James
"Ma io dico, dico!" urla Nicholas camminando avanti e indietro di fronte a me. "Ti rendi conto, Heiderose? Te ne rendi conto, vero?!" grida ancora, puntando furiosamente l'indice contro il ragazzo seduto per terra dietro di me, il quale continua a guardarsi attorno con aria persa. Nicholas si avvicina impetuosamente contro il suo bancone, sporgendosi su di esso per riprendersi il telefono touch. Mi fiondo su di lui, bloccandogli il polso.
"Non ti azzardare!" urlo, sebbene lui continui a spingermi via la mano per districarsi dalla mia presa.
"Non permetterò che la tua idiozia possa farmi licenziare!" mi sputa contro a qualche centimentro di distanza.
"Scusatemi, non voglio inteferire nella vostra discussione di coppia, quindi preferirei andare via. Potreste indicarmi l'uscita?" chiede la voce del ragazzo dietro di noi. Riusciamo a sentirlo perché sia io, sia il mio amico abbiamo un cip installato nell'orecchio che ci permette di capire la sua lingua.
"No!" urliamo io e Nicholas contemporaneamente. "Non ti azzardare a compiere un solo passo!" completa il mio amico, incenerendolo.
Gli strappo il telefono di mano e lo tengo stretto al mio palmo, allontanandolo dalla sua portata. Blocco il mio amico con l'altro braccio. "Io non permetterò che per paracularti il posto di lavoro, tu possa permettere che io venga cacciata spudoratamente da qui per uno sbaglio che non è stata compiuto da me!"
"Non è solo il problema della fasciatura, Rose! C'è un uomo qui, cazzo!, come pensi possa andare a finire? Sarai cacciata a prescindere."
"E' questa la tua amicizia nei miei confronti? Mi lascerai andare incontro alla punizione nonostante tu abbia i mezzi per evitarla!?"
Nicholas mi guarda e respira affannosamente. I suoi occhi sembrano spiritati. Stringe i denti.
"Questo non ha niente a che vedere con la nostra amicizia. Non posso semplicemente chiudere gli occhi, Rose. Non posso."
"Sì, invece!"
"Davvero, non voglio sentire altr-" riprende il partigiano, ma lo interruppo.
"Taci!" urlo al ragazzo dietro di me, "E' solo colpa tua questa situazione!" Mi rigiro a guardare Nicholas, tenendo ancora in pugno il suo telefono. "Ti prego. Se fosse possibile, ti terrei fuori da tutto ciò. Lascia che me la veda io, ma dammi almeno un po' di tempo. Cancella i video delle telecamere di sorveglianza."
Nicholas mi guarda, espirando rumorosamente. Mastica una risata rassegnata. "Credi basti solo questo?" Indica l'arco metallico da cui escono ancora le scintille. "Come posso spiegare perché questo è accaduto?!"
Ingoio a vuoto. Gli restituisco il telefono in mano, incrociando le braccia sotto al seno. Lo guardo, stringendo i denti. "Va bene, allora. Fallo. Chiama il direttore e fammi cacciare via come hanno fatto con Mitchie. Fallo, d'altronde è giusto così" lo sfido.
Sento una presenza al mio fianco e una mano che mi si appoggia sulla spalla esile. Giro di poco la testa e incontro gli occhi leggermente allungati del ragazzo del passato di cui non so nemmeno il nome. "Ti posso aiutare io a gestire la separazione, non ti lascerò in un momento tanto difficile."
Aggrotto le sopracciglia. "Tu non sei normale."
Lui stringe le labbra, abbassando lo sguardo. "Non so più neanche chi sono."
Nicholas guarda il suo telefono, poi sposta lo sguardo su di me e trattiene il respiro. Mi guarda a lungo, poi con un gesto sconsolato e silenzioso, ripone il telefono nella tasca del camice e gira intorno al bancone, sedendosi alla sua postazione. Lo guardo digitare qualcosa sullo schermo, con il riflesso sugli occhiali, dietro cui si nascondono - lo so - due occhi spaventati e rassegnati.
Eppure, ora come ora, vorrei abbracciarlo.
Ma non posso cantare vittoria tanto facilmente.
Non si sa mai.
Mi avvicino al bancone, scostandomi di dosso la mano del ragazzo del passoto che rimane lì, a guardarsi le mani. Mi sporgo in avanti per scorgere cosa Nicholas stia facendo allo schermo e noto stia eliminando tutti i video della sorveglianza degli ultimi cinque minuti.
"Grazie" bofonchio.
Lui spegne il programma e si rimette in piedi, girando intorno al bancone per raggiungermi. "Ti prego, non dire niente. So già che devo costruire un alibi per tutto, sebbene alla fine risulterà vano."
"Ce la possiamo fare, Nick!" dico, inginocchiandomi e slacciandomi la fasciatura dalla caviglia. Mi avvicino al tritafogli e inserisco la fascia, lasciando che i raggi la distruggono in tante e minuscole parti.
Nicholas mi indica. "Credi basti?" dice, indicando con il capo il partigiano che ci osserva in silenzio.
Mi avvicino a lui, abbassandomi per incontrare i suoi occhi marroni. "Davvero non ti ricordi nulla?"
Il suo labbro inferiore inizia a tremare. "No, niente. Non ricordo niente" dice con voce rotta, prima che una lacrima gli scivoli sulla guancia. Gliela raccolgo con gesto del pollice, girandomi verso Nicholas. "Sfruttiamo questa situazione!" Mi avvicino all'armadio elettronico, digitando il mio codice e aprendo il mio sportello. Tiro fuori un nuovo camice pulito, guardandolo attentamente. Lo lancio contro il ragazzo. "Infilatelo." Guardo Nicholas. "Fingiamo che sia uno di noi."
Nicholas si sfila gli occhiali dal naso e si strofina un occhio con il pugno. "E' davvero la fine."
"Prova a capire!" dico, indicando il partigiano che squadra il camice. "Facciamo in modo che assomigli ad uno di noi, mentre nel frattempo troviamo un modo per riportarlo indietro."
"Dove vorreste portarmi?" urla il ragazzo, sgranando gli occhi. "Io non mi muovo da qui."
Lo ignoriamo.
"Pensaci, Nick, ce la possiamo fare."
"E come facciamo con l'arco intertemporale? Mi chiederanno come abbia fatto a rompersi."
"Sei tu il genio teorico, qui dentro, saprai articolare un'idea che calzi a pennello." Mi avvicino al ragazzo, sfilandogli con uno scatto la bandana che ha al collo.
"Oddio" mi dice il partigiano, sgranando gli occhi sorpresi. "Non ci conosciamo e già passiamo al dunque?"
"Idiota." Getto la bandana per terra, insieme alla giacca, al fucile, e ai pantaloni. Rimane solo in mutande e con le scarpe allacciate ai piedi.
"Mi sento a disagio" mi sussurra, coprendosi in maniera poco virile.
Gli apro il camice e lo indico con gli occhi. "Indossalo" gli ordino. Annuisce ed infila subito le braccia, abbottonandoselo sebbene comunque gli vada un po' stretto. Le sue gambe pelose non passano di certo inosservate sotto il bordo del camice che gli arriva all'altezza delle ginocchia.
"E ora?" chiede Nicholas, infilando le mani nelle tasche del camice. "Hai bisogno di altro?" mi chiede con tono anche un po' sornione.
Allargo le narici, prendendo il partigiano per mano come se fosse un bambino. "Tempo" affermo, guardandolo attraverso gli occhiali che ha rimesso sul naso. "Ho solo bisogno di tempo e troverò il modo di farlo tornare a casa sua."
"Senza un arco che funzioni."
"Verrà aggiustato!" esclamo, mentre faccio per uscire dalla sala. "Va' pure allo sciopero e sfilati il camice. Almeno proviamo a non destare sospetti."
Mi avvio, guardandomi intorno per cercare di passare inosservata.
Il partigiano segue i miei movimenti. "Che devo fare io?"
"Stare zitto" dico, mentre usciamo nell'immenso corridoio. Tutti dovrebbero essere al Centro, per cui non dovrei incontrare un'anima. Sfilo la tessera dalla tasca del pinocchietto e la faccio scorrere nella fessura della porta, facendola aprire. Al passaggio, tutte le luci si illuminano e spingo il ragazzo all'interno del mio appartamento, chiudendomi la porta alle mie spalle e lasciandomi scivolare contro di essa. Il partigiano lascia la mia presa ed inizia a guardarsi attorno. Passa le mani sui mobili presenti nell'appartamento, perluastrando persino le righe di cemento tra le mattonelle che ho inserito sul muro per abbellirlo. Continuo a guardarlo e mi chiedo perché una cosa simile sia capitata proprio a me e come ho potuto lasciare Nicholas nella sala da solo. Chi mi assicura che non faccia niente per incriminarmi?
Tiene a me almeno quel tanto sufficiente a provare a salvarmi da licenziamento certo?
Mentre guardo il partigiano prendo consapevolezza di quello che è successo e suona così strano alle mie orecchie che mi chiedo perché sia così sfortunata nella vita.
Un uomo del passato finito nel futuro. Nonostante io possa provare a rispedirlo nel suo tempo e in Italia, verrò comunque licenziata.
Che vita di merda.
"Da dove vengo?" mi chiede il partigiano, girandosi a guardarmi ancora seduta per terra. "Chi sono?" domanda ancora, con sguardo supplichevole. "Se lo sai, ti prego di dirmelo. Ho un vuoto totale nella mia testa, nemmeno queste mura riescono a darmi una mano, un briciolo di ricordo a cui aggrapparmi. Mi sento perso."
Stringo le labbra e picchietto il pavimento al mio fianco, invitandolo a sedersi accanto a me. Cammina con riluttanza. Quando si siede, mi stringo le mani in pugno. "Sei la mia assicurazione di licenziamento" dico senza pensarci.
Lui mi guarda. "Come?"
Spostando lo sguardo sui suoi occhi, vedo sincera paura. Non capirò mai come possa sentirsi, privato della sua identità. "Tu non appartieni a questo tempo." Aggrotta le sopracciglia, ma prima che possa chiedere delucidazioni, inizio a raccontargli quanto sia successo. "Mi chiamo Rose, e sono un'Idonea. Il mio lavoro consiste nel viaggiare nel tempo, studiando i costumi della società del momento storico in cui mi materializzo grazie a questo orologio intertemporale" dico, tirandolo fuori dalla camicetta. "I suoi ingranaggi mi permettono di passare da un'epoca all'altra. Tu vieni dall'Italia, dal millenovecentoquarantacinque."
"In che anno siamo, qui?" mi chiede, guardandosi attorno e meravigliandosi di tutta la tecnologia che ci circonda.
Smorzo una risata. "Migliaia di anni lontani dalla tua epoca."
"Ma allora...come.."
"Ti sei aggrappato a me proprio mentre mi smaterializzavo per tornare qui, a Nova Historia, un programma di recupero della Storia dell'umanità. E quindi mi hai seguito, catapultandoti in una realtà a cui non appartieni. Sicuramente è per questo che non ricordi nulla."
"E non saprò mai più chi sono?" mi chiede, prendendomi la mano. "Non avrò più alcun ricordo della mia vita?"
Scuoto la testa. "Non lo so. Ti auguro di poterli recuperare, partigiano."
Lui aggrotta le sopracciglia. "Cosa?"
"Sei un partigiano, combatti per la liberazione d'Italia dai tedeschi."
Si porta le mani alla testa. "Quindi sono un soldato. Dio, non ricordo nulla!" dice, stringendo gli occhi.
Gli appoggio una mano sulla spalla. "Ti aiuterò, okay? Ti aiuterò a ritrovare la memoria e a tornare a casa tua. Magari solo quando tornerai nel tuo tempo avrai pieno possesso dei tuoi ricordi."
"Non ne sei sicura, però."
Scuoto ancora la testa. "No. Una simila infrazione della Legge non è mai capitata. Se mi va bene, mi neutralizzano."
"Cosa?!" urla il partigiano. "Ma perchè?"
"Perché ho intralciato la Storia, portandoti qui."
"Ma non è stata colpa tua!"
"Al presidente non importa."
Il ragazzo guarda le sue gambe. "Mi dispiace" dice in un sussurro, stringendo le labbra.
"Già. Anche a me."
Appoggiamo entrambi la testa contro la porta alle nostre spalle, con gli occhi che si guardano un po' intorno. Chissà quanto tempo avrò prima che questo posto mi venga strappato di mano.
"Potrei camuffarmi, nel frattempo" esordisce all'improvviso.
Volto piano la testa, stringendo le labbra. "Diventando parte del sistema?"
Lui solleva le spalle. "Sono un uomo senza nome. E' brutto da dire, ma possiamo approfittarne per darmi una nuova identità. Rendimi chi pensi sia meglio."
Scuoto il capo. "Non ho alcuna intenzione di strumentalizzarti in questo modo orribile."
"Siamo nel futuro!" dice, allargando le braccia. "Ci sarà un modo per far sì che tutto fili liscio."
Sorrido di fronte il suo ottimismo. "Possiamo fare semplicemente come i vecchi modi."
"Ovvero?"
"Dandoti un vestito e un nuovo nome. Raggirerò il sistema e inserirò i tuoi dati per farti diventare almeno un membro delle pulizie."
"Ci sto, Rose!"
Mi metto in piedi, aprendo la mano di fronte a lui per aiutarlo a mettersi in piedi. "D'accordo." Lui l'afferra e si mette sulle sue gambe, superandomi in altezza.
"D'ora in poi, ti chiamerai James. Ti piace?"
Ci pensa un po' su, poi annuisce e sorride. "Sì, è carino, ma sento come se il mio corpo non riuscisse ad accettarlo. Chissà quale sia il mio vero nome."
"Scommetto lo scopriremo, prima che io e te facciamo una brutta fine."
Lui si guarda il camice stretto e allarga le braccia. "Magari puoi anche provvedere a fornirmi qualcosa della mia taglia."
"Sì, sì, certo" dico, facendo una vago gesto della mano. "Penseremo a tutto, James. Ah, e non devi mai, e dico mai, lasciarti sfuggire qualche dettaglio sulla tua vita. Intesi?"
"Sì, capitano" mi risponde con un sorriso. Si sbottona il camice, lasciandolo cadere per terra. Le sue braccia sono muscolose, petto scolpito e sorriso genuino dipinto in volto. "Ma prima, lascia che io mi lavi."
Sbatto le palpebre di fronte al suo corpo quasi totalmente nudo. I boxer che ha addosso gli vanno anche un po' stretti. Strizzo gli occhi e scuoto il capo. "Sì" dico, avvicinandomi alla porta del bagno. Gliela apro e gli indico la doccia e gli asciugamani appesi al gancio. "Appena sarai lì dentro, schiaccia il pulsante sulla sinistra che è quello dell'acqua tiepida. Su quel minuscolo scaffale c'è il bagnoschiuma che potrai usare - mi dispiace, ma avrai un profumo delicato e femminile addosso - e lì c'è un asciugamano pulito."
"Va bene."
"Mi raccomando, non schiacciare altri tasti."
"Se mi hai detto di schiacciare quello a sinistra, premerò quello."
Gli sorrido, poi aspetto che sia entrato in bagno per richiudere la porta.
Mi avvio al bancone in mezzo all'appartamento, pigiando un tasto sulla parete per farmi servire un bicchiere di acqua fresca. Quando lo sportello sul muro si apre, afferro il bicchiere con la mano e lo appoggio sulle labbra.
Sento il rumore dell'acqua che scivola nel box doccia, poi un grido improvviso che quasi mi fa cadere il bicchiere di mano.
"Che succede?" urlo, sgranando gli occhi.
"L'acqua è bollente!"
Alzo gli occhi al cielo.
"Oddio, adesso è gelida, aiuto!" urla.
Bevo mezzo bicchiere tutto d'un fiato, girando poi la testa verso la porta del bagno. "Era il tasto a sinistra!" grido, sperando mi senta.
Quando non mi risponde, inizio a preoccuparmi. L'acqua non scroscia più.
"Ehm..James?" lo chiamo.
"Ci sono, ci sono" prorompe all'improvviso. "Ora è tiepida."
"Grazie a Dio" rispondo a bassa voce. Lascio il bicchiere mezzo pieno e mi getto sul letto, seppellendo la testa nel cuscino.
Chissà che storia ne verrà fuori.
L'idea già mi terrorizza.
N/A
Ed ecco qui James!
Spero che il capitolo vi piaccia :)
Lasciatemi qualche commento e fatemi sapere che ne pensate!
Un bacio e a sabato prossimo 💜
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