Potenza

Quando riprendiamo forma, una forte musica risuona nelle nostre orecchie.
Siamo in una stanza buia, con un vociare che impazzisce alle nostre spalle. Una tenda di velluto è posta a chiusura di una porta. Io e James siamo petto contro petto, le nostre mani unite all'altezza delle labbra. Sciogliamo immediatamente la presa, scostandoci.
"Ma dove siamo?" dico, iniziando a tastare le pareti intorno a me, andando un po' alla cieca in una tale oscurità.
James tira un grosso respiro, scostando la tenda di velluto che produce un rumore secco. L'apertura da su una sala imbandita a centro ricreativo, con soldati seduti ai propri tavoli e donne in piedi che danzano al centro della pista, con i loro vestitini che svolazzano a suon di piroette. Percorrendo la mano sulla parete incontro una cordicina che afferro e tiro verso il basso. Una minuscola lucetta brilla sopra di noi, illuminando il resto del ripostiglio in cui siamo finiti. Sollevo la testa verso il soffito e ha tutta l'impressione di esere un arco a volta dalle misure ridotte. "Incredibile" dice James, guardandosi attorno. Attaccato alla parete di fronte i nostri occhi c'è un'asta metallica a cui sono appese alcune gruccie, in parte vuote.
Sfioro con le dita i pochi vestiti appesi. C'è una gonna morbida beige incastrata tra una camicetta bianca e una giacca da uomo verde scuro.
James vede il proprio vestiario, la giacca che ha addosso con le spalline prorompenti e alcune decorazioni totalmente barocche gli impreziosiscono il petto muscoloso. Fortunatamente ha perso quel berretto osceno. Vedo il mio completo, il vestito pomposo che ho dovuto indossare. Io e James ci guardiamo, storcendo la bocca.
"Non possiamo rimanere qui dentro finché Nicholas non ripara l'arco."
"Rose, a proposito di questo.." dice la voce del mio Ricevitore nell'orecchio. "Avrei un serio bisogno di riposarmi."
"Ah."
"Che dice?" domanda James, mentre già lo vedo sbottonarsi la giacca che indossa. Ingoio a vuoto. Il suo petto è vicinissimo al mio, lo spazio è angusto e il suo fiato soffia contro la mia fronte.
"Che ha bisogno di dormire, per cui non so per quanto resteremo qui."
"Bene" dice James senza scomporsi più di tanto.
"Bene" risponde Nicholas, "buonanotte." Sento il nostro contatto uditivo interrompersi.
"Allora divertiamoci" dice all'improvviso James. Si sfila la giacca, facendola scorrere lungo le sue braccia muscolose. I suoi pettorali mi sono così vicini che potrei persino sfiorarli con il naso.. Scuoto la testa.
Poi però ripenso a quanto abbia detto. "Cosa? Divertiamoci?"
James annuisce, poi si sporge ancora di più su di me e ho pensato per un secondo che stesse per baciarmi, ma poi passa il suo braccio alle mie spalle per recuperare la giacca verde scuro appesa alla gruccia. Se la infila, muovendo malamente le braccia. (Gli va persino un po' piccola, ma non glielo dico.)
"Oh, in questo senso.." dico, girandomi per prendere la gonna dall'appendino. Gli faccio un segno con le dita della mano. "Ruotati."
"Ma non ce la faccio, è troppo stretto qui dentro!"
"Non tanto da non farti girare dall'altra parte. Muoviti."
Alza gli occhi al cielo e si gira. Mi sfilo subito il vestito, lasciandolo ai miei piedi, poi mi accovaccio per infilare le gambe oltre l'elastico della gonna. E' strettissima, quasi non mi supera i fianchi. Maledette donne magre quanto l'asta della scopa che mia nonna usava per pulire a terra. Era un tipo un po' all'antica, lei. Preferiva le scope per pulire a terra, piuttosto che i piccoli robot che avevano comprato tutti.
Mi giro e prendo la camicetta bianca, abbottonandola  e infilandola oltre il bordo della gonna. Mi scuoto i capelli biondi - che schifo, li sento sporchi - e picchietto la schiena di James. "Usciamo da qui" dico. Lui annuisce con il capo e scuote la tenda, uscendo da quel ripostiglio. Appena prima però di abbandonarlo, tiro la cordicina e spengo la luce.
Il salone in cui entriamo è illuminato, con la gente che continua a danzare.
Mi sento a disagio con questo vestiario - forse perché ho ancora i peli sulle ginocchia.
Preferirei morire, al momento.
Ma faccio in modo di non pensarci, dopotutto all'epoca non si depilavano. Pensiamo a Frida Kahlo, per esempio. Se lei ha avuto il coraggio di uscire di casa con le sopracciglie cespugliose e i baffi scuri sul labbro superiore, perché dovrei vergognarmi io che, almeno, ho il viso privo di quegli obbrobri?
Ci inoltriamo nell'ambiente, con gli uomini che fumano ai loro tavoli e l'atmosfera della stanza satura di volute di fumo che rendono l'atmosfera quasi sognante, dai contorni sfumati. Mi bruciano persino un po' gli occhi, a causa di tutta questa foschia.
"Nicholas non mi ha detto nemmeno dove siamo" dico, guardandomi attorno. Alcune ragazze lanciano strane occhiate a James e mi verrebbe di prenderle a pugni.
Ma solo per farle girare, intendiamoci.
Non è carino guardare insistentemente qualcuno.
James si accosta al mio orecchio mentre ci avviamo piano verso un bancone. "Guarda i loro abiti" mi dice, osservando contemporaneamente gli uomini seduti ai tavoli. "Vedi bene le loro divise."
Sono interamente vestiti di verde scuro, con i fucili legati alla schiena, le scarpe nere ai piedi e una bandana legata intorno al collo. Hanno tutti rigorosamente i baffi e il pizzetto sul mento, oltre che una sigaretta sulle labbra pendenti.
I loro abiti..
Sono così- "Simili ai miei" risponde James ad alta voce. "Sono partigiani" dice, guardandoli e facendo apparire un sorriso sulle sue labbra carnose. Ha ragione. "Devo andare da loro."
"Cosa?"
"Devo chiedere come stanno messe le cose! Sono italiani, Rose, come me!"
"Sì, ma-"
"Potremmo essere così vicini" dice, avvicinando pollice ed indice della stessa mano tanto da indicare una separazione minuscola, "al mio tempo."
Si scosta dal mio fianco, avvicinandosi ad un tavolo in cui tre uomini confabulano tra di loro. Si abbassa su di loro, appoggiando una mano alla spalliera della prima sedia e tenendola stretta tra le dita. Vedo gli offrano una sigaretta che James trattiene tra le dita, aspetta che gliela accendano e se la infila tra le labbra carnose. Rilascia il fumo lentamente, sollevando la testa di lato mentre ascolta gli uomini rispondergli a qualcosa che James ha detto e che non sono riuscita a sentire.
Musica del cazzo.
"Che spettacolo" dice una voce al mio fianco e mi giro quasi spaventata. Una ragazza accanto a me da le spalle al bancone e mi guarda sorridendo.
"Chi?" le chiedo, e lei indica il tavolo su cui James è inchinato. Ha di nuovo la sigaretta tra le dita, gli occhi socchiusi e il sorriso sulle labbra. Scoppia a ridere e porta la testa all'indietro.
"Oh" rispondo, stringendo le labbra. "Ti riferisci a quello seduto?" Svio il discorso.
Le mi da un leggero buffetto sulla spalla. "Ma che! Mi riferisco a quello in piedi." Infila anche lei la sigaretta tra le labbra. "Lo conosci?"
"Si chiama James" le dico, sorridendo. All'improvviso il mio compagno di viaggio mi guarda e mi indica con l'indice, portando i suoi amici a guardare nella stessa direzione. Avvampo.
"Oddio, ci indicano!" esclama la ragazza al mio fianco, portando un braccio sotto al seno e l'altro sollevato, con la sigaretta tra le dita.
Indica me, vorrei dirle, ma non lo faccio. Preferisco vedere la sua espressione delusa quando lo vedrà avvicinarsi a me con il suo passo lento, il suo petto ampio, il suo viso angelico e leggermente coperto da uno strato di barba.. Scuoto la testa.
Heiderose, smettila.
Non fare l'idiota.
Gli uomini seduti al tavolo ci salutano con un gesto del capo ed io mi mordo il labbro inferiore. Certo che all'epoca il flirt saturava l'aria più di quanto facesse il fumo emesso dalle labbra di tutti.
James saluta i suoi compagni con una pacca sulla spalla, poi infila di nuovo la sigaretta tra le labbra e viene verso di me.
Ma poi la ragazza al mio fianco si interpone e gli appoggia una mano sul petto. "Ciao."
James solleva un sopracciglio, ma poi le sorride con un angolo delle labbra. "Ehm, ciao."
"Balla con me" dice la ragazza, spegnendo la sigaretta nel posacenere sul bancone e afferrando la mano di James. Il partigiano mi lancia un'occhiata, ma poi scrolla le spalle.
Lo odio.
Li vedo danzare sulla pista, sorridendo tra loro mentre lui le dice chissà cosa.
Stringo la mascella, poi un uomo si avvicina al mio fianco e si abbassa sul mio orecchio. "Sola soletta?" chiede.
Mi giro a guardarlo. Ha i capelli biondi, gli occhi azzurri e i denti più bianchi che abbia mai visto. "Veramente no" rispondo, indicando la coppia al centro della pista che sembra si stia divertendo più del dovuto. "Sono con lui."
"Ma lui non è con te" appura l'uomo. "Perché mai dovrebbe lasciarti da sola, per una come Angelica?"
"Angelica?" chiedo e capisco si stia riferendo alla ragazza con cui James sta ballando.
"Sì. Che, devo dire, di angelico ha ben poco."
L'ho già sentita questa frase.
Significa che il signorino qui presente ha studiato l'Orlando furioso.
E sì, conosco perfettamente l'opera.
Nei miei primi giorni a Nova Historia Nicholas ed io abbiamo sbagliato entrambi a capire come funzionasse l'orologio intertemporale, e così mi sono ritrovata nel millecinquecento, davanti a Ludovico Ariosto mentre si batteva da solo le mani per aver trovato il nome paradossale giusto per il suo personaggio femminile.
"Perché mai?" chiedo, registrando tutti i miei dettagli con il display al mio polso. L'orologio ciondola contro il mio petto.
"Perché è stata con tutti gli uomini di questa sala tranne quei due ragazzi lì" dice, indicando due giovani appena entrati nel locale.
Lo guardo, sollevando un sopracciglio. "Quindi è stata anche con lei" dico, sorridendo. Lui solleva semplicemente le spalle. "Dunque nemmeno lei è così angelico, dopotutto."
"Non ho mai detto di esserlo." Mi porge una mano, indicandola con lo sguardo. "So che lei è con quel giovane lì, ma mi darebbe comunque il piacere di danzare con me?"
Stringo le labbra in un sorriso. "Non so nemmeno il suo nome."
"Abbiamo tre minuti di canzone per saperlo" dice e afferra la mia mano, trascinandomi in pista. Mi stringe una mano intorno al fianco, l'altra la solleva, iniziando ad ondeggiare a ritmo della musica.
"Già le dico che non so i passi di questo ballo."
"Nemmeno io" mi risponde e scoppiamo a ridere. "Comunque mi chiamo Giacomo. E lei, signorina?"
Che destino infame.
Giacomo non è forse la versione italiana del nome di James?
Guardo il mio compagno di viaggio sorridere alla ragazza, poi mi rigiro verso l'uomo con cui sto ballando. "Rose."
"Mh" mugugna, "un'inglese tra noi."
"Veramente no, sono-" Cazzo no, non posso dire ad un partigiano italiano che sono tedesca. "-americana" dico infine.
Giacomo sorride. Ed è davvero un bellissimo ragazzo. "Siamo alleati" risponde.
Annuisco, facendo un piccolo saltello. "Sì."
"Le piacerebbe essere mia alleata anche altrove?"
Mi immobilizzo. "In che senso?"
Lui scuote le spalle. "In giro per la città. E' una bella serata, dopotutto."
"Oh, già. La città. Dov'è che ci troviamo esattamente?"
Giacomo solleva un sopracciglio. "Mi prende in giro?"
Scuoto prontamente la testa. "No, no. E' solo che tutto questo fumo mi ha dato un po' alla testa."
Giacomo sorride, mordendosi poi il labbro. "Farò finta di crederle. Siamo a Potenza, comunque, e procedendo di questo passo arriveremo a Roma tra un paio di giorni al massimo. Faremo cadere questo regime bastardo."
Sorrido stringendo le labbra. "Sono pienamente d'accordo con lei."
All'improvviso una mano picchietta contro la mia spalla e Giacomo si blocca, tenendomi ancora stretta a sè. Mi giro e noto James sorridermi. "Credo sia il mio turno, ora."
"Oh, pensavo tu e Angelica vi steste divertendo" dico, stringendo le labbra.
La ragazza in questione si avvicina, squadrandomi. Ha i capelli rossi che le scendono morbidi sul petto, gli occhi verdi e una spruzzata di lentiggini sulle guance.
Un bel livido intorno all'occhio ci starebbe benissimo, non trovate?
"Scommetto le hai parlato di me, Giacomo" dice, guardando il ragazzo che finalmente mi lascia andare. In un attimo, la mia mano è stretta in quella calda di James.
"Non oserei mai" dice lui, sollevando le braccia in un segno di resa. Mi saluta, prendendo poi Angelica per il braccio e andando verso il bancone delle birre. James mi tira a sè e ci ritroviamo improvvisamente a danzare a suono di musica. Non ha più la sigaretta alle labbra. Il taglio al labbro inferiore sta rimarginando, mentre il livido intorno all'occhio è ancora visibile.
"Siamo a Potenza" dice, senza chiedermi prima perché fossi stata con Giacomo. D'altronde, che gli importa? Non avrebbe alcuna ragione di farmi una paternale. "Potremmo arrivare a Brindisi facilmente, dovremmo rimediare un autobus, o un treno, o una macchina!"
"Ma io non ho la certezza che il luogo in cui ti ho trovato fosse Brindisi. Eri in un bosco, ricordi?"
Lui storce la bocca, appoggiando entrambe le mani sui miei fianchi. Sento la sua presa farsi più salda intorno a me. Faccio passare le mie braccia intorno al suo collo e i suoi capelli neri mi solleticano la pelle.
"Hai ragione. Non c'è un bosco a Brindisi."
Appoggio una mano sulla sua guancia resa ispida dalla barba. "Tranquillo, okay? Ce la faremo."
Lui annuisce, regalandomi un bellissimo sorriso. La musica che stanno eseguendo è davvero molto lenta, ondeggiamo sulla pista molto piano, quasi facendo durare un passo mille anni.
James mi stringe ancora di più a sè, portandomi ad appoggiare la testa sul suo petto. Sento il suo cuore battere al di sotto del tessuto della giacca, il suo respiro regolare e il petto che si gonfia piano.
Sento i suoi capelli solleticarmi la guancia.
Le mie mani si fanno incredibilmente fredde.
"Vuoi sapere una cosa?" mi dice, scostandomi leggermente per vedermi negli occhi. "Quegli uomini seduti al tavolo mi hanno dato dei soldi."
"Davvero?"
"Sì! Hanno creduto io facessi parte della loro squadra di spedizione e ho finto di aver finito il denaro."
"Ora ti si fanno le gambe corte e il naso lungo, per questa bugia."
James alza gli occhi al cielo. "Ma sta' zitta, e ringraziami soprattutto. Stanotte dormiamo decentemente!"
Sorrido, riappoggiando poi la testa contro il suo petto ampio.
Mi sto rilassando così tanto che quasi mi dimentico di essere lontana da casa mia e dal mio tempo, di non sapere se riuscirò a tornare, nè di cosa ne sarà della mia vita una volta a Nova Historia. E soprattutto, quasi mi dimentico di come sia stata la mia vita senza quest'avventura, senza James.
"Comunque" mi dice lui, abbassando la testa tanto da solleticarmi la pelle del collo con il suo alito. Rabbrividisco. "Mi sarebbe piaciuto ballare con te fin da subito, se quella tipa non mi avesse afferrato tra le sue grinfie."
"Tranquillo, non sono stata da sola" gli rispondo, scherzando.
Lui solleva le sopracciglia, ridendo. "Fidati, l'ho notato benissimo."
Dopodiché rimaniamo in silenzio per almeno un'altra canzone, quando all'improvviso un ragazzo ci passa accanto urlando, con il braccio proteso in avanti e il viso deformato in un sorriso esagerato. "Vieni qua!" dice, inseguendo un altro tipo con un boccale pieno di birra stretto in mano. "Giusè, ridammelo subito!"
E' un attimo.
Un solo istante.
James si immobilizza, tenendomi stretta a sè. Sollevo la testa per guardarlo negli occhi e riconosco nel suo sguardo la trance in cui di solito cade quando ha un ricordo, qualcosa che gli torni improvvisamente in mente con una potenza tale da quasi spingerlo a prendere piena consapevolezza della sua realtà.
Gli appoggio una mano sulla guancia per richiamarlo. "James?"
Non sono sicura neppure mi stia sentendo.
Ha gli occhi persi sul ragazzo urlante di poco prima, quasi come se lo riconoscesse.
Lo richiamo un'altra volta, dolcemente.
Quando abbassa lo sguardo su di me, so che mi sta vedendo.
So che ha scoperto qualcosa che lo atterrisce e lo entusiasma allo stesso tempo.
Lo noto nella strana inclinazione che ha assunto la sua bocca.
I suoi occhi si illuminano.
Quasi brillano di fronte la bellezza della scoperta.
"Giuseppe" soffia contro la mia fronte. "Io mi chiamo Giuseppe."

Abbiamo subito abbandonato il locale, girato un po' per le vie di Potenza fin quando non abbiamo trovato un hotel in cui stare per una sola notte.
La camera che ci hanno dato è una doppia, con un letto matrimoniale posto nel centro e un muro bianco tutto intorno. C'è una sola finestra alla parete, attraverso la quale vediamo le vie della città dal secondo piano in cui siamo situati.
James - o meglio, Giuseppe ormai - si toglie la giacca, lasciandola su una sedia in legno posta accanto al suo letto. E' il primo che si fa la doccia. "Mi raccomando" gli urlo dietro, "accertati di non ustionarti di nuovo la pelle!"
Sulla sedia affianco al letto sono appoggiate le lire restanti e che sono avanzata dal pagamento - anticipato - della stanza d'albergo, insieme anche al pantalone di James. Le mutande sono l'unica cosa che si è portato dietro in bagno.
Mi siedo sul bordo del letto, facendo dondolare i piedi.
Sarà strano chiamarlo con il suo vero nome.
Piano a piano sta recuperando la sua vita passata, tanti minuscoli dettagli che gli fanno ricordare chi sia.
Quasi mi dispiace, a dir la verità.
Non perché lui stia avendo lentamente indietro la sua memoria, ma perché si sta affievolendo quel piccolo legame che ci tiene legati, quell'unione intima che ho sentito quando gli ho dato il nome di James.
Riappropriandosi della sua identità, mi fa direttamente pensare che l'unica cosa che lo tenga legato a me stia scomparendo.
Però non posso non essere felice per lui.
Quando esce dal bagno, ha un asciugamano appoggiato sulle spalle e i boxer addosso.
Si indica la stanza alle sue spalle. "Tocca a te."
Gli sorrido ed entro in bagno, spogliandomi e appoggiando la biancheria sul water. Domani piuttosto che mangiare, andiamo a comprare qualcosa di pulito. Assolutamente.
Quando sento l'acqua calda scorrermi sulla pelle, i miei nervi si ammorbidiscono e mi rilasso, pulendomi da tutta la sporcizia che ho addosso. Non dimentichiamoci che io sia stata in prigione, eh. Chissà quanti germi ho avuto addosso per tutto questo tempo.
Il bagno schiuma è profumatissimo, mi lascia la pelle freschissima. Quando chiudo l'acqua, sono in una nuvola di vapore. Prendo due asciugami dalla parete, uno per il corpo e l'altro per i capelli.
Mi asciugo rapidamente, infilandomi il reggiseno e le mutande, poi però me lo attorciglio nuovamente intorno al corpo. Apro piano la porta del bagno e faccio sporgere la testa - insieme ad enormi quantità di vapore - nell'altra stanza.
Con mia grande sorpresa, Jam-Giuseppe è infilato nel letto, coperto fin sul petto dal piumino bianco. Sorrido, così esco liberamente dal bagno e giro intorno al letto. Mi tolgo l'asciugamano dai capelli e lo appoggio sul mio cuscino, poi scosto le coperte e lascio il secondo asciugamano sul davanzale interno della finestra. Mi infilo nel letto, in sola biancheria, coprendomi fin sotto al mento.
Mi giro dall'altra parte, dando le spalle a Giuseppe.
Non mi è mai capitato di condividere un letto matrimoniale.
Solitamente ne occupo uno solo per me.
Chiudo gli occhi, imponendomi di prendere sonno, quando la voce di Giuseppe mi fa girare verso di lui. "E' stato strano, sai?" dice. Ha gli occhi aperti, fissi sul mio viso.
"Cosa?"
"Il fatto che solo sentendo il nome pronunciato da quel ragazzo mi siano venuti in mente così tanti ricordi."
"Del tipo?" chiedo, unendo le mani sotto alla mia guancia.
Ingoia a vuoto. "Mia madre che mi chiama perché il piatto è a tavola, papà che mi chiede di aiutarlo a fare... Non ricordo cosa, poi i miei amici" dice, leccandosi le labbra, "i miei amici che mi dicono di fare questo e quest'altro, i miei compagni di spedizione.. Tutti mi chiamano Giuseppe, anche con i vari diminutivi."
Sorrido. "Come ad esempio..?"
"Peppe." Scoppio a ridere e lui sorride di fronte la mia risata. "O Peppino, dipende dalla familiarità della persona."
"Ricordi i volti di tutti quelli che ti sono tornati in mente?"
Mi guarda e i suoi occhi assumono un'espressione triste che quasi mi fa chiedere se io non abbia detto qualcosa di brutto. Annusce piano. "Sì, li ricordo tutti."
"E' meraviglioso, Giuseppe."
Sorride, stringendo le labbra. Rimane in silenzio, poi all'improvviso fa uscire una mano da sotte le coperte e la appoggia sulla mia guancia, accarezzandomela piano con il pollice. "Sì" dice a bassa voce, quasi con rimpianto. Mi guarda a lungo, come a volermi imprimere nella sua mente. Il suo tocco è caldo. "Buonanotte, Rose" dice, prima di staccare la mano dal mio viso e girarsi dall'altra parte. Rimango a guardare la sua schiena prima di potergli rispondere.
"Anche a te." Poi mi giro e chiudo gli occhi, non capendo il perché del suo ultimo gesto. Ci penso a lungo, fino a quando la mia mente non si rabbuia e mi addormento.

N/A
E finalmente James si riappropria della sua vera identità. Il suo nome è Giuseppe e man mano che il tempo passi Rose sente chiaramente che le cose stanno cambiando.

Il prossimo capitolo sarà un crossover (piccolo spoiler), ovvero Giuseppe e Rose incontreranno qualcuno proveniente da un'altra delle mie storie e spero possa essere di vostro gradimento :)))

Alla prossima (e auguratemi - se volete - buona fortuna per il prossimo esame!)

Un bacione! 💜

P.s Ringraziamo tutti insieme Kaspercoffee per i bellissimi fotomontaggi che fa ❤ tvb

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