"Per questa volta."
"Bene" dico, aggiustando la divisa su per il colletto a James. Mi guarda dall'alto della sua altezza. "Ora ti dirigerai verso il centro accoglienza e farai quello che gli altri ti ordinano di fare."
James mi guarda, annuendo. Si spolvera le spalle del suo camice verde scuro. "E tu che farai, nel frattempo?"
Mi lecco le labbra. "Starò con Nicholas, probabilmente. Oggi tutti sapranno che l'arco metallico si è rotto e si chiederanno come sia successo. Non posso lasciare che lui subisca tutta la pressione."
James annuisce di nuovo, controllando le salviette e il detersivo infilati nelle tasche del suo camice. Stanotte, mentre dormiva ai piedi del letto, ho contraffatto i dati del sistema e ho provato ad inserire il suo nome e cognome, dandogli un impiego. Spero di esserci riuscita. L'importante è che lui sia sotto copertura per tutto il tempo che serve a me e a Nicholas per rispedirlo nel suo tempo.
Vi chiederete come la gente possa capirlo, parlando James un'altra lingua.
Ebbene, la risposta è molto semplice.
Tutti i dipendenti di Nova Historia hanno il cip traduttore nell'orecchio, che permette una comprensione simultanea di quanto l'altro stia dicendo. Questo perché da mille anni ormai tutti sono sparsi per il mondo, quindi è stato necessario introdurre un sistema che superasse qualsiasi barriera linguistica. L'unico che non dispone di tale cip è, appunto, James - o quale sia il suo vero nome, - però grazie all'alta tecnologia da cui siamo circondati, il sistema propaga onde sonore invisibili che coinvolgono chiunque non sia in possesso del cip, parlando lo stesso linguaggio.
Per questo James riesce a capirmi, sentendomi parlare nella sua stessa lingua.
Mi avvicino alla porta di ingresso e gli dico di prendere un ampio respiro. "Mi raccomando, James. Sii collaborativo e non dire a nessuno chi sei - o almeno, chi fingi di essere - e che vieni dal passato. Si va in scena!" dico, con voce un po' tremante. Le luci del mio appartamento si spengono e usciamo, aprendo piano la porta e chiudendocela alle nostre spalle. Le luci del corridoio si accendono appena registrano la nostra presenza. Tiro fuori dal camice il tesserino con il suo nome e glielo attacco al taschino sul petto. "Ora va'!"
"Ma non conosco la strada!" mi dice lui, sussurrando per evitare che qualcun altro possa sentirci.
Alzo gli occhi al cielo. "Ci sono le indicazioni, vedi?" dico, indicandogliene una con su scritto Centro Accoglienza.
Lui annuisce e tira un ampio respiro. "Okay, okay." Mi saluta con un cenno del capo e si avvia con passo incerto.
Speriamo.
Appena lo vedo sparire nella via traversa, inizio a correre in direzione della sala da cui sento provenire delle voci abbastanza alte.
Stringo i denti quando scorgo parte del personale accalcato ai piedi dell'arco metallico davanti al quale Nicholas è in piedi, con in mano una cassetta di attrezzi con cui stava provando ad aggiustarla. Ha il viso bianco un cencio, gli occhiali leggermente storti e la bocca schiusa, mentre pende dalle labbra di qualcuno.
Quando entro in scena, una dozzina di occhi si girano a guardarmi, insieme anche a quelli del direttore Campbell, in piedi di fronte a Nicholas, circondato dalla sua schiera di guardie del corpo. "Oh, signorina Berger" mi saluta, inclinando leggermente il capo.
Il mio migliore amico mi guarda e noto nel suo sguardo un'eccessiva dose di terrore.
Tra la folla del personale incontro anche Beth, la mia vicina che mi osserva con occhi socchiusi.
"Buongiorno, direttore." Incrocio le mani, assumendo un'espressione totalmente impassibile. "Come mai è qui?"
Campbell si schiarisce la gola e mi guarda con i suoi occhi sottili e neri, stringendo le labbra in un sorriso. "Ero in uno dei miei soliti giri di controllo quando ho intravisto questo suo collega Ricevitore sbraitare contro quest'arco intertemporale. Mi sono chiesto perché fosse così alterato, e mi sono accorto che l'arco sia praticamente fuori uso."
Incrocio lo sguardo di Nicholas che infila una mano tremante nella tasca del camice bianco. Il suo respiro è accelerato.
"Mi dispiace, non-"
"Abbiamo controllato le riprese della video sorveglianza e voi due siete stati gli ultimi ad essere entrati qui dentro. Il tempismo ha voluto che lei si presentasse qui, così possiamo parlare di persona di quello che è successo ieri sera, vero, signorina Berger?"
"Se avete studiato i video, vi siete accorti che non c'entriamo assolutamente niente con la rottura dell'arco" dico, cercando di tenere ferma la voce e gli occhi puntati in quelli del direttore.
"E' proprio questo il problema" mi interrompe Campbell, stringendo le labbra. "Le riprese si interrompono brutalmente, non appena l'arco inizia a tremare segnalando il suo ritorno in sede. Cosa sarà successo per non riuscire a vedere cosa è accaduto dopo?"
Cala un silenzio drastico.
Il cuore batte nel petto e se non dico subito qualcosa Nicholas potrebbe morirmi davanti agli occhi. Punta il suo sguardo sui propri piedi.
E' una voce che non appartiene a nessuno dei due quella che interrompe il silenzio in cui la sala è precipitata.
"Scusi, direttore, e se l'interruzione della ripresa fosse dovuta al calo di tensione registrato ieri sera, al momento dello sciopero? Mi pare che un uomo sia inciampato sui fili elettrici e abbia determinato un balzo di corrente, procedendo lungo il corridoio B5, mi sbaglio?"
Campbell si gira a vedere Beth negli occhi e si accarezza i voluminosi baffi grigi.
"E' sicura che qualcuno sia proprio inciampato?"
"Sì, direttore. Il corridoio è rimasto al buio per qualche minuto intorno alle sette e cinque. Sicuramente i cavi sono gli stessi che collegano questa sala al corridoio."
Le guardie di Campbell si avvicinano al computer, digitando qualcosa e controllando le figure sullo schermo. Una di esse appunta l'orario sul suo palmare e si avvicina al direttore.
"Ha ragione, signore. L'ultima ripresa risale alle sette, quattro minuti e trentadue secondi. Riprende esattamente dopo le sette e otto minuti."
Campbell guarda me e Nicholas che ci lanciamo un'occhiata fugace prima che si schiarisca meglio la gola.
"Molto bene." Guarda il mio migliore amico. "Vedi di ripararla in massimo due giorni, non possiamo interrompere il programma." Incontra poi gli occhi di Beth, annuendo. "Grazie per la testimonianza."
Beth sorride. Poi il direttore guarda me e le mani mi si gelano. Le infilo nelle tasche del camice, stringendole a pugno. "Quindi coincide tutto."
"Sì, Berger. Per questa volta." Fa un cenno alle guardie e abbandona la sala con al seguito i suoi uomini. Qualche secondo dopo, tutti i dipendenti se ne vanno parlottando tra loro, lasciando nella sala solo me, Nicholas e Beth.
Le telecamere sono azionate, per cui non posso dirle niente. Vedo Nicholas che si gira ed inizia a riprendere in mano gli attrezzi, adoperandosi a riparare le curve dell'arco.
I miei occhi sono incastrati in quelli di Beth che la sanno lunga e vogliono spiegazioni.
"Grazie" le dico, sorridendo. Capisco dal suo sguardo che vuole parlarmi.
"Ci vediamo dopo nel mio appartamento, sai, per le dispense" dice, lanciandomi un'occhiata. "Vieni tra un'ora, ho il cambio" mi appunta, dopodiché se ne va, lasciando me e Nicholas da soli. Mi avvicino a lui, prendendogli la mano con l'attrezzo sollevato per aria, stringendola nella mia presa.
"Mi dispiace tanto" dico, cercando il suo sguardo.
Nicholas non mi guarda, anzi, passa una mano sull'arco per constatare le bruciature delle scintille. "Non ne voglio parlare. Sapevi tutto."
Abbasso lo sguardo, poi stacco la mia mano dalla sua e me ne vado dalla sala, lasciandomelo alle spalle. Senza l'arco in funzione, non posso nemmeno lavorare. Così me ne vado in giro, quando sento all'improvviso delle risate provenire dal corridoio alla mia destra.
Mi sporgo un poco e noto due giovani ragazze che ridono di fronte ad un James che armeggia con il detersivo e le salviette dinanzi a loro.
Socchiudo gli occhi, poi mi avvicino alla scena e incrocio le braccia sotto al seno. "Scusatemi" dico, interrompendo le risate delle ragazze. "Che succede qui?"
"Non sapevo che a loro piacesse vedermi lavare i vetri delle porte scorrevoli" dice James.
La ragazza dai capelli ricci e castani si porta una mano sul petto, provando a prendere ampi respiri. "Scusami, ma non ho resistito. Ti prego, James, falle vedere come lavi i vetri."
Il partigiano afferra una specie di lastra da terra - è una di quelle che, appoggiate ovunque serva, proiettano dei raggi azzurri che disintegrano i batteri sul vetro - e la appoggia sulla porta scorrevole. Dopodiché spruzza sul vetro della lastra il detersivo e lo ripulisce con la salvietta.
"Okay, ora tornate a lavoro!" esclamo, indicando alle ragazze la strada pur di allontanarle da lì.
"Non capisco cosa faccia ridere del mio lavoro." James ha la fronte corrugata mentre parla.
Gli appoggio una mano sulla spalla e lo allontano, staccando poi la lastra dalla porta scorrevole. "Avrei dovuto dirtelo, ma qui non si pulisce con il detersivo e la salvietta la lastra che ti viene data." La appoggio piano contro il muro. Gli afferro la mano che mantiene il detersivo. "Avresti dovuto spruzzarne il contenuto sul vetro della porta scorrevole, ripulirlo con la salvietta e dopo appoggiarci sopra la lastra per rimuovere i batteri non ancora distrutti dall'azione igienizzante del prodotto."
James mi guarda e fa schioccare la lingua contro il palato. "Ah."
"Quante porte hai ripulito?" chiedo, guardando quelle presenti in quel corridoio.
Si sposta giusto un poco per contarle, poi si gira verso di me, sorridendomi a labbra strette. "Cinque."
Mi schiaffeggio la fronte. "Ci sono cinque porte in tutto in questo corridoio, James!" esclamo, urlando il suo nome. Lascio la presa sulla sua mano e passo in rassegna tutte le porte. Su di esse, ci sono ancora impronte digitali, segno che James abbia ripulito solo la lastra.
Ovvero, non ha fatto un cazzo.
Faccio un ampio respiro. "Non ne hai pulita nessuna. Hai spruzzato il prodotto sulla lastra dove non serviva."
James guarda la lastra appoggiata alla parete, mordendosi l'interno della guancia. Poi si gira a guardarmi. "In compenso, però, la lastra risplende di brillantezza."
Non posso fare a meno di sorridere.
"Cosa?! Ecco perché ieri non sei venuta a cena" urla Beth, in piedi di fronte il suo letto. "E non hai intenzione di dire niente?" mi dice, con occhi sgranati.
Le ho raccontato tutto.
So che magari voi potreste prendermi per stupida per il solo averglielo detto, ma ho dovuto. Lei si è messa in mezzo all'interrogatorio con il direttore senza sapere niente, solo avendo fiducia in me. Diciamo che, ora che sa tutto, si è quasi pentita di averlo fatto.
"Non posso crederci!" dice, ridendo. "Partecipando, ho messo la firma sulla mia condonna a morte."
"Non essere così tragica!" le dico, appoggiandomi sul muro di fronte a lei.
"Saremo buttate fuori a calci in culo, Rose. Forse non ti sei resa conto di quanto sia successo! Ecco perché Nicholas è stato sul punto di morire."
Proprio in quel momento, un pugno bussa sulla porta della stanza di Beth. Lei va verso la parete e schiaccia il pulsante dell'allarme. Nicholas la apre da fuori e noto la sua mano stretta intorno ad un altro braccio. Supera l'ingresso della stanza con James al suo fianco e che si guarda intorno, perplesso.
Beth si porta una mano alla bocca mentre Nicholas sbatte la porta alle sue spalle, isolandosi.
"Mi spieghi" inizia, guardandomi negli occhi, "perché questo qui stava bussando alla tua porta per quasi dieci minuti?"
Beth mi guarda, indicandolo con l'altra mano. "E' lui?" dice, con tanto di occhi. La sua voce è attutita dalla mano che le ricopre la bocca.
Annuisco. "Già. James, ti presento Beth, la mia vicina. Beth, lui è James." Guardo Nicholas. "Non lo so, comunque."
"Dove dovrei andare, scusate?!" dice James, guardando i presenti uno per uno. "Non so in quale altro posto ripararmi! Pensavo fosse scontato andare da lei" continua, indicandomi con il dito. Ha addosso ancora il camice verde e il detersivo nella tasca.
"Così com'è scontato che tutti noi siamo nella merda" dice Beth, massaggiandosi la fronte.
James si appoggia con il bacino alla scrivania, Nicholas lascia la presa intorno al suo braccio e si appoggia contro la porta mentre io e Beth ci sediamo sul suo letto. Ormai è tardo pomeriggio, il sole entra dalla vetrata alle nostre spalle.
La mia vicina ha lo sguardo perso su James e sembra volerlo analizzare da cima a fondo. "Quindi è un partigiano" mi sussurra all'orecchio. Annuisco, mordendomi l'interno della guancia. "Ed è davvero bello, aggiungerei."
Sorrido, poi le do un leggero spintone con la spalla. Nicholas ci guarda e si massaggia il mento, leccandosi le labbra. "Comunque tra un po' ritorno ad aggiustare l'arco" dice, spostando poi lo sguardo solo su di me. "Entro stasera devo finirlo."
"Ce la stai facendo?" chiede James, incrociando le braccia contro il petto muscoloso. "O hai bisogno di una mano?"
Nicholas allarga le narici mentre si gira a guardarlo negli occhi scuri. Si passa una mano tra i capelli prima di rispondergli: "E' meglio che tu ti nasconda, non serve che tu ti faccia vedere con me. Anzi, dovresti addirittura occuparti delle pulizie."
"Ha finito il turno" dico, guardandolo. "Modificando il sistema, l'ho iscritto come lavoratore part-time e mio cugino di secondo grado."
James si gira improvvisamente verso di me, sollevando un sopracciglio. "Questo non me lo avevi detto, però."
Scuoto le spalle. "Non importa. Se tutto va bene, domani ti riporto a casa."
"Sperando che io mi riappropri della mia memoria."
Annuisco, d'accordo con lui.
Beth si lascia andare ad un lungo sospiro. "Quindi non si dovrà dire niente al riguardo" si assicura, appoggiandomi una mano sulla coscia. "Però è meglio che questa situazione non venga detta ad altri. Non si sa mai che possano fare la spia."
"Lo sapete solo tu e Nicholas" le dico, stringendo le labbra.
Beth annuisce, poi punta gli occhi su James che ricambia lo sguardo. "Fortunatamente non ci sono telecamere, qui."
Il partigiano la guarda, sorpreso. "Davvero? Quindi si può fare ciò che si vuole nella propria casetta" appura, guardandosi attorno.
Annuisco. Poi però guardo l'orario proiettato sull'armadio e mi metto in piedi, scostando la mano di Beth ancora appoggiata sulla mia coscia.
"Ora è meglio tornare, desteremmo sospetti."
Nicholas si stacca dalla porta mentre Beth si mette in piedi, annuendo. "Tieni" mi dice, aprendo un'anta del suo armadio. "Prenditi qualche mia dispensa, anche perché ti ho detto che saresti dovuta venire per prendertene qualcuna. Facciamo in modo che ciò che dico coincida con ciò che i video della sala hanno registrato." Mi porge dei piccoli contenitori di plastica in cui sono contenute alcune specialità di dolci. "Ogni settimana mia madre li fa e me li manda" mi dice Beth, sorridendomi.
"Sembrano buoni" dico.
"Fidati, lo sono" mi risponde lei.
Dopodiché usciamo tutti e tre dalla sua stanza. Mi fermo di fronte la porta del mio appartamento, aspettando che Nicholas mi superi.
"Fammi sapere, okay?" dico, mentre dico a James di prendermi la tessera magnetica dalla tasca del camice. La infila nella fessura e la porta si apre con uno scatto.
Nicholas annuisce, sfilandosi poi gli occhiali per pulirseli con il bordo del camice. "Va bene" mi risponde, continuando a tenere gli occhi nei miei mentre continua a lucidarsi le lenti. "Mi raccomando a..quello" dice, prima di indossare nuovamente gli occhiali e andarsene.
James - come un vero gentiluomo - mi mantiene la porta aperta per farmi passare, poi se la richiude una volta dentro.
"Dovremmo trovare un appartamento per te" dico, appoggiando i contenitori sul bancone in mezzo alla stanza. "Non puoi dormire con me."
"Perché no?" mi chiede, appoggiando a sua volta la tessera sul bancone. "Sei l'unica persona gentile con me, non me la sento di andare in una stanza da solo. Non saprei nemmeno come far funzionare tutti i pulsanti. Ti ricordo che ieri sera mi sono ustionato e poi congelato la pelle, mentre ero sotto alla doccia."
Sorrido al pensiero. "Sì, ma essendo mio cugino e un dipendente di Nova Historia, devi avere un tuo alloggio."
"Ma tanto domani me ne vado, no? Mi hai ospitato ieri notte, un altro sforzo puoi farlo. Domani tornerò in quella che tu dici essere casa mia."
Apre il mio armadio e io lo guardo aggrottando le sopracciglia. "Cosa fai?" chiedo, vedendolo estrarre uno scatolo.
"E' un sacco a pelo, no? L'ho trovato stamattina, mentre frugavo tra i tuoi camici appesi" mi dice, rigirandoselo tra le dita. "Schiocca le dita e aprilo, così stanotte starò un po' più comodo."
Mi avvicino a lui, prendendogli lo scatolo dalle mani. "Devi semplicemente aprirlo dal lato." Sollevo un'estremità e faccio uscire il sacco a pelo.
"Perché ce ne hai uno?"
"E' meglio averne sempre uno da parte. Non si sa mai" dico, guardandolo e spiegando il sacco a pelo per terra. James annuisce, poi si accovaccia e mi aiuta a sistemarlo ai piedi del mio letto.
"Dormo qui, solo per un'altra notte" dice, togliendo tutte le pieghe del tessuto.
Stringo le labbra. "Va bene. Anzi, scusami per ieri sera ma avevo completamente dimenticato di avere un sacco a pelo."
"Tranquilla" mi dice, poi unisce le mani tra loro. "Però ho fame, adesso. Tutto quel pulire invano mi ha stancato. Dovrei rifocillarmi."
Lo faccio mettere in piedi, mentre vedo il sole sparire oltre i palazzi di Toronto che vedo attraverso la vetrata. "Beh, certo." Ci avviamo verso la porta. "Però non devi parlare con nessuno. A mensa tutti parlano con chiunque abbiano accanto, per ora è meglio che tu stia zitto. Limitati a mangiare, e abbuffati. Sarà una giornata impegnativa, domani."
Lui si appoggia una mano all'altezza dello stomaco. "Non vedo l'ora."
N/A
Ciao a tutti!
Sappiate che la loro vera corsa nel tempo avrà inizio nel prossimo capitolo e finalmente la Storia prende piede! *si sfrega le mani*
Intanto, ditemi un po' cosa ve ne pare di questa storia e che tipo di aspettiva avete :)
A presto e lasciatemi qualche commento!
Un bacio 🌻
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