Kinuye

N/A pt.1
Piccola spiegazione terminologica:
Maiko - una volta intrapreso il percorso di preparazione e di studio, è la condizione delle ragazze giapponesi prima di diventare geishe;
Okiya - piccole case di geisha;
Oka-san - proprietaria della casa di geisha.
Detto ciò, ci vediamo in fondo :)

Quando io e Giuseppe riprendiamo forma, sento la sua presa sciogliersi e la sua mano allontanarsi dalla mia. Viene portato via da uomini che lo trascinano prepotentemente e li sento dire "Non è ancora il momento."
Tento di insegurli, invano. Quando Giuseppe viene trascinato dietro un angolo, delle mani gentili mi bloccano per le spalle e mi fanno girare di scatto. Ho gli occhi sgranati e le mani fredde. "Devo andare da lui!"
"Non puoi" dice la ragazza bassina di fronte a me, che mi tiene ferma con le sue mani aggrazziate. Ha il viso ricoperto di bianco, gli occhi allungati e contornati da forti colori che accentuano la sua forma a mandorla, le labbra pitturate di rosso e i capelli incastrati in un'acconciatura elaborata. "Non è ancora il momento."
"Ma chi sei?!" dico togliendomi dalla sua presa. Faccio per girarmi, "Non posso stare lontana da lui!"
Ma la mano della ragazza mi blocca per il polso, avvicinandomi a sè e accostando le sue labbra al mio orecchio. "Fidati di me, seguimi" sussurra, poi lascia la presa e mi da le spalle. Gira di poco la testa per esortarmi ad andarle dietro. Mi guardo alle spalle e non sento più i rumori di Giuseppe, non sento il suo bisogno di liberarsi dalle prese degli uomini. E' calato uno strano silenzio. L'unica cosa che posso fare, stando in questo quartiere buio e deserto, è mettermi dietro la ragazza giapponese e seguirla.
Si inoltra per strada, catturando gli sguardi estasiati degli uomini che le passano vicino, poi si blocca, girandosi verso destra. Bussa tre volte su una bassa porta in legno che si apre e la lascia entrare. La accosta, mostrandosi attraverso lo spiraglio lasciato aperto. Mi fa segno con la mano di raggiungerla, poi mi tira dentro e si chiude la porta alle spalle. Siamo in una stanza poco illuminata, con delle candele accese sui mobili in legno e i tappeti che ricoprono il pavimento.
"Dove sono?" chiedo, guardandomi intorno. La ragazza solleva le mani verso la sua testa e si aggiusta un particolare fermaglio colorato vistosamente. Non mi risponde, continua a guardarmi con i suoi occhi a mandorla e le labbra a cuoricino.
Si sfila il fermaglio dalla testa, lasciandolo su una ciotola in legno sul primo mobile.
"Chi sei?" chiede invece lei, unendo le mani e lasciando che le vistose maniche del suo kimono rosso fuoco possa coprirle. Sul petto ha degli intarsi dorati, con delle foglie sparse vicino a figure ricamate su di esso con colori delicati che risaltano sul rosso acceso dell'abito. Ha una larga cintura scura legata in vita e i sandali di legno ai piedi. Ha le spalle dritte, il collo dipinto di bianco come il suo viso e gli occhi scuri su di me. "Rispondimi."
"Sono Rose e.." Mi guardo intorno. "Dove sono?"
La ragazza si sporge su un bastoncino appoggiato sul mobile, lo accosta alla fiamma della candela più vicina e lo pone in una ciotola sui cui sono riversati altri bastoncini sottili. Da lì inizia a sprigionarsi un odore gradevolissimo.
"Questa è la mia okiya" spiega a bassa voce, "dove io e un'altra maiko abitiamo e veniamo addestrate."
Sbatto le palpebre. "Voi siete.." dico, gesticolando in direzione del loro vestiario così unico e tradizionale.
La ragazza annuisce. "Sì, stiamo studiando per essere geisha." Spalanco la bocca, a corto di parole.
"Cosa ci fai qui?" mi chiede, assottigliando lo sguardo.
Ingoio a vuoto. Richiudo la bocca e mi lecco le labbra secche. "Io..ehm..Sono capitata qui per caso, a dir la verità."
"In una delle vie peggiori, per giunta. Ecco perché il tuo uomo è stato portato via. Gli uomini non possono percorrere la strada che porta alla nostra okiya, avresti dovuto saperlo."
Prendo un respiro profondo, poi mi indico gli occhi. "Non so se lo hai notato, ma non sono giapponese, di conseguenza non so niente di come tutto questo" dico, indicando la casa, "funzioni." La giovane fa un passo verso di me, appoggiando le sue mani sulle mie braccia. Abbassa i suoi occhi a mandorla sul mio vestiario, esaminandolo. "Non farmi domande, ti prego" le chiedo a bassa voce. In questa casa non si sente un rumore.
"Sto cercando di trovare un modo per camuffarti, se rivuoi il tuo ragazzo" dice.
Prendo un grosso respiro, "Senti, signorina, io non posso perdere tempo. Devo ritrovarlo e subito."
Lei scuote la testa. "Uno, mi chiamo Kinuye, non signorina; due, i signori che lo hanno preso lo stanno portando in piazza dove noi geishe usciremo tra poco per trovare offerenti disposti a pagare il nostro tempo. Ti nasconderai tra noi per poter abbandorare questo posto."
"Io non ho tempo per queste cose, Kinuye. Tu non sai chi sono."
Lei mi tasta le braccia, poi mi punta il suo sguardo addosso e mi lascia un barlume di sorriso. "Ti chiami Rose, e questo mi basta."
Mi prende la mano e mi trascina con lei dietro una tenda. "Ti prego, permettimi di andarlo a cercare."
Kinuye mi fa sedere su uno sgabello, guardandomi con il suo viso bianco come la neve e le guance leggermente rosee. "Sì, devi solo lasciare che io ti sistemi."
Le blocco le mani, puntando i miei occhi azzurri nei suoi quasi neri. "Io non sono una geisha, non voglio esserlo e nemmeno potrei diventarlo! Sono bionda, ho gli occhi chiari, non ho i tuoi stessi caratteri facciali, non prenderei in giro nessuno."
"No, non lo faccio per gli uomini infatti." Mi passa le mani sui capelli, tirandomeli indietro. "Ma se non ti rendo simile a noi, non ti lasceranno uscire da qui."
Indico la porta da cui siamo entrate. "Non capisco la difficoltà di cui parli, potrei sempre uscire da lì. Ripeto, non sono una geisha."
Kinuye scuote la testa, lasciando che i ciondoli tra i suoi capelli cotonati producano un tintinnio. "La oka-san supervisiona la zona e se solo scoprisse che ti ho fatto entrare senza prima chiedere il permesso.." Un brivido le scuote il corpo. "Non voglio pensarci."
"Ma quindi, questa situazione, è colpa tua!" dico, sgranando gli occhi.
Stringe le labbra, stando attenta a non macchiarsi la pelle nei dintorni della bocca. "Sì. L'ho fatto solo perché quella via, come ti ho detto, è pericolosa. Se ti avessi lasciata lì, da sola e senza un uomo accanto, avresti potuto passare dei guai seri."
"Davvero?"
Kinuye annuisce. "Sì."
Lancio uno sguardo sul mio orologio, leggendo le coordinate. Sono ai primi anni del Novecento. "Allora grazie" le dico, sorridendole e riportando lo sguardo sul suo viso finemente truccato. Kinuye abbassa il capo, dopodiché si abbassa su un cartone e inizia a frugarvi all'interno. "Dunque non posso uscire da qui finché non divento una sottospecie di geisha per evitare che la padrona di questa casa possa punirti."
"Esattamente" mi risponde lei, uscendo da uno scatolone nascosto una parrucca nera.
Sollevo un sopracciglio. "Ma-"
"Shh" sibila, appoggiandola su una specie di toiletta. "Adesso non c'è più posto per le chiacchere. Vedrò di farti diventare giapponese solo per tornare dal tuo lui." Scopre gentilmente il suo polso, ruotandolo elegantemente per raccogliere dei piccoli fermagli dalla toiletta. "Ti farà un po' male" mi avvisa, prima di sporgersi lentamente sulla mia fronte. Con dei secchi colpi di spazzola mi tira i capelli sulle tempie ed io mi metto in bocca un cuscino per nascondere le urla di dolore. Me le tira così tanto e me le fissa sulla fronte che mi sembra quasi che le ciocche possano cadere da un momento all'altro.
Mi solleva i capelli biondi sulla nuca, fissandoli con dei fermagli piccoli e sottili, poi finalmente me li nasconde con la parrucca. La fronte mi tira e sento chiaramente la pelle stirata sulle tempie. Mi lacrimano gli occhi per il dolore. Lei mi guarda e mi ammonisce con un solo sguardo. "Non versarne neanche una" dice, raccogliendomi una lacrima dall'occhio. Poi inizia spargermi sul viso quello che adesso chiamerei cerone bianco, ma non chiedo affatto come si chiami. Me lo stende sul viso con una spugnetta, accarezzandomi la fronte, il naso, gli occhi e le guance. Poi mi spolvera altra polvere bianca per coprire eventuali buchi sulla mia pelle, prima di passare un tonalità più rosea sulla mia fronte e sugli zigomi. Mi sento le labbra secche, poi me le tasta con un dito e ci passa sopra un rossetto rosso, disegnandomi la bocca con un'eleganza e una precisione mai viste. I suoi occhi sono fissi e immobili sulle mie labbra in un'attenzione maniacale riversata su quanto stia facendo. Poi mi guarda, una volta steso il rossetto sulla mia bocca. Prende un pennino scuro e me lo passa sugli occhi disegnando un linea lunga che mi percorre tutta la palpebra. Sopra di essa, mi picchietta un indice, fissandoci sopra un colore più acceso. Annuisce a se stessa, riprendendo la spugnetta in mano. Mi passa il bianco anche sul retro del collo, disegnando una figura con la spugnetta che mi accarezza la pelle sensibile. Mi lascia qualche fermaglio tra i capelli della parrucca, aggiustandola in modo tale che sembri vera. Poi finalmente si scosta da me, avviandosi verso un armadio per raccogliere il necessario per il kimono colorato. Lancia un ultimo sguardo al mio viso, poi cerca di trovare quello che mi stia meglio. Quando incontro il mio sguardo nello specchio della toiletta, la mascella per poco non mi finisce sul pavimento. Sembro davvero una giapponese.
Mi ha tirato così tanto i capelli da rendermi gli occhi più allungati di quanto io potessi mai immaginare, poi il trucco accentua la sottigliezza e il colore rosso su di essi quasi maschera il blu dei miei occhi. Sembro una bambola di porcellana. Mi vedo il collo, anch'esso coperto di bianco, con degli spazi lasciati nel mezzo. Mi getto un'occhiata sui miei vestiti, poi incontro gli occhi di Kinuye che mi mostra un vestito arancione con degli intarsi azzurri come il cielo. "Purtroppo non ho nulla per rendere i tuoi occhi scuri, il massimo che puoi fare è guardare per terra."
Annuisco, poi riporto il mio sguardo sul riflesso del mio viso, sulle mie labbra a cuoricino e rosse fuoco. Kinuye mi mette addosso il primo strato dell'abito, iniziando a legarmelo in vita. "Ti lascio i tuoi vestiti sotto il kimono così, quando ti ricongiungerai al tuo uomo, potrai lasciare il tessuto nella stessa via in cui ci siamo incontrate. Quando rientrerò dalla mia solita passeggiata, saprò dove lo hai lasciato e lo porterò di nuovo qui, senza che nessuno possa scoprire la mancanza di un abito pregiato."
Annuisco. "Quanti anni hai?" chiedo, mentre mi fa passare intorno alla vita una cintura blu notte.
"Diciotto" mi risponde, fissandola sulla schiena con un nodo molto forte. Fa ricadere parte del tessuto su di esso così da mascherarlo. Mi lancia uno sguardo alla base del kimono. "Quelle scarpe però devi toglierle."
Annuisco, sfilandomele con i talloni. Mi porge delle specie di calze con uno spazio tra l'alluce e l'indice del piede, lasciandomi infilare delle ciabatte a mo' di infradito ma molto, molto più alte e scomode. "Non riuscirò mai a camminare con queste!"
"Lo so, ci ho messo anni ad imparare a farlo. Tu hai a disposizione dieci minuti."
Prendo un grosso respiro. Poi riprendo a parlare. "Perché vuoi diventare una geisha?"
Lei scuote le spalle, mentre mi sistema il collo dell'abito, lisciandolo con movimenti aggraziati del polso. "Perché adoro l'idea di essere venerata come una rara bellezza pregiata, con la quale posso ingentilire le azioni più comuni e rendere aggrazziata qualsiasi conversazione. Certo, la nostra disciplina è molto rigida, iniziamo da quando siamo molto piccole e abbandoniamo le nostre famiglie per raggiungere questo scopo nella nostra vita. Ne ricaviamo cospicue somme di denaro, solo che ancora non ho intascato nulla. Non sono ancora una geisha."
"Ho letto molto su di voi" mi lascio scappare. Mi zittisco.
"Dove?" chiede Kinuye lanciandomi un'occhiata. Mi passa le mani sul seno, aggiustando il kimono su di esso. La sporgenza sulla mia schiena - dovuta allo zainetto in cuoio - è stata occultata dalla vistosità dell'abito.  Kinuye mi ha legato le scarpe all'interno del vestito, ad un passante della cintura dei jeans. E' strano che non abbia chiesto nulla su di me. Si merita una spiegazione, a questo punto.
"Kinuye, io non vengo dal Novecento. E' un discorso contorto e molto difficile da capire, ma sono capitata qui in Giappone per caso, senza volerlo. Ho letto di voi su molti archivi nel mio tempo."
Aggrotta quelle che dovrebbero essere le sue sopracciglie, nascoste sotto quintali di trucco bianco e ridotte ad una linea sottile e pitturata. "Siamo famose?"
Annuisco, stringendo le labbra. "Sì."
"Ma è.. bellissimo, presumo."
Faccio ancora di sì con la testa. Si stacca da me, guardandomi dall'alto in basso.
"Non hai niente da chiedermi dopo quello che ti ho detto?" le chiedo, basita.
Kinuye scuote la testa. "Mi basta sapere il tuo nome, Rose. Nessuna chiacchiera, sebbene la tua storia - per quanto stravagante sia - è... curiosa."
Sorrido, prima che una particina in legno venga forzata.
Abbasso lo sguardo unendo le mie mani sotto le maniche del kimono. Giro pochissimo la testa per guardarmi nello specchio a figura intera.
"E' ora" dice un'altra ragazza. Kinuye annuisce, poi quella lascia la porta aperta, andandosene.
"Bene" dice, "adesso stammi vicina e appena vedi il tuo lui, avvicinati." Mi lascia in mano un minuscolo oggettino. "Usiamo questo per scegliere i nostri uomini. Se ti avvicinerai a lui e gli lascerai questo in mano, nessuno si insospettirebbe. Mi raccomando, occhi bassi."
Annuisco, poi mi metto dietro di lei ed iniziamo a camminare. O meglio, lei inizia a a muoversi.
Io cado per terra.
Kinuye scoppia a ridere, poi si accovaccia e mi prende per mano. "Devi muoverti con leggerezza, quasi come se stessi volando e fossi sospesa."
Faccio un passo in avanti, ma i piedi mi tremano. Kinuye non lascia la mia mano. "Piano. Ci sono io qui. Lascerò la presa una volta che saremo fuori. Fai piccoli passi vicini."
Seguo il suo consiglio, ma non cambia niente. Riesco a camminare a malapena.
E' Kinuye che mi trascina, mentre io sembro un'equilibrista sui trampoli. Sorride nel vedere la mia goffaggine, ma tanto non me ne frega, non sono io a dover diventare una geisha nella mia vita.
Riusciamo ad avviarci lentamente verso la porta, poi appena usciamo all'aria aperta cade un silenzio di tomba. Diversi uomini sono posti sotto alla pedana in legno, con gli occhi fissi su di noi.
Tengo lo sguardo basso, camminando lentamente come un bradipo. Kinuye si accosta al mio orecchio. "Trovalo, va' da lui e lasciagli il regalino in mano. Dopodiché vattene e lascia il kimono dove ti ho detto."
La guardo di sottecchi, sorridendole. "Grazie di tutto."
"Buona fortuna, Rose" mi dice, prima di lasciare la mia mano e andarsene. Sollevo lo sguardo solo una volta, cercando di vedere nella folla di uomini gli unici occhi allungati che non appartengono ad un giapponese. Lo vedo, in mezzo alla calca, con gli occhi che mi guardano persi.
Prendo un respiro profondo e mi accosto alla scaletta, scendendo i gradini. Quando incontra i miei occhi blu, si fa spazio tra le gente e mi viene vicino, porgendomi la sua mano con galanteria. Mi lascio aiutare da Giuseppe mentre scendo lentamente i gradini, poi una volta a terra gli lascio il regalo in mano e gli sorrido. "Mettilo in tasca, dobbiamo andarcene."
Lui mi guarda con ammirazione, per poi scoppiare a ridere.
Sgrano gli occhi di fronte tanta reazione.
"Io-" Non riesce a parlare, si piega in due per le troppe risate. "Scusami, ma-"
Gli do una ginocchiata nella parti basse e si zittisce di colpo. "Portami via da qui!" gli sussurro contro le labbra. Dopodiché mi guardo in giro e nessuno presta attenzione a noi due. Mi aggancio al collo di Giuseppe. "Prendimi in braccio, non ce la faccio a camminare."
"Toglitele" dice, indicando le mie nuove scarpe.
Ha ragione.
Non ha senso tenerle ancora addosso. Me le sfilo, rimanendo solo con le calze bianche. Me le tengo in mano, afferrando con l'altra quella di Giuseppe. "Andiamo via."
Giuseppe si lascia scappare ancora qualche risata. "Che ti ha detto Nicholas vedendoti in questo stato?"
Ora che ci penso, non si è fatto proprio sentire. "Non mi ha detto nulla."
"Io ti avrei preso in giro tutto il tempo" ammette, dopodiché iniziamo a correre lungo la via principale, sfilando accanto ai venditori ambulanti. "Però sei molto carina, sembri quasi giapponese."
"Non vedo l'ora di mettere quanta più distanza possibile tra noi e questo posto solo per potermi sfilare questa dannata parrucca e lasciare la mia pelle respirare. La sento sul punto di squarciarsi come accade con le bambole di pezza."
"Sempri più di porcellana, a dire il vero. Dai l'impressione di essere fragile, ma sotto sotto, tu, nascondi invece una forza inimmaginabile."
Abbozzo un sorriso, poi all'improvviso le bancarelle si dissipano, lasciando una meravigliosa visuale su un viale costeggiato di alberi di ciliegio che lasciano fluttuare per aria i dolci petali rosa che, adagio, si posano sul sentiero, illuminando l'ambiente con questo colore rosato che ti fa sentire come se fossi in un sogno. Sollevo lo sguardo verso l'alto, sentendo i fermagli dondolare sui miei finti capelli. Faccio disperdere i miei occhi super truccati sulle fronde rosee degli alberi, su quei minuscoli petali che ricadono dolcemente leggeri come delle piume. Non c'è nessuno, a parte qualche anziano signore e delle coppie stese sul prato che contemplano quelli sprazzi di cielo visibili oltre i fiori di ciliegio che adornano i rami di questi alberi.
Giuseppe stringe forte la mia mano e fa incastrare le sue dita alle mie, tenendomi stretta a sè come a non volermi lasciare andare via. Mi giro a guardarlo e ha gli occhi che osservano questa via, questi petali rosa che decorano la strada sui cui stiamo passeggiando e gli uccellini che saltano di ramo in ramo. "Rose" lo sento dire, spostando gli occhi sul prato che si estende al di là della strada. "È meraviglioso. Credo non lo dimenticherò mai."
Stringo le labbra e la sua mano come per un riflesso impulsivo. Anche io non lo voglio dimenticare.
Non voglio che la quotidianità in cui ritorneremo possa annullare questi ricordi che sto collezionando qui, con lui. Giuseppe ha portato - ad insaputa di entrambi - una ventata di freschezza nella mia vita.
Riprendiamo a camminare, poi Giuseppe si stacca da me e si avvicina ad un ramo più basso degli altri, sfiorandolo con le dita. Gli occhi studiano il fiore nei suoi minimi particolari, indugiando sulle sfumature di rosa che lo impreziosiscono. Lo afferra per il gambo e con un gesto secco del polso lo stacca dal ramo su cui è sbocciato, rigirandoselo tra pollice ed indice. Un lieve sorriso increspa le sue labbra rosee come il fiore che sta guardando, poi ritorna da me e con l'altra mano mi toglie la parrucca di dosso. La lascia per terra, liberandomi i capelli biondi dai fermagli che me li tengono fermi. Quando mi sfila i gancetti sulle tempie, la mia pelle si rilassa istantaneamente e quasi mi sembra di essermi sfilata una maschera pesante dal viso. "Oh cielo" dico, massaggiandomi le tempie. "Che meraviglia. E' una tortura avere i capelli in quel modo."
"Pensa che le geisha non avevano nemmeno la possibilità di usare parrucche" mi risponde Giuseppe, poi mi sposta i capelli dalle orecchie. "Hai perso la rosa" dice, guardandomi i capelli biondi. Scuoto le spalle
"Sai, con tutto il nostro correre era da prevedere."
Giuseppe sorride. "Ma ora ho questo." Mi mostra il fiore di ciliegio e lo annusa, chiudendo per un attimo gli occhi. "Lo trovo persino migliore di una semplice rosa rossa." Me lo porge in mano e mi fa chiudere le dita delicatamente sui petali. "Prova a non perderlo."
Scuoto la testa, smorzando una risata. "Non lo farei mai." Lo infilo poco elegantemente nel reggiseno, provando a non fare spezzare i teneri petali rosa. Giuseppe scuote la testa di fronte il mio gesto, poi blocca la mia mano, sul cui polso è installato il display e me lo gira in direzione del mio viso. "Che stai facendo?" chiedo, aggrottando quel poco di sopracciglia visibile.
"Hai detto che ciò che registri rimane negli Archivi di Nova Historia. Per questo voglio immortalare te, Heiderose Berger, in questa atmosfera meravigliosa e in veste di geisha."
Scuoto la testa e scoppio a ridere, sfilando il mio polso dalla sua presa.
All'improvviso la voce di Nicholas irrompe nel mio orecchio. "Eccomi."
Mi porto la mano all'orecchio. "Finalmente!"
"Scusami se non sono veloce come vorresti" mi dice risentito. "Ma continuo a vivere la mia vita, se non te ne ricordi. Quindi ho bisogno di mangiare come gli umani solitamente continuano a fare."
"Okay, okay!" dico, sollevando le mani in segno di resa. "E' solo che, viaggiando, non mi rendo nemmeno conto del tempo che stia passando. Mi sembra di star vivendo interi anni, qui."
"Soprattutto se si ha buona compagnia, immagino."
"Nick" sbotto, stringendo i denti. "Cosa c'è che non va?"
"Niente."
"Bugiardo."
"Ho riparato l'arco, se vi interessa" cambia discorso.
Annuisco e afferro la mano di Giuseppe. "Ritorniamo vicino l'arco sotto cui ci siamo smaterializzati giungendo qui."
Il mio compagno di viaggio annuisce, poi ritorniamo sui nostri passi lanciando un'ultima occhiata al parco roseo alle nostre spalle. Camminiamo lentamente, fin quando non giungiamo presso la stessa via in cui siamo arrivati. Controllo che nessuno mi stia osservando, poi mi giro e chiedo a Giuseppe di sciogliermi i nodi del kimono sulla schiena.
Mi aiuta a liberarmi dell'abito, prendendolo prima che cada per terra. Infilo le mie scarpe e lascio il kimono con i sandali e le cinture colorate affianco all'arco, dove Kinuye può riprenderseli.
Ci mettiamo sotto l'arco e Giuseppe mi prende entrambe le mani, guardandomi dritto in faccia.
"Ti lascerai questo trucco sul viso?"
Scuoto le spalle. "Pur volendo, non saprei nemmeno come togliermelo. Mi sembra di avere intonaco addosso."
Ed è proprio quando scoppiamo a ridere che ci smaterializziamo.

N/A pt.2
Che ve ne pare di questo capitolo? Spero vi piaccia e sappiate che il prossimo sarà esplosivo! (Kaspercoffee eheh)
Siamo ormai prossimi alla destinazione.

Detto ciò, lasciatemi qualche commento e continuate a votare!
Un bacio ❤

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