Italia

Quando riapro gli occhi, la luce del sole entra dall'imponente vetrata che mi da vista su Toronto, colpendomi in pieno. Stiracchio le gambe e le braccia prima di mettermi in piedi dal letto e dirigermi verso il bagno.
Una doccia rigenerante è quello che mi serve sempre per mettermi in moto e affrontare una nuova giornata a spasso nel tempo.
Quando esco dal box, afferro l'accappatoio bianco appeso al muro e mi avvio verso il bancone al centro della stanza. Digito la mia preferenza per la colazione e lo schermo appiccicato alla parete si illumina, aprendo uno sportellino e servendomela davanti. Una brioche ripiena di cioccolato mi arriva sotto al naso, così la afferro e la addento, sporcandomi le labbra di zucchero a velo. Prima che possa ingoiare il primo boccone, un pugno sbatte furiosamente sulla porta della mia stanza. Sollevo un sopracciglio. "Chi è?" chiedo a bocca piena, ingoiando finalmente il boccone.
"Sono Beth!" urla la voce dietro la porta, così schiaccio un pulsante al mio fianco e disinserico l'allarme. La porta può essere aperta dall'esterno solo da me e dalla tessera magnetica che mi hanno dato appena sono arrivata a lavorare qui, ovvero cinque mesi fa.
La mia vicina - abita nell'appartamento accanto al mio, lungo il corridoio illuminato ventiquattro ore al giorno da luci che si illuminano al passaggio di qualsiasi figura  - irrompe nella mia stanza, chiudendosi la porta in legno chiaro alle sue spalle.
"Che succede?" le chiedo, vedendole il camice bianco abbottonato malamente - sbaglio, o l'ultimo bottone è infilato nella terza asola in alto?
Il suo chignon è sfatto e gli occhi sgranati. "Non lo hai saputo?"
Le indico il mio stato, intenta a fare colazione e l'accappatoio bianco ancora avvolto al corpo. "Forse non ti sei resa conto del fatto che io mi sia appena svegliata-"
La sua voce incredula mi interrompe, congelandomi sul posto. "Mitchie è stata dimessa e trasferita in Europa."
Mi cade la brioche nel piatto, spargendo lo zucchero a velo un po' dappertutto. La mia bocca forma un ovale perfetto. "Cosa?!" esclamo.
Mitchie è una graziosa ragazza proveniente dal Giappone che ha lavorato per Nova Historia per circa due anni. E' sempre stata al suo posto, ottima nel proprio impiego di Idonea - come me - e nei rapporti tra colleghi e direttore. Inoltre, è stata la più carina con me quando sono arrivata. Mi ha accolto e portato qui, nel mio appartamento, mostrandomi la mia postazione e come la tecnologia della stanza funzionasse. E' stata lei ad avermi poi presentato Nicholas, il mio Ricevitore personale, nonché essere più fastidioso al mondo. Non posso credere non sia più qui in sede.
"E' terribile, lo so" dice Beth, abbassando il capo e appoggiandosi alla porta alle sue spalle. "Il direttore ha mandato un messaggio video a ciascuno dei dipendenti, per cui presumo tu non abbia ancora controllato la tua casella di posta."
"Scusa, ma perché? Cosa ha spinto il direttore a mandarla via? Era bravissima e faceva sempre del suo meglio!"
"Dicono" inizia, puntandomi i suoi occhi addosso, "che nel suo ultimo viaggio intertemporale, sia finita nel letto di Alessandro Magno."
I miei occhi si spalancano sempre di più. "Non ci credo."
"Ed essendo stata colta sul fatto dai suoi colleghi, non hanno potuto non dire niente al direttore. E' contro la legge interferire nella storia, e lo sappiamo tutti."
"Ma chissà quante altre donne Alessandro Magno si sarà portato a letto, chissà se non provenissero anche loro da altri tempi!"
Beth mi guarda, scrollando il capo. Finalmente si decide a raggiungermi e si siede dall'altra parte del tavolo, prendendo la mia brioche e strappandola a metà. Ne ripone una parte nel mio piatto, l'altra la addenta con tristezza. "Hanno captato le loro intenzioni. Alessandro Magno si era infatutato di lei a tal punto da volerla al suo fianco come sposa, quando invece entro due settimane si sarebbe dovuto sposare con la principessa Rossane, figlia di Ossiarte di Battria."
"Ma non è stata colpa sua, è stato sicuramente quel viscido macedone ad attrarla verso le proprie lenzuola. Non l'hanno messo in conto, vero?"
Beth ingoia il boccone, scuotendo il capo. "Non importa niente al direttore. Mitchie ha infranto la legge - volente o nolente. I video parlano."
Prendo con aria affranta la metà della mia brioche, leccando la punta di cioccolato che fuoriesce dall'estremità. "Mi dispiace molto, per lei. Avrebbero potuto almeno farla tornare in Giappone dai suoi."
Beth fa schioccare la lingua contro il palato. "Ti pare possano accomodarti in questo modo? La punizione prevede che lei si trovi un nuovo lavoro ed inizi una nuova vita partendo da uno stadio di solitudine assoluto."
"Denuncerei volentieri Campbell per la sua mancanza di tatto. Anzi, lo manderei volentieri su un'isola dell'Atlantico per vedere come si potrebbe rapportare alla vita, privato di tutto."
Beth annuisce. "Ed io ti aiuterei a preparare il trasporto. Ah!" dice, ricordandosi improvvisamente di qualcosa. "Comunque stasera - proprio a causa della crudeltà dimostrata dal direttore - alle sette è stato indetto uno sciopero di Ricevitori."
Anche la mia vicina è una di loro, si preoccupa di ricevere le informazioni dagli Idonei in viaggio e di spedirle nel giusto Archivio.
"E mi hai detto questo perché..?"
"Perché Nicholas termina il turno alle sette, quindi dovrai tenere sempre conto dell'orario, quando sarai in Italia."
Finisco la brioche, masticandola rapidamente. "Già, è vero. Oggi mi attende la rivolta partigiana del Meridione."
Beth annuisce, mettendosi in piedi. "Ci vediamo a cena?" mi chiede, avviandosi verso la porta. Pigio il bottone al mio fianco per aprirla. Circonda la maniglia con la sua mano.
"Certo."
"Bene. A più tardi!" saluta, ma io la blocco.
"Prima di andare a lavoro, sistemati il camice. Non vorrei che Campbell ti mandasse in Colombia solo perché non sei vestita come il regolamento impone."
Ride serenamente e poi esce dal mio appartamento. E' giunto finalmente il momento che io mi prepari.

"Pronta?" mi chiede Nicholas, ma prima che possa anche solo annuire con il capo, fa partire i raggi laser dall'arco metallico e mi smaterializzo.
Quando riapro gli occhi, il sole mi investe con il suo calore asfiassante. Non c'è un filo di vento e gli uccellini cantano dagli alberi sopra di me.
Mi avvio piano verso il sentiero ricoperto di erbacce che mi graffiano le caviglie. "Ahi, che male!" dico, estraendo dal laccio della scarpa una specie di pallina piena di spine. "Non avrebbero potuto mettermi addosso... Che so, un paio di stivaletti? Queste erbacce mi stanno graffiando tutta."
"Dai su, non lamentarti sempre" mi richiama la voce di Nicholas al mio orecchio.
Prendo un grosso respiro e riprendo a camminare, scansando le foglie che possono graffiarmi la pelle scoperta delle ginocchia. Ora che mi sono inoltrata in una specie di boschetto, il fresco mi rigenera la pelle colpita dal sole fino a poco fa, beandomi di questa sensazione di freschezza. Non mi ero neppure resa conto che, a tratti, ci sono anche dei leggeri soffi di vento che mi portano i capelli a solletircarmi il collo. Sollevo la testa verso le fronde sopra di me che ondeggiano lentamente e lasciano trasparire alcuni raggi di sole.
"Rose-"
"Per l'amor del cielo, Nick, sta' zitto!" sbraito contro di lui, portandomi una mano all'orecchio per far accentuare la mia voce.
"Okay, okay. Non ti agitare."
Avvio il display al mio polso e riprendo la zona circostante. Non so perché lo sto facendo, so solo che mi piace riprendere questo panorama. Farò in modo che questa immagine mi venga proiettata sulla mia vetrata così da poterla vedere prima di addormentarmi. E' rilassante.
Faccio un altro passo in avanti, ma siccome sono così stupida da aver smesso di guardare per terra, inciampo in un sasso e cado di lato, esattamente in un cespuglio pieno di rami incastrati tra le foglie basse. Lancio un urlo, sentendo tratti di pelle delle braccia e della gambe essere graffiati da quei fottuti rami. Mi rimetto in piedi, districandomi dal cespuglio che è come se volesse tenermi stretto a sé, e mi esamino i tagli. Alcune gocce di sangue mi rigano le braccia e i polpacci. La caviglia mi fa un po' male.
"Stai bene?!" urla Nicholas al mio orecchio.
Annuisco. "Mi bruciano solo un po' i tagli."
"Aspetta un attimo" mi dice, e lo sento digitare qualcosa. "C'è un ruscello tra cinque metri, va' a sciacquarti con dell'acqua fresca!"
Annuisco di nuovo e mi avvio nella stessa direzione di prima. Il rumore familiare dell'acqua mi rincuora e quasi mi rilassa all'istante. Trovo l'acqua ad appena un metro da me, così mi siedo lungo la sponda e mi sfilo le scarpe. Immergo i piedi nell'acqua gelida, sobbalzando leggemente, prima di abituarmi al flusso del ruscello. Prendo un po' di acqua tra le mani e mi ripulisco le ferite alle braccia, sentendole bruciare quando le gocce le colpiscono, lasciando che il sangue fluisca via e scivoli nell'acqua del ruscello. Poi mi accovaccio per ripulirmi le gambe e la mia faccia si distorce in una smorfia. "Dio mio" dico, guardandomi la pelle scoperta della ginocchia.
"Che c'è? E' molto grave la ferita? Se la inquadri nel display posso provare a dirti come farla rimarginare"
Scuoto il capo. "Ma cosa hai capito!" dico, sollevandomi ancora di più i lembi del pinocchietto marrone che mi hanno fatto indossare, piegandolo fin sulle cosce. "Santo cielo, guardate qui.." dico, osservandomi le gambe.
"Cosa? Cosa vedi?"
"Ho i peli, ho dimenticato di depilarmi."
Cala uno strano silenzio nel mio orecchio.
Stringo le gambe. "Va bene, dai. Non fa nulla. Tanto chi vuoi che presti attenzione alle mie ginocchia" mi dico, sciacquandole. Quando mi sfioro la caviglia, sento un leggero dolore che mi perfora la pelle. Faccio per guardarmi intorno, sperando di trovare delle foglie che possano in qualche modo fasciarmela. Non è così che facevano nei film di sopravvivenza?
Mi allungo verso un cespuglio, tirando un minuscolo ramoscello con delle misere foglie attaccate ad esso.
"Sono troppo piccole" dice Nicholas al mio orecchio, riprendendo a parlare.
"Oh, guarda, non me n'ero accorta" gli rispondo sarcasticamente, lasciando andare il rametto che torna al suo posto.
Sbuffo rumorosamente, muovendo le dita dei piedi sotto la superficie dell'acqua limpida che mi lampisce le caviglie. Di tanto in tanto bagno i graffi, sperando smettano di sanguinare.
All'improvviso un fruscio di foglie mi fa girare di scatto, congelandomi sul posto. Una figura appare da dietro un albero e sgrano gli occhi. I suoi occhi leggermente allungati sono puntati su di me e sono socchiusi. Ha dei sottili baffi sul labbro superiore, i capelli scuri tenuti ordinatamento indietro, sebbene all'apparenza sembrino allungati, e le labbra un po' schiuse.
Ha un completo militare addosso, sulle tonalità del verde scuro e una cintura nera in vita, una bandana legata intorno al collo. La fascia che gli attraversa la spalla sicuramente mantiene un fucile stretto alla sua schiena ampia. Si appoggia con entrambe le mani sul tronco dell'albero al suo fianco. "Ciao" dice in tono circospetto e con un accento marcato del sud.
Ingoio a vuoto. Cazzo.
"Ti sei fatta male?" mi chiede, indicando le mie caviglie immerse nell'acqua. "O ti stai solo rinfrescando? Fa particolarmente caldo oggi."
Annuisco e mi lecco il labbro inferiore. "Sono inciampata e stavo trovando un modo per fasciarmi la caviglia, sinceramente."
"Oh" dice il ragazzo, mentre si stacca dall'albero e mi raggiunge. Si piega davanti a me, sorridendomi. "Vuoi una mano?" mi chiede.
"No!" urla Nicholas.
"Sì, grazie" dico io, lasciando che lui mi prenda la mano. La sua presa è salda e mi aiuta a rimettermi in piedi. Mi accovaccio per recuperare le scarpe e proprio mentre le afferro con due dita vengo sollevata da terra. Mi ritrovo tra le braccia del ragazzo, stretta al suo petto e dalle ginocchia scoperte. I piedi mi gocciolano. Cazzo!, i peli.
Faccio per srotolarmi il pinocchietto ma lui non ci fa caso. "Non preoccuparti, ti porto in tenda così da poterti bendare la caviglia."
"Rose, davvero, devi lasciarlo stare, è troppo pericoloso. Chissà quel ragazzo dove sarebbe dovuto andare, e tu stai intralciando il suo cammino!"
"Non ce n'è bisogno, davvero!" dico, appoggiandogli una mano sulla spalla. "Posso sbrigarmela da sola, ero solo in giro."
"Anche io, non ho nulla da fare."
Annuisco ed ingoio a vuoto mentre il ragazzo continua a camminare tra gli alberi. "Sei un partigiano" dico, osservando il suo abbigliamento.
Lui annuisce. "Sì, partirò tra una settimana verso il Centro Italia."
"Sei un volontario?"
Lui stringe le labbra, scuotendo il capo. "Non proprio. Mi sono ritrovato in questa situazione all'improvviso, a dire il vero. Stavo con degli amici, poi loro sono stati reclutati ed io mi sono trovato nel posto sbagliato, al momento sbagliato."
"Non puoi abbandonare?"
Lui scuote di nuovo la testa. "No. Però ho imparato ad apprezzare la mia postazione e ora combatto per liberare il mio Paese. Non possono toglierci quello che è nostro."
Annuisco. "Sono sicura che vincerete" dico, anche se so che lui ancora non potrebbe saperlo.
"E' quello l'obiettivo!" mi risponde con entusiasmo. Gira intorno ad un albero e mi ritrovo davanti ad una tenda affiancata da altre lungo un sentiero di ciottoli.
Lui si abbassa ed entriamo nella sua. E' piccola, scura e fa molto caldo qui dentro.
Mi depone per terra, attento a non sfiorarmi il piede. "Guarda" dice, mentre si abbassa e dall'angolo prende una cassetta per il pronto soccorso. "Ho una pomata e una benda. Credo facciano al caso tuo."
Sorrido, mentre da fuori alla tenda sento qualcuno sghignazzare. "Ue cumpà, m'a' ddì nienti?"
Ma che cazzo?
Perché il traduttore non mi dice cosa ha detto?
"Che ha urlato, quello lì fuori?" mi chiede Nicholas all'orecchio.
Non gli rispondo.
Il ragazzo davanti a me si è inginocchiato e mi sta spalmando la crema intorno alla caviglia. "Lasciali perdere" mi dice, "a loro piace fare gli idioti."
Sapessi cos'hanno detto, mi piacerebbe rispondergli, ma l'unica cosa che faccio è sorridere. Assorbita la pomata, mi fascia la caviglia, annodandola alla fine. Mi prende per mano e mi fa mettere in piedi. "Dovrebbe andare meglio, tra un po'."
"Grazie mille" gli dico, facendo segno di uscire dalla tenda.
Quando sono fuori, mi abbasso il pinocchietto sulle ginocchia, avvampando al pensiero che lui possa avermi visto i peloni che mi ricoprono la pelle.
Ma non mi ha detto niente... Magari non sono così evidenti!
Ma che dico.
E' un uomo.
Un bell'uomo.
Non direbbe niente del genere ad una donna.
Quindi magari li ha notati e.. Addio.
Esce anche lui dalla tenda, sciogliendosi la bandana che ha intorno al collo e sventolandosi per il troppo caldo.
"A' ggià spicciatu?" urla uno, e finalmente lo vedo sollevando la testa. E' un uomo basso, con gli occhiali e una cannottiera addosso. Le sue spalle sono muscolose e abbronzate.
"Coglione!" gli urla dietro, poi incontra i miei occhi e stringe le labbra. "So che è dura, ma non badare a niente di ciò che dice."
Annuisco, rimettendomi dritta. Sento le ossa della schiena sgranchirsi. "Siete soli, qui?" dico, girandomi intorno per riprendere con il display come gli uomini vivessero. Oltre a quello basso, altri due escono dalla tenda al suo fianco e si siedono per terra, fumandosi dei sigari che rilasciano in aria un odore molto forte.
"No, alcune delle loro ragazze sono qui. Vieni" dice, risistemandosi la bandana al collo e stendendomi pou la mano davanti. "Te le mostro."
Stringo le dita della sua mano e lo seguo lungo un sentiero sul retro, sbirciando poi da dietro un cespuglio delle donne che lavano i loro panni nelle acque del ruscello.
Sono accovacciate alla riva e strofinano delle saponette sui loro tessuti provocando una schiuma voluminosa. Parlano tra di loro e ridono per qualcosa che io non posso sentire. Hanno dei leggeri vestitini addosso dai colori diversi, i capelli tenuti legati sulla nuca e le maniche sollevate fino ai gomiti per evitare che si bagnino. Solo una di loro ha i miei stessi pinocchietti, con i piedi totalmente immersi nell'acqua e una pila di vestita addossati al suo fianco. Allungo il braccio per poterle immortalare, celando un sorriso.
"Alcune di loro sono le fidanzate degli uomini laggiù" dice il ragazzo accanto a me, indicandosi le spalle con il pollice, "altre sono semplicemente delle amiche venute qui per spettegolare e lavare i propri panni."
Annuisco, stringendo le labbra.
"Rose, mancano quindici minuti alle sette, devi muoverti e sparire da lì!" mi urla Nicholas nell'orecchio. "Non puoi badare alle chiacchiere!"
"E tu?" mi chiede il partigiano, guardandomi negli occhi. "Lavi i panni del tuo uomo come loro?"
Sgrano gli occhi. "Oh, no. No, no" ripeto, rafforzando il concetto scuotendo le mani. "Non ho un uomo nella mia vita."
"Come sarebbe a dire che una donna bella come te non ha nessuno che la tenga stretta tra le braccia, una volta ritornato a casa da una lunga giornata di lavoro?"
Sento le guance arrossire. Ma mi schiarisco la gola. "Eh, lo so. Può capitare, a volte." Indico le fanciulle vicino al ruscello. "Scommetto che lì in mezzo c'è la tua fidanzata."
Il ragazzo ride al mio fianco. "Non sono impegnato con qualcuna tra loro."
"Davvero?" chiedo, esterrefatta.
"Eh, lo so. Può capitare, a volte." Ripete esattamente le mie stesse frasi.
Okay, è il caso che io me ne vada subito.
Mi raddrizzo e inizio ad indietreggiare. "Ora, scusami, ma devo andarmene."
"Dove?"
Lo ignoro e gli volto le spalle, iniziando a correre. Il problema, però, è che non sono veloce come spero, soprattutto con una caviglia fasciata.
Cerco di distinguere tra gli alberi qualcosa che possa in minina parte assomigliare ad un arco, così quando lo trovo cerco di passare intorno a quanti più tronchi possibili per seminare il ragazzo.
Già.
Mi sta seguendo.
Che cliché.
"Dai, dai, dai" mi incita Nicholas. "Sono le sette e la sala qui si è svuotata totalmente, rimango solo io!"
"Arrivo!" urlo al display, proprio mentre mi posiziono sotto l'arco. Inserisco le coordinate del mio tempo e mi ricordo di una cosa solo troppo tardi.
La fasciatura del ragazzo.
"Cazzo, toglitela!" urla Nicholas, prolungando la "a" finale all'infinito.
Non posso tornare a Nova Historia con qualcosa proveniente da un altro tempo. Faccio per accovacciarmi e sciogliere il nodo, ma inizio a smaterializzarmi. Qualcosa mi si stringe intorno alla caviglia e mi dissolvo.

Quando riapro gli occhi, sono a Nova Historia.
L'arco alle mie spalle scoppietta e le luci si spengono improvvisamente. Alle curve dell'arco ci sono delle scintille che mi investono in pieno, così mi sposto da lì.
Incontro lo sguardo di Nicholas che è bianco un cencio. E' solo in mezzo alla sala, è l'ultimo, gli altri stanno andando a scioperare.
Mi guardo la caviglia e la fasciatura è ancora lì.
Impietrisco.
No.
No!
Incrocio di nuovo gli occhi dietro le spesse lenti di Nicholas, ma il suo sguardo mi fa quasi pensare che ci sia qualcosa di peggiore, rispetto alle fasciatura.
"Ma che cazzo!" urla all'improvviso una voce dietro di me.
Mi giro al rallentatore, sentendo il sangue defluirmi dal cervello.
Il ragazzo del millenovecentoquarantacinque è qui.
Dietro di me.
Seduto scompostamente per terra e le mani intorno alla testa.
Mi giro a guardare Nicholas che ha le labbra tremanti.
"Sono finita" dico, con un fil di voce mentre mi rigiro a guardare il partigiano negli occhi.

N/A
Ta daaan
La situazione è precipitata di colpo.

Come si evince dal capitolo, chiunque non rispetti le regole è severamente punito con l'allontanamento immediato da Nova Historia.
Cosa succederà ora a Rose e a Nicholas? :))

Il fatto storico del 1945 presentato, comunque, è puramente inventato e si saprà di più man mano che si prosegue con la storia :)

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Un bacio e alla prossima! ❤

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