Più del sole
"Ho visto tutti i suoi video, tutte le mete raggiunte e i cambiamenti che ha apportato nella storia. Lei, signorina Berger" dice Campbell guardandomi negli occhi, "ha infranto un terzo del regolamento di Nova Historia. Lei è licenziata, con effetto immediato." Gioca con le dita della sua mano, appoggiandole sulla scrivania del suo ufficio. "Prepari i bagagli per un nuovo viaggio, e sia scrupolosa nel farli. Perché, questa volta, non tornerà."
Non c'è cosa più umiliante che essere licenziati dopo aver perseguito studi su studi per raggiungere i propri obiettivi. Ci si divide in quattro per tentare di ottenere ciò che si vuole e, dopo averla ottenuto e aver dato del proprio meglio, solo tentando di aggiustare la situazione questa precipita in modo così drastico.
Sono passati otto mesi da quel giorno.
Otto mesi da quando ho chiuso la mia terza valigia, sedendomici sopra, nel centro dell'appartamento ormai vuoto. Ho avvolto il sacco a pelo, chiudendolo e infilandolo nel mio nuovo zaino in cuoio.
Otto mesi da quando Nicholas mi ha guardato per l'ultima volta negli occhi, fuori dalla porta.
Le sue mani nelle tasche del camice, gli occhiali addossati al naso e gli occhi azzurro ghiaccio fissi per terra.
Ho messo i bagagli gli uni sugli altri su un carrello che Nova Historia mi ha prestato come regalo d'addio, così mi sono guardata alle spalle, ingoiando un boccone amaro giù per la gola.
Nicholas mi ha lasciata passare ed è rimasto lì, fermo.
In piedi nel corridoio, questa volta guardandomi negli occhi.
Non ha versato nemmeno una lacrima.
Ho notato però un briciolo di emozione sulle sue guance imporporate di rosso, nascoste sotto la spessa montatura dei suoi occhiali.
I suoi sentimenti sono un documento aperto tra me e lui, e non ho potuto fare a meno di pensarci.
Ho abbassato la testa, leccandomi le labbra.
Poi gli ho voltato le spalle, imboccando il corridoio illuminato, con gli occhi di tutti puntati addosso.
Sono passati otto mesi da quel giorno.
Otto mesi da quando Campbell mi ha fatta mettere per l'ultima volta sotto l'arco metallico, spingendomi contro il petto i fogli stampati e firmati delle dimissioni su cui purtroppo la mia firma è stato l'ultimo colpo, quello definitivo, al mio povero cuore già provato da tutto quello che mi è successo.
Nessuno è entrato per vedere il mio degrado raggiunto.
Campbell mi ha sfilato il display dal polso, il cip dall'orecchio e l'orologio da sopra la testa, stringendoli entrambi tra le dita e guardandomi con gli occhi assottigliati.
Mi sono messa sotto l'arco, aspettando che il mio Ricevitore mi spedisse via.
Nicholas era in piedi dietro il suo bancone.
La sua mano indugiava sui tasti da premere.
"Avanti, Hoult! Non abbiamo tempo da perdere" esplode il direttore.
Ho ingoiato a vuoto, serrando gli occhi.
Tempo.
Quanto poco tempo ho avuto per stare con Giuseppe, quanto troppo tempo abbiamo speso per poterlo riaccompagnare a casa.
Quanto tempo io e Nicholas abbiamo perso, inoltrandoci in problemi sempre più gravi che ci hanno portato a questo momento.
Ho riaperto gli occhi, sollevando il mento.
Nonostante io abbia sempre saputo di essere dalla parte del torto, non ho potuto sopportare che gli altri mi vedessero debole.
Nicholas ha serrato le labbra e ho visto le sue palpebre tremolare. Ho impugnato i miei bagagli, non guardando nessun altro negli occhi - nè il direttore, nè le guardie - a parte il mio Ricevitore che stava per sancire l'inizio del mio viaggio senza fine a cui sono stata condannata, in una terra sconosciuta, da sola.
E' stato messo il punto sotto questo primo paragrafo della mia vita.
E' purtroppo arrivato il momento di iniziarne uno nuovo, da capo.
Ho solo un rimpianto che mi porterò dietro per sempre.
Oltre alla mia amicizia ormai rovinata, il fatto di non aver capito i sentimenti di Nicholas e di aver deluso Giuseppe, proprio come mi aveva detto di non fare.
Ci credeva veramente che sarei potuta tornare da lui, nel passato, anche a costo di dover aspettare cinquant'anni.
Ma la mano di Nicholas che ha premuto i pulsanti mi ha strappato quella fede in cui Giuseppe aveva riposto tutto se stesso e non c'è alcun modo per poter riparare.
Sono passati otto mesi da quel giorno.
Otto mesi da quando sono arrivata a Mosca.
Un tempesta di neve mi ha colpito con una forza tale da spingermi a terra sul manto gelido che ricopriva le strade. Ho dovuto aprire le valigie e mettermi praticamente tutto addosso, cercando di ripararmi. Mi sono persino avvolta maglioni intorno alla testa. In quasi cinque minuti, il freddo si era impossessato del mio corpo e mi era entrato nelle ossa.
Ho vagato a lungo per le strade, correndo contro la neve che mi si attaccava alle guance.
Non avevo un soldo.
Niente che potesse essermi d'aiuto.
Ho bussato a diverse porte, ma nessuno osava aprirmi.
Era stato tutto così diverso con Giuseppe.
Mi giravo per controllare se qualcuno mi stesse seguendo, non mi ero ancora abituata a quel senso di solitudine.
Non conoscevo la lingua e non avevo neache un riparo.
La vita era uno schifo.
La mia fine, pensavo, era anche peggiore di quanto mai avessi potuto immaginare.
Sono entrata in un albergo finemente abbellito, con voluminosi tappeti sparsi sul pavimento, lampadari bassi, tepore accogliente e receptionist carino.
Mi sono avvicinata al suo bancone, sperando che conoscesse l'inglese.
Era biondo, con gli occhi azzurri e i tratti del viso marcati.
Mi ha sorriso.
Ed è da quel momento che il nuovo paragrafo della mia vita ha iniziato ad essere scritto.
Sono passati otto mesi e un giorno da allora.
Da quando Dmitriy mi ha proposto un contratto.
Vitto e alloggio pagati, in cambio del mio servizio in hotel.
Precisamente, la cameriera.
Non so chi sia il mio angelo custode che mi permette di avere tali fortune nella mia vita.
In ogni caso, chiunque tu sia, grazie di cuore.
Non capita mai di avere tutti questi vantaggi nella vita.
Sono le dieci di sera, i clienti dell'hotel sono ancora seduti ai tavoli. Fortunatamente ho imparato un bel po' di russo - quel tanto che basta a riconoscere le richieste degli ospiti evitando che io possa continuare a guardarli con faccia da ebete, rispondendo loro "Pizza" - quindi riesco anche ad interloquire un po' di più con gli altri membri dello staff.
E' strano che, di questi tempi, non ci siano ancora dei mezzi per facilitare le comunicazioni.
O meglio.
Che non tutte le città e i Paesi li abbiano in egual misura.
Kazimir - il cameriere del mio stesso turno - si abbassa sul mio orecchio, sussurrandomi qualcosa. "Il signore al tavolo cinque si è appena versato tutta la minestra addosso. Sbadatamente, ha colpito il piatto con il gomito."
Mi porto la mano alla bocca per mascherare le risate, poi faccio un colpo di tosse quando il maître passeggia tra i tavoli a controllare la situazione. Quando si blocca vicino al signore, solleva lo sguardo scuro e oscurato dalle folte sopracciglia nere e mi indica il tavolo. Stringo le labbra, mantenendo il vassoio tra le mani e avvicinandomi al capo sala. "Berger, aiuta il signor Ivanov a ripulirsi."
Sollevo un sopracciglio, mantenendo il vassoio con una mano sola ed estraendo dalla tasca del grembiule un panno asciutto.
Mi accovaccio, porgendolo all'uomo seduto. "Ecco a lei" dico, riprendendo il piatto riversatogli addosso e appoggiandolo sul vassoio argenteo. "Le faccio portare un nuovo piatto?" chiedo educatamente, facendo restare gli oggetti sul vassoio in equilibrio perfetto.
L'uomo allarga le narici e sbuffa rumorosamente, mentre la moglie - dall'altra parte del tavolo - lo guarda interdetta. "Al diavolo!" sbotta il signor Ivanov, spingendo indietro la sedia e gettando il panno sul tavolo. Se ne va via dal ristorante dell'albergo, sbattendo i piedi per terra.
Stringo le labbra per evitare di ridere in faccia alla signora Ivanov, così recupero il panno e faccio un lieve inchino, prima di girare i tacchi ed incontrare lo sguardo degli altri camerieri. Kazimir è piegato in due dalle risate mentre da le spalle al maître che sbraita contro lo chef per la lentezza con cui sta preparando i piatti, Magda - una biondina finlandese dai capelli quasi bianchi e una spruzzata di lentiggini sul naso - si copre la bocca per non farsi vedere e Radomir - un giovane trentenne di San Pietroburgo - tenta di sistemare le posate sul ripiano, stringendo le labbra in un vano autocontrollo.
Vado verso di loro, lasciando i piatti sul ripiano in attesa che Irina li prenda per portarli a lavare. Magda e Kazimir sono due fantastiche persone che mi hanno aiutato fin dal primo momento ad ambientarmi in questo nuovo mondo. Non sapete quanto sia difficile ricominciare tutto dall'inizio, da soli, senza un appoggio, in un posto completamente sconosciuto.
Magda conosce l'inglese, quindi mi è stata molto d'aiuto nell'apprendimento del russo. Kazimir ha tentato di tirarmi su il morale, convincendomi che qui - a Mosca - sarebbe stato tutto migliore di quello che ho lasciato a Toronto. Radomir è arrivato solo da quindici giorni, non lo conosco molto bene e poi non capitiamo mai negli stessi turni, se non poche e rarissime volte.
Ho passato Natale e Capodanno, qui, in Russia.
Con questi miei nuovi amici.
Certo, adesso che sono passati otto mesi, vedo tutto da un'altra prospettiva... Eppure, sento così tanto dolore dentro di me.
La consapevolezza di non poter riavere niente di tutto quello che ho avuto prima di arrivare qui.
I miei genitori si fanno sentire spessissimo, ma per ragioni lavorative non riescono a venirmi a trovare.
Ho solo loro tre, qui, a tenermi compagnia in questo nuovo mondo in cui fa sempre freddo.
Quando un tempo solo con Nicholas stavo bene.
Con Nicholas, e poi anche con Giuseppe.
Se solo voi sapeste quanto mi manca e quanto dolore mi porti il non essere riuscita a ritornare da lui.
Sarà sempre il mio più grande rimpianto.
Quando finisco il turno, a notte fonda, ognuno ritorna nella propria stanza.
Saluto il portinaio, il nuovo receptionist, e mi dirigo in camera mia.
La terza a sinistra, nel corridoio affianco alle cucine.
La mia camera è povera, i bagagli disordinati e vestiti sparsi un po' dappertutto.
Mi spoglio, mi faccio un breve doccia nel mio bagno privato e mi corico.
Domattina ho il turno della colazione.
Mi accoccolo sotto alle coperte e la spensieratezza cui mi inducono Magda e Kazimir svanisce di botto, quasi ingoiata dal buio in cui la stanza è caduta. Serro gli occhi, ricacciando indietro le lacrime.
Mi manca la mia vecchia vita.
Mi manca tutto, ogni singola cosa.
Cerco di vedere tutto il positivo che c'è qui, in Russia, ma niente è lontanamente simile a quello che ho dovuto lasciare a Toronto.
Con i miei nuovi amici non riuscirò mai ad essere completamente me stessa.
A loro rimarrà sempre ignota una parte di me che solo in pochi hanno potuto conoscere.
Mi addormento, sognando i miei viaggi nel tempo che mi mancano più del sole in questa grigia e triste Mosca.
E' quando sto servendo la colazione che avviene il miracolo.
Il direttore dell'albergo mi richiama nel suo ufficio e già la pelle mi si ricopre di brividi. Radomir mi guarda da sopra la spalla e solleva entrambe le sopracciglia, perplesso.
Scuoto le spalle in risposta. Lascio il vassoio sul tavolo e seguo il portinaio che mi ha dato la notizia.
L'ufficio del direttore è freddo, o sono semplicemente io che ho paura?
E' seduto al di là della sua scrivania. Mi guarda con i suoi occhi scuri, con la barba curata e il pizzetto disegnato. Mi fa segno di sedermi di fronte a lui.
Ingoio a vuoto, già pronta a scusarmi per qualsiasi cosa io abbia mai potuto fare.
Ma il direttore dell'albergo mi blocca sul nascere, sollevando una mano. Gira verso di me il computer acceso e mi indica di guardare lo schermo.
Una finestra si apre e il viso sorridente del direttore Campbell capitana tutto il monitor del pc.
Ingoio di nuovo a vuoto, non sapendo cosa aspettarmi.
E' un video registrato, per cui fortunatamente non ho di che preoccuparmi circa la mia presenza.
Il direttore dell'albergo mette play e Campbell inizia a parlare a raffica con quella sua solita voce tagliente.
"Signorina Berger! Finalmente riesco a contattarla. Ho girato attraverso tutti i collegamenti elettronici di Mosca e dintorni per poterla trovare."
Si può sapere cosa cazzo vuole? Vuole umiliarmi ancora di più?
"Potrebbe spegnere?" chiedo al direttore dell'albergo.
Lui solleva un sopracciglio, rispondendomi in un inglese forzato. "Perché dovrei? Non sa nemmeno perché le abbia mandato un video del genere."
"Spero lei stia bene, che sia in forze e pronta a riprendere in mano la sua vita" dice Campbell ed io mi immobilizzo di botto sulla sedia. Eh?
"Sono passati otto mesi ormai dal suo allontanamento da Nova Historia e.. Vuole sapere una cosa? La raccolta dei dati storici in ambito culturale e costumistico ha subìto un calo drastico del recupero rispetto a quando lei era qui."
Inizio a sgranare gli occhi. Campbell si lecca le labbra, a disagio e serio in viso.
"So che è passato già del tempo.." Sbuffa rumorosamente. "Ma finalmente mi è stata fatta capire l'importanza che lei abbia avuto in tale programma, dell'apporto che ha dato e delle scoperte effettuate. Nonostante, signorina Berger, abbiate infranto la legge e siate andate incontro alla giusta punizione per voi.. gli Archivi si sono notevolmente arricchiti grazie al vostro viaggio-infrazione. Per cui, mi chiedevo se a lei facesse piacere avere la possibilità di ritornare qui da noi."
Sento chiaramente il viso impallidire. Non starà mica succedendo quello che-
"Heiderose Berger, se lei acconsentisse, vorrei chiederle di tornare subito a Toronto per discutere sui nuovi accordi da firmare e le premesse che si debbano fare." Mi fa l'occhiolino. "Ci conto."
Il video si spegne. Scuoto la testa, girandomi verso il direttore dell'albergo. "E' uno scherzo, vero?"
Lui scuote la testa, tirando fuori da un cassetto dei documenti e una busta gialla. "E' arrivata questa mattina. All'interno c'è un foglio strappato in quattro e dei nuovi fogli per accettare il lavoro a Nova Historia."
Gli strappo le carte di mano, appurando sia stato strappato il foglio delle mie dimissioni.
Accanto, la nuova proposta di lavoro scritta a caratteri cubitali sul fronte della pagina nuova.
"Allora?" chiede il direttore, incrociando le mani sul bordo della scrivania. "Lascerà Mosca?"
Lo guardo a lungo negli occhi, sentendo una miriade di emozioni attanagliarmi l'animo.
N/A
Nonostante sia stata allontanata dalla base a causa della sua infrazione, a Rose - dopo otto mesi spesi in Russia tra il rimpianto e la tristezza di aver dovuto lasciare quanto di più caro avesse a Toronto - viene data una nuova possibilità. Le motivazioni di tale cambiamento da parte di Campbell verranno spiegate, ovviamente :)
Cosa accadrà a questo punto?
Votate e commentate!
Ditemi cosa vi aspettate possa succedere nel prossimo capitolo 💕
Un bacio ❤
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