fatto notare che magari volevi soltanto tenere per te qualche novità che avresti preferito condividere con una ragazza, piuttosto che con me e Ron.»
Lei si accigliò, senza capire dove volesse arrivare.
«E ha suggerito che potesse trattarsi di un ragazzo», concluse imbarazzato da quei discorsi. «Insomma, io volevo solo dirti che, per qualsiasi cosa, tu avrai sempre il nostro appoggio, anche se non ti va di parlarcene apertamente.»
Hermione sorrise intenerita da quelle parole e abbracciò l'amico, che si limitò a batterle goffamente una mano sulla schiena.
«Grazie, Harry», disse semplicemente, senza perdere però la convinzione che c'erano ragazzi che lui e Ron non avrebbero mai approvato.
«Figurati, Hermione, gli amici servono a questo. Forse non sentirai mai Ron fare un discorso del genere, ma non perché non ti voglia bene, anzi. È solo un po' geloso che qualcuno ti porti via da noi.»
Lei annuì. «E tu?»
«Be'...», iniziò il ragazzo, di nuovo imbarazzato.
Hermione rise apertamente. «Non essere sciocco, Harry. Nessuno mi porterà via da voi.»
Lui abbozzò un sorriso e lasciò cadere il discorso, rilassandosi visibilmente.
«E così è stata di Ginny l'idea, eh?», insisté la ragazza, lanciando un'occhiata al tavolo dei Corvonero, dove Ginny si era momentaneamente spostata per fare colazione con Luna.
Harry arrossì ancora e Hermione si sentì leggermente in colpa per averglielo chiesto.
«Sì», confermò lui. «Ieri era particolarmente allegra, forse perché aveva appena saputo che Dean e la Greengrass si erano lasciati, quindi ha deciso di rivolgermi di nuovo la parola», spiegò, un po' triste.
«Perché non ti parlava?», si arrischiò a chiedere.
Harry scrollò le spalle. «Solite cose.»
Hermione afferrò al volo e sbuffò. «Sai essere piuttosto irritante, Harry», gli fece notare, spingendolo a guardarla con aria perplessa. «Soprattutto perché ormai anche i Gargoyle sanno che lei ti piace quanto tu piaci a lei.»
Harry Potter divenne più rosso dei capelli della ragazza in questione ed Hermione dovette trattenere una risata.
«Dimmi un solo motivo per cui ritieni sia meglio evitare di stare con lei. E non osare affermare di volerla proteggere», aggiunse in tono duro, improvvisamente consapevole che le ragioni fondate per voler evitare di sviluppare un simile interesse per una persona erano ben altre.
Lui sospirò. «Non lo so più, Hermione», mormorò. «La gente intorno a me rischia continuamente la vita», le ricordò.
«La gente rischia la vita comunque, Harry», replicò lei, alludendo agli attacchi dei Mangiamorte. «E ti ricordo che se non fosse stato per te, che eri al suo fianco nel momento in cui ha davvero rischiato la vita, Ginny a quest'ora sarebbe morta.»
Harry sussultò, mentre gli tornava alla mente ciò che era accaduto al secondo anno.
«Vado in biblioteca a prendere qualche libro sulle Acromantule, ci vediamo a lezione», lo salutò, schioccandogli un affettuoso bacio sulla guancia e lasciandolo solo a riflettere su quello che si erano detti.
***
The pain that grips you,
The fear that binds you,
Releases life in me, In our mutual.
Shame we hide our eyes,
To blind them from the truth,
That finds a way from who we are.
Understanding (Wash it all away) - Evanescence
Draco Malfoy e Daphne Greengrass non erano mai stati particolarmente amici. Perlopiù, avevano passato gli anni di scuola a farsi gli affari propri, senza darsi fastidio a vicenda. Tuttavia, avevano sempre nutrito una sorta di rispetto l'uno per l'altra per via delle svariate cose che li accomunavano, tra le quali figurava anche un certo Serpeverde, al quale tenevano entrambi, sebbene non fossero disposti ad ammetterlo ad alta voce neanche sotto Cruciatus.
Ma nella Casa di Salazar, avere un alleato – perché era questo che Daphne era per Draco, nei momenti di difficoltà – era un vantaggio da non sottovalutare.
La natura di quell'alleanza si tradusse, quando Malfoy giunse al tavolo per la colazione, in un'occhiata così carica di compassione che lui quasi inorridì.
«Buongiorno», disse ad alta voce, mentre si sedeva al solito posto a fianco a Blaise.
Quest'ultimo non solo fu l'unico a non rispondere al suo saluto, ma non lo degnò neanche di uno sguardo.
Parecchie teste, al contrario, si volsero a guardare Draco, forse sperando che avrebbero finalmente conosciuto la ragione per la quale Blaise Zabini sembrava fuori di sé. Il ragazzo, infatti, aveva un'espressione pressoché inquietante. Se fosse stato arrabbiato o irritato, il suo viso avrebbe comunque tradito qualche forma di emozione, ma lui era soltanto spaventosamente calmo. Era tranquillo e controllato, ma allo stesso tempo fremeva di una collera così repressa che qualcuno avrebbe potuto pensare che sarebbe bastato pochissimo per farlo esplodere. Draco, invece, che conosceva l'amico da molto più tempo, sapeva che la cosa peggiore non era la sua rara rabbia esplosiva, ma il placido autocontrollo che stava sfoggiando in quel momento.
E probabilmente lo sapeva anche Daphne, per questo l'aveva guardato come se stesse per andare incontro al Wizengamot.
«Blaise...», iniziò piano Draco, attento a non sconvolgere l'apparente equilibrio.
Zabini si voltò a guardarlo lentamente e gli rivolse un'occhiata glaciale.
«Draco», sibilò in tono fermo. «Sembri turbato, amico mio», concluse enfatizzando quell'appellativo.
Malfoy sospirò. «Senti...»
«Non c'è bisogno di spiegazioni», lo interruppe Blaise, mentre un mormorio cresceva attorno a loro, segno che i compagni di Casa iniziavano a seguire quel confronto. «Ti ho già detto di non insultare la mia intelligenza, viscido manipolatore.»
Il mormorio si trasformò in una vera e propria serie di voci concitate, alcune delle quali si interrogavano sui motivi di quella discussione, altre invece sulle possibili soluzioni.
«Lo sfiderà a duello», sussurrò qualcuno.
«Ma Malfoy vincerebbe!»
«Neanche lui avrebbe una possibilità contro quel Zabini.»
Mentre Blaise tornava a concentrarsi sulla colazione, Draco riportò lo sguardo davanti a sé, incontrando quello interrogativo – e preoccupato – di Daphne.
Le fece cenno di stare tranquilla e prese a sorseggiare il caffè, certo che all'amico sarebbe stato sufficiente un po' di tempo per sbollire la rabbia.
Non era difficile immaginare come, quella mattina, fosse venuto a conoscenza della rottura tra Daphne e Dean Thomas, risalente a due giorni prima e che Draco gli aveva promesso in cambio dell'aiuto durante la lezione di Astronomia. Sul piano formale, in realtà, entrambi avevano ottenuto quello che volevano. Che Malfoy non fosse direttamente responsabile della parte di accordo che aveva soddisfatto Zabini era solo un dettaglio. Draco, tuttavia, avvertiva uno strano disagio, che poteva avere lontanamente a che fare con il senso di colpa. Così, quando Daphne e Pansy si alzarono per lasciare il tavolo, provò di nuovo a rivolgergli la parola.
«Credevo che saresti stato contento di ricevere la bella notizia», grugnì, invitandolo tacitamente a sfogare la rabbia.
«Oh, ma lo sono», rispose lui con calma, voltandosi a guardarlo. Draco notò che sembrava già meno irritato, ma colse nel suo sguardo una luce che lo indusse a preoccuparsi. «Ed è solo per questo che non ti ho ancora Schiantato.»
Malfoy fece un mezzo sorriso. «Ma che fortuna!», esclamò ironico.
«Certo, converrai che fingere di volerti impegnare per me quando sapevi benissimo che non ce n'era bisogno è stata una mossa piuttosto meschina», gli fece notare.
Draco annuì. «Assolutamente. Mi ritengo un degno studente di Salazar», aggiunse, arrischiandosi a provocarlo.
«Te ne do atto», concordò Blaise. «Ma ti avevo già rammentato che anch'io appartengo ai Serpeverde, mio caro. Quello che non posso perdonarti è che tu mi abbia nascosto la verità sin dal mattino, quando non ne avevi motivo, per poterla usare successivamente contro di me.»
Malfoy si irrigidì. Proprio mentre cominciava a credere che la rabbia dell'amico stesse scemando, considerando la discussione alleggerita dal suo tono talmente formale da rasentare l'ironia, Draco intuì di aver commesso un errore di valutazione. Colse, nella fredda cortesia delle sue parole, un barlume di quella furia che aveva immediatamente visto appena l'aveva incontrato e di cui si era, a poco a poco, quasi dimenticato. Adesso, invece, interpretò diversamente l'inflessione distaccata del suo discorso, assimilandola alla falsità con cui erano soliti rivolgersi tra loro i maghi che aveva frequentato suo padre e con cui, suo malgrado, aveva dovuto avere a che fare nel corso degli anni, imparando che, secondo quell'ottica, le formalità erano l'aspetto più importante di una relazione interpersonale.
Devi sempre sapere come comportarti, Draco. Non importa che tu sia confuso, perplesso o in disaccordo, i tuoi modi dovranno essere sempre impeccabili. Mai vacillare, mai lasciar trasparire emozioni forti.
Quando suo padre aveva pronunciato quelle parole, Draco le aveva accolte come il più sacro dei consigli, rintracciando in esse la profonda essenza del nome dei Malfoy. E quando aveva compreso quanto fosse complicato non lasciarsi sopraffare da se stesso, si era detto che la difficoltà di mettere in pratica il suggerimento di Lucius Malfoy non faceva altro che dimostrarne l'importanza.
Soltanto quando sua madre gli aveva insegnato cosa significava essere un Black, oltre che un Malfoy, aveva compreso che l'assoluta malleabilità di suo padre non era altro che una completa mancanza di forma. E se a lui riusciva facile nascondere l'impeto delle proprie opinioni personali era chiaramente perché, nonostante quelle fossero radicate nella profondità del suo stesso essere, non erano mosse da alcuna passione.
Non avere paura di vacillare o di lasciar trasparire emozioni forti, gli aveva sussurrato Narcissa, riprendendo le parole del marito. Tenta sempre di dissimulare, ma sii consapevole di quanto la natura umana sia di per sé rivelatrice. Cogli negli altri quello che cerchi di nascondere in te stesso.
Draco aveva imparato presto la differenza tra suo padre, che continuava a suggerirgli di non avere debolezze per non lasciarsi attaccare da altri, e sua madre, che gli aveva mostrato come vedere le debolezze altrui, per difendersi e contrattaccare. E aveva capito, con il tempo, che non esisteva un modo per non essere mai vulnerabili e che il consiglio più saggio era, quindi, quello di Narcissa.
Blaise doveva aver intuito la natura dei suoi pensieri, perché lo stava scrutando con un'aria più rilassata.
«La sofferenza ama la compagnia», lo citò Draco, prima che lui aprisse bocca, solo per rendersi conto che quell'espressione sintetizzava alla perfezione il rassicurante egoismo che l'aveva spinto a non rivelare la buona notizia all'amico.
«Comprendo», fece lui, tranquillo. «Così come sono sicuro che tu capirai le mie ragioni, che mi spingono ovviamente a pareggiare i conti.»
Prima che Draco potesse domandargli di cosa stesse parlando, il suo sguardo cadde sulla Granger, che stava abbracciando lo Sfregiato in maniera un po' troppo amichevole. Una serie di macchie nere iniziò ad offuscare quel quadretto e per un istante si domandò se non fosse una reazione spontanea del suo cervello che si rifiutava di continuare ad assistere alla scena.
«Con la facilità con cui ho messo le mani sul tuo caffè non mi stupisco che qualcuno riesca a somministrarti regolarmente una pozione che ti faccia avere gli incubi», sussurrò Blaise al suo fianco.
L'ultima immagine che Draco vide – e che suo malgrado gli rimase impressa sulla retina – fu quella della Mezzosangue che schioccava un bacio sulla guancia di Potter.
Zabini gli aveva sciolto una Caramella Buiopesto nel caffè.
***
That's the way the human mind works.
Whenever something is too unpleasant,
to shameful for us to entertain, we reject it.
We erase it from our memories.
But the imprint is always there.
Understanding (Wash it all away) – Evanescence
Hermione chiuse l'ennesimo volume sulle Creature Magiche e passò al successivo, sperando di avere maggiore fortuna. Fino a quel momento, aveva semplicemente scoperto che non era raro che le Acromantule diventassero cieche, con il passare del tempo. Non aveva trovato accenni a zampe irrigidite o carenza di appetito, ma voleva davvero aiutare Hagrid, così non si arrese.
All'improvviso, un lampo dorato attraversò il suo campo visivo e la spinse a sollevare lo sguardo dal libro che teneva in grembo, per spostarlo sul boccino d'oro che le volava placidamente a fianco.
«Non toccarlo, Hermione!», gridò Harry dal campo di Quidditch, mentre era impegnato a correggere uno schema che vedeva i Cacciatori allinearsi per passarsi agevolmente la Pluffa.
Lei non rispose – dubitava che Harry l'avrebbe sentita, concentrato com'era – e ignorò il boccino che le svolazzava intorno. Ginny aveva insistito perché quel pomeriggio andasse a vedere l'allenamento della squadra, nonostante lei avesse provato a spiegarle più volte che aveva delle ricerche da fare. Alla fine, la piccola Weasley le aveva concesso di portarsi dei libri sugli spalti, purché si trovasse lì. Hermione ne comprese il motivo quando, una volta che Harry ebbe annunciato una pausa, la vide volare nella sua direzione, per poi smontare dalla scopa proprio accanto a lei.
«Non ci credo», fece Ginny, sedendosi al suo fianco, «stai davvero studiando anche ora!»
«Ti avevo detto che avevo delle ricerche da fare», puntualizzò la ragazza.
Lei liquidò il discorso con un gesto della mano, poi chiuse con un colpo secco il libro che stava sfogliando.
«C'è una cosa di cui voglio parlarti, Hermione», disse in tono serio, guardandola con un'espressione incredibilmente simile a quella che assumeva Molly quando doveva fare un discorso alla famiglia. «Perfino Harry e Ron avevano iniziato a sospettare qualcosa, ma io ho detto loro che se fosse stato vero che avevi iniziato a frequentare qualcuno non era a loro che avresti voluto farlo sapere.»
Hermione deglutì e annuì, ricordando le parole di Harry di quella mattina.
«Quello che non capisco», proseguì Ginny, «è perché non hai voluto parlarne con me», concluse con sguardo triste.
Hermione sentì lo stomaco stringersi al pensiero di averla ferita. La piccola Weasley aveva l'aria di chi sa già tutto, ma niente suggeriva che volesse giudicarla male per quello che aveva capito. Il che ingigantì il senso di colpa di Hermione.
«Però lo rispetto, naturalmente», fece Ginny decisa. «E non staremmo facendo questo discorso se non fosse che in quanto tua amica devo metterti in guardia.»
«Ginny...», iniziò Hermione, senza sapere bene cosa replicare.
Che avrebbe dovuto dire? Che il Malfoy con cui era andata a letto e che aveva incontrato la sera prima non era lo stesso che aveva tormentato tutti loro per tanti anni? Sarebbe stata una bugia. Perché invece lui era proprio quella persona e lei non avrebbe mai dovuto lasciarsi andare a quell'inspiegabile attrazione.
«Non voglio sembrarti invadente, Hermione», disse Ginny. «Ma non ho potuto fare a meno di notare alcune cose. Mi era sembrato insolito che volessi assistere alla partita tra Corvonero e Serpeverde, ma poi ho capito chi ti interessava quando ti ho visto parlare con lui alla festa.»
Hermione arrossì violentemente e non ebbe neanche il coraggio di negare.
«Ma devo dirtelo», proseguì la rossa. «So per certo che a lui piace un'altra.»
La testa di Hermione si svuotò di colpo. Non si domandò chi fosse la ragazza in questione, né come facesse Ginny a saperlo. La sua mente vagava confusamente tra la rabbia per aver permesso a se stessa di illudersi e un sentimento più nuovo, un fastidio immotivato e forse irrazionale, ma di cui proprio non riusciva a liberarsi: la gelosia.
«Immaginavo che non lo sapessi», mormorò Ginny, cogliendo qualcosa nella sua espressione. «Ma vedi, è almeno dall'anno scorso che va dietro a Katie, non credo che...»
«Katie?», la interruppe Hermione, riscuotendosi. «Katie Bell?»
E da quando Malfoy era disposto a mettere da parte la faida con i Grifondoro per una ragazza?
Poi ricordò che l'aveva fatto per lei, indipendentemente dalla natura delle sue intenzioni.
Iniziò a domandarsi se nella famiglia di Katie fossero tutti maghi Purosangue, ma Ginny la strappò dalle sue riflessioni.
«Capisco perché ti piace, in fondo è un bel ragazzo. Non pensavo di averti mai dato l'impressione che ti avrei giudicato male solo perché appartiene a un'altra Casa», aggiunse risentita. «Dopotutto Terry è una brava persona.»
Terry?
«Chi?»
Ginny si accigliò. «Terry Steeval.»
Hermione sbatté le palpebre un paio di volte, quasi come se quel gesto potesse mettere ordine tra i pensieri che le vorticavano nella testa. Terry Steeval. Un ragazzo di un'altra Casa, qualcuno con cui aveva parlato alla festa. La partita tra Corvonero e Serpeverde.
«Oh mio Dio!», esclamò alla fine. «No, Ginny, hai frainteso», si affrettò a dire, improvvisamente sollevata. «Non si tratta di Terry.»
«No, infatti», convenne mentre il sorriso le si spegneva sulle labbra a mano a mano che metteva insieme le informazioni che aveva, arrivando forse alla conclusione giusta.
Un ragazzo di un'altra Casa, qualcuno con cui aveva parlato alla festa. La partita tra Corvonero e Serpeverde.
Hermione non aveva negato nessuna di quelle cose.
Qualcuno che non si sarebbe mai interessato a Katie Bell, qualcuno di cui non avrebbe voluto parlare nemmeno con la sua più cara amica.
Ginny le rivolse uno sguardo spento. «Non si tratta di Terry.»
***
We're supposed to try and be real.
And I feel alone, and we're not together.
And that is real.
Understanding (Wash it all away) - Evanescence
Draco entrò nel proprio dormitorio intenzionato a concedersi un'oretta di sonno prima di cena. Molti dei suoi compagni approfittavano di quel tempo libero per starsene in Sala Comune, per uscire un po' o per coltivare i propri interessi, ma lui era troppo stanco per fare alcunché. Così, quando entrando nella stanza trovò Blaise intento a leggere un libro mentre coccolava distrattamente King, non si curò neanche di recuperare la lettera di sua madre dalle zampe del barbagianni e si diresse senza indugio verso il proprio letto.
«Ciao a te», lo salutò Zabini, senza sollevare lo sguardo. «Non mi sorprende che King preferisca me, visto quanto sei acido.»
Draco grugnì una risposta antipatica, avvalorando la sua tesi. Aveva passato la mattinata in infermeria a sopportare le insistenti cure di Madama Chips, che l'aveva ampiamente rimproverato per la sua sbadataggine.
Ma tu e il signor Zabini imparerete mai a distinguere quelle diavolerie dalle normali caramelle?
Quando finalmente aveva recuperato la vista, era già troppo tardi per togliersi dalla mente l'immagine della Mezzosangue così insopportabilmente vicina a Potter, quindi aveva ripreso a frequentare le lezioni con un palese malumore che qualcuno doveva aver attribuito alla discussione con Blaise. L'amico, da parte sua, sembrava assolutamente tranquillo e non nel modo inquietante di quella mattina. Pareggiati i conti, pareva aver ripreso a sopportarlo pazientemente, senza lamentarsi troppo.
«Hai intenzione di poltrire fino a ora di cena?», gli domandò distrattamente, mentre Draco gettava la camicia su una sedia e sollevava le coperte.
«Dipende, se dovessi riuscire a dormire sul serio potrei anche saltarla la cen... Che diavolo è quest'affare?»
Blaise gli prestò attenzione solo perché King aveva preso ad agitarsi a fianco a lui. Inarcò un sopracciglio e si alzò dal proprio letto, mentre il barbagianni batteva le ali, inquieto.
Tra le coperte verdi di Draco, un serpente sottile, dai colori accesi e lungo almeno un metro, si muoveva lentamente, aggrovigliandosi tra le lenzuola.
«Se proprio vuoi continuare a frequentare Cura delle Creature Magiche almeno non portare i compiti nel mio letto», si lamentò Draco, infastidito dall'ospite inatteso, ma non particolarmente sorpreso. Non sarebbe stata la prima volta che l'amico portava nella loro camera qualche bestia particolare.
«Non è mio», tagliò corto Blaise, studiando con interesse l'animale. «Da rosso a nero amico sincero, da rosso a giallo uccide un cavallo», mormorò sottovoce.
«Cosa?», fece Draco perplesso.
«Non toccarlo, è velenoso», spiegò Zabini, estraendo la bacchetta.
Malfoy fece un passo indietro. «Mi sembrava uno di quegli innocui serpentelli in cui ci imbattiamo di tanto in tanto al limitare della Foresta Proibita.»
«I colori della sua pelle non sono quelli giusti.»
«E questo che significa?»
Blaise tornò ad aprire il volume che aveva poco prima tra le braccia, sfogliandolo velocemente, per poi richiuderlo insoddisfatto. «Devo fare qualche ricerca. Ricordo di aver letto qualcosa a proposito di serpenti inoffensivi che mutano la pelle e diventano velenosi, ma avrei bisogno di ritrovare il libro giusto.»
Draco, che era rimasto a fissare l'intruso con la bacchetta tra le mani, soppesò la creatura, la cui unica colpa pareva essere quella di avergli rubato il posto tra le coperte, cercando di convincersi che fosse velenosa. «E come ci è finito nel mio letto?»
King si agitò per richiamare l'attenzione di Blaise, ma quest'ultimo lo ignorò, più interessato a tirare fuori svariati libri sulle Creature Magiche. Nel frattempo, Draco valutò l'ipotesi di far evanescere il pericolo, ma Zabini lo fermò con un gesto della mano ed estrasse un oggetto microscopico dalla borsa.
«Engorgio», scandì puntando la bacchetta contro quella che si rivelò essere una gabbietta di vetro. Poi fece levitare il serpente con un incantesimo e ce lo infilò dentro per intrappolarlo.
«Se ho ragione», disse rispondendo finalmente alla sua domanda, «qualcuno l'ha messo lì di proposito.»
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Understanding (Wash it all away) è una canzone degli Evanescence del 2003. La traduzione letterale è Comprensione (Lava via tutto) e si riferisce al momento in cui Ginny realizza quale sia il reale interesse di Hermione. Il sottotitolo e le prime parole della canzone sono quella che io considero una verità assoluta: "Le risposte vengono trattenute nel profondo della mente, coscientemente vengono dimenticate, così funziona la mente umana: quando qualcosa è troppo spiacevole, troppo vergognoso da affrontare, viene negato, viene cancellato dai nostri ricordi. Ma l'impronta è sempre lì."
È un po' quello che Hermione fa con Draco. Ma l'impronta è sempre lì.
Note
Al sesto anno nei libri, Aragog muore e Harry lo scopre per caso quando è sotto l'effetto della Felix Felicis. Qui è diverso, Hagrid manda un messaggio a Harry per dirgli che Aragog sta male. Non approfondisco per non spoilerare, ma ne saprete di più nei capitoli successivi!
Per quanto riguarda le parole che Blaise pronuncia alla vista del serpente, si tratta di una filastrocca per distinguere gli innocui falsi coralli dal serpente corallo vero e proprio, che è velenoso. La creatura della storia, però, è di mia invenzione. Ho solo preso in prestito alcune caratteristiche di rettili realmente esistenti, ma ancora una volta, per non spoilerare, rimando le spiegazioni ai capitoli successivi.
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