Capitolo 10 - Misery Loves Company


Misery loves company,
And company loves more,
More loves everybody else,
But the hell is others.

Misery Loves Company – Emilie Autumn


Draco rientrò nella Sala Comune aspettandosi di trovarla deserta. Era abbastanza tardi perché i suoi compagni fossero a letto o alla festa, quindi contava di starsene elegantemente stravaccato su un divano davanti al camino a cercare di riscaldarsi come meglio poteva.

Purtroppo per lui, il posto tanto agognato di fronte al fuoco era già stato preso da ben due occupanti: un mago e un gufo, come se fossero amiconi da sempre, si godevano il piacevole tepore, discorrendo del più e del meno. O meglio, Blaise Zabini parlava e King, il barbagianni di Narcissa Malfoy, tollerava pazientemente le sue chiacchiere, guadagnandosi qualche carezza affettuosa.

Quando si accorse del nuovo arrivato, Blaise si voltò a guardarlo.

«Ricevi posta a orari assurdi», disse a mo' di saluto.

Draco non rispose, ma si avvicinò al gufo e tentò di prendere la lettera che portava attaccata alle zampe. «Perché non sei alla festa?», gli domandò.

Zabini scrollò le spalle. «Tu, invece?»

Malfoy pensò che se l'amico non gli aveva risposto, neanche lui era tenuto a farlo, quindi lo ignorò e prese a scorrere rapidamente con gli occhi il breve messaggio di sua madre, sperando in qualche buona notizia.

«L'hai vista, non è vero?»

Il tono basso e leggermente accusatorio che Blaise aveva usato lo distolse dalla missiva, costringendolo ad affrontarlo. «Che vorresti dire?»

«Sei distratto. Passi più tempo a pensare a come attirare l'attenzione della Granger che a cercare la persona che probabilmente tenterà di ucciderti», lo accusò Zabini.

«E se ti sbagliassi?», suggerì Draco. «Magari sto facendo le mie ricerche ma non ti ho informato perché non so se posso fidarmi di te.»

«Non insultare la mia intelligenza, Draco Malfoy», ribatté l'altro. «Se avessi voluto ucciderti l'avrei già fatto e tu neanche ti saresti accorto che tramavo contro di te, visto che sei così...»

«...distratto, ho capito. Sono solo stanco, Blaise. Lo sai che non dormo.»

Draco bruciò la pergamena che aveva tra le mani, gettandola nel camino. King non era ancora andato via, non perché aspettava che lui gli consegnasse una risposta, ma perché la porta del sotterraneo era chiusa e non aveva modo di uscire.

«E hai cercato di capirne il motivo?», chiese Zabini. «Non puoi sottovalutare i sogni che fai.»

«Sembri la Cooman», lo prese in giro Draco. «Pensi forse che dovrei ampliare la mente

«Mi basterebbe che iniziassi a usarla, ma evidentemente il tuo sangue non riesce a irrorare contemporaneamente il cervello e quello che ti ritrovi in mezzo alle gambe.»

«Piantala, Blaise.»

Lui si alzò dal divano su cui era seduto, suscitando le proteste di King, che sembrava essersi piacevolmente abituato alle sue attenzioni. «Ho forse torto?», lo provocò. «Sei andato a letto con la Mezzosangue.»

Draco sostenne il suo sguardo, impassibile. «Non vedo il nesso.»

«Sei attratto da lei», decretò Blaise, ignorando la sua osservazione. «Ammettilo.»

«Qual è il problema? Non puoi negare che crescendo sia diventata piuttosto bella.»

«È questo che ti ripeti quando la ragione si ribella contro di te?»

«Vaffanculo, Zabini», lo liquidò Draco, avviandosi a grandi passi verso la porta. La aprì e King ne approfittò per uscire, poi la richiuse talmente in fretta che quasi intrappolò una delle ali dell'animale. «La volevo e ci sono andato a letto. È stata solo una notte.»

Blaise lo guardò fisso per qualche istante, come per cogliere qualche indizio nascosto nella sua espressione.

«Bugiardo», sentenziò.

«Bugiarda», le aveva detto Draco, quando la Mezzosangue si era voltata per andarsene, dichiarando di voler dimenticare. Lei aveva continuato a dargli le spalle, ma non si era mossa e lui aveva creduto che sarebbero rimasti in quella posizione per ore, perché nessuno dei due avrebbe aggiunto altro.

«Ancora non mi hai risposto», aveva detto invece lei. Draco aveva stretto gli occhi, arrabbiato e insieme eccitato per quel suo caratterino insopportabilmente tenace.

Quando la Granger si era girata a guardarlo, lui le aveva letto negli occhi la debolezza che cercava e se non fosse stato tanto euforico per quella vittoria, avrebbe quasi potuto sentirsi sollevato.

«L'hai stuzzicata», continuò imperterrito Zabini.

Draco si avvicinò al camino. «Lei mi ha provocato.»

«E ti ha fatto piacere. Tu vuoi che ti dia corda, perché ti diverti a giocare con lei...»

«E se anche fosse?»

«... anche a costo di perdere, questo è insolito. Ti irrita più di chiunque altro, qualsiasi cosa dica o faccia ti colpisce.»

«Smettila.»

«Lei ti intriga. Non ti rende le cose facili e la sfida ti eccita tanto quanto il suo corpo.»

«Blaise...»

«Ammettilo, ormai è da tempo che hai smesso di tormentarla per ferirla e hai iniziato a farlo per il semplice gusto di trastullarti con lei.»

«Maledizione, ma perché diavolo ti interessa tanto?», urlò esasperato.

Zabini lo guardò compiaciuto, come se la sua reazione esagerata fosse la più chiara delle conferme. Aveva fatto centro. «La sofferenza ama la compagnia», rispose dopo diversi secondi.

Draco sbatté le palpebre. «E questo che significa?»

«È un proverbio babbano», rispose l'altro. «Vuol dire che ci si sente meglio a realizzare che qualcun altro conosce il tuo stesso tormento.»

Malfoy si passò una mano sul viso, per non lasciarsi andare a una risata nervosa. «Sei soddisfatto, adesso?»

Lui esibì un enorme sorriso. «Mentirei se ti dicessi che mi dispiace per te. La verità è che mi sento decisamente meglio.»

Draco lo guardò e soppesò la possibilità di cambiare discorso. «Potresti averla, sai?», disse piano. «Potresti riprendertela.»

«Daphne sta con Dean Thomas solo per infastidire me», rispose Blaise tranquillamente.

Lui si accigliò. «Non per contraddire la tua teoria Blaisecentrica dell'Universo Magico, ma non potrebbe essere semplicemente interessata a lui?»

«Solo perché ti sei preso una cotta per quella Mezzosangue...»

«Io non...»

«...non sei giustificato a pensare che tutti possano perdere il senno in questo modo», concluse Blaise interrompendo le sue proteste. «Daphne non è ancora impazzita del tutto.»

Draco si accigliò. «Se è impazzita abbastanza da frequentare Dean Thomas solo per infastidire te, ti assicuro che non è poco.»

Zabini scrollò le spalle. «È abituata a ottenere senza problemi quello che vuole e poi si annoia subito. Se non l'ha ancora mollato è perché spera di stuzzicare me.»

«E tu sii magnanimo e accontentala», suggerì con un mezzo sorriso. «Lo vuoi anche tu.»

«Dimmi un po'», replicò Blaise pensieroso, «come ti senti adesso che hai avuto la Granger? Ti basta?»

Il sorriso di Draco si spense. Neanche sotto Cruciatus avrebbe ammesso l'origine di quel desiderio, ma non poteva negare che, nonostante l'avesse soddisfatto per una notte, quello bruciava ancora dentro di lui, consumandolo dall'interno.

«No», rispose Blaise per lui. «Ma sei fortunato, la Granger non è come Daphne, non è una che si concede facilmente e poi si stanca di quelli che si porta a letto.»

«Stai dando della puttana alla ragazza di cui dici di essere innamorato», gli fece notare.

«Sto riconoscendo la verità, cosa che invece tu non fai», replicò. «Ma tu azzardati di nuovo a usare la parola puttana riferendoti a Daphne e giuro che ti Impastoio e poi ti Crucio.»

Draco rise, incassando quella minaccia senza ribellarsi, conscio di essersela meritata. «Come sono caduto in basso», si lamentò. «Mi sono ridotto ad accettare consigli da te sulle femmine.»

«Se tutto va bene, ti impedirò di combinare un disastro», fece Blaise. «Mi ringrazierai dopo.»

«Non so di cosa parli», ribatté sogghignando.

«Del fatto che tu vuoi lei», precisò Zabini, candidamente.

«Lei è solo un'insopportabile Mezzosangue saccente», gli fece notare.

«Che ti sei scopato più che volentieri.»

«Che mi fa un certo effetto... a livello fisico», lo corresse Draco.

«Sai, se lo riconoscessi sarebbe tutto più semplice. Lei ti piace e non solo perché ha delle belle gambe. Fai un favore a te stesso e smettila di negarlo, non hai idea di quanto ci si senta liberi ad ammetterlo.»

Draco rise ancora. «Parli per esperienza?»

«Può darsi», rispose Zabini, fingendo noncuranza.

«Lei mi odia, com'è giusto che sia», disse con calma. «E la cosa dovrebbe essere reciproca.»

«Certo, ti odia tanto da venire a letto con te», ribatté Blaise.

«Te l'ho detto», ripeté Draco alzandosi, intenzionato ad andarsene a dormire per troncare quella conversazione, «è stata solo una cosa fisica.»

«Sei un idiota», sentenziò l'amico. «E sei anche stupidamente testardo.»

«Ho una reputazione da mantenere», gli fece notare con un sorriso poco convinto. «E comunque se prima non mi disprezzava abbastanza da impedirsi di venire a letto con me, stai pur certo che ora non succederà più.»

Blaise lo guardò incamminarsi in direzione del dormitorio, improvvisamente incupito. «Che diavolo hai fatto?»


***


I'm not for you, you're not for me,
I'll kill you first, you wait and see,
A devil undercover.
You're not a prince, you're not a friend,
You're just a child and in the end,
You're one more selfish lover.

Misery Loves Company – Emilie Autumn


Una volta tornata nel dormitorio, Hermione indossò il pigiama e si infilò nel proprio letto senza neanche controllare se le sue compagne di stanza si trovassero dietro le tende dei loro baldacchini o se invece avesse la camera tutta per sé. Sentiva il fastidiosissimo e infantile bisogno di piangere, ma non avrebbe permesso a se stessa di versare neanche una sola lacrima per qualcuno che l'aveva sempre disprezzata.

«Tu mi disprezzi», gli aveva fatto notare quando lui, per l'ennesima volta aveva evitato la sua domanda. A quella obiezione, Malfoy non si era minimamente scomposto, anzi, aveva continuato a fissarla come se avesse qualcosa scritto in faccia in una lingua che lui non capiva.

«Non mi pare di aver mostrato disprezzo, l'altra notte», aveva ribattuto con calma.

Hermione si era irrigidita mentre riaffioravano, come semplice conseguenza di quelle parole, dettagli che avrebbe voluto dimenticare. Poi l'aveva guardato dritto in faccia e quasi si era stupita dell'effetto che le facevano le sue labbra leggermente schiuse.

«Allora dimmi quello che vuoi.»

Hermione si premette il cuscino sulla testa mentre il ricordo di quello che si erano detti poco prima minacciava di tenerla sveglia tutta la notte. Non aveva niente di cui rimproverarsi, lo sapeva. Aveva avuto un momento di debolezza e ceduto a un desiderio puramente fisico, ma al momento di affrontare la realtà non si era tirata indietro, pretendendo la verità, qualunque essa fosse.

«Voglio che tu abbia bisogno di me», aveva risposto lui, con lo sguardo acceso, «che il mio nome sia quello che ti viene spontaneo pronunciare quando pongo a te la stessa domanda. Ho avuto il tuo corpo e ora voglio la tua mente, i tuoi pensieri, i tuoi sogni. Voglio tutto di te.»

Sentendogli pronunciare quelle parole, per la prima volta, Hermione aveva avuto paura di lui.

Si costrinse a deglutire nella speranza di sciogliere il nodo che aveva in gola, ma quando un singhiozzo parve voler venire fuori, lasciò perdere e si accontentò di concentrarsi sul proprio respiro. Draco Malfoy l'aveva usata, com'era tipico di lui, e lei aveva alimentato le sue aspirazioni di conquista e reso più stimolante il perverso gioco che aveva costruito, ponendosi come una preda a cui sarebbe stato interessante dare la caccia. Ricordava ancora l'esatto momento di quel giorno a Hogsmeade in cui lui le aveva promesso un regolamento di conti, pianificando già, probabilmente, il modo in cui avrebbe potuto sedurla e invadere i suoi pensieri.

Non saresti dovuta intervenire.

Lei non si spettava di certo un ringraziamento, ma neanche per un secondo aveva pensato di aver fatto male ad aiutarlo.

Che c'è, ti dà fastidio aver avuto bisogno di una Mezzosangue come me?

L'aveva provocato, beandosi della consapevolezza di essere nella posizione di farlo, spingendolo a riconoscersi suo debitore, stuzzicando il suo orgoglio e suscitando la sua ira.

Farò in modo di pareggiare i conti, Mezzosangue.

E adesso non poteva fare altro che riconoscere la maestria con cui aveva progettato la sua vendetta, tessendo quella tela di inganni che lei aveva sottovalutato, pensando che si sarebbe accontentato di farle bere la Dyslexia e di vederla capitolare, bisognosa dell'antidoto.

Ora, invece, le appariva chiaro l'intero schema, a partire da quel bacio richiesto quasi alla leggera, in cui aveva riversato tutto il fascino tipico delle creature pericolose, che attraevano le prede ingenue per poi circuirle e farle prigioniere. E dopo era stato ancora più bravo a mostrarsi desideroso quanto lei, convincendola di essere in preda alla libidine, e l'aveva avuta per una notte intera, la sua prima volta, quella che avrebbe dovuto essere meravigliosa per lei e di cui lei, con sommo disappunto, non riusciva ancora a pentirsi. Le era piaciuto, non poteva negarlo, e forse – si permise di credere – qualcosa era sfuggito di mano anche a lui, perché era sembrato davvero coinvolto. Si costrinse a pensare che se lui aveva tratto ciò che gli interessava da quello che era successo, lei poteva fare altrettanto, godendosi il ricordo della sensazione di essere bella, desiderata, concedendosi di immaginare che fosse stato vero, anche solo per quella notte.

Mentre faceva queste considerazioni, scivolò in un sonno piacevole ma agitato, in cui mani fredde e pallide la accarezzavano, labbra morbide tacevano le cattiverie che erano solite pronunciare per dedicarsi ad altro e lei, confusa e frustrata, sentì finalmente una lacrima sfuggirle dagli occhi, senza però essere in grado di decifrare quali emozioni, tra rabbia, umiliazione e dispiacere, stesse portando con sé.


***


Do I need you? Yes and no.
Do I want you? Maybe so.
You're getting warm,
You're getting warm.

Misery Loves Company – Emilie Autumn


Draco scrutò attentamente la professoressa Charity Burbage sospesa nell'aria davanti a lui. In un primo momento aveva pensato che l'avessero Schiantata per evitare che protestasse, ma poi si era reso conto che era più probabile che avesse perso i sensi mentre la torturavano. Sua zia camminava avanti e indietro per il salotto, consumandolo a grandi passi in attesa che lui si sbrigasse a concludere la faccenda, mentre sua madre lo guardava impassibile.

«Coraggio, Draco, non abbiamo tutto il giorno», stava dicendo suo padre. «Deve essere morta prima che lui ritorni.»

La professoressa si agitò leggermente davanti a lui. Forse era sveglia e l'aveva sentito.

«Perché devo farlo io?», domandò esitante, la bacchetta stretta tra le dita, estranea come mai prima d'ora.

«Devi prendere parte a tutto questo, figlio mio», sussurrò Lucius, stringendogli la spalla.

Draco deglutì, gli occhi puntati sulla donna davanti a sé. «Non posso farlo», disse, senza però abbassare la bacchetta.

«Certo che puoi», ribatté suo padre. «Rendimi orgoglioso. Scegli che tipo di uomo vuoi essere.»

Draco spostò lo sguardo su sua madre, che lo fissava immobile e inespressiva, ma sul suo volto lui colse l'unica cosa che avrebbe potuto dargli la forza di fare quello che stava per fare: la certezza che lei lo avrebbe sostenuto e protetto in ogni caso.

Abbassò la bacchetta. «Non posso.»

Lucius lo guardò disgustato. «Avada Kedavra.»


Draco scattò a sedere e quasi sbatté contro Blaise, chino su di lui.

«Stavo per svegliarti», disse l'amico, tiratosi indietro appena in tempo per non farsi colpire. «Parlavi nel sonno da almeno un quarto d'ora, non ti sopportavo più.»

Draco si strofinò gli occhi cercando di cancellare il lampo verde che gli sembrava di avere impresso sulla retina, ma che sapeva essere un prodotto del suo subconscio. In quel sogno, spesso finiva per uccidere la professoressa, oppure suo padre, anziché portare a termine il compito al posto suo, scagliava l'Anatema contro di lui.

Gettò le gambe fuori dal letto e si alzò, trascinandosi dietro le coperte.

«E adesso dove vai?», domandò perplesso Zabini.

«Camino», borbottò infreddolito.

Blaise lo raggiunse nella Sala Comune proprio mentre lui estraeva la bacchetta per accendere il fuoco. La mano gli tremava e dovette tentare più di una volta – rischiando anche di incendiare il tappeto – fino a che Zabini intervenne per farlo al posto suo. Draco gli rivolse un'occhiata di traverso, ma non aveva la forza di iniziare a discutere perché lo trattava come un bambino.

«Sei ghiacciato», osservò inutilmente Blaise, sedendosi a fianco a lui.

«Direi proprio che c'è qualcosa che non va», replicò Draco, visto che pareva il momento di dire ovvietà.

«Potrebbe essere un incantesimo», suppose. «O una pozione. Ci hai pensato?»

«Sì», rispose Draco. «Sicuramente non è normale. Di solito l'insonnia si cura con dei filtri e ne esistono altri che inducono allucinazioni, quindi credo che un incantesimo sia meno probabile di una pozione. Oltretutto va avanti da un po' e non mi pare abbia perso efficacia.»

Blaise considerò attentamente quell'ipotesi. «Se è come dici tu, affinché l'effetto rimanga inalterato, deve trattarsi di qualcosa che assumi regolarmente. Questo significa che qualcuno ti sta praticamente avvelenando i pasti. Potrebbe addirittura ucciderti lentamente.»

«Madama Chips pensa che io sia stressato», disse con un sorriso nervoso. «Mi ha dato dei maledetti sonniferi.»

«Quelli potrei prenderli io per dormire indisturbato mentre tu strepiti nel sonno.»

«Molto divertente. Comunque ho fatto qualche ricerca», disse lasciandosi sfuggire un sorriso al ricordo della mattina in cui aveva incontrato la Mezzosangue in biblioteca che, per informarsi sulla Dyslexia, stava sfogliando il libro che serviva a lui. «Ho trovato alcune pozioni che inducono incubi, ma nessuna di esse è insapore e in quel caso mi sarei accorto che qualcosa non andava. Deve essere artigianale o poco conosciuta. Probabilmente c'è di mezzo qualche forma di magia oscura.»

«Parlami dei sogni», fece Blaise tranquillamente.

Malfoy lo guardò di traverso. «Ma fai sul serio?»

L'amico ricambiò il suo sguardo rimanendo impassibile. «Curiosità accademica. Magari mi viene in mente qualcosa.»

Draco sbuffò, ma dovette riconoscere che non aveva tutti i torti. «Si tratta di ricordi», iniziò. «Sono tutti avvenimenti accaduti, recenti e non, decisamente spiacevoli. A volte seguono il reale svolgimento dei fatti, altre no.»

«Per esempio?»

Lui attese qualche istante prima di rispondere, cercando di raccogliere le idee. «Hai sentito della scomparsa della Burbage?»

Blaise annuì. «So che è morta.»

Draco non si sorprese di sentirglielo dire. La madre di Blaise era stata molto vicina a diversi seguaci del Signore Oscuro, senza mai lasciarsi coinvolgere direttamente in quello che facevano. Per quanto ne sapeva lui, la donna trascorreva spesso periodi molto lunghi in Italia, soprattutto mentre il figlio era a scuola, tenendosi il più lontano possibile dalla guerra, ma assicurandosi di ottenere sempre tutte le informazioni necessarie a mantenere un certo vantaggio.

La conoscenza è potere, diceva sempre Blaise, quando parlava di lei.

«L'hanno portata a casa mia dopo averla rapita», spiegò Draco. «Mio padre voleva che la uccidessi io. Nel sogno di stanotte, io ho esitato e lui l'ha fatto al posto mio. In altre occasioni, invece, ho obbedito. In altre ancora, lui era così disgustato da uccidere me anziché lei.»

«E nella realtà com'è andata?»

Draco scrollò le spalle. «È morta, Blaise.»

Lui evitò di insistere.

«In più, ho sempre freddo. Sono congelato e mi sento come se non potessi più essere sereno. È la sensazione più simile all'attacco di un Dissennatore che abbia mai provato», aggiunse, «e non riesco a evocare un Patronus.»

«Forse dovresti chiedere aiuto al professor Piton», propose Blaise.

Draco scosse la testa. «Non credo che questa cosa mi ucciderà. Se dovesse peggiorare, mi rivolgerò a lui, ma preferirei evitare di dargli una scusa per usare la Legilimanzia su di me.»

«Non mi sembra un buon motivo per rischiare.»

Malfoy sbuffò. «Stiamo cercando qualcuno dei nostri, Blaise. Sai che è così. Se si dovesse scoprire che Piton mi aiuta...»

«...farebbe una brutta fine. Questo ha più senso. Non starai diventando altruista, Malfoy?»

Lui alzò gli occhi al soffitto. «Sto solo cercando di evitare di bruciare la copertura dell'unico mago qui a scuola che potrebbe davvero aiutarmi.»

Blaise tornò improvvisamente serio. «Devi trovarlo in fretta.»

Draco lo sapeva, doveva scoprire di chi si trattava prima che la persona in questione decidesse di preoccuparsi di meno di non dare nell'occhio e lo uccidesse nel sonno. «Mi aiuterai?», domandò con leggerezza.

«Lo sto già facendo, mi pare», replicò lui, accigliato.

Draco fece un mezzo sorriso. «Bel rischio, che ti sei preso», osservò sogghignando. «Non starai diventando altruista, Zabini?»



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Misery Loves Company è una canzone di Emilie Autumn del 2006. La traduzione letterale è La sofferenza ama la compagnia, che è l'espressione che usa Blaise in questo capitolo, affermando che si tratta di un proverbio babbano. Ed effettivamente è così, si tratta di un modo di dire inglese, che corrisponde più o meno al nostro "Mal comune, mezzo gaudio". Ho scelto di utilizzarne la traduzione letterale sia per mantenere il collegamento con la canzone, sia perché trovo che abbia una sfumatura un po' più cruda, più Serpeverde.


Note

Nei libri della Rowling, la professoressa Burbage viene catturata dai Mangiamorte e uccisa da Voldemort nell'estate successiva al sesto anno di Harry, quindi diversi mesi dopo la mia ff. Tuttavia, considerando un contesto in cui la guerra avanza più rapidamente, mi è sembrato plausibile immaginare che fosse già stata catturata e che il Signore Oscuro avesse ordinato a Draco di ucciderla.

Per quanto riguarda il discorso tra Draco e Blaise su filtri e pozioni che inducono allucinazioni o curano l'insonnia, non mi pare ci sia niente a questo proposito nei libri, quindi ho semplicemente immaginato che si trattasse di qualcosa che si otteneva più facilmente con una pozione che con un incantesimo.

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